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I traduttori elisabettiani si misuravano con lingue retoricamente e lessicalmente
più ricche e contribuirono in prima persona allo sviluppo e all’arricchimento
della propria lingua, mediante la lingua o le lingue straniere con cui erano
necessariamente in contatto.
2. Un secolo di traduzioni
Il Cinquecento è contrassegnato da un'intensa attività traduttiva in lingua
volgare. La traduzione trasportò dal passato e dal presente opere di ogni
genere, dai trattati religiosi ai classici, ai manuali di scienze, di arti di quotidiana
utilità, ai libri di viaggio, alla narrativa e ai trattati comportamentali italiani. Basti
pensare che durante il regno di Elisabeth I sono state calcolate più di mille
traduzioni, che costituiscono almeno un quinto del prodotto librario. Alcune
traduzioni significative per l'impatto sulla lingua, la cultura e la letteratura sono:
Manuale di letteratura e cultura inglese 37
“The Book of the Courtier”, versione immediatamente apprezzata del “Libro
del cortigiano di Castiglione”
La traduzione in due tempi delle “Metamorfosi” di Ovidio per Mano di Arthur
Golding
I “Saggi” di Montagne tradotti da John Florio
La King James Bible del 1611 che pur tradotta e pubblicata sotto il regno di
James I è il prodotto di un lungo processo produttivo che aveva visto
impiegati uomini dal Cinquecento.
3.Translation is learning itself: la traduzione come mezzo di
conoscenza
Questa frenetica attività traduttiva era alimentata dalla forte istanza
divulgatrice dei traduttori e degli stampatori, supportata dai bassi costi della
stampa che rendevano il libro un prodotto largamente accessibile ai cosiddetti
illetterati, che non erano in grado di capire le lingue straniere sia classiche sia
moderne. L'istanza divulgatrice incontrava il desiderio di alfabetismo di un
pubblico sempre crescente di lettori che volevano accostarsi direttamente sia ai
testi religiosi, soprattutto alla Bibbia, sia ai laici. Il volgare era d'obbligo nel
primo caso perché si poteva fare a meno dell'intermediazione degli uomini di
chiesa, nel secondo caso perché era più facile autoistruirsi. A volte lo scopo
didattico-utilitario della traduzione veniva espresso dal traduttore.
L'istanza democratizzatrice che spingeva a tradurre dagli antichi e dai moderni
per abbattere le barriere culturali tra letterati e illetterati, era accompagnata
dalla difesa della traduzione, intesa non solo come mezzo per accedere al
sapere, ma anche come mezzo di arricchimento della propria lingua.
Emblematica a questo proposito è “The Epistle of the Translator”, di Hoby,
premessa a “The Courtier”, a difesa della tradizione e in opposizione ai dotti del
proprio paese, contrari la traduzione in volgare, perché secondo loro
ostacolava il sapere. Hoby sosteneva che la traduzione era un mezzo per
accedere alla conoscenza. L'Italia era una testimonianza di come si potesse
arrivare alla scienza con lo studio della sua lingua materna. Hoby concludeva la
sua difesa della traduzione augurandosi che i dotti del suo tempo traducessero
in volgare in modo che ognuno potesse arricchire la propria lingua e che gli
inglesi non fossero più considerati barbari nella lingua.
4.Verso una lingua eloquente
Manuale di letteratura e cultura inglese 38
La preoccupazione di Hoby di non essere più considerati barbari, al di là dello
spirito nazionalistico che la permeava, era detatta dalla convinzione diffusa,
soprattutto nella prima metà del secolo, della inadeguatezza della lingua
volgare rispetto alle lingue lessicalmente più ricche da cui si traduceva. I
traduttori erano consapevoli di portare dalla lingua di partenza parole che non
trovavano equivalenti adeguati nella lingua di arrivo ed erano quindi costretti, a
coniare nuove parole.
Il problema dell'arricchimento del volgare vide schierate tre scuole di pensiero,
così denominate nella classifica di Barber:
1. Neologizers, sostenitori dell'arricchimento della lingua per mezzo dei
prestiti delle lingue classiche e principalmente del latino
2. Purists, in nome della purezza e della chiarezza
3. Archaizers, posizione mediana rappresentata da Thomas Wilson, che
ammetteva i prestiti in caso di necessità.
Alla base dell'opposizione ai prestiti nel dibattito, denominato “inkorn
controversy”, c'era anche l'orgoglio nazionalistico che opponeva a resistenza
l'ammissione di termini stranieri. Nella lunga corsa dell'affermazione del
volgare, già verso l'ultimo quarto del secolo, la lingua non era più considerata
barbara, ma eloquente.
Il seicento
1.1603-1660
Alla morte di Elizabeth I salì al trono James VI Stuart, che col nome di James I
riunì i Regni di Scozia, Irlanda e Inghilterra. Il figlio di Mary Stuart ereditò una
situazione complessa a causa della irrisolta questione religiosa che divideva il
paese fra anglicani, cattolici e puritani. Il sovrano peggiorò la situazione
ribadendo con forza nei suoi scritti e nei suoi discorsi al Parlamento il diritto
divino del re. I frequenti contrasti fra il Re e il Parlamento continuarono e
peggiorarono, con il suo successore Charles I, sfociando infine in una guerra
civile che vide la maggior parte della ricca borghesia cittadina e proprietari
terrieri schirarsi contro il Re, sostenuto dall'aristocrazia e dall'alto clero
anglicano. Se il pretesto per l'apertura dell'ostilità fu sostanzialmente di
carattere religioso, ancora più forti erano le motivazioni di ordine economico e
politico. L'esercito parlamentare sconfisse le forze fedeli a Re nel 1646 e di
Manuale di letteratura e cultura inglese 39
nuovo nel 1648. L'anno seguente il Re fu giustiziato e la sua famiglia fu
mandata in esilio in Francia. Venne instarurata una repubblica, Commonwealth,
e Cromwell fu nominato Lord Protettore. Alla sua morte gli successe il figlio
Richard, che dopo solo un anno fu costretto a abdicare. Al caos che seguì,
l'unica soluzione parve quella di richiamare il figlio del re in esilio, Charles II, e
di restaurare la monarchia nel 1660.
La complessità del periodo precedente della restaurazione si rispecchia anche
nel contraddittorio panorama letterale e culturale, caratterizzato da un forte
contrasto fra vecchio e nuovo. La tradizione forniva concetti e immagini a cui
ancora attingevano poeti e pensatori, pur problematizzandoli e ponendoli in
discussione. Ma tutte le branchie della vecchia scienza erano ormai minacciate
dalla nuova enfasi sulla necessità del metodo empirico.
Sia sotto James I che sotto il suo successore, la corte era un luogo importante
di attività letterarie e numerose erano le rappresentazioni teatrali. Shakespeare
era ancora in attività nei primi anni del secolo e all'apice della fama e nuovi
drammaturghi, come Webster e Ford, mietevano grandi successi. Soprattutto
celibri a corte erano gli spettacoli masques composti da Ben Jonson, nei quali
spesso recitavano e danzavano anche membri della Corte e della Famiglia
Reale.
2. 1660-1700
La restaurazione della monarchia e il ritorno di Charles II Stuart diede nuova
speranza e la maggioranza della popolazione accolse con entusiasmo il ritorno
del re. La corte e la chiesa anglicana riconquistarono tutti gli onori e i puritani
furono perseguitati e sottoposti a dure sanzioni. Anche i cattolici furono
emarginati ed esclusi per la maggior parte della vita pubblica. Tuttavia i
problemi che avevano diviso Charles I e il Parlamento non furono risolti. Il
nuovo re aveva promesso di governare tramite il Parlamento ma ciò che fece in
realtà fu consolidare la propria autorità, evitando di confrontarsi con il
Parlamento, nascondendo inoltre le proprie simpatie per la Chiesa Cattolica. La
crisi si palesò quando il re sciolse il Parlamento. Il paese s divise in due nuovi
partiti politici:
I Tories sostenevano il re in quanto garante della stabilità sociale e
politica.Erano conservatori e avevano l'appoggio del clero anglicano e dei
proprietari terrieri
I Whigs erano più aperti alla tolleranza religiosa e sostenevano il
commercio e la libera iniziativa, raccogliendo nelle proprie file esponenti
Manuale di letteratura e cultura inglese 40
diversi classi
Una cosa soltanto univa i due partiti: entrambi non potevano accettare che alla
morte di Charles II governasse il fratello James II, convinto cattolico il quale,
non appena salito dal trono, si arrogò il diritto di promulgare le leggi senza
consultare il Parlamento e cominciò a fare entrare i cattolici nell'esercito e nel
governo. Quando la nascita di un erede maschio al trono rese concreta la
prospettiva che una dinastia cattolica si consolidasse in Inghilterra, iniziarono
negoziati segreti fra il Parlamento e William d’Orange. William sbarcò con un
piccolo esercito e si diresse verso Londra, mentre James fuggiva in Francia e in
esilio permanente. Questa rivoluzione portò alla stesura del Bill of Rights del
1689, scritta dal Parlamento e sottoscritta dal nuovo sovrano, un documento
che limitava i poteri della corona, che affermava la supremazia del Parlamento e
garantiva alcuni fondamentali diritti del cittadino.
Charles II aveva portato con sé dall'esilio una grande ammirazione per la
letteratura e i costumi francesi e per scrittori che esercitarono la loro influenza
sugli scrittori inglesi. La letteratura della restaurazione si esprimeva negli heroic
plays scritti da Dryden che attingeva dalle tragedie francesi, esasperando il
tema del conflitto fra amore e dovere. Tuttavia il teatro della restaurazione è
soprattutto legato alla commedia. Ogni sera i londinesi si affollavano nei teatri
dove si rappresentavano i costumi corrotti delle classi aristocratiche, tramite
personaggi che incarnavano i peggiori vizi dell'umanità che parevano una
dimostrazione della visione pessimistica dell'essere umano espressa dal
filosofo materialista Thomas Hobbes.
La seconda parte del Seicento è detta anche Età Augustea o Neoclassica, con
esplicito richiamo al regno di Cesare Augusto, seguito dall'assassino di Giulio
Cesare. Così in Inghilterra si apriva un periodo di stabilità e di prosperità
economica, dovuta a una straordinaria espansione coloniale, a una rivoluzione
agraria e alla rivoluzione industriale. John Dryden, poeta critico e
drammaturgo, è certamente la personalità più significativa della restaurazione.
Gli ultimi decenni, vedono la nascita del giornalismo, del romanzo e della
saggistica.
Il teatro del primo Seicento
1. Guerre fra teatri
E la sete di novità che caratterizza il teatro degli inizi del 600 fino alla chiusura
del 1642 per mano dei puritani. Dopo aver sostanzialment