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Capitolo 2. L’anima buona del legno
Collodi, con il suo Giannettino, aveva liberato per la prima volta l'essenza
dell'infanzia, tuttavia vi era comunque bisogno di un'indicazione educativa così affida
ai successivi capitoli a quella che si può considerare la “saga” del Giannettino, un
compito di mediazione tra la nuova rappresentazione realistica dell'infanzia e una
missione educativa.
“Le avventure di Pinocchio”. Storia di un burattino” è un romanzo scritto da Carlo
Collodi (pseudonimo di Carlo Lorenzini) a Firenze nel 1881.
Entra in scena come “pezzo di legno da catasta”: il primo vero bambino della
letteratura italiana è lì, nascosto in quel pezzo di legno, pronto ad iniziare un lungo
viaggio tendente a realizzare in carne ed ossa un'entità fanciulla, che non è il
burattino, ma risiede in esso per poi al momento opportuno, abbandonare il suo
mezzo di trasporto per rivelarsi al mondo.
Geppetto, sottraendo il pezzo di legno a Mastro Ciliegia, gli dà forma, lo plasma ma
non gli dona la vita che egli già possiede. Infondo è Pinocchio che adotta Geppetto
come padre e la prima espressione che instaura il rapporto filgio- padre è “ Bravo
Polendina” (per la sua parrucca gialla). Pinocchio adotta il personaggio Geppetto che
si dimostra capace di sognare, di andare oltre le apparenze; osa e guarda il mondo
proprio come gli occhi di un bambino. Anche la reazione alla vocina è diversa,
mentre Mastro Ciliegia si spaventa, Geppetto non sembra meravigliato; inoltre si ha
un ribaltamento della realtà sociale in un mondo che, dimostra incoerenza, ingiustizia
proprio come nella 1° scena dove ci sono adulti che litigano peggio dei bambini, case
che invece di essere confortevoli sono fredde e desolate e bambini messi a lavorare
come animali. Di fronte a questo mondo il burattino si difende mettendo in campo la
sua libertà e il fatto di essere di legno; in Pinocchio vi sono momenti di conflitto tra
ciò che dovrebbe fare e ciò che desidererebbe : non accetta i consigli del grillo e lo
uccide ma poi se ne pente, vende l'abbecedario per andare a vedere lo spettacolo dei
burattini tradendo la fiducia del babbo ma poi compie atti eroici come quando vuole
sacrificarsi al posto di Arlecchino perchè Mangiafuoco vuole bruciarlo, e da cui poi
riceverà, per il suo coraggio e per la sua nobiltà d’animo, le monete d'oro che
diventeranno oggetto di invidia del gatto e la volpe e di imprudenza per lo stesso
Pinocchio in quanto lo porteranno alla morte ( impiccagione violenta).
Continuando questa rassegna di comportamenti esemplari non possiamo non
ricordare l'episodio in cui Pinocchio viene catturato come ladro e per punizione deve
fare il cane da guardia ma finisce per svelare il piano delle faine, le quali avevano un
patto con il cane da guardia Melampo ,per rubare al contadino le galline e poi
dividersi il bottino. Rispetto a questo vile accordo, l'infanzia rappresentata da Collodi
opera un rifiuto, si distanzia distinguendo da ciò che è giusto da ciò che è sbagliato; il
disobbediente Pinocchio non accettando il piano sa che oltre un certo limite non si
può andare, e nonostante la fame, prende una decisione scaturita da una sorta di
bagaglio valoriale presente in quell'entità fanciullina del legno. Collodi ci dà
l'immagine di un'infanzia che, ancora una volta, riscopriamo Buona. Pinocchio così
riguadagna la libertà e quando il contadino gli chiede ragione dell'accaduto, lui non
tradisce la memoria del defunto e disonesto cane, ne salva l'affetto e non sottrae al
contadino il ricordo di un legame che forse è meglio conservare così.
Nel tentativo di trovare riparo e scappare dal gatto e la volpe , Pinocchio nella sua
lunga notte nera bussa alla porta di una casa bianca dove alla finestra si affaccia una
bimba dai capelli turchini, gli occhi chiusi e le mani incrociate sul petto, che gli
dice che sono tutti morti compresa lei, che aspetta la bara, questa scena rappresenta
così una punitiva negazione di aiuto.
Tuttavia poi Collodi nonostante gli atti eroici, impicca Pinocchio alla grande quercia,
così da un lato sembra punire la “monelleria” del burattino, dall'altro condanna
l'ipocrisia adulta lasciando il bambino impiccato alla quercia, facendolo uscire dalla
fiaba, la quale diviene parabola degli eccessi degli uomini.
Dopo diversi mesi Collodi ritorna a scrivere Pinocchio e alle continue successioni di
eventi si aggiunge la ricerca della Figura Materna, di cui è stato privato. Così la
bambina dai capelli turchini da defunta passa a fatina e salva Pinocchio e poi ancora ,
da fatina a sorellina poiché dopo che la fata lo avrà salvato dall'impiccagione i due si
promettono di essere fratelli e sorelle per sempre e infine da sorellina finalmente a
Madre quando Pinocchio ritrova la fata sull'isola delle api laboriose, ormai donna.
Anche questo percorso evolutivo si compie, senza rinunciare al moralismo, Pinocchio
dopo l'ennesima trasgressione finito in prigione e finito a fare da cane da guardia,
troverà ad attenderlo una lapide al posto della bambina con tanto di rimprovero –
condanna sulla pietra:
“ Qui giace la bambina dai capelli turchini morta di dolore per essere stata
abbandonata dal suo fratellino Pinocchio”.
Il meccanismo di maturazione avviato nella ricerca dei genitori permette a Collodi di