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LE ORIGINI DELLA TUTELA

1.1. La Roma del Rinascimento.

1462 = bolla Cum almam nostram urbem, Papa Pio II (Enea Silvio Piccolomini)  divieto di

danneggiare/distruggere antichi monumenti ed edifici che si trovino sul territorio di Roma – anche

qualora appartenenti a proprietà privata – senza una licenza del romano pontefice.

1474 = bolla Cum provida, Papa Sisto IV (Francesco della Rovere)  divieto di spogliare le chiese

dei marmi e degli antichi ornamenti.

1646 = Editto sopra l’estrattioni e cave di Statue, Figure, Intagli, Medaglie, Inscrittioni di marmo, di

mischio metallo, Oro, Argento, Gioie e cose simili antiche e moderne  esportazione e scavi

assoggettati a licenza.

1726 = Editto del cardinale Annibale Albani  divieto estrazione di statue di marmo o metallo,

figure, antichità e simili.

1733 = Editto del cardinale Alessandro Albani  rinnovata protezione beni artistici.

1750 = Editto del cardinale Silvio Valenti Gonzaga  Prohibitione della estrazione delle statue di

marmo o metallo, pitture, antichità e simili.

Anche in altri stati preunitari furono emanate disposizioni di tutela dei beni culturali: nel 1738 nel

regno di Napoli il re Carlo III di Borbone promuove gli scavi archeologici ad Ercolano; nel 1748

hanno invece inizio quelli a Pompei. Nel 1757 l’Accademia Ercolanense pubblica 8 tomi contenenti

documentazioni sugli scavi inserimento di Napoli nel Grand Tour.

1764 = pubblicata l’opera di Johann Winckelmann Geschichte der Kunst des Altertums – Storia

dell’arte dell’antichità, la quale ricopre un ruolo fondamentale nel superamento degli studi di

antiquaria dell’epoca, nella creazione del gusto artistico e nell’impostazione scientifica della

moderna archeologia come studio della storia dell’arte.

1.2. Napoleone e il saccheggio del patrimonio artistico italiano

Fra il 1796 e il 1815 molte opere d’arte conservate a Roma furono oggetto di vicende che

portarono alla formulazione della base ideologica – culturale della legislazione di tutela dei beni

culturali.

1795 = si scioglie in Francia la Convenzione e viene istituito il Direttorio che invia in Italia il giovane

generale Napoleone Bonaparte.

Molte opere d’arte vengono quindi allontanate dal territorio Italiano e condotte in Francia,

ammettendo la consuetudine del tempo il saccheggio da parte del paese vincitore = ius predae.

In occasione delle Campagne d’Italia viene istituita una Commission pour la recherche des objects

des Science set de l’Art.

Il saccheggio bellico per mano di Napoleone fu a seguito giuridicamente legittimato con il trattato

di Tolentino (1797).

1.3. Le Lettres à Miranda di A.C. Quatremère de Quincy

Politico, ma soprattutto architetto e uomo di cultura, egli si professa da subito oppositore alla

politica di saccheggio mossa dalla Francia. Nel 1796 pubblica, sotto forma anonima, sette lettere

indirizzate al generale napoleonico Miranda, lettere nelle quali egli pone il fondamento ideologico

di un’importante parte non solo della legislazione italiana, ma anche di diverse convenzioni

internazionali sulla tutela dei beni culturali. 1) necessità di una comunità culturale europea; 2)

elogio dell’Italia quale museo generale largamente valorizzato ; 3) esaltazione dell’opera di

Winckelmann,della sua capacità di osservazione e analisi, della sua attitudine al confronto e alla

classificazione, della sua identificazione di un metodo e di principi critici  dividere è distruggere, “il

paese fa lui stesso parte del museo”= il valore del contesto e l’importanza del paragone fra opere

eccellenti e opere di minor valore; 5)concezione universale dell’arte, valore del complesso dei

monumenti di antichità presenti a Roma, necessità che gli artisti di ogni nazione si recassero in

studio in Italia; 7) “frazionare l’insegnamento, troncare le collezioni e spezzettare le gallerie di

Roma e dell’Italia, non è propagare, ma disperdere i lumi; non è estendere l’istruzione, ma

decomporla; non è cambiarla di posto, ma esiliarla; non è sviluppare l’albero, ma distaccarne i

rami […]”.

1.4. Antonio Canova a Parigi nel 1815

Incaricato da Papa Pio VII (il quale nel 1802 lo aveva nominato Ispettore delle Belle Arti e Antichità

in Roma e nello Stato Pontificio) e dal segretario di Stato, il cardinale Ercole Consalvi, di

recuperare le opere d’arte sottratte dai francesi. Ad ostacolarlo sono le resistenze politiche (la

restituzione delle opere d’arte non era stata trattata dal congresso di Vienna) e giuridiche (il trattato

di Tolentino). Canova fa così ristampare le Lettere di Quatremère de Quincy, contenenti tutte le

ragioni che egli intende far valere.

Egli riesce a recuperare tuttavia solo una parte del corpo di opere trafugate.

1.5. Il chirografo Chiaramonti e l’editto del cardinal Pacca

Nel 1802 il cardinale Giuseppe Doria Pamphili emana con un suo editto un chirografo di Papa Pio

VII. Il chirografo 1)rinnova il divieto di esportazione; 2) conferma il divieto di distruggere gli antichi

edifici pubblici e i loro resti senza licenza del pontefice (licenza rilasciabile soltanto dal camerlengo

– previa visita dell’Ispettore e del Commissario – per quei ruderi riconosciuti non essere importanti

né per le Arti né per l’Erudizione); 3) stabilisce il divieto di mutilare, danneggiare ed alterare statue,

bassorilievi, lapidi, antichi monumenti ecc. o di fondere metalli antichi e oggetti simili in stato di

frammenti; 4) riconferma il divieto di privare chiese ed edifici di marmi, bassorilievi, iscrizioni e

mosaici antichi (l’autorizzazione è sottratta ai rettori e conferita al solo camerlengo, ovviamente

previa la visita dell’Ispettore e del Commissario).

Viene istituito un vero e proprio apparato amministrativo, dal momento che all’Ispettore e al

Commissario si aggiungono anche gli Assessori.

Il chirografo viene redatto dall’abate Carlo Fea, avvocato, Commissario per le Antichità di Roma e

curatore della seconda traduzione italiana dell’opera di Winckelmann.

Nel 1820 invece, quanto contenuto nel chirografo, viene perfezionato con l’editto del cardinale

Bartolomeo Pacca, editto che andrà a costituire il fondamento della legislazione italiana.

1.6. L’unità d’Italia e le collezioni d’arte romane

Dopo l’unità d’Italia passa molto tempo prima di una legge di tutela del patrimonio artistico. Nel

1871 si stabilisce di mantenere in vigore le leggi e i regolamenti preunitari: in particolare per le

collezioni è da applicare quel principio secondo cui “dividere è distruggere” (A.C.Q. de Quincy). La

problematica di tutela delle collezioni si pone in particolar modo per la città di Roma ove, oltre alle

raccolte papali, se ne sono formate altre su iniziativa di cardinali e nobili famiglie. Nel 1865

vengono abrogati i fedecommessi (istituzione di una pluralità di eredi in successione), i quali

andavano limitando la circolazione dei beni; ma sempre nel 1871 viene stabilito che, al fine di non

disperdere le collezioni, le stesse rimangano inalienabili fra i chiamati alla risoluzione dei

fedecommessi, loro eredi o aventi causa. Questo finché non fosse stata istituita una legge

apposita.

1.7. Tutela della proprietà e protezione del patrimonio artistico

Per lungo tempo manca una legge di tutela del patrimonio artistico italiano di proprietà privata,

questo a causa della difficile mediazione fra interessi pubblici e protezione della proprietà privata.

Nel 1865 il codice civile prevede che la legge possa limitare la facoltà di uso delle cose, ma

l’ideologia delle forze politiche del tempo lotta per a garanzia piena della proprietà. Ricordiamo a

tal proposito il discorso tenuto dal senatore Piepoli durante un dibattito parlamentare nel 1877, e la

relazione dell’onorevole Giacomo Rosadi alla proposta di legge che poi divenne la l. 20 giugno

1909, n.364.

Le parole di quest’ultimo esprimono molto bene le ragioni di fondo di un’importante parte della

disciplina di tutela dei beni culturali: solo all’inizio del XX secolo di sviluppa compiutamente un

interesse pubblico verso le cose d’antichità e arte, cose che – pur rimanendo di proprietà privata –

vanno ad essere assoggettate ad una pubblica tutela (uguale interesse ovviamente anche per i bei

di proprietà pubblica).

Le ragioni principali della tutela dei beni sono: accrescere il decoro e la celebrità del paese,

favorire l’occupazione nel settore artistico, sostenere l’istruzione artistica, attirare il turismo, ecc.

1.8. L’evoluzione della legislazione di tutela

L. 12 giugno 1902, n. 185 – Disposizioni circa la tutela e la conservazione dei monumenti ed

oggetti aventi pregio d’arte o di antichità o Legge Nasi;

L. 20 giugno 1909, n.364 – Sulle antichità e belle arti o Legge Rosadi (a questa legge fa seguito il

regolamento per la sua esecuzione, emanato con il r.d. 30 gennaio 1913, n.363;

L. 1 giugno 1939, n.1089 – Tutela delle cose d’interesse artistico e storico;

D.lgs. 29 ottobre 1999, n.490 – Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali

e ambientali  disposizioni di legge necessarie al coordinamento formale e sostanziale dei beni

culturali ed al riordino e semplificazione dei procedimenti. Il testo unico comprende anche la

disciplina di protezione del paesaggio (bellezze naturali e beni ambientali): la tutela dei beni

culturali e quella del paesaggio ricadono infatti nella competenza dello stesso ramo di

amministrazione statale, il Ministero per i beni e le attività culturali.

D.lgs. 22 gennaio 2004, n.42 – Codice dei beni culturali e del paesaggio (entrato in vigore il 1°

magio 2004).

Per quanto riguarda la normativa regolamentare viene mantenuto in vigore il regolamento

esecutivo emanato con il r.d. 30 gennaio 1913, n.363.

CAPITOLO II

LA TUTELA INTERNAZIONALE E COMUNITARIA

2.1. L’Unesco

Organizzazione delle nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura – istituita nel 1946, con

sede a Parigi. Essa si propone di favorire gli scambi culturali internazionali, l’educazione della

popolazione, la diffusione della cultura e del sapere, al fine di favorire in tutto il mondo il

mantenimento della pace e il rispetto della giustizia, della legge, dei diritti dell’uomo e delle libertà

fondamentali.

2.2. La protezione dei beni culturali nei conflitti armati

1954, Convenzione per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, firmata all’Aja (il

termine beni culturali entra per la prima volta nel lessico giuridico italiano: esso appare sia nel

ramo di amministrazione statale del settore, sia nel titolo della fonte normativa di base). Nella

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Publisher
A.A. 2014-2015
7 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/10 Diritto amministrativo

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher viola_fr di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Legislazione dei beni culturali e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Roccella Alberto.