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Henry V e Henry VIII
Henry V in cui si celebra il ritorno trionfale del re paragonandolo da una parte al grande generale romano, Cesare, e dall'altra con un altrettanto trionfale ritorno del conte di Essex dall'Irlanda, ove era stato inviato dalla regina per domare una ribellione.
Henry VIII, un dramma scritto in collaborazione con John Fletcher alla fine della carriera, si differenzia profondamente dagli altri drammi storici collocandosi su di un sottile confine di genere, fra history e romance. La 'storia' di Henry VIII, infatti, si arricchisce e si colora di quegli elementi tipici della scrittura shakespeariana dell'ultima fase, ossia i sogni, le apparizioni, le profezie, e soprattutto, diversamente dalla maggior parte delle histories, si conclude con un senso di rinascita e di forte positività che viene esaltato e celebrato con la cerimonia del battesimo di Elizabeth.
Ritorna il discorso metateatrale che non affiora soltanto nei versi.
affidati ai Cori maspesso, viene usato dai personaggi per mettere a confronto due realtà, quella scenica e quella della vita. L'uomo viene spesso paragonato all'attore e la vita giunge a essere identificata con la rappresentazione teatrale. Nella scrittura storica fra i tanti esempi si può ricordare come in Richard II (1595) il re sconfitto e il vincitore, Bolingbroke, vengano paragonati ad attori il cui successo dipende spesso dal mutevole atteggiamento degli spettatori. Richard II si pone peraltro come autore e regista della propria vicenda, così come ancor più ampiamente fa Richard III nel dramma a lui intitolato (1592), in cui il re protagonista, abile retore e "costruttore di parole", compone il copione di una vicenda che, da esperto regista oltre che primo attore, fa recitare a tutti i personaggi che gli fanno corona. La creatività e personalità artistica di Shakespeare sta anche nella sua capacità di presentare le
Che ricopre; in tutta la trilogia a lui dedicata (1588-1592), egli infatti appare spesso inetto, debole e titubante, addirittura desideroso di confondersi con gli umili pastori piuttosto che essere costretto a guidare eserciti in incerte battaglie. La scrittura storica viene dunque affrontata da Shakespeare in termini innovativi, con un sentire tutto teatrale e, dunque, non è solo da considerarsi nei suoi contenuti storico-politici.
La scrittura comica
La produzione comica shakespeariana viene distinta in quattro raggruppamenti: le early comedies, le romantic comedies, i problem plays e i romances. La natura sperimentale della commedia shakespeariana deriva in gran parte dal confluire, nell'immaginazione creativa del drammaturgo, di tante tradizioni precedenti - la commedia plautina, la novellistica italiana, il folklore medievale, la commedia cortese - e quella romanzesca rivisitate, naturalmente, in una scrittura personale, inventiva, in cui la commistione di diversi
registri diviene qualità caratterizzante. Non è raro, in Shakespeare, rintracciare la presenza di fonti diverse all'interno di uno stesso testo e sorprende come, fin dalle prime prove teatrali, il drammaturgo riesca a combinare con grande maestria spunti tratti da opere spesso molto distanti fra loro, appartenenti a epoche e a culture diverse, nonché a generi letterari differenti. È questo il caso di The Comedy of Errors (1593), una tipica commedia plautina, cui Shakespeare non esita ad accostare una fonte narrativa di tutt'altro tono, la storia di Apollonio di Tiro, derivata dal poema di John Gower. La storia narrata da Gower viene infatti utilizzata per costruire una sorta di cornice romanzesca dal tono decisamente tragico che racchiude la vivace "commedia degli equivoci" di ispirazione plautina. È interessante osservare la studiata gradualità con cui Shakespeare passa dal tono grave e dal genere tragico-romanzesco della prima
Scena all'atmosfera comica del corpo principale del testo. L'esperimentazione shakespeariana nella commedia tocca e modifica talvolta aspetti essenziali a definire la natura comica di un testo: in Shakespeare persino gli happy endings propongono ardite trasgressioni alla tradizione comica e non sempre sono accompagnati dal suono di note festose. In Shakespeare persino gli happy endings propongono ardite trasgressioni alla tradizione comica e non sempre sono Love's Labour's Lost accompagnate dal suono di note festose. Ne è il caso (1594), una commedia decisamente brillante e divertente, con un finale alquanto inaspettato, dove l'allegria della danza "pre-matrimoniale" viene rotta d'improvvisa dalla burrascosa notizia della morte del re di Francia, che porta alla separazione delle coppie, quasi un ritorno alla vera realtà. Spesso nei drammi di Shakespeare il finale è stato definito 'aperto' poiché, nonostante le
Apparenti soluzioni, le questioni di fondo non vengono risolte in modo soddisfacente, quasi per consentire agli spettatori una riflessione critica sui problemi dell'esistere rappresentati nell'opera teatrale; mai, tuttavia, Shakespeare osa sottrarsi alla necessità di proporre un qualche finale risolutivo se non in esempio unico nel suo teatro proprio per l'audace e trasgressiva mancanza di conclusione: il prevedibile finale viene infatti negato e rimandato a un 'fuori scena' lontano nel tempo, del tutto incerto e imprevedibile, cui il pubblico non potrà assistere e su cui non può fare altro che previsioni e congetture piuttosto fragili e vaghe. La scrittura comica consente a Shakespeare grandi possibilità di sperimentazione per quanto riguarda il discorso teatrale. Questo aspetto è il cardine su cui ruota quella che probabilmente è la sua prima commedia, The Taming of the Shrew (1593),
Tutta costruita intorno all'espediente del play within the play e in cui Shakespeare si pone sul piano di una metateatralità molto esplicita, aprendo il testo con una induction che definisce le regole e stabilisce le convenzioni di quel 'patto drammatico' fra attori e spettatori, chiarendo fin dall'inizio che si tratta di 'teatro nel teatro': una compagnia di attori, infatti, metterà in scena una rappresentazione dal titolo The Taming of the Shrew davanti a un povero calderaio cui viene fatto credere di essere un ricco e importante signore. La finzione teatrale viene così posta al centro della scena in modo da osservarne e svelarne i meccanismi ed è forse proprio questo uno degli aspetti più importanti di questa commedia rispetto all'intero canone shakespeariano. Il gioco del 'teatro nel teatro' pervade infatti tutto il testo e si ripete all'infinito al suo interno, nei travestimenti, negli
scambi di persona e nelle confusioni di identità dei vari personaggi. Il gioco del teatro nel teatro e il discorso metateatrale sono al centro anche di A Midsummer Night's Dream di (1595), una commedia che è stata variamente collocata all'interno del canone shakespeariano. Alcuni critici come Giorgio Melchiori la pongono fra le early comedies pur riconoscendone la diversità e l'unicità. Altri critici le attribuiscono un ruolo cruciale di svolta verso la commedia romantica per la maturità del linguaggio, per la complessità e ricchezza della strutturazione, per la fusione di generi che propone. La commedia si apre con un tono grave e drammatico su problematiche quali la giustizia/rigore della legge, l'autorità paterna, la fedeltà e la lealtà nei rapporti d'amore e di amicizia. E nel bosco incantato ritorna l'incanto del gioco del teatro nel teatro con lo scambio di ruoli fra gli innamorati, con leMagie teatrali di Oberon e Titania. Anche nella parte conclusiva viene ribadito la centralità del gioco teatrale: il mondo dello spettacolo viene celebrato con la recita preparata dalla variopinta compagnia Quince e Bottom, mentre il breve epilogo di Puck ricorda al pubblico quanto la natura del teatro sia evanescente come il sogno, come la stessa vita.
I protagonisti della commedia shakespeariana, dunque, vivono le loro vicende, liete ma complesse e anche dolorose, sulla scena del gran teatro del mondo, specchio di una vita che contiene, appunto, un mondo intero, nelle sue pieghe al contempo comiche e tragiche. Del resto comicità e tragicità spesso non sono che prospettive diverse con cui si guarda a una stessa realtà.
4. Dalla scrittura problematica alla scrittura tragica
Se nelle early e romantic comedies il risvolto comico e romantico predomina con finali lieti, vicende d'amore e altri elementi tipici, nella
scrittura ‘comica’ successiva, emerge la meschinità umana ed elementi più All’s Well That Ends Well cupi. Ne sono esempio Measure for Measure e (1604), per l’assenza di grandi protagonistiche non possono essere considerate né tragedie dalla statura eroica, eventi luttuosi e morti violente, né commedie per mancanza di leggerezza e quel sorriso tipico di questo genere. Queste opere ambigue vengono così classificate come problem plays, etichetta derivata dal moderno dramma ibseniano. I problem plays rappresentano un momento di importante sperimentazione verso la creazione di una forma drammatica capace di riflettere al meglio la profonda ambiguità della nuova realtà, che ritroverò grande esito nei drammi romanzeschi. Hamlet (1600-01) è per eccellenza modello di riferimento per la scrittura “problematica” di Shakespeare, identificata nell’uso esplicito di una metateatralità che vuole