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Editto Aldobrandini, 1624: riguarda statue di marmo o metallo, figure e altri
oggetti di antichità e richiama precedenti editti che non hanno avuto
successo. Si parla di oggetti antichi e moderni in quanto le antichità
venivano riutilizzate per la costruzione di nuovi edifici. Il divieto comprende
una sanzione di 500 scudi e una pena corporale da stabilirsi a seconda del
caso. L'Editto prevede inoltre la disciplina dei ritrovamenti archeologici: le
scoperte devono essere denunciate entro 24 ore al Cardinale o al suo
aiutante e conservate per quattro giorni senza essere donate o vendute, in
attesa che vengano ispezionate.
Editto Sforza, 1646: riguarda statue, figure, medaglie, iscrizioni: ribadisce,
ampliando l'oggetto del precedente editto, il divieto di estrazione e ora
anche di vendita senza una licenza. Prevede una sanzione pecuniaria di 500
ducati d'oro e la perdita degli oggetti. Proibisce inoltre il trasporto tramite
qualunque mezzo degli oggetti senza una licenza, sotto pena di tre frustate,
25 scudi e la perdita degli oggetti. In questo modo scavi, ricerche e
ritrovamenti sono sottoposti al controllo specifico del Commissario alle
antichità, così come l'estrazione e la tutela degli oggetti, minuziosamente
descritti per evitare vuoti di tutela.
Editto Spinola, 1704: riprende gli editti precedenti riguardanti pitture,
stucchi, mosaici, estendendo il divieto di estrazione ad oggetti non
provenienti da scavi, quali libri, manoscritti e iscrizioni antiche. La
conservazione riguarda documenti sia ecclesiastici sia profani, scritti tanto
in Volgare quanto in Latino, Greco, Ebraico o qualunque altra lingua.
Aggiunge inoltre l'obbligo di licenza per l'esercizio del commercio di
antichità e di opere d'arte.
Nel Granducato di Toscana, già da un secolo si era iniziato a prestare
attenzione alle carte e ai documenti antichi:
- 1601: si stabilisce, con l'intento di conservare le memorie sia pubbliche
che private, il recupero da parte dello Stato di scritture e libri di sua
proprietà e la necessità di una licenza per la vendita del materiale
documentario, cui viene riconosciuto in questo modo il valore di
documento storico.
- 1606: si proibisce ai commercianti di comprare manoscritti e fogli antichi,
per avvolgere le loro merci destinate poi alla vendita.
Editto Albani, 1726: proibisce di scavare accanto a edifici e muraglie antiche
affinché non restino danneggiate e di manomettere edifici antichi lesi dal
tempo senza esplicita licenza.
Editto Valenti, 1750: il divieto di scavo e manomissione dell'editto Albani
viene ora esteso anche alle strade. Viene inoltre punita la vendita di oggetti
alterati o falsificati ai forestieri, come era già previsto anche dall'editto
Albani del 1733. La premessa culturale dì questo editto costituisce la
sintesi della legislazione settecentesca sulla tutela dei beni culturali nello
Stato Pontificio. La conservazione a Roma di opere scultoree e pittoriche sia
sacre che profane sono un ulteriore incitamento ai forestieri di recarsi a
Roma per ammirare tali opere.
L'organizzazione amministrativa in materia di beni culturali è affidata a diversi
funzionari:
- Cardinale Camerlengo: responsabile del governo della Chiesa in caso di sede
vacante, che si avvale della Camera Apostolica;
- Commissario sopra le cave e antichità: dalle competenze più tecniche quali
vigilanza su conservazione, circolazione e commercio dei beni culturali;
esprime pareri sul valore degli oggetti di cui si chiede l'estrazione; sorveglia
gli scavi e si occupa di impedire il contrabbando. Con l'editto Valenti gli
vengono affiancati tre assessori.
- Prefetti dell'Archivio segreto vaticano e di Castel S. Angelo: si occupano dei
libri manoscritti e dei documenti di interesse archivistico.
Il regime di tutela viene applicato ai beni elencati specificamente,
indipendentemente dalla loro appartenenza e il destinatario può essere anche
uno straniero in quanto è qualunque soggetto che col bene tutelato si trova in
rapporto di:
Proprietà:
- diritto di godere e disporre di una cosa in modo pieno ed
esclusivo;
Possesso:
- potere di fatto sulla cosa, che riconosce che la proprietà è di
un'altra persona ma che consente l'esercizio dei diritti di proprietà;
Detenzione:
- rapporto temporaneo con la cosa, senza esercizio di potere
corrispondente a quello del titolare di un diritto reale.
La protezione archeologica nel Granducato di Toscana
Nel Granducato di Toscana la scoperta do tombe etrusche nel 1731 dà il via a
scavi e commercio che portano alla creazione di falsi. A Volterra si istituisce
quindi una Deputazione affinché non vengano alterati i monumenti. Chi vuole
intraprende un'attività di ricerca archeologica deve chiedere alla Deputazione
una licenza in cui sono indicati luogo e tempo assegnato per compiere lo scavo
e presentare un elenco delle antichità ritrovate che verranno poi vendute. Il
museo civico ha diritto di prelazione (di essere preferiti rispetto ad altri
acquirenti) di un mese e se né il museo né i cittadini di Volterra esercitano il
loro diritto di prelazione il proprietario può vendere liberamente i beni ritrovati.
Chi viola tali prescrizioni va incontro alla confisca dei beni in favore del museo
e al l'impossibilità di ottenere in futuro altre licenze di scavo.
È una normativa più semplice e meno severa rispetto a quella pontificia e viene
eliminata nel 1780 dal granduca Pietro Leopoldo, che liberalizza commercio
antiquario e ricerca archeologica, non più sottoposta a licenza ma solo
all'obbligo di comunicare i ritrovamenti al direttore della Reale Galleria, che
stabilisce il valore di ogni oggetto a seconda della rarità e della bellezza.
La tutela archeologica del Regno di Napoli
Carlo di Borbone, figlio del re di Spagna, conquista nel 1734 il Regno di Napoli
aiutato da sua madre, Elisabetta Farnese, ultima discendente della famiglia
Farnese, che aveva ricche collezioni dal punto di vista artistico sia a Parma che
a Roma.
Dal 1738 promuove gli scavi a Pompei, Ercolano e Stabia: la scoperta di questo
patrimonio archeologico porta alla necessità di studi attenti e approfonditi e
alla pubblicazione dei reperti, per cui nel 1755 viene istituita la Reale
Accademia Ercolanese un'accademia di studiosi che documentavano tutto ciò
che veniva ritrovato.
Gli scavi vengono condotti in modo organico e scientifico, sotto il diretto
controllo del re. Non esiste però una legislazione protettiva come nello Stato
della Chiesa, per cui gli vengono contemporaneamente avviati anche da privati
e molti reperti vengono venduti ed esportati.
Lo scultore Joseph Canart, responsabile del restauro di sculture e supervisore
del restauro di mosaici e affreschi, nel 1751 suggerisce l'elaborazione di una
legislazione sugli scavi e del divieto di esportazione di reperti archeologici.
Leggi Prammatiche, 1755: due leggi per la tutela del patrimonio storico-
artistico in cui si stabilisce il divieto di estrazione per chiunque non abbia
l'espressa licenza di Sua Maestà, pena la perdita dei beni e tre anni di
carcere per gli Ignobili o di esilio per i Nobili. Il rilascio di queste licenze è
subordinato al parere di tre periti:
- dipinti: il pittore Giuseppe Bonito, Pittore di camera del re;
- sculture, marmi, pietre: lo scultore Joseph Canart, Ingegnere e Statuario
di Sua Maestà;
- altre antichità: l'erudito Alessio Simmaco Mazzocchi, Canonico della
Cattedrale;
Carlo di Borbone nella premessa afferma che nelle terre del Regno di Napoli
sono presenti numerose testimonianze dissotterrate e portate in altri paesi
che ne fanno un grande vanto, mentre il regno di Napoli ne risulta
impoverito: la salvaguardia dell'identità storica e patrimoniale del Regno
assume quindi la dimensione di idea nazionale e il carattere di assoluta
preminenza. Riprende quindi i precedenti editti dei cardinali, che avevano
stilato un elenco di cose antiche per cui era stato stabilito il divieto di
estrazione. Le pene sono però estremamente più severe di quelle pontificie
e viene punito anche il solo tentativo di estrazione, mentre la sorveglianza
sugli scavi è rigidissima. Un'ulteriore novità è costituita inoltre
dall'attenzione agli "instrumenti", gli utensili della vita quotidiana, e alle
"pitture tagliate dai muri", in riferimento alla pratica di staccare gli affreschi
antichi dalle pareti originarie per esporli come quadri.
Nel 1759 Carlo di Borbone lascia Napoli per il trono di Spagna ma non porta con
sé i tesori ritrovati, compreso l'anello rinvenuto negli scavi di Pompei,
ritenendoli proprietà dello Stato.
Grand Tour
Il Settecento, il e i musei
Con il Settecento muta il clima culturale, trionfa il Neoclassicismo e l'Italia
Grand Tour,
diventa meta privilegiata del il viaggio compiuto dai giovani di
buona famiglia per completare la propria educazione. Con l'aumento dei
viaggiatori stranieri interessati all'arte si incrementa il commercio non
autorizzato di opere vendute agli stranieri ed esportate clandestinamente
all'estero. La crisi economica si aggrava e le famiglie nobili sono sempre più
spinte a vendere le loro collezioni all'estero, per cui i Pontefici reagiscono a
difesa dell'eredità del passato con l'acquisto di opere importanti o di intere
collezioni trasferite poi nei musei pubblici e nella Biblioteca Vaticana. In
Campidoglio confluiscono così antichità cristiane e orientali, la collezione Albani
e la collezione Sacchetti.
L'istituzione di questi musei comporta che le opere che li compongono sono
inalienabili e quindi invendibili: lo scopo specifico del museo è proprio quello di
impedire la dispersione delle opere antiche. Al tempo stesso si impone per i
nuovi scavi archeologici che un terzo delle cose ritrovate sia assegnato allo
Stato, che si riserva inoltre il diritto di impedire l'esportazione di opere ritenute
importanti. In questi modo si riesce a mantenere una cospicua dotazione di
capolavori.
Nel frattempo in Toscana l'ultima erede di casa Medici, Anna Maria Ludovica,
nel 1743 lascia allo Stato di Toscana, nella persona del Granduca, tutte le
collezioni dei Medici situate non solo a Firenze ma anche a Roma, a condizione
che non siano rimosse ma che restino a beneficio del pubblico di tutte le
nazioni.
La conservazione nel Lombardo Veneto e nella Repubblica di Venezia
Milano e Lombardo Venero, 1745: Maria Teresa d'Austria vieta con un
decreto di disfare o ritoccare pitture e sculture pubbliche senza il controllo
dell'Accademia, con la pena di venticinque scudi. Nessun pittore può
- Risolvere un problema di matematica
- Riassumere un testo
- Tradurre una frase
- E molto altro ancora...
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