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La voce delle cose

Francis Ponge, invece, vorrebbe ascoltare la voce delle cose stesse, vuole cogliere le parole nella loro materialità, al punto che non ci sia più distinzione tra parola e oggetto. Nel suo testo Il partito preso delle cose, le cose vengono liberate dai loro significati pratici, la scrittura si lascia guidare dalla forma dell'oggetto, ma soprattutto il testo-oggetto finisce per costituirsi in un oggetto autonomo, a distanza dagli altri oggetti.

Scrigni della memoria, metamorfosi di una passione di Franca Franchi

Soprattutto tra il 1500 e il 1600 si vanno costituendo varie raccolte importanti incentrate sui cabinets di reliquie e di curiosità, ambiente in cui si realizza il nuovo "uomo universale" e nascono i "teatri della memoria": di questi gabinetti ne esistevano tantissimi. Non si trattava di una voga, ma del desiderio di prendere possesso dell'intera natura.

Esemplare è il trompe-l'oeil.

Di Domenico Remps, che mette in scena una vetrinetta colma di oggetti più disparati: penne, specchi, coralli, dipinti, medaglie, insetti..

Il 1700 impone una svolta decisiva a questa concezione, legata al possesso di un microcosmo che allude costantemente all'universo intero. Goethe è colui che sa interpretare meglio questo mutamento radicale: collezionare l'antico significa conservarne la memoria e dare vita a un nuovo universo equivalente. L'abitazione di Goethe comprende copie in gesso, calchi di gemme, copie di quadri famosi: egli vuole attuare una ricostruzione del passato, ma pur sempre mantenendo un certo ordine.

Il 1800 approfondisce il complesso dialogo con gli oggetti, ma è la fotografia a sancire il passaggio epocale in cui si determina una nuova religione dell'oggetto: fare dell'oggetto un'immagine significa togliergli una a una tutte le dimensioni (il peso, il profumo, il tempo, la continuità, il significato..).

Claude Cahun, le fotografie diventano strumenti di auto-rappresentazione e di costruzione di un'identità.​Nella House of the past, ad esempio, le due artiste creano un ambiente domestico in cui le fotografie sono esposte come oggetti preziosi, testimoni di una vita vissuta.​In entrambi i casi, la fotografia diventa un mezzo per preservare la memoria e per esplorare l'identità personale e collettiva.Clarence John Laughlin, invece, spazio, tempo e memoria sembrano costruire un tutt'uno, nelle sembianze di oggetti in via di sparizione. ​​ ​Un caso a sé è costituito dalla celebre fotografia di Witkin, Studio de Winter, che si propone come ripresa di una celebre immagine di Winter, Nature morte, che raffigura un cumulo di oggetti disparati, per lo più statue antiche, disposti in una prospettiva tipica di una parte della tradizione pittorica. Witkin era rimasto affascinato da questa composizione tanto da volerne realizzare una simile. Su indicazione di un amico, viene a contatto con una giovane donna afflitta da scoliosi: dopo aver disposto gli oggetti da fotografare, si era reso conto che la composizione sembrava vuota, ma il ricordo alla donna dalla colonna vertebrale deformata risolveva il problema. "Introducendo la donna, Witkin disturba l'ordine accademico dei corpi facendo cadere tutte le figure presenti dell'ordine antico.

riducendole a rifiuti di un'arte che non ha saputo anticipare l'attuale evoluzione dei corpi verso la loro trasformazione".

LA RIVOLTA DEGLI OGGETTI

di Alberto Castoldi

Il rapporto con gli oggetti è sempre stato problematico: gli oggetti, ogni volta che venivano individuati come tali (cioè quando venivano sottratti al loro ambiente naturale), si caricavano di potenzialità impreviste e pericolose, quindi era necessario attuare un controllo sia per poterli usare a proprio vantaggio sia per evitarne gli effetti negativi.

Le camere delle meraviglie, nel momento in cui raccoglievano gli oggetti più singolari, ne esaltavano i loro caratteri sorprendenti, ma li custodivano anche in teche, scatole che potessero contenere la loro pericolosità.

Tutto questo universo entra in crisi agli esordi dell'Ottocento, quando tutto passa al mondo borghese e quando la modernizzazione e la comparsa di macchine segna la rottura con un passato consegnato

ad una dimensione magica, anche se le macchine stesse, in realtà, alla fine del 1700 compaiono nelle produzioni romanzesche spesso come oggetti magici. L'esordio dell'Ottocento vede invece la presenza delle macchine come qualcosa che presuppone un mondo in via di industrializzazione. In particolare, l'emergere di una collettività desiderante, grazie agli oggetti seriali, fa sì che le relazioni fra gli uomini siano dislocate sulle relazioni fra le cose; Karl Marx è l'interprete per eccellenza di queste trasformazioni, sostenendo che gli oggetti si fanno merce e vivono un'esistenza fuori da noi, imprigionando al tempo stesso i nostri desideri. Gli oggetti si sentono quindi liberi di sprigionare tutta la loro energia: è il caso del romanzo di Balzac La pelle di zigrino, dove la vicenda si costruisce in una "camera delle meraviglie" collassata, la bottega dell'antiquario. In questa bottega

è presente l’oggetto simbolo dellanuova cultura romantica, cioè la pelle di zigrino. Walter Benjamin prima di tutti riflette sul nuovo potere degli oggetti, che si presentano come merce nel mercato e che vengono esaltati non per le loro qualità, ma per il loro valore.

Nel 1800, la razionalità illuministica lascia il posto a un’immaginazione scomposta che mette in discussione tutto: gli oggetti diventano ingestibili, si animano e creano un universo perturbante. A sostituire la razionalità, allora, c’è il sogno, emblema dell’irrazionale.

Sulla scia dei sogni, presenti soprattutto sotto forma di incubi, è l’universo intero a diventare perturbante: la gerarchia dei valori viene messa in discussione. La tradizione è ricchissima di esempi di esseri inanimati in grado di interagire con gli umani: ci sono gli automi come l’Olimpia del Mago sabbiolino di Hoffmann, la Hadaly dell’

Eva Futura di Villiers de l'Isle-Adam, ma è soprattutto in ambito tedesco che compaiono animali parlanti, alberi che producono musica, pietre che cantano.. Da tenere in considerazione è sicuramente Grandville, che coniuga nelle sue raffigurazioni bizzarria, umorismo e ferocia: tutto il suo universo è all'insegna della metamorfosi, e la libertà dell'uomo viene messa in discussione. Grandville dice che per sottrarci alla caduta della bestialità dobbiamo farci macchine e automi; i suoi quadri mostrano situazioni paradossali, in cui gli oggetti e i personaggi sembrano uscire dalla tela e aggredire l'osservatore. Uno specchio insegue colui che si è specchiato, una cesoia aggredisce un fiore animato che si ritrae, una miriade di campane si avvia verso Roma. Sono però le Petites misères de la vie humaine a raccogliere l'esemplificazione più ricca di "incidenti", che segnano la

Rivolta degli oggetti è una situazione di conflittualità con l'ambiente che ci circonda nella quotidianità: gli stivali non si fanno né indossare né togliere, le porte si richiudono incastrando gli abiti.

Un racconto di Gauthier, Onophrius, sembra condensare la conflittualità fra l'io e il mondo, decretandone l'impossibilità di sottrarvisi se non nella fuga nella follia. Tutto l'universo allora sembra essere una rivolta contro il giovane pittore protagonista: gli orologi cambiano di ora, i suoi quadri si modificano da soli, i colori spruzzano, le campane gli mostrano la lingua, la strada si ripete uguale, gli specchi si rifiutano di riflettere correttamente.

In ambito francese, Guy de Maupassant si confronta con le tematiche del perturbante, e il racconto "Qui sait?" costituisce una testimonianza di questo clima: la sua casa, per lui così familiare, viene assalita dall'inquietudine.

i mobili si animano e si spostano da soli, per poi assalirlo. La rivolta dei mobili è un elemento che torna in molti racconti. Anche in Italia si assiste alla rivolta degli oggetti, ma sotto sembianze più umanizzate: è il caso del burattino Pinocchio, o delle bambole automatiche di Edmondo De Amicis. Nel corso del Novecento gli oggetti in rivolta si moltiplicano, assimilandosi a macchine complesse. Successivamente, la rivolta degli oggetti andrà sempre più configurandosi come la minaccia dell’informe che sfugge al nostro controllo. LA CAMERA DELLE MERAVIGLIE DI FRANCIS PONGE di Franca Franchi La fortuna critica dell’opera di Ponge è legata ai riconoscimenti ottenuti dai maggiori esponenti della filosofia francese del suo tempo: Albert Camus e Jean-Paul Sartre. Ponge tra i suoi modelli indica anche Mallarmé e Valéry, che hanno posto il linguaggio al centro della loro riflessione sul fare poetico: in particolare ècon il testo di Valéry che l'opera del poeta intrattiene un dialogo serrato. Sicuramente Ponge si immerge in un clima culturale dove Colette aveva avuto una certa importanza: lei prendeva in considerazione una natura protettiva, confortevole e materna, la sua è una fusione con la natura-madre. Nella sua opera, Ponge scegli un approccio "affettivo": egli istituisce un nuova percezione delle cose che non le irrigidisce in una definizione, ma cerca di collocarle in un universo fluido in cui più che oggetti troviamo testimonianze, storie. La sua opera si traduce in una singolarissima Wunderkammer dove trovano posto non le testimonianze più bizzarre della natura (come nella tradizione del 1500 e 1600), ma i reperti più banali (il pane, una porta, una conchiglia, un sasso..) che sono decontestualizzati così da essere.
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Publisher
A.A. 2019-2020
6 pagine
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-LIN/03 Letteratura francese

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher aeea11 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura francese e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bergamo o del prof Franchi Franca.