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ITALO CALVINO

Presentazione

Rotholandus, Roland, Orlando

Tra tante guerre che Carlomagno combatté quelle contro gli Arabi occupano, nella storia dell'imperatore dei Franchi, relativamente poco posto; invece, nella letteratura, s'ingigantirono fino a coinvolgere tutto l'orbe terracqueo, e riempirono le pagine di biblioteche intere. Nell'immaginazione dei poeti - e prima ancora in quella popolare - i fatti si dispongono in una prospettiva mitologica.

Ci si suole rifare a un episodio storico oscuro e sfortunato: nel 778 Carlomagno tentò una spedizione per espugnare Saragozza, ma fu costretto a ripassare i Pirenei. Durante la ritirata, la retroguardia dell'esercito franco fu assalita dalle popolazioni basche della montagna e distrutta, presso Roncisvalle. Le cronache ufficiali carolingie riportano, tra i nomi dei dignitari franchi uccisi, quello d'un certo Hruodlandus.

Ma la verità dei fatti ha poco a che vedere con l'epopea.

“La Chanson de Roland” fu scritta circa 3 secoli dopo Roncisvalle. Siamo attorno al 1100, all’epoca della Prima Crociata: il riferimento storico più pertinente è questo. L’Europa è pervasa dallo spirito della guerra santa che contrappone mondo cristiano e mondo musulmano. In quel clima nasce in Francia un poema epico d’autore sconosciuto (Turoldo è il nome che compare nell’ultimo verso), dalla versificazione semplice, commossa e solenne: “La Chanson de Roland”. Carlomagno figura aver conquistato tutta la Spagna, tranne Saragozza, ancora in mano saracena; il prode Roland vorrebbe continuare la guerra ma prevale il consiglio di Guenes (Gano di Maganza o Ganellone), che tradisce e s’accorda con Marsilio perché l’esercito saraceno violi la pace e piombi in forze a Roncisvalle sulla retroguardia franca guidata da Roland. Non si sa se Turoldo non abbia fatto altro che dare respiro di poesia a una tradizione.

già affermata, cioè se la leggenda di Roncisvalle già facesse parte del repertorio dei "giullari", repertorio orale che venne a un certo punto fissato in "cantari digesta" scritti in rima, o in narrazioni in prosa che fornivano imotivi ai verseggiatori. A queste ultime appartiene la cronaca latina attribuita all'arcivescovo Turpino ("Historia Karoli Magniet Rotholandi") che passava per la testimonianza diretta di un contemporaneo e che poeti e romanzieri posteriori tiravano sempre in ballo come fonte autorevole, mentre fu in realtà scritta anch'essa all'epoca delle Crociate. Le gesta dei paladini di Carlomagno ebbero fortuna popolare, più ancora che in Francia, in Spagna e in Italia. Roland diventa Don Roldán al di là dei Pirenei, e al di qua delle Alpi Orlando. I centri di diffusione dei "cantari di gesti" si trovavano lungo le vie percorse dai pellegrini: la via per San Giacomo di Compostella.che attraversa Roncisvalle dove veniva visitata una presunta tomba di Roland-Roldàn-Orlando; e la via per Roma, che era stata percorsa da Carlomagno nella sua lunga guerra contro i Longobardi e nelle sue visite al papa. In Italia questi giullari non erano solo quelli venuti di Francia; c'erano giullari veneti, che manipolavano i versi francesi dei cantari in un linguaggio più vicino ai difetti della pianura padana; nacque tra il '200 e l '300 una letteratura "franco-veneta" che traduceva i cicli francesi e li arricchiva di nuove gesta. Di Roland la tradizione francese non dice se non l'ultima battaglia e la morte. Tutto il resto della sua vita, nascita, albero genealogico, infanzia giovinezza avventure prima di Roncisvalle, egli le troverà, sotto il nome di Orlando, in Italia. Secondo alcune fonti Orlando nasce in Romagna, a Imola, secondo altre a Sutri, nel Lazio: che sia italiano non c'è dubbio. Non è che diventi un

“personaggio” nel senso moderno della parola. Figura austeramente esemplare in Turoldo e nello pseudo-Turpino, tale resta ne cantari italiani. A rivaleggiare con Orlando investito di troppe alteresponsabilità, prende rilievo suo cugino Rinaldo di Chiaramonte (il Renaud d’una gesta francese), paladino avventuroso e spiritoribelle. Nell’epica popolare italiana non tarderà a diventarel’eroe favorito. Nella crescita di Rinaldo al rango diprotagonista e nel parallelo abbassamento di Carlomagno a unpersonaggio quasi comico di vecchio un po’ rimbambito, gli storicivedono rispecchiato lo spirito d’autonomia dei feudatari vassallio dei Comuni guelfi verso l’autorità imperiale, certo è cheambedue le caratterizzazioni servono per prima cosa a daremovimento alla narrazione. Nell’inimicizia dei valorosi e leali Chiaromontesi contro laperfida schiatta dei Maganzesi i cantari rintracciano gliantecedenti del tradimento di

Gano a Roncisvalle. Le armate saracene penetrano in terra di Francia ancor più profondamente che ai tempi di Carlo Martello, fino alle mura di Parigi stretta in un lungo assedio dagli infedeli. Accanto a questi motivi, l'epopea cavalleresca italiana fa posto anche alle guerre tra Franchi e Longobardi, e a favolose avventure dei paladini in oriente, e ai loro amori con principesse maomettane.

Il "tempo" in cui si svolgono le gesta dei cantari è insomma un concentrato di tutti i tempi e le guerre, soprattutto di quella della sfida tra Islam ed Europa cristiana. Ed è proprio quando le Crociate, con la loro pressione propagandistica e il loro peso militare, non fanno più parte dell'attualità, che duelli e battaglie tra paladini e infedeli diventano una pura materia narrativa, emblema di ogni contesa d'ogni magnanimità d'ogni avventura e l'assedio dei mori a Parigi un mito come quello della guerra di Troia.

Man mano che

schiavo. A Ferrara, invece, Matteo Maria Boiardo scrisse il suoOrlando innamorato, un poema cavalleresco che mescolavaavventure eroiche con storie d'amore. Questo poema fu poicontinuato da Ludovico Ariosto con l'Orlando furioso, che divenneuno dei capolavori della letteratura italiana. Le storie di Orlando e dei suoi compagni divennero così popolariche vennero rappresentate anche in teatro, con spettacoli chiamati"commedie dell'arte". Queste commedie erano caratterizzate dauna trama semplice, personaggi tipici e improvvisazione. I personaggipiù famosi erano Orlando, Rinaldo, Angelica e il buffone Pulcinella. Le storie di Orlando e dei paladini continuarono ad essere lette eamate anche nei secoli successivi. Nel XIX secolo, ad esempio,Giuseppe Verdi compose l'opera lirica "Orlando furioso", basatasull'opera di Ariosto. E ancora oggi, le avventure di Orlando e deisuoi compagni sono conosciute e amate da molti.

scudiero. A Ferrara, un dignitario della corte estense, Matteo Maria Boiardo conte di Scandiano, si rivolse alla epopea cavalleresca con un spirito distaccato anch'egli ma venato dalla malinconica nostalgia di chi, scontento del suo tempo, cerca di far rivivere i fantasmi del passato. Alla corte di Ferrara erano molto letti i romanzi del ciclo bretone; la contaminazione tra queste vicende fiabesche e l'epica carolingia era già avvenuta in qualche poema francese e in molti cantari italiani, in Boiardo i due filoni hanno il loro primo incontro con la cultura umanistica che tende a ricongiungersi, al di là del Medioevo, ai classici dell'antichità pagana. L'"Orlando innamorato", lasciato incompiuto alla morte dell'autore, è un poema dalla versificazione rozza, scritto in un italiano incerto e che sconfina di continuo nel dialetto. La sua fortuna fu anche la sua sfortuna; l'amore che altri poeti gli tributarono fu tanto

carico di sollecitudine a portargli aiuto, come a creatura inadatta a vivere con le sue forze, che finì perfarlo eclissare e scomparire dalla circolazione. Nel '500, ristabilitosi il primato dell'uso toscano nella lingua letteraria, il Berni riscrisse tutto l'"Orlando innamorato" in "buona lingua", e per tre secoli il poema non fu ristampato se non in questorifacimento, finché nell''800 non fu riscoperto i testo autentico, il cui valore per noi sta proprio in ciò che i puristi censuravano: l'essere un monumento dell'italiano "diverso" che nasceva dai dialetti della pianura padana. Ma soprattutto l'"Innamorato" fu oscurato dal "Furioso", cioè dalla continuazione che Ludovico Ariosto intraprese a scrivere una decina d'anni dopo la morte del Boiardo. L'Orlando della tradizione aveva tra i suoi pochi tratti psicologici quello d'essere casto e

incontra un vecchio eremita che le offre da bere da una fonte miracolosa. L'acqua della fonte ha il potere di far innamorare chiunque la beva. Angelica, desiderosa di liberarsi dai suoi numerosi pretendenti, decide di bere l'acqua e diventa così inaccessibile alle tentazioni amorose. La "novità" del Boiardo fu di presentare un "Orlando innamorato". Per catturare i paladini cristiani, e soprattutto i due cugini campioni, Orlando e Rinaldo, Galafrone re del Cataio (ossia della Cina) ha mandato a Parigi i suoi due figli: Angelica, bellissima ed esperta nelle arti magiche, e Argalà, guerriero dalle armi fatate e dall'elmo a prova di ogni lama. Hanno anche un anello che rende invisibili. Argalà lancia una sfida: chi riuscirà a disarcionarlo avrà sua sorella, e chi sarà disarcionato da lui diverrà suo schiavo. Appena vedono Angelica, tutti i cavalieri presenti, cristiani e infedeli, s'innamorano, perfino re Carlo perde la testa. Argalà viene ucciso dal saraceno Ferraù ma a contendere la bella preda al vincitore sopraggiunge Orlando. Angelica ne approfitta per fuggire, rendendosi invisibile, invano inseguita da Rinaldo. Fuggendo, Angelica, assetata, incontra un vecchio eremita che le offre da bere da una fonte miracolosa. L'acqua della fonte ha il potere di far innamorare chiunque la beva. Angelica, desiderosa di liberarsi dai suoi numerosi pretendenti, decide di bere l'acqua e diventa così inaccessibile alle tentazioni amorose.beve a una fontana magica: è la fonte dell'amore; la bella si innamora di Rinaldo. Rinaldo beve anche lui a una fonte incantata, ma è quella del disamore: a innamorato che era diventa nemico di Angelica e la sfugge. Ritiratasi nel Cataio, nella fortezza di Albraca o Albracà, Angelica viene assediata da Agricane re dei Tartari e da Sacripante re dei Circassi, anch'essi innamorati sfortunati. Il primo ha la meglio, ma in difesa di Angelica accorre Orlando, sempre innamorato e sfuggito ad altri incantesimi. Duella un giorno e una notte con Agricane e l'uccide. Questo duello è giustamente l'episodio più ammirato del poema: a un certo punto, stanchi di duellare i due campioni si sdraiano sull'erba a guardare le stelle: Orlando parla di Dio ad Agricane che rimpiange d'esser sempre stato.
Dettagli
A.A. 2018-2019
393 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/11 Letteratura italiana contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher aurora.ferraro.af di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura italiana moderna e contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Savio Davide.