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4. UN VOLGARE PER LA FEDE

1. Lingua della Chiesa e il suo influsso sulla diffusione dell’italiano presso i ceti popolari

Per Librandi la chiesa fu in Italia la sola fonte irradiante di italiano tra i semicolti e gli

- incolti;

per Coletti quel poco di volgare usato dalla chiesa sembra caratterizzarsi come strumento di

- controllo e di orientamento di comportamenti morali prestabiliti;

Pozzi discutendo della predicazione tra ‘500-‘800 riduce il contributo di questa alla

- diffusione di una conoscenza passiva dell’italiano nazionale: lingua che dalla moltitudine si

intende e non si parla ma che gli è stata offerta in una misura quale nessun’altra fonte ha mai

fatto fino ai media

Matarrese riconosce il ruolo della chiesa, ma sottolinea che si è trattato di alfabetizzazione

- passiva.

Recentemente gli storici riducono il peso e la funzione avuti dalla Chiesa nel processo di

unificazione linguistica. In Fragnito si marca come l’esclusione dalla traduzione in volgare delle

Sacre Scritture e della Messa, l’azione del Sant’Uffizio e degli Indici dei libri proibiti, la difesa del

latino, abbiano finito col tenere il comune credente lontano da un’esperienza consapevole della

propria fede e col distoglierlo da un approccio individuale di Dio. L’esposizione all’italiano delle

classi subalterne sarebbe stata dunque ridotta e responsabile solo dell’apprendimento di poche

formule stereotipate e inerti (argomentazione di Graziadio Isaia Ascoli).

Concilio di Trento affida al volgare solo la predicazione e la catechesi ribadendo l’uso del latino

per la messa ed escludendo ogni possibilità di traduzione in volgare della Bibbia. 32

Predicazione: nel ‘500 Paleotti invita a ridurre le cose alla praica e al modo di vivere predicando

cattolica dottrina, facile e fruttuosa.

Tuttavia il quadro della predicazione resta estremamente complesso e variegato e irriducibile a un

unico tipo espressivo.

L’andamento della predicazione nei secoli è una figura simile a un sinusoide che al punto esptremo

della curva in basso si ibrida al parlato, mentre al punto estremo della curva in alto si sintonizza con

i registri più elevati della letteratura. Alcuni esempi:

Esercizi retorici del francescano (e bembiano) Cornelio Musso: ripetizioni ampollose,

- antitesi artificiose, metafore prolungate;

Francesco Panigarola responsabile di enumerazioni tramate di richiami fonici e di

- semantici giochi antitetici;

Paolo Segneri più sensibile alla lingua e volontà di parlare alle masse rurali, non abdica al

- carattere elevato del discorso e alla sua tenuta oratoria. Quaresimale raccoglie le sue

prediche (Predica X): il tema del desiderio dell’ora della morte si struttura discorsivamente

in chiasmi, terne, schemi parallelistici, giochi antitetici, enumerazioni, anafore, ellissi

verbali.

Oltre alla predica, altre possibilità: paiono accomunate da una scelta consapevole di letterarietà che

indice anche sulla predicazione bassa e quoidiana di cui non esiste la documentazione scritta.

Momenti di intenso commercio tra parlato e oralità vanno cercati prima della fine del Seicento e

del Settecento in 2 casi:

Giordano da Pisa: oralità nella testualità (nello scritto) convergenza oralità-retorica

- ampio ricorso alle strutture del parlato nell’organizzazione del discorso; similitudini con la

prosa media del ‘200; ripetizione sia per funzione di coesione si a un’introduzione di scatti

auto correttivi che risentono del procedere oraleggiante del pensiero. Fenomenologia parlate

del fiscorso giordiano si trova anche nella progettazione della frase (anacoluti, dislocazioni a

sinistra con ripresa, topicalizzazioni con prolessi dell’oggetto, topicalizzazioni del compl. Di

argomento, collocazione in principio di periodo del sogg della subordinata, ostentazione

degli indici di persona Interazione pleonastica del pronome di II sing.). NB! Tutti questi

fenomeni di testualità parlata fanno intendere come esista da sempre un italiano parlato,

semplice e comunicativo, ad alta funzione pragmatica e come esso si disponga attraverso i

secoli in modo costante rivelando un filo sdi continuità che parte dalla prosa media del ‘200.

Un filo che non si spezza mai; e che rimane nascosto sotto il coriaceo tegumento della

norma letteraria del ‘500.

San Bernardino da Siena: numerosi i tratti tipici del suo corredo enunciativo: andamento

- della phonè con le sue pause, scatti, interruzioni, reticenze enfasi, allocuzioni (= fatti

paralinguistici). Il ciclo di prediche senesi sono testimonianza diretta dell’oralità.

Caratteristiche sono:

Rinuncia lessico impegnativo

 In rapporto con l’uditorio riferendosi in tono familiare a questo

 Deissi personale

 Sottolineatura dell’allocutore

 Formule fatiche e conative

 Deformazioni fonich, onomatopee, pause d’esitazione e di reticenza

 33

Funzioni interruttive

Federico Borromeosi dedica consapevole del proprio malcerto italiano di lombardo, a riformale la

lingua della predica attingendo al Boccaccio e alla tradizione toscana del ‘300. Persegue un ideale

di decoro, di eleganza e di classicità. È consapevole delle esigenze comunicative del genere oratorio

e degli scopi pragmatici che possono essere raggiunti (consiglia infatti ai predicatori ordine,

chiarezza e piacevoli maniere familiari).

Documenti che si collocano lateralmente all’esperienza di Borromeo provenendo da scriventi dal

profilo socio-linguistico medio o semicolto fenomeno della predicazione itinerante, cosa che ha

consentito un processo di italianizzazione linguistica. Foscolo sviluppando la nozione di lingua

itineraria scrive che a una lingua comune di questa specie dovette contribuire anche l’azione dei

frati inviati a predicare in ogni secolo della penisola. La consapevolezza delle istituzioni cattoliche

che esistevano zone ad alto tasso di superstizione e ignoranza religiosa e di grave arretratezza

dottrinaria a rischio di neopaganesimo, indusse a dar vita, correlativamente a quanto era avvenuto

per terre lontane, dell missioni interne. Questo imponeva la scelta di una lingua che si accomodasse

alla capacità degli ascoltanti e che, se da un lato non poteva accordarsi sempre al dialetto locale,

dall’altro neppure indulgeva ad artifici letterari o spiccati toscanismi. Congregazione delle

Apostoliche Missioni, Fulvio FOntanta, Francesco de Geronimo imposero delle regole sulla base di

questi assunti appena indicati.  Anche senza ridurre a eccessivi termini basici è evidente che queste

figure nel momento in cui si facevano corifei della dottrina e difensori dell’ortodossi presso gli

indigeni nostrano, svolgevano un ruolo di mediatori linguistici e culturali e proponevano all’ascolto

del pubblico e alla sua competenza passiva sequenze o particole di italiano realizzando così la

funzione di diffusione della lingua comune.

Che tale azione potesse poi tradursi in fattore di acquisizione della scrittura è testimoniato dal vasto

materiale costituito dai carteggi dei cardinali Carlo e Federico Borromeo: all’interno della

Chiesa strumento fondamentale di collegamento fra centro e periferia fu la comunicazione

epistolare, intensità eccezionale in età borromaica. Dà conto del processo di alfabetizzazione, della

mobilità e dell’azione dei predicatori itineranti e delle prediche tenute dai curati; il carteggio

presenta alcuni doc di scriventi di media cultura che certificano il possesso di una lingua che rivela

un notevole grado di omogeneità e funzionalità comunicativa.

2 esempi dall’ambiente monastico:

Stralcio di una lettera di una religiosa anonima che dal suo convento milanese intrattiene una

- corrispondenza con il cardinale Federico Borromeo (intercette grafiche e fonetiche,

andamento paratattico. Testualità essenziale che veicola efficacemente le sue poche risorse

agli scopi prefissi)

Lettera dal Convento de le dischete di savona al cardinal Federico Borromeo 1624 (pochi

- regionalismi, testualità con scarsa cura interpunto ria, si affida a una sola gittata discorsiva,

tante forme del parlato.  Nell’insieme ne deriva una lingua che merita l’appellativo di

italiano comune: non marcato in senso dialettale, non ascrivibile a quello che si è ritenuto

essere il solo italiano scritto e letterario. 34

Qui è ravvisabile un processo di standardizzazione linguistica. Non è opera di semicolti,

ma di uno strato intermedio che poteva vantare di familiarità con la scrittura, non ne

indebolisce aspetti e funzione e nulla toglie al cui valore testimoniale dell’esistenza, in

epoche lontane dalla nostra, di un italiano atto a funzionare da strumento comune della

relazione scritta, pratica e concreta.

2. San’Alfonso Maria de Liguori

San’Alfonso Maria de Liguori fondatore nel 1732 della congregazione dei Padri Redentoristi.

Sensibilità per i problemi della lingua compilando Alcuni brevi avvertimenti per la lingua toscana

destinata all’apprendimento dell’italiano dei suoi allievi nelle case redentoriste. Costante

preoccupazione fu di mitigare e di sostituire a essi uno strumento più semplice e comunicativo.

Difende lo stile familiare e il predicare semplice come scrive in Istruzioni al popolo sovra i Precetti

del Decalogo per bene osservarli e sovra i Sagramenti per ben riceverli. L’obiettivo di allestire uno

stile per gli ignoranti è perseguito con dovizia di esempi e liste di alternative lessicali nella lettera

del 1773 a padre Luigi Capuano,membro della congregazione redentorista di cui gli è giunta

notizia che abbia adottato i modi tradizionali artificiosi e elegari della predicazione (detto stile

pulito) p. 204.

Le prediche di de Liguori ci sono rimasti solo schemi e modelli. Utile è il riferimento a un

volume che, dei molti pubblicati, si caratterizza per essere un catalogo di abbozzi o copioni di

esempi di eloquenza: Selva di materie predicabili e istruttive per dare gli esercizi ai preti ed anche

per iso di lezione privata a proprio profitto; con una piena istruzione pratica di fine degli Esercii di

Missione.: mira a illustrare e a guidare tutte le funzioni previste nelle missioni, quindi non solo

prediche ma anche modi di spiegare la dottrina, le orazioni, confessioni, comunioni, sermoni.

Sentimenti= brevi discorso con lo scopo di spingere la popolazione a partecipare alla missione;

quelli trascritti nella Selva sono preziose testimonianze dell’uso di una lingua colloquiale e dimessa

quale poteva intervenire in situazioni pubbliche ma non codificate. Per far partecipare il fedele

riottoso, Alfonso adotta una procedura discorsiva in sovratono:

con esclamative, interrogative

- sottolineature della figura dell’allocutore,

- ripetizione suasoria, sintassi spezzata,

- assenza di variatio,

- deissi tes

Dettagli
Publisher
A.A. 2017-2018
47 pagine
2 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/12 Linguistica italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher cecc.ila di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Lingua e cultura italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Viale Matteo.