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DITELO COI NODI
Calvino visita una mostra presso la Fondazione Nazionale di Arti Grafiche e Plastiche di Parigi.
I nodi sono una forma di scrittura, sono un modo per comunicare, ma prima di tutto sono un modo per ricordare. Esiste anche un'espressione "fare un nodo a un fazzoletto per ricordare qualcosa".
Calvino spiega come esiste un tipo di nodo degli Incas, in Perù, che si chiama chibu: esso era dei nodi fatto usando delle cordicelle. Ogni nodo era un messaggio: inizialmente, come anche la scrittura cuneiforme, nasce per contare. Questi nodi sono un modo per raccontare.
SCRITTORI CHE DISEGNANO
Tra le mostre che Calvino sceglie di visitare e di raccontare ci sono anche delle mostre strane e curiose, e questa è una di quelle. Si tratta di una mostra basata sull'analisi di tutti quei dipinti o scarabocchi realizzati da alcuni scrittori; Calvino giudica questi disegni.
Pensare a scrittori che disegnano è una cosa curiosa, eppure ce ne sono stati.
Moltissimi: erano scrittori che disegnavano, ad esempio, sui bordi dei loro manoscritti, o scrittori che dipingevano dei veri e propri quadri. Victor Hugo, ad esempio, dipingeva inchiostri di paesaggi spettrali che ricordavano dettagli delle sue opere; anche Balzac era uno scrittore che faceva dei disegni, ma molto infantili. Gateau, infatti, diceva che nella formazione completa di uno scrittore c'era bisogno anche che fossero in grado di disegnare e dipingere. Anche Calvino aveva disegnato, soprattutto in età giovanile: il suo debutto era avvenuto sulle pagine di un giornale a cui aveva mandato delle storie con dei piccoli disegni. Calvino era interessato a questo tema perché esisteva un legame stretto tra scrittura e pittura: esse, infatti, sono due attività che appartengono al mondo visibile, alla superficie. Tutto il saggio si basa sull'avvicinamento tra disegno e scrittura: le lettere in origine erano nei disegni, cosa che si vede meglio negli
ideogrammi o nei geroglifici, ma anche nel nostro alfabeto. Calvino, attraverso gli scrittori che dipingono, avvicina scrittura e disegno.
IN MEMORIA DI ROLAND BARTHES
Barthes è l'autore di un libro che Calvino analizza, La camera chiara: note sulla fotografia (1980). Poco dopo aver pubblicato questo libro in francese, il 25 febbraio del 1980 Roland Barthes viene travolto a un incrocio tra due vie parigine, resta in coma per due settimane e poi muore.
Il testo di Calvino mescola insieme questi due aspetti: da un lato l'elemento della lettura del testo, dall'altro l'avvenimento luttuoso. Il legame tra le due cose è che per Barthes la fotografia ha a che fare con la morte: a un certo punto del suo libro parla della fotografia di un condannato a morte, fotografia scattata poco prima che di eseguire la sentenza di morte.
La fotografia rappresenta ciò che è stato: questo vuol dire che la fotografia porta qualcosa che non c'è più.
ha a che fare con l'assenza. Qui Calvino sviluppa un discorso sul fatto che esiste un rapporto tra l'immagine e la morte: Calvino dice che esiste il legame fragile e angoscioso con la propria immagine che veniva lacerato a un tratto come si lacera una fotografia. Calvino si riferisce al fatto che durante l'incidente il viso di Barthes fosse stato deturpato e non subito riconoscibile; si riferisce a una cosa che è immediato da capire - il non riconoscersi: nella propria fotografia sulla carta d'identità, per esempio, non ci si riconosce mai - la nostra immagine è un'immagine fragile: lacerare la fotografia è un gesto preoccupante, perché, anche se non ci riconosciamo, ci identifichiamo nell'immagine che la fotografia rappresenta.
Calvino affronta questa tematica anche in un altro testo, La giornata di uno scrutatore. Questo breve romanzo racconta di Amerigo Ormea, scrutatore presso un seggio elettorale situato nel Cottolengo.
Una struttura dove venivano portati i malati gravi: ai seggi ognuno si presenta portando un documento d'identità, e il compito dello scrutatore era quello di controllare che la persona fosse effettivamente quella rappresentata sulla carta d'identità.
Nel racconto, c'è un passaggio dove il protagonista vede venire da lui delle suore che forniscono il documento: lui fa una serie di riflessioni su questa identità.
Calvino si reca al funerale di Barthes e si rende conto che il suo viso è stato ricomposto e appare come lui lo conosceva: lui conosceva Barthes, era suo amico, lo incontrava spesso in strada e lo ricorda soprattutto per il modo in cui appoggiava la sigaretta alle proprie labbra. "Era lui come tante volte l'avevo incontrato per quelle vie del Quartiere con la sigaretta pendente a un angolo della bocca, al modo di chi è stato giovane prima della guerra, ma era lì fissato per sempre, e le stesse pagine di quel"
capitolo 5 del libro che andai a rileggermi subitodopo, adesso parlavano di quello, solo di quello, di come la fissità dell'immagine sia la morte, edi qui la resistenza interna a lasciarsi fotografare, e anche la rassegnazione.”Questo vuol dire che le immagini fotografiche ci rappresentano, ma questa immagineriguarda qualcosa che è stato, che è passato: il tempo passato ha a che fare con il tema dellamorte.Nel testo di Barthes ci sono due elementi che a partire da La camera chiara sono diventatidue elementi fondamentali nella valutazione e nel giudizio delle fotografie: Barthes usa duetermini latini“Barthes distingue nell'interesse che una foto suscita in noi un livello che è quello dellostudium, o partecipazione culturale all'informazione o all'emozione che l'immagine convoglia,e quello del punctum, ossia l'elemento sorprendente, involontario, trafiggente che certeimmagini comunicano.”- studium: è la
partecipazione culturale (le immagini non producono lo stesso effetto, ma vengono percepite all'interno di un contesto storico e culturale, ma anche all'interno dell'emozione, poiché le immagini provocano emozioni). Lo studium cambia da cultura a cultura, da società a società e da epoca a epoca.
punctum: rappresenta ciò a cui Calvino e Barthes si interessano maggiormente. Il punctum cambia da persona a persona, non è uguale per tutti. Barthes offre due modi di pensare l'immagine: da un lato c'è un riconoscimento emotivo o storico, dall'altro c'è un modo molto particolare che non è storico né culturale né emotivo, e si chiama punctum. Quando si guarda una fotografia, c'è qualcosa che colpisce, che "punge", che tocca: questo qualcosa appartiene all'ambito dell'interpretazione della fotografia.
"Certe immagini o meglio certi dettagli"
d'immagini: la lettura che Barthes fa delle opere di fotografi famosi o anonimi è sempre inattesa: sono spesso dettagli fisici (mani, unghie) o d'abbigliamento quelli di cui egli mette in rilievo la singolarità.
La fotografia colpisce così tanto non solo perché suscita emozioni o perché suscita una reazione di tipo storico o culturale, ma soprattutto perché c'è qualcosa di singolare che colpisce.
Non è un caso che la fotografia sia nata e si sia sviluppata nel momento in cui si è sviluppata la borghesia in Europa, che ha fatto dell'individuo e della singolarità l'elemento principale.
Altro aspetto da aggiungere, e che costituisce l'unicità della fotografia in senso tradizionale, è il fatto che contro alle teorizzazioni recenti della fotografia come convenzione culturale, artificio, non-realtà, Barthes privilegia il fondamento "chimico".
dell'operazione: l'essere traccia di raggi luminosi emananti da qualcosa che c'è, che è lì. (E questa è la fondamentale differenza tra la fotografia e il linguaggio, il quale può parlare di ciò che non c'è). Qualcosa, nella foto che stiamo guardando, c'è stato e non c'è più: è questo che Barthes chiama il tempo écrasé della fotografia. La differenza tra fotografia e linguaggio è che la fotografia può parlare solo di quello che è, mentre il linguaggio può parlare anche di ciò che non c'è. L'essenza della fotografia è la traccia lasciata sulla pellicola di raggi luminosi emanati da qualcosa che c'è, mentre il linguaggio parla sempre in assenza. "Tempo écrasé della fotografia" = tempo che è stato, che scorre via. La fotografia ha qualcosa di malinconico proprio perIl testo si conclude con il fatto che per Barthes, dice Calvino, esiste una scienza dell'unicità, scienza che si esplica nella fotografia: ogni ritratto fotografico è unico. Il ritratto pittorico non è la rappresentazione di qualcosa che è stato, ma è una trasposizione: il potere della fotografia consiste nel fatto che la fotografia dà un'immagine di ciò che c'è e che è stato.
"In questo dibattito tutto sommato convenzionale tra la soggettività e la scienza, arrivavo a quest'idea bizzarra: perché non ci potrebbe essere, in qualche modo, una nuova scienza per ogni oggetto: una Mathesis singularis (e non più universalis)?" (Calvino cita Barthes)
La scienza è universale, noi siamo singolari: la fotografia per Barthes è una scelta particolare.
Questa scienza dell'unicità d'ogni oggetto che Roland Barthes ha continuamente
costeggiato con gli strumenti della generalizzazione scientifica e insieme con la sensibilità poetica volta alla definizione del singolare e dell'irripetibile (questa gnoseologia estetica o eudemonismo del capire) è la grande cosa che lui ci ha -non dico insegnato, perché non si può insegnare né apprendere - ci ha dimostrato che è possibile: o almeno che è possibile cercarla. 10 LA LUCE NEGLI OCCHI Calvino parla di un libro che ha letto, L'occhio e l'idea, Fisiologia e storia della visione di Pierantoni. Si tratta di un libro che spiega come i nostri antenati concepivano l'organo della visione, cioè l'occhio; Calvino parte dai greci e dagli arabi. Pitagora e Euclide credevano che l'occhio emettesse un fascio di raggi che urtavano negli oggetti; come il cieco avanza protendendo il suo bastone, così l'occhio che vede si rende conto della realtà toccandola coi suoi raggi, che poi tornano.dentro l'occhio e l'informano. Democrito credeva che dalle cose si staccassero immagini immateriali che entravano nella pupilla;