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Alla fine la maggior parte dei romanzi ripetono uno schema quasi fisso: la fanciulla viene portata
via da un luogo sicuro, imprigionata in un castello o in un convento, scopre verità terribili e rischia
la vita, viene minacciata dal villain di turno, viene salvata oppure fugge, viene inseguita e ripresa,
fino al lieto fine. Il tutto contornato da una certa morbosità, ricca anche di risvolti sessuali, che
decreta il grande successo del genere.
Il pubblico è soprattutto femminile, socialmente differenziato, piccolo-borghesi, aristocratiche, tutte
oppresse in un mondo chiuso dal quale sperano di evadere.
Le signore settecentesche riconoscono nell'eroina le virtù necessarie per restare in società, in
particolare la verginità indispensabile per il matrimonio. Altra virtù necessaria è la sopportazione
che permette di superare, pure in condizione di inferiorità, ogni problema. L'identificazione veniva
poi completata attraverso la grande emotività espressa nei romanzi, vera valvola di sfogo della
lettrice che si trovava così al centro di una serie di avventure inventate. A questo si aggiungeva la
possibilità di “evadere” dalla realtà di tutti i giorni attraverso la descrizione pittoresca di luoghi
lontani, esotici e misteriosi: le Alpi, i Pirenei, l'Italia, la Francia. Pittoresco e sublime sono spesso di
livello basso, infatti devono fornire una cultura di facile consumo: così questo bisogno culturale o
pseudoculturale porta a che gran parte del pubblico prediliga i romanzi ad ambientazione storica,
con richiami a scrittori celebri, in particolare a Shakespeare, uno Shakespeare che risulta per ragioni
pratiche adattato all'ottica borghese.
I due motivi base del romanzo gotico (persecuzione ed usurpazione) incarnano la paura più forte
della società borghese: il danno alla proprietà. Di fatto il villain attenta al possesso legittimo (della
donna e della proprietà) e la sua sconfitta equivale a ripristinare l'ordine sociale. Così nei tanti
romanzi di questi anni il villain è un imbroglione, un ladruncolo, un poco di buono, senza però
avere la profondità dei cattivi dei romanzi visti in precedenza.
Vi è dunque in generale una fissità di modelli, sia per l'eroina che per i cattivi, compensata dallo
sfrenarsi dell'elemento sovrannaturale abbondantissimo e sempre poi razionalmente spiegato. Di
fatto è la ricerca dell'effetto che caratterizza il maggiore sforzo di tutti questi romanzi. La tendenza
è sempre più verso il macabro e truculento.
Il gotico diviene così un prodotto di consumo ed è naturalmente sempre più condizionato dai gusti
del pubblico. Il risultato è un moltiplicarsi dell'uso di aspetti convenzionali del genere e il
potenziarsi degli aspetti sentimentali e delle emozioni che portano spesso la protagonista a svenire.
Anche la scelta del titolo risente di questa nuova dimensione di ampio consumo e così ad esempio si
indica spesso la componente sovrannaturale, The Haunted Priory, The Haunted Castle, The
Haunted Palace per non parlare della frequenza nei titoli del termine Mistero seguendo il modello
dell'opera più celebre della Radcliffe.
Paraletteratura e crisi dei modelli culturali
La paraletteratura o letteratura di consumo o di massa assume comunque un interesse legato alla
dinamica culturale. Così avviene anche per questa paraletteratura gotica dove comunque si nota la
persistenza di alcune invarianti: temi, personaggi, moduli narrativi che pur banalizzati ed indeboliti
proseguono comunque nella loro diffusione e sedimentazione. La stessa ripetitività produce alla
fine, nelle sue combinazioni, delle evoluzioni. La diffusione del gotico, anche se dozzinale, è
comunque il segno di una paura diffusa verso le istituzioni secolari che si sentono vacillare, a
partire dalla aristocrazia sempre più in crisi e vista come antisociale, la chiesa accusata di essere
innaturale e troppo autoritaria. L'uomo è isolato e indifeso davanti ad un mondo brutale ed in
disfacimento.
L'arcaismo del gotico è da una parte il richiamo al dispotismo di istituzioni oramai in declino, ma
dall'altra non mancano critiche a minacce latenti nello stesso ordine borghese. Il romanzo permette
lo sfogo dell'immaginazione e allo stesso tempo, quasi sempre, assicura la vittoria del bene e la
conservazione dell'ordine sociale borghese. Mostra poi il gusto per il morboso, il sublime e lo
spaventoso, ma sempre tenuto all'interno di uno schema morale rigido, superato solo da Lewis e da
Sade.
Accanto ai romanzi di autori minori come Roche, Stanhope e la Smith abbiamo poi due romanzi
“gotici” a firma di Percy Bysshe Shelley: Zastrozzi, a Romance (1810) e St. Irvyne, or, The
Rosicrucian. A Romance (1811). Nel primo i due personaggi negativi, Zastrozzi e Matilda, si
oppongono ai due innamorati Verezzi e Julia provocando del primo il sucidio e della seconda la
morte. Matilda si salverà pentendosi dopo una visione, mentre Zastrozzi verrà ucciso per mano
dell'Inquisizione. Nel secondo romanzo due banditi, Wolfstein e Ginotti, sono protagonisti di storie
di amore e corruzione ai danni di due donne: Magalena e Olympia. Ginotti, incarnando appieno il
ruolo di villain, sedurrà la sorella di Wolfstein. Alla fine Ginotti verrà trascinato agli inferi dal
demonio e Wolfstein morirà di shock alla vista di questo portento.
Nei due romanzi di Shelley si accumulano tutti gli elementi tipici del genere gotico e la struttura è
quella tipica del gotico “maturo”: una successione di scene madri, esasperazione emotiva,
svenimenti, morti truculente.
Shelley dunque trovava nel genere gotico quella violenza, gusto per l'estremo, eccesso
melodrammatico che poi lo porterà alle sue successive opere.
Il melodrammatico è ben presente non solo nei romanzi gotici, ma anche nel teatro gotico, genere
alimentato da autori come Walpole, Lewis e Maturin, direttamente o grazie a trasposizioni teatrali
delle loro opere. Sul palcoscenico si ripropongono così tutte le tipiche situazioni attraverso coups
de theatre che amplificano l'emozione. Scontri sanguinari, apparizioni spettrali, salti acrobatici dalle
torri dei castelli, scene macabre e disgustose, tutto appare potenziato dal passaggio dalla pagina al
palcoscenico.
Tutto questo morboso ricorrere al macabro e all'eccessivo provocò anche delle reazioni. Ci fu in
certi ambiti un deciso e totale rifiuto, anche tra i critici, della narrativa gotica almeno fino al
Novecento. Vi furono poi parodie del genere come la Austen con Northanger Abbey: la
protagonista, Catherine Morland, è una accanita lettrice di romanzi gotici e le vicende che si
svolgono attorno a lei mettono in luce l'assurdità del genere ed il suo ricorrere al sensazionalismo.
D'altro canto si deve dire che la Austen non manca di evidenziare una riconsiderazione della realtà
che rispecchia, per certi versi, alcune istanze del genere gotico.
Prima della Austen è da segnalare, ad opera di Beckford, l'autore di Vathek, una opera dal titolo:
Modern Novel Writing (1796), una sorta di manuale degli errori dello scrittore: Beckford se la
prende chiaramente con il genere gotico degenerato ad opera delle varie case editrici.
L'inferno terreno di Melmoth
Accanto però al gotico “popolare” vi sono ancora autori che portano avanti il genere. Nel 1820
Charles Robert Maturin pubblica Melmoth the Wanderer. Il protagonista è un uomo solo,
tormentato, vittima e carnefice, un villain miscuglio di Ebreo Errante, Satana e Faust.
Melmoth ha stretto un patto con il demonio così da vivere più degli altri mortali, ma dovrà trovare
qualcuno disposto poi ad ereditare tale condizione altrimenti alla sua morte sarà dannato. Vaga per
cento anni, visitando luoghi di dolore, carceri, manicomi, alla fine dell'inutile viaggio torna al
castello degli antenati e paga il suo debito al demonio.
Di fatto il viaggio di Melmoth è una galleria di dolori dell'uomo, una sorta di dimostrazione che la
storia umana è un continuo ripetersi di torture fisiche e morali, senza speranza di redenzione o
riedificazione. La ricerca di Melmoth non può che essere un fallimento. Vivere è soffrire ed essere
perseguitati e puniti. L'isolamento del protagonista e delle persone che incontra spinge i personaggi
a cercare inutilmente una soluzione alle sofferenze dentro di se, ma vi trovano solo fantasmi e
terrori arcani. In questo baratro sfuma la distinzione tra bene e male, Malmoth è sia buono che
cattivo: una fanciulla innamorandosi di lui si condanna ad una fine tragica in mano all'Inquisizione.
Le due figure del villain e della fanciulla mostrano così la loro evoluzione. Malmoth è il villain
sofferente, l'uomo che ha superato e cancellato la natura, è figura simbolica e sovrannaturale. La
fanciulla, Immalee, non conosce il male, vive sopra un'isola in armonia con la natura e vede in
Malmoth parte della sua felicità, non lo fugge, anzi se ne innamora e così si perderà.
La carica simbolica si estende anche ai luoghi visitati durante il romanzo. Si tratta di spazi più vasti
rispetto al passato, paesi interi, immense prigioni, labirinti senza fine, dove però si svolgono delitti
che si ripetono dando quasi l'illusione che, alla fine, si tratti di uno sconfinato ma unico luogo.
Dal punto di vista narrativo, come fatto da Lewis, anche Maturin incastra storie nelle storie, dove
vero e irreale si mischiano e confondono.
Maturin è senza dubbio influenzato dalla sfiducia della religione calvinista verso la possibilità di
salvezza, l'oscurità è totale, il male prolifera senza riposo e l'uomo non può sfuggire la sofferenza
che lo perseguita in innumerevoli forme. Di fatto il viaggio illustra il crollo definitivo di ogni
certezza, rappresenta l'uomo davanti al crollo di ogni punto di riferimento.
Gli aspetti tipicamente gotici (labirinti, prigioni, inseguimenti) sono oramai uno strumento per
esprimere questo totale senso di sofferenza universale che caratterizza la vita dell'uomo. L'orrore è
tradotto in termini fisici attraverso torture e mutilazioni e attraverso eventi sovrannaturali che
spaventano i personaggi.
Il mostro della ragione: Frankenstein di Mary Shelley
L'aspirazione a trascendere la condizione umana è tema centrale del romanzo di Mary Shelley. Il
gotico ed il romanticismo si mischiano.
Il romanzo è ricco di implicazioni a livello simbolico: assomma temi letterari a inquietudini
anticipatrici dei nostri tempi.
Le ispirazioni sono molteplici, ma certo è molto influente la idea di una natura da conquistare che
domina il pensiero filosofico di fine '700. Si pensa che le leggi naturali possano essere utilizzate per