Riassunto esame Istituzioni di diritto pubblico, prof. Zammartino, libro consigliato Diritto costituzionale e pubblico, Caretti, De Siervo
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CAP II – LE FORME DI STATO E LE FORME DI GOVERNO NELLA LORO EVOLUZIONE STORICA
Con forma di Stato ci si riferisce all’insieme dei rapporti che in un dato ordinamento intercorrono tra chi
governa e chi è governato. Con forma di governo si intendono invece le modalità di ripartizione del
potere politico tra gli organi costituzionali.
- Stato patrimoniale: si tratta della forma tipica della società feudale. Il potere derivava dal
possedimento terriero, e il feudatario deteneva un potere considerato legittimo per il fatto stesso di
possedere un appezzamento di terra. Questo Stato poggiava su una struttura gerarchica e verticistica e,
al di sotto del feudatario, i vassalli gestivano il terreno e villani e contadini lo lavoravano. La sfera dei
diritti si arrestava a quella dei soggetti titolari del diritto di proprietà. L’ascesa dei ceti intermedi contribuì
a mettere in crisi tale sistema;
- Stato assoluto (o sovrano): il periodo di riferimento è quello della nascita delle grandi monarchie
assolute, dal XVI secolo. Il monarca, nella cui figura i sudditi vedevano addirittura qualcosa di divino,
deteneva tutti i poteri nelle proprie mani. Egli si proponeva come tutore degli interessi della collettività e
il suo agire era pervaso da un forte interventismo. Tale sistema crollò a causa della crisi economica che
caratterizzò l’avvento del XVI secolo, della necessità di sovvenzionare imprese belliche e dunque della
crescente tassazione e del conseguente malcontento diffusosi nella società;
- Stato di polizia: può essere inteso come una variante o uno sviluppo particolare dello Stato assoluto.
Aggiunse un elemento di novità, il riconoscimento ai singoli di alcune posizioni soggettive, tutelabili
davanti ai giudici, anche contro i pubblici poteri;
- Stato liberale: la crisi dello Stato assoluto era derivata anche dall’emergere di un nuovo soggetto, la
nuova classe borghese, che introduceva nuovi concetti di libertà e uguaglianza e diffondeva dottrine
razionaliste. Questo Stato era caratterizzato dal non interventismo, e soprattutto da principi liberali quali
l’uguaglianza giuridica tra i cittadini che nascono tutti liberi ed eguali, la separazione dei poteri, la volontà
popolare come nuovo principio di legittimazione, e l’affermarsi dello “Stato di diritto” secondo cui il
funzionamento e l’organizzazione dello Stato devono essere disciplinati dalle leggi e gli atti della pubblica
amministrazione devono essere conformi alla legge, e le regole di diritto vincolano sia i governati che i
governanti. Tale Stato entrò in crisi poiché non riuscì ad applicare concretamente tutti i principi di libertà
e uguaglianza di cui voleva farsi portatore, generando eccessive contraddizioni;
- Stato totalitario (o autoritario): secondo Smith il teorico “Stato totale” sarebbe stato un qualcosa di
positivo nel tentativo di colmare le lacune dello Stato liberale. Ci fu tuttavia una degenerazione, con
concentrazione dei poteri, soppressione delle libertà, affermazione di un partito unico dominante
sopprimendo tutti gli altri ed etichettando come nemico dello Stato qualsiasi oppositore, militarizzazione e
controllo dei mezzi di comunicazione per soggiogare le masse;
- Stato socialista: superamento dello Stato liberale in modo radicale e innovativo. Nel secondo
dopoguerra si diffuse nell’Europa centrale e orientale, con diverse innovazioni, tra cui la prevalenza di una
classe sociale su tutte le altre (dittatura del proletariato), la concentrazione del potere, la pianificazione di
tutte le attività economiche e sociali, e un sistema di governo di fatto egemonizzato dal partito unico;
- Stato sociale: superamento dello Stato liberale in modo attenuato e progressivo. Tra le caratteristiche
l’obiettivo dell’uguaglianza sostanziale, l’invito alla partecipazione politica e lo sviluppo degli apparati
amministrativi;
- Stato unitario: come la Francia o l’Olanda. Il rapporto tra potere centrale e poteri locali pende a favore
del primo;
- Stato regionale: come l’Italia o la Spagna. Gli organi centrali dello Stato hanno una competenza
generale, e specifiche competenze sono affidate alle regioni;
- Stato federale: come la Germania o l’Austria. Gli organi federali si occupano di alcune materie loro
riservate, mentre i membri della federazione hanno una competenza generale. Spesso gli Stati membri
della federazione dispongono di propri apparati giurisdizionali, di propri corpi armati, e di una seppur
limitata capacità di agire.
- Monarchia assoluta: struttura di tipo piramidale, caratterizzata da una straordinaria concentrazione
del potere in capo all’organo sovrano. Ad un certo punto si avvertirà l’esigenza di affiancare al Sovrano
un organo ausiliario che oggi chiameremmo Governo, più alcuni collegi rappresentativi dei maggiori ceti;
- Monarchia costituzionale: sostanziale equilibrio tra il Sovrano, titolare della funzione esecutiva e
federativa (che oggi definiremmo di politica estera) con poteri di nomina e revoca dei ministri e potere di
veto sulle leggi del Parlamento, e il Parlamento, titolare della funzione legislativa;
- Forma di governo parlamentare: è fondamentale l’istituto della fiducia. Il Governo si presenta
davanti al Parlamento per ottenere un avallo preliminare al programma di attività che intende svolgere
nel corso della propria vigenza in carica. Il Parlamento ha comunque la possibilità di revocare tale fiducia
approvando una mozione di sfiducia. Si passa da un sistema dualista a un sistema monista, al centro del
quale si colloca saldamente il Parlamento come unico organo. Il Presidente della Repubblica è un potere
neutro, lontano dalle dispute politiche e garante delle regole costituzionali;
- Forma di governo presidenziale: ad es. USA. Al centro del sistema costituzionale c’è l’organo
presidenziale. Il Presidente è sia Capo dello Stato che Capo del Governo, ha poteri di nomina e revoca dei
ministri e dei più alti funzionari, ed è eletto direttamente dal corpo elettorale. Il Parlamento ha comunque
poteri di controllo e freno nei confronti del Presidente;
- Forma di governo semipresidenziale: ad es. Francia. Il Presidente della Repubblica è eletto
direttamente dal corpo elettorale e gode di ampi poteri, e il Governo è nominato dal Presidente ed è al
tempo stesso espressione della maggioranza parlamentare;
- Governo direttoriale: Un organo collegiale svolge sia le funzioni del Capo dello Stato che del Governo.
Ad es. in Svizzera c’è un Governo in carica 4 anni, presieduto a turno da uno dei suoi membri, e proprio
in Svizzera il referendum popolare ha trovato un’applicazione che non ha riscontro in alcun altro sistema
costituzionale;
- Governo dittatoriale: tipico dello Stato totalitario, con il Capo del Governo che è il centro motore
dell’intero sistema costituzionale essendo al vertice di quel partito unico che è l’unica formazione politica
ammessa;
- Cancellierato tedesco: Governo parlamentare con alcuni correttivi, cioè il cancelliere ha maggiori
poteri e può prendere decisioni a prescindere dai ministri, ma può essere sfiduciato con una mozione che
includa il nome del sostituto (sfiducia costruttiva alla tedesca).
CAP III – LO STATO COSTITUZIONALE
Il termine Costituzione deriva dal latino “Constitutio”, che indicava una legge speciale dell’imperatore, da
distinguere dalla legge ordinaria. Durante il periodo degli Stati nazionali (XV, XVI e XVII secolo) vigeva
una Costituzione di tipo tradizionalista, con consuetudini e tradizioni derivanti dal potere monastico. Con
le rivoluzioni americana e francese la Costituzione, da “norma sulle norme”, è divenuta una fonte
normativa, una carta di valori con i principi su cui si basa l’ordinamento statale, una Costituzione di tipo
garantista (espressione di un’opposizione allo Stato assoluto, ponendo la Costituzione stessa al vertice e
non più il sovrano).
(La Costituzione positivista deriva dal giuspositivismo: lo Stato esiste e in quanto tale è un’entità di per
sé valida e assicura la certezza del diritto oggettivo. --- Kelsen si sofferma invece sulla Costituzione di
tipo normativista: tutto sta e trova fondamento nella legge dello Stato. --- Costantino Mortati: la
Costituzione non termina nelle leggi scritte ma è aperta a interpretazioni in base al contesto storico).
La Costituzione è collocata sul gradino più alto della scala gerarchica sulla quale si collocano le varie fonti
normative, ed è sia fonte di produzione e fonte sulla produzione.
Essa può nascere tramite due procedimenti, quello di tipo monarchico e quello di tipo democratico.
Nel primo caso la Costituzione è un atto di manifestazione di volontà unilaterale da parte del Sovrano che
acconsente a passare da un potere assoluto a una monarchia costituzionale; nel secondo caso c’è una
fase premessa denominata potere costituente, per cui forze politiche e sociali si riuniscono per dare
una nuova normatività allo Stato nascente, e l’assemblea nazionale costituente ha l’obiettivo di redigere
un testo costituzionale. Quando il testo viene approvato dall’assemblea stessa comincia il potere della
Costituzione.
Dal punto di vista delle modalità con cui nasce una Costituzione può essere:
- Votata o concessa: la prima frutto della decisione di appositi organi collegiali (generalmente definiti
assemblee costituenti), la seconda frutto di una decisione unilaterale di un Sovrano;
- Scritta o consuetudinaria: la prima redatta in un unico testo scritto con i principi e le regole del
sistema e della società che intende regolare, la seconda con principi e regole derivanti da consuetudini,
convenzioni, prassi e fonti orali consolidatisi nel tempo;
- Breve o lunga: la prima si limita a porre una disciplina di carattere generale, la seconda contiene una
disciplina molto più articolata e analitica.
Dal punto di vista della collocazione nel sistema delle fonti una Costituzione può essere:
- Flessibile o rigida: la prima è suscettibile di essere modificata o comunque disattesa da un’altra fonte
normativa poiché non è previsto alcun meccanismo che assicuri la supremazia nel panorama del fonti, la
seconda prevede meccanismi e procedimenti aggravati per la sua modifica, la revisione costituzionale.
C’è poi il caso della costituzione elastica con la sua adattabilità al mutamento a seconda delle situazioni
che possono verificarsi nel tempo.
Dal punto di vista del contenuto una Costituzione può essere:
- Procedurale o programma: la prima si limita a regolare l’esercizio dei poteri pubblici e i modi di
produzione del diritto (fonti), la seconda ha un programma e agisce orientando l’azione dei pubblici poteri
verso determinate finalità.
Dal punto di vista dell’effettività una Costituzione può essere:
- Formale, vigente o materiale: la prima è data dall’insieme delle disposizioni contenute nel testo, la
seconda è data da quella parte della Costituzione formale effettivamente operante, la terza è
rappresentata dall’insieme delle concezioni sociali e istituzionali condivise dalle forze politiche dominanti
in un dato momento storico.
Per quanto riguarda l’esperienza costituzionale americana, l’anno di riferimento è il 1787. La Costituzione
americana prevedeva e prevede un procedimento aggravato per la modifica del suo testo, ed è
considerata la legge suprema del Paese cui i giudici di ogni Stato sono tenuti a conformarsi. L’evidente
lacuna dovuta all’assenza di un qualche rimedio nei confronti di eventuali abusi del legislatore a danno
della Costituzione fu colmata dal giudice Marshall nell’ambito della sentenza Marbury-Madison, stabilendo
la supremazia delle norme costituzionali. Per quanto riguarda invece l’esperienza costituzionale francese
ci fu un ritardo nell’affermazione di Costituzioni rigide e garantite da sistemi di giustizia in Europa. I
motivi erano fondamentalmente l’egemonia di limitate classi dirigenti con politiche legislative restrittive
sul piano della tutela dei diritti, e la difficoltà a staccarsi dal principio di sovranità della legge per cui il
primato della Costituzione avrebbe trovato poco spazio.
Le Costituzioni contemporanee sono generalmente votate, scritte, lunghe, rigide e programmatiche.
Dal secondo dopoguerra si è sviluppata una tendenza che ha portato alcuni dei contenuti tipici di una
Costituzione ad assumere una dimensione che supera i confini dei singoli ordinamenti statuali, in
particolare riguardo alla tutela dei diritti fondamentali. Tale materia, in passato riservata agli Stati
nazionali, è divenuta sempre più oggetto di disciplina da parte del diritto internazionale.
La prima forma di tutela della Costituzione è la separazione dei poteri, che non devono confluire in
un’unica figura.
C’è poi un sistema di “controllo della costituzionalità degli atti”, politico o giurisdizionale:
- Il controllo politico viene esercitato dall’organo che fa le leggi (Parlamento);
- Il controllo giurisdizionale, il più applicato, è il controllo dei giudici, e può essere diffuso (concesso a
qualunque giudice) o accentrato (con un organo ad hoc, ad es. in Italia la Corte Costituzionale).
CAP IV – LE TRASFORMAZIONI DELLE ISTITUZIONI PUBBLICHE DALLO STATUTO ALBERTINO
ALLA COSTITUZIONE REPUBBLICANA
Lo Statuto Albertino fu concesso il 4 marzo 1848 dal Re di Sardegna Carlo Alberto e divenne poi la
Costituzione del Regno d’Italia nel 1861 in vigore fino all’avvento della Repubblica e della Costituzione
repubblicana del 1948. Si trattava di una Costituzione ottriata, cioè concessa ai sudditi dal Sovrano che
conservava un ruolo centrale, e flessibile, cioè senza alcun meccanismo di reazione nei confronti di
possibili abusi del legislatore ordinario. La forma di governo era la monarchia costituzionale pura, di tipo
dualista: il Re godeva del potere esecutivo, del potere di nomina e revoca dei ministri, poteva
sanzionare le leggi del Parlamento o sciogliere la Camera elettiva, ed era il Capo supremo dello Stato.
Accanto a lui il Parlamento era diviso in una Camera elettiva e un Senato di nomina regia. Lo Statuto era
caratterizzato dall’esiguo numero di libertà garantite, con appena nove articoli assai sommari sulle
libertà, riferiti soltanto a quelle individuali.
Con gli sviluppi della forma di governo ci fu la progressiva erosione dei poteri regi a favore del binomio
Governo-Parlamento, con quell’istituto della fiducia che è il tratto tipico del regime parlamentare. Si
passava così ad una forma di governo centrata sull’equilibrio dei rapporti tra Governo e Parlamento,
mentre il ruolo del Sovrano passava in secondo piano. La crescita del ruolo del Governo è testimoniata
anche dall’espansione dei suoi poteri normativi, ad es. anche nell’ambito della normazione primaria
mediante il frequente ricorso a decreti legislativi e decreti legge in casi d’urgenza.
Per quanto riguarda la legislazione elettorale ai tempi dello Statuto il carattere era assolutamente
censitario. La legge elettorale del 1848 permetteva l’esercizio di voto a meno del 2% della popolazione,
quella del 1877 al 7% (sesso maschile con maggiore età e adempimento dell’obbligo scolastico).
Bisognerà attendere la vigilia della prima guerra mondiale per il suffragio universale maschile e il 1945
per l’estensione del diritto di voto anche alle donne.
Con l’unità ci fu l’estensione a tutti gli Stati pre-unitari dello stesso modello di amministrazione centrale e
locale che si era affermato nello Stato piemontese (legge di unificazione amministrativa del Regno).
L’ipotesi regionalista (creare le Regioni come nuovi grandi enti locali accanto a Comuni e Province) venne
accantonata per paventati rischi per l’unità del Paese appena raggiunta e per l’eterogeneità ed equivocità
delle spinte autonomiste.
Nell’ambito della tutela della libertà religiosa lo Statuto sembrava prefigurare uno Stato confessionale,
riferendosi alla religione cattolica come alla “sola religione dello Stato” mentre gli altri culti erano
semplicemente “tollerati”. In realtà si sviluppò una legislazione che puntava a ridurre le differenze
giuridiche nella tutela delle diverse confessioni religiose. Il conflitto tra la classe politica liberale e la
Chiesa cattolica era destinato a durare ancora a lungo visto il rifiuto del Papa di accettare la legge delle
guarentigie ritenuta insufficiente a regolare in modo soddisfacente i rapporti tra Stato e Chiesa.
Nel clima di difficoltà con un sistema istituzionale logorato nel post prima guerra mondiale si assiste
all’ascesa del regime fascista. La presa del potere si fa risalire alla “marcia su Roma” a seguito della
quale, nel 1922, Mussolini ottenne l’incarico di formare un nuovo Governo. La legge Acerbo rendeva il
sistema elettorale fortemente maggioritario, con la manifesta volontà del fascismo di prescindere dalla
collaborazione con altri e diversi movimenti politici, e Giacomo Matteotti pagò con la vita la sua protesta.
Con questo delitto e con il famoso discorso di Mussolini che, davanti alla Camera, si assunse
provocatoriamente la responsabilità dell’accaduto, terminava lo Stato liberale e si imponeva lo Stato
totalitario (leggi fascistissime, PNF, eliminazione dell’istituto della fiducia parlamentare, fine dei diritti
politici e compressione dei diritti di libertà). La nuova forma di governo era fortemente dualista, cioè con
due centri di potere distinti, il Re e il Duce del Fascismo-Capo del Governo. I rapporti tra Stato e Chiesa
furono regolati dai Patti Lateranensi, firmati l’11 febbraio 1929, con cui la Santa sede rinuncia ad ogni
rivendicazione territoriale e patrimoniale nei confronti dello Stato Italiano ottenendo come contropartita la
creazione dello Stato della Città del Vaticano. I disastrosi risultati bellici e l’evidente distacco di parti
crescenti dell’opinione pubblica dal regime fascista contribuirono a far adottare da parte del Gran
Consiglio del Fascismo un ordine del giorno nel quale si invitava il Sovrano ad assumere il comando delle
Forze armate. Il 25 luglio 1943 il Sovrano revocò Mussolini nominando nuovo Capo del Governo il
maresciallo Badoglio. Il 3 settembre 1943 venne firmato l’armistizio di Cassibile, annunciato l’8
settembre. Il Paese venne occupato militarmente dalle forze armate tedesche, con la nascita della
Repubblica Sociale Italiana. Al Sud il Governo regio non godeva dell’appoggio delle forze politiche
antifasciste. Con il Patto di Salerno il Sovrano nominava il figlio Umberto “Luogotenente del Regno”, con
la formazione del Governo Bonomi. Dopo la liberazione del Nord, la fine dello stato di guerra e due
esperimenti costituzionali provvisori, con l’esito del referendum del 2 giugno 1946 nasceva la
Repubblica. Il primo Presidente della Repubblica fu Enrico De Nicola.
Le caratteristiche della nostra Costituzione:
- è lunga, repubblicana, democratica, rigida, garantista, programmatica;
- elenca gli organi costituzionali = Presidente della Repubblica, Governo, Parlamento, Corte Costituzionale
e corpo elettorale (organi rappresentativi, necessari, indefettibili).
La nostra Costituzione è frutto di un compromesso, un accordo tacito ma non in senso negativo, più
un’intesa.
Repubblica non significa per forza di cose una forma di governo democratica (si pensi alla Repubblica
Popolare Cinese o al Cile di Pinochet), ma indica che il Presidente viene eletto da un’assemblea.
Principi fondamentali (artt 1-12)
Diritti e doveri dei cittadini (artt 13-54) – quattro titoli: rapporti civili, etico-sociali, economici, politici
Ordinamento della Repubblica (dall’art 55):
- Titolo I – Il Parlamento (Le Camere; La formazione delle leggi) [55-82]
- Titolo II – Il Presidente della Repubblica [83-91]
- Titolo III – Il Governo (Il Consiglio dei Ministri; La Pubblica Amministrazione; Gli organi ausiliari)
[92-100]
- Titolo IV – La Magistratura [101-113]
- Titolo V – Le Regioni, le Province, i Comuni [114-133]
- Titolo VI – Garanzie costituzionali [134-139]
Disposizioni transitorie e finali
CAP V – L’ITALIA E L’UNIONE EUROPEA
Il punto di partenza del percorso che porta alla nascita dell’Unione Europea è rappresentato dalle tre
comunità europee originarie, la Ceca, la Cee e la Ceea (o Euratom). Il loro obiettivo politico era quello di
evitare che in Europa si riproducessero le condizioni che avevano portato a ben due conflitti nel giro di un
trentennio. Si partì dalla creazione di un mercato comune abbandonando vecchie politiche
protezionistiche e perseguendo dinamiche liberiste per la libera circolazione di merci, capitali, servizi e
lavoratori dipendenti.
- Trattato di Bruxelles, 1965: primo coordinamento tra le tre comunità, si dà vita a una sola
commissione europea e a un unico consiglio;
- Atto Unico Europeo, 1986: eliminazione delle ultime barriere che ostacolavano il liberismo e
istituzionalizzazione del Consiglio Europeo come organo per le grandi scelte di indirizzo politico;
- Trattato di Maastricht (TUE), 1992: tappa decisiva, istituzione della cooperazione in materia di
politica estera e di sicurezza (PESC) e della cooperazione in materia di giustizia e affari interni (GAI), si
pongono le basi dell’UME che nascerà nel ’99 con l’€ e la BCE come istituto che stabilisce la quantità di
valuta da stampare e i tassi di interesse da applicare, viene introdotta la nozione di cittadinanza europea;
- Trattato di Amsterdam, 1997: valorizzazione della cittadinanza europea, modifiche alla forma di
governo comunitaria, rafforzamento della politica sociale europea;
- Trattato di Nizza, 2001: modifiche alla forma di governo comunitaria in vista dell’allargamento
dell’Unione;
- Trattato di Atene (Trattato di adesione), 2003: adesione tra i 15 Stati membri dell’Unione e i 10
Stati che entrano a farvi parte;
- Trattato che adotta una Costituzione, 2004, e Trattato di riforma, 2007: il primo viene
sottoscritto a Roma e cerca di donare una Costituzione all’Europa, ma si decide poi di accantonare
questo progetto e ripiegare su un’ipotesi “meno ambiziosa”, con la firma di un trattato (Lisbona, 31
dicembre 2007) che apportasse delle riforme senza sostituire totalmente quelli precedenti. L’UE acquista
personalità giuridica e si sostituisce definitivamente alla Comunità europea.
Organi dell’UE:
- Consiglio europeo: formalizzato dall’Atto Unico Europeo del 1986, è composto dai Capi di Stato o di
Governo. È il centro di indirizzo politico della Comunità e cerca di orientare e stimolare il processo di
costruzione dell’Unione;
- Parlamento europeo: i membri restano in carica per cinque anni e sono eletti direttamente dal corpo
elettorale dei singoli Stati membri, in base al proprio sistema elettorale. A ciascuno Stato membro spetta
un certo numero di seggi in base alla popolazione. Inizialmente i compiti del Parlamento erano
essenzialmente consultivi, poi si sono rafforzati nell’ambito dell’approvazione del bilancio dell’Unione e a
livello legislativo, riguardo al quale il Parlamento non ha un vero e proprio potere di iniziativa legislativa
ma può incidere sul contenuto degli atti normativi con la procedura di codecisione;
- Commissione europea: è l’esecutivo, il Governo dell’Unione. I 27 membri sono in carica per cinque
anni e sono nominati dai Governi degli Stati membri. Il Presidente viene proposto al Parlamento che non
esprime un semplice gradimento ma elegge il Presidente a maggioranza assoluta, mentre gli altri membri
vengono scelti di comune accordo tra il Presidente stesso e il Consiglio europeo. La Commissione ha
poteri di iniziativa e stimolo nei confronti delle altre istituzioni, poteri di esecuzione, poteri di controllo,
poteri sanzionatori;
- Consiglio dei Ministri: è l’organo che ha il potere decisionale ed è composto dai Ministri degli Stati
membri competenti ed esperti delle varie materie di volta in volta oggetto di discussione;
- Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza: non c’è un vero e proprio
Ministro degli esteri dell’Unione, ma un Alto rappresentante che si occupa di guidare la politica estera e di
sicurezza comune;
- Corte dei conti: esercita il controllo sulla gestione finanziaria della Comunità;
- Corte di giustizia: ha il compito di assicurare la legittimità degli atti delle istituzioni dell’Unione che
devono essere conformi alle disposizioni dei trattati. Nel 1988 è stato introdotto un Tribunale di primo
grado con una competenza più ristretta di quella della Corte e le cui sentenze sono appellabili davanti alla
medesima.
Poteri dell’UE:
- Poteri normativi: sono esercitati attraverso due atti, le direttive e i regolamenti. Le direttive sono
atti normativi che fissano determinati obiettivi da raggiungere lasciando gli Stati membri liberi di scegliere
i mezzi ritenuti più idonei al loro conseguimento (dunque di norma a una direttiva comunitaria fa seguito
l’intervento del legislatore nazionale che deve dare attuazione al contenuto delle direttive. I regolamenti
invece prescindono dal legislatore nazionale poiché contengono una normativa autosufficiente che non
richiede di essere applicata. Con i regolamenti si esprime il più pieno potere normativo della Comunità e
la più piena esautorazione dei Parlamenti nazionali;
- Poteri amministrativi: il compito di attuare sul piano amministrativo il diritto comunitario spetta alle
amministrazioni nazionali, e rientra tra i compiti della Commissione europea quello di assicurare che tale
attuazione sia effettiva, mediante l’esercizio di una serie di poteri amministrativi di decisione, controllo,
ispezione, sanzione;
- Poteri in campo monetario: il trattato di Maastricht del ’92 pone le basi per la nascita dell’UME nel
1999. Tra le innovazioni l’introduzione dell’€ come moneta unica e l’istituzione della BCE;
- Poteri giudiziari: assicurare che gli atti adottati dalle istituzioni dell’Unione siano legittimi;
- Potere estero: la Comunità ha il potere di stipulare accordi internazionali che, una volta sottoscritti,
vincolano al loro rispetto tutti gli Stati membri;
- Poteri in ambito PESC e GAI: le decisioni prese in questo ambito assumono la veste di azioni comuni,
interventi diretti per uno specifico problema, o posizioni comuni, politiche nazionali conformi alla
posizione comune assunta.
Sul piano della forma di governo bisogna registrare un progressivo rafforzamento del ruolo del Governo
che è il vero dominus della partecipazione dell’Italia all’Unione Europea.
Sul piano delle grandi scelte di indirizzo politico va sottolineato che ormai ogni scelta di politica
economica risulta vincolata a decisioni assunte in sede europea (tali condizionamenti sono divenuti più
forti in seguito alla crisi economico-finanziaria, ad es. con trattati intergovernativi come il Fiscal Compact
o con riforme di tipo strutturale come il pareggio di bilancio.
Sul piano della legislazione alcune materie sono passate stabilmente nell’area decisionale dell’Unione e
dunque non sono più nella disponibilità del legislatore nazionale.
Sul piano dell’amministrazione organi amministrativi operano sempre più in ossequio a un regolamento a
una direttiva comunitaria, piuttosto che a una legge dello Stato o della Regione.
Sul piano della giurisdizione il giudice italiano è obbligato ad applicare la norma comunitaria direttamente
applicabile e non la norma italiana nel caso in cui la materia della controversia sia disciplinata da
entrambe le fonti normative. Dunque la legge dell’Unione prevale automaticamente su quella del
legislatore nazionale.
CAP VI – IL CORPO ELETTORALE
L’articolo 1 della Costituzione stabilisce che la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e
nei limiti della Costituzione. Esistono cioè degli istituti di democrazia diretta, ma più in generale il popolo
esercita la sua sovranità “attraverso” gli organi dello Stato.
Il corpo elettorale è la parte attiva del popolo, ossia l’insieme dei soggetti in possesso dei requisiti
richiesti direttamente dalla Costituzione e/o dalla legge per l’esercizio delle funzioni per mettere in moto
l’azione degli organi statali attraverso i quali esprimere la sovranità popolare. Altre nozioni sono quelle di
nazione, insieme di elementi etnici, linguistici, culturali e sociali che creano una collettività, e
popolazione, insieme di soggetti che in un dato momento risiedono sul territorio di uno Stato e sono
tenuti a rispettarne le leggi.
La cittadinanza è uno “status” cui la Costituzione ricollega non solo tutta una serie di diritti, ma anche di
doveri. L’acquisto, la perdita e il riacquisto della cittadinanza sono disciplinati dalla legge 91/1992.
Riguardo all’acquisto, in base al principio iure sanguinis acquisisce cittadinanza italiana il figlio di padre o
madre in possesso di cittadinanza italiana, quale che sia il luogo di nascita; in base al principio iure soli
acquisisce cittadinanza italiana colui che è nato in Italia da genitori apolidi o ignoti, o che per qualche
motivo legato alle leggi degli Stati cui i genitori appartengono non ha ottenuto la loro cittadinanza.
La perdita può avvenire per rinuncia (ad es. il cittadino che acquisisce cittadinanza straniera e stabilisce
la propria residenza all’estero) o automaticamente (ad es. il cittadino che lavora alle dipendenze di uno
Stato estero e che intende conservare questa posizione nonostante le intimazioni del suo Governo a
cessare tale rapporto). Infine il riacquisto è previsto nel caso in cui l’interessato presti servizio militare o
lavori alle dipendenze dello Stato italiano, o risieda da oltre un anno in Italia, o cessi un rapporto di
dipendenza da uno Stato estero. Il trattato di Maastricht disciplina la cittadinanza europea, che si
acquisisce in virtù del possesso della cittadinanza di uno degli Stati membri e garantisce una serie di
diritti tra cui la tutela da parte delle autorità diplomatiche di uno qualunque degli Stati membri qualora il
cittadino europeo si trovi sul territorio di un Paese terzo, o il diritto essere tutelati dal Mediatore che
assiste i singoli nei loro rapporti con le Istituzioni dell’Unione.
L’articolo 48 disciplina la funzione elettorale, disciplina il corpo elettorale come quinto organo
costituzionale e il voto come dovere civico, ed elenca le caratteristiche del voto: esso deve essere
personale, con il divieto per il legislatore elettorale di consentire l’esercizio del diritto di voto attraverso
un altro soggetto (il voto per delega vale solo per casi gravi per i quali l’intervento di terzi è
indispensabile), uguale, cioè i voti devono avere tutti lo stesso “peso”, libero, poter votare con piena
libertà di espressione e senza condizionamenti di sorta, e segreto, nessun voto può essere riconducibile
ad un soggetto specifico.
Per quanto riguarda la capacità elettorale i requisiti positivi sono due: la cittadinanza e la maggiore età.
Per consentire il voto agli italiani residenti all’estero è stata istituita la circoscrizione estero, che
prevede per gli italiani in possesso di cittadinanza e residenti all’estero quattro aree (Europa, America
merid., America sett. e cent., e Africa, Asia, Oceania, Antartide) e voto per corrispondenza per eleggere
12 deputati e 6 senatori. --- Ciò ha sollevato numerosi dubbi poiché il voto per corrispondenza sembra
contrario alle caratteristiche di personalità e segretezza, mentre il numero fisso di parlamentari appare
derogatorio rispetto al principio di proporzionalità in base alla popolazione nell’assegnazione dei seggi. ---
I requisiti negativi sono invece l’incapacità civile, anche se recenti provvedimenti hanno ammesso
all’esercizio del diritto di voto gli inabilitati per infermità di mente e gli interdetti, gli effetti di alcuni
provvedimenti del giudice che comportano interdizione perpetua o temporanea, l’indegnità morale, con
perdita del diritto di voto anche in questo caso definitiva o transitoria.
Quanto all’elettorato passivo (articolo 51) oltre a questi sono previsti altri due requisiti negativi:
ineleggibilità e incompatibilità. Si parla di ineleggibilità per evitare che il candidato possa valersi nei
confronti dell’elettorato del ruolo professionale svolto e influenzare il libero esercizio del diritto di voto,
nello specifico per coloro che ricoprono determinati uffici (alti dirigenti di polizia, prefetti, diplomatici, ...),
coloro che hanno rapporti di ordine economico con lo Stato o coloro che hanno violato gravemente le
norme che disciplinano le spese per la campagna elettorale. La ratio dell’incompatibilità è invece volta ad
escludere ipotesi di contemporaneo esercizio di funzioni ritenute inconciliabili, nello specifico ricoprire
contemporaneamente la carica di deputato e senatore, parlamentare e Presidente della Repubblica,
deputato o senatore e membro del Parlamento europeo, parlamentare e membro della Corte
costituzionale o del CSM. Le cause di ineleggibilità rendono nulla l’eventuale elezione, mentre le cause di
incompatibilità possono essere rimosse mediante l’esercizio dell’opzione da parte dell’interessato tra le
due cariche. Un istituto particolare è infine quello della non candidabilità per elezioni regionali, provinciali,
comunali e circoscrizionali, a seguito di condanne per alcuni gravi delitti o per coinvolgimento in attività di
stampo mafioso.
Il sistema elettorale è quel complesso di regole organizzative che trasformano il voto dei cittadini in
seggi elettorali:
- Il sistema maggioritario prevede la suddivisione del territorio in tante circoscrizioni quanti sono i seggi
da assegnare. Il seggio o i seggi in palio vengono assegnati al candidato o alla coalizione di partiti che ha
raggiunto la maggioranza semplice (50% + 1 dei votanti) o assoluta (50% + 1 degli aventi diritto al
voto). Un sistema del genere penalizza molto i partiti più piccoli e deboli che possono ottenere voti nei
collegi ma rischiare di non conquistare nemmeno un seggio. Il maggioritario non è dunque funzionale a
un sistema con un numero elevato di partiti e conseguente frammentazione dell’elettorato.
- Il sistema proporzionale prevede la suddivisione del territorio in circoscrizioni in base alla superficie e
alla densità di popolazione di queste ultime. I seggi vengono assegnati alle liste di partiti, con un calcolo
proporzionale. Il rapporto tra i voti espressi in totale e il numero dei seggi dà il quoziente elettorale, per il
quale bisogna dividere il numero dei voti ottenuto da ciascuna lista. Accanto a questo sistema
proporzionale puro esiste il sistema proporzionale corretto, con soglia di sbarramento da raggiungere
per non essere esclusi dalla distribuzione dei seggi, e premio di maggioranza, soglia da raggiungere
per acquisire la maggioranza dei seggi in Parlamento. Il proporzionale è funzionale a un sistema con un
numero elevato di partiti poiché consente sempre una rappresentanza delle minoranze assegnando seggi
in base al numero di voti ricevuto da ciascun partito.
L’attuale sistema elettorale del Parlamento italiano prevede un proporzionale corretto.
La Camera dei deputati ha 26 circoscrizioni, più la Valle d’Aosta e la circoscrizione estero. Lo sbarramento
è al 10% per le coalizioni, al 4% per i partiti non coalizzati e al 2% per i partiti coalizzati. Il premio di
maggioranza prevede 340 seggi alla coalizione vincente, mentre i restanti vanno all’opposizione.
Il Senato della repubblica ha 20 circoscrizioni, più la circoscrizione estero. Lo sbarramento è al 20% per
le coalizioni, all’8% per i partiti non coalizzati e al 3% per i partiti coalizzati. Il premio di maggioranza è
su scala regionale, e prevede per chi ottiene più voti in una regione il 55% dei seggi per quella regione.
Il contenzioso elettorale è legato a quelle controversie che possono nascere qualora un singolo
candidato, una lista o un cittadino ritengano che siano state commesse delle irregolarità
nell’assegnazione dei seggi o in relazione alle operazioni preliminari alla consultazione elettorale. Il
controllo circa la regolarità delle operazioni elettorali spetta alle Camere stesse, a un organo interno che è
la Giunta delle elezioni, e non è riconosciuta all’interessato la possibilità di ricorrere contro tale decisione
davanti ad un giudice.
La disciplina delle campagne elettorali si basa sulla par condicio, e che si ispira ai principi della parità di
trattamento e dell’imparzialità. Quanto ai contributi pubblici ai partiti una recente disciplina ha ridotto
l’importo di tali contributi e introdotto una forma di contributo misto pubblico/privato.
Gli istituti di democrazia diretta, che consentono al corpo elettorale di provvedere ad esercitare in proprio
la sovranità senza delegarne l’esercizio ad altri organi, sono la petizione, l’iniziativa legislativa
popolare e il referendum.
La petizione è definita dall’articolo 50 della Costituzione come il diritto di ciascun cittadino di rivolgersi
alle Camere per chiedere provvedimenti legislativi o esporre comuni necessità. Del diritto di petizione è
titolare la generalità dei cittadini, non solo i cittadini elettori, ma essa si limita in realtà ad una funziona di
stimolo nei confronti delle Camere. Una petizione viene trasmessa alla commissione parlamentare
competente, la quale può prenderla in esame e deliberare su di essa, poi viene trasmessa al Governo e
infine viene comunicato l’esito della stessa.
L’iniziativa legislativa popolare necessita della firma di almeno 50 000 cittadini in possesso di capacità
elettorale, ma anche in questo caso la funzione è essenzialmente di stimolo, e lascia l’organo cui è rivolta
libero di assumere le decisioni in merito che ritiene più opportune. Essa gode di qualche “garanzia”, cioè
l’obbligo di presa in considerazione e la non decadenza allo scadere di una legislatura, ma ha anche
qualche limite di oggetto, cioè si ammette che debbano ritenersi escluse dall’iniziativa legislativa popolare
quelle leggi che sono ricondotte all’iniziativa riservata del Governo. Gli unici controlli sono relativi alle
regolarità delle firme.
Il referendum è previsto sia a livello nazionale che a livello regionale.
Il referendum abrogativo consiste nella sottoposizione al voto popolare di uno o più quesiti relativi alla
abrogazione totale o parziale di una legge già in vigore. Esso è disciplinato dall’articolo 75 della
Costituzione, richiede 500 000 elettori per la sua presentazione e può riguardare l’abrogazione delle leggi
ordinarie dello Stato, dei decreti legislativi e dei decreti-legge. Quanto ai limiti di materia non sono
sottoponibili ad abrogazione le leggi costituzionali, le leggi regionali e i regolamenti governativi, così
come le leggi tributarie e di bilancio, le leggi che regolano amnistia e indulto, i trattati internazionali, e la
sentenza n°16 del 1978 ha aggiunto a questi limiti di materia anche le fonti atipiche, le leggi a contenuto
costituzionale vincolato (es. legge 194 sull’aborto, cioè le leggi i cui contenuti sono regolati direttamente
dalla Costituzione), le leggi costituzionalmente necessarie e quelle che recepiscono direttive comunitarie.
I limiti procedurali riguardano invece il doppio quorum, uno di partecipazione e uno relativo all’esito della
consultazione. Il procedimento referendario è il seguente:
1. Le richieste di referendum abrogativo sono soggette ad un primo controllo da parte dell’Ufficio centrale
per il referendum. Tale controllo non si limita al computo delle firme dei cittadini elettori e al controllo
della loro regolarità ma riguarda anche la natura dell’atto oggetto della richiesta.
2. Poi la richiesta è sottoposta al giudizio di ammissibilità da parte della Corte costituzionale, per
accertare l’inesistenza di una violazione dei limiti fissati dalla Costituzione all’istituto referendario.
(le richieste referendarie vanno presentate tra il 1° gennaio e il 30 settembre, l’ordinanza dell’Ufficio
centrale per il referendum va emanata entro il 15 dicembre, la sentenza della Corte costituzionale deve
essere pubblicata entro il 10 febbraio).
3. A questo punto spetta al Presidente della Repubblica indire con proprio decreto il referendum in una
domenica compresa tra il 15 aprile e il 15 giugno.
4. Nell’ultima fase avvengono lo scrutinio e la proclamazione dei risultati. Se l’abrogazione viene
approvata è il Presidente della Repubblica a dichiararla e gli effetti decorrono dal giorno successivo alla
pubblicazione sulla GU, ma possono anche essere posticipati di 60 giorni per permettere al Parlamento di
colmare l’eventuale lacuna normativa che si è creata.
Gli effetti del referendum abrogativo fanno sì che esso, o per meglio dire il risultato positivo di esso,
venga qualificato tra gli atti aventi valore di legge.
Se l’elettorato si esprime in senso contrario all’abrogazione i risultati vengono resi pubblici sempre
tramite GU e la stessa legge o disposizione non potrà essere sottoposta di nuovo a referendum
abrogativo per un periodo di 5 anni.
[abrogare ≠ annullare --- L’abrogazione è la cancellazione dell’atto dall’ordinamento giuridico di
appartenenza, e colpisce i rapporti ex nunc, cioè ha effetti pro futura. L’annullamento rende la norma
invalida rispetto ai principi della Costituzione, richiede una sentenza costitutiva e colpisce i rapporti ex
tunc.]
Il referendum di revisione costituzionale riguarda la modifica, l’integrazione o la soppressione di
alcune parti della Costituzione. Esso è disciplinato dall’articolo 138 della Costituzione e, a differenza del
referendum abrogativo, non ha ad oggetto una legge già entrata in vigore, bensì una delibera legislativa
del Parlamento, ancora non produttiva di alcun effetto. Per questo motivo questo tipo di referendum
viene definito sospensivo, poiché una volta avviata la procedura referendaria essa sospende il
perfezionamento del procedimento di revisione fino alla consultazione popolare. Le modalità di
svolgimento ricalcano in larga misura quelle previste dalla stesse legge per il referendum abrogativo,
salvo il giudizio di ammissibilità da parte della Corte costituzionale (ma sono previsti controlli da parte
dell’Ufficio centrale per il referendum e della Cassazione).
Sono previsti referendum per la fusione tra loro di più Regioni, per la creazione di nuove Regioni e per il
passaggio di Comuni e Province da una Regione all’altra. Si richiede necessaria l’approvazione della
proposta mediante referendum da parte delle popolazioni e dai pareri dei Consigli regionali interessati, e
il concetto di popolazioni interessate comprende anche quelle delle Regioni “cedenti”.
In materia di unione politica europea si parla di referendum di indirizzo, attraverso il quale il corpo
elettorale non si esprime su un atto legislativo o amministrativo ma su un progetto politico da realizzare.
CAP VII – IL PARLAMENTO
LA STRUTTURA
Il Parlamento repubblicano si compone della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, ed
è caratterizzato da un bicameralismo eguale, paritario e indifferenziato. Le uniche differenze
attengono al numero dei membri delle due Camere (630 deputati e 315 senatori) e al diverso sistema
elettorale.
Un ruolo fondamentale è svolto dai regolamenti parlamentari. Secondo l’articolo 64 della Costituzione
ciascuna Camera adotta il proprio regolamento a maggioranza assoluta dei suoi componenti. L’intento dei
Costituenti fu dunque quello di riservare ad un atto normativo particolare, espressione dell’autonomia
dell’organo parlamentare e di ciascuna Camera nei confronti dell’altra, la disciplina degli aspetti legati
all’organizzazione interna e all’esercizio dei poteri parlamentari. Gli attuali regolamenti parlamentari sono
stati varati per entrambe le Camere nel 1971. Il regolamento della Camera è stato modificato nel 1997,
regolando la programmazione dei lavori della Camera (approvazione del programma e del calendario che
spetta alla conferenza dei capigruppo) e contingentamento dei tempi. Il regolamento del Senato è stato
modificato nel 1999, anche in questo caso per risolvere il rapporto tra maggioranza e opposizioni.
I regolamenti parlamentari sono ritenuti sottratti ad ogni forma di controllo esterno.
L’elezione del Presidente avviene a scrutinio segreto. Alla Camera è richiesta la maggioranza di 2/3 dei
componenti al primo scrutinio, 2/3 dei voti al secondo, maggioranza assoluta dei voti dal terzo scrutinio
in poi; al Senato è richiesta la maggioranza assoluta dei componenti ai primi due scrutini, la maggioranza
assoluta dei voti nel terzo scrutinio, dopo di che si procede eventualmente con il ballottaggio tra i due
senatori più votati. Il Presidente di ciascuna Camera svolge funzioni “verso l’esterno” e funzioni sul piano
“interno”, tra cui quelle relative al programma dei lavori parlamentari ed alla conseguente definizione del
relativo calendario. Nello svolgimento delle sue funzioni il presidente è coadiuvato dall’Ufficio di
presidenza.
I gruppi parlamentari rappresentano la proiezione dei partiti o dei movimenti politici in seno alle
Camere. C’è una soglia minima di 20 deputati e 10 senatori affinché si possa dar vita ad un gruppo, con
alcune eccezioni qualora i gruppi siano più ristretti ma si tratti di partiti che hanno organizzazione e
consenso su base nazionale. Il problema del rapporto tra singolo parlamentare e gruppo di appartenenza
non è ovviamente altro che un aspetto del più generale problema del rapporto tra singolo aderente e
partito, e il parlamentare può continuare a svolgere liberamente le sue funzioni anche aderendo ad un
altro gruppo. Il fenomeno della mobilità parlamentare, con passaggio di parlamentari da un gruppo ad un
altro, ha determinato la disciplina del gruppo misto in base alla quale all’interno di tale gruppo possono
essere costituite distinte componenti politiche.
Le Camere si articolano al loro interno in alcune strutture permanenti più ristrette. Le giunte operano in
relazione al funzionamento dell’istituto parlamentare e si prevede che siano per quanto possibile
rappresentative dell’intero arco delle forze politiche. Ad esempio la giunta per il regolamento ha il
compito di proporre modifiche regolamentari, la giunta delle elezioni ha poteri di verifica e controllo delle
operazioni elettorali. Le commissioni sono articolazioni interne delle due Camere al pari delle giunte, e
possono essere temporanee, per lo svolgimento di compiti specifici, o permanenti, che hanno la stessa
durata delle Camere e il cui intervento è necessario, e inoltre monocamerali se composte da appartenenti
a una sola Camera o bicamerali se composte da un egual numero di deputati e senatori.
Il Parlamento gode di autonomia finanziaria e contabile, con l’inesistenza di obblighi di rendiconto o di
subordinazione alla Corte dei conti che potrebbero indirettamente coinvolgere e ostacolare l’attività
politica. In base all’immunità della sede le Camere hanno il potere di decidere chi ammettere e chi non
ammettere all’interno degli edifici parlamentari. Le controversie legate ai dipendenti delle Camere sono
sottratte al giudice comune e riservate agli organi interni alle stesse. --- Il parlamentare gode di una
libertà di manifestazione delle sue opinioni più ampia in base al principio dell’insindacabilità dei voti dati e
delle opinioni espresse stabilito dell’articolo 68 della Costituzione. Lo stesso articolo nel testo originario
preveda improcedibilità e inviolabilità, ossia non sottoponibilità dei parlamentari a procedimento penale,
arresto o misure restrittive, ma con il nuovo testo rimane soltanto l’istituto dell’insindacabilità dei voti e
delle opinioni espresse. L’articolo 69 della Costituzione garantisce ai parlamentari un’indennità il cui
importo è stabilito dalla legge.
La durata delle Camera è di 5 anni. Nel periodo di tempo necessario all’insediamento delle nuove Camere
vengono prorogati i poteri di quelle scadute (per decorso del termine o scioglimento anticipato) in base
all’istituto della prorogatio, il cui unico limite riguarda il divieto per le Camere di eleggere il Presidente
della Repubblica, limitandosi all’ordinaria amministrazione. Il periodo di prorogatio va dall’ultima riunione
delle vecchie Camere alla prima delle Camere neo-elette. L’avvio della legislatura si ha con lo svolgimento
della prima riunione del Parlamento. Per quanto riguarda le modalità di voto esso può essere segreto o
palese (per la votazione su persone il voto deve essere segreto, per alcune leggi ad es. finanziari o di
bilancio il voto deve essere palese, per tutte le altre ipotesi è previsto il voto palese salva la possibilità di
chiedere il voto segreto per determinate materie).
LE FUNZIONI
L’Italia è uno Stato regionale che si basa su principi di decentramento e autonomia locale, e ciò crea un
sistema policentrico, il quale “limita” la funzione legislativa del Parlamento che ne ha perso il monopolio.
Il procedimento legislativo consta di più fasi:
- Iniziativa: consiste nell’esercizio da parte di determinati soggetti del potere di sottoporre progetti al
Parlamento. La Costituzione riconosce tale potere innanzitutto al Governo, con il Consiglio dei Ministri che
delibera disegni di legge e li presenta a una delle Camere. Poi ci può essere l’iniziativa, individuale o
collettiva, dei membri del Parlamento, sottoscrivendo una proposta di legge. In terzo luogo c’è l’iniziativa
legislativa popolare che spetta al corpo elettorale, poi quella che spetta ai Consigli regionali, che possono
avanzare proposte di legge alle Camere, poi l’iniziativa del CNEL che ha essenzialmente poteri consultivi e
infine la proposta avanzata dai Comuni.
- Esame, discussione, votazione: si può seguire una procedura normale o speciale. -- La procedura
normale inizia con l’esame della proposta di legge da parte della commissione permanente competente
per materia. Dopo l’approvazione del testo la proposta passa all’assemblea che la discute, analizzandone
prima i caratteri generali e poi i singoli articoli che possono essere emendati, soppressi o sostituiti,
concludendo con la votazione finale dell’intero testo (i tempi possono essere abbreviati dichiarando
l’urgenza della proposta di legge in esame). – La procedura speciale affida invece alla commissione anche
il vero e proprio potere di approvazione. Seconda la procedura in commissione legislativa o
deliberante la proposta di legge inizia e conclude il suo iter in commissione, dove viene esaminata,
discussa e votata. Secondo la procedura in commissione redigente la proposta di legge viene prima
esaminata e discussa dall’assemblea, poi trasmessa alla commissione competente che redige i singoli
articoli, e infine torna all’assemblea per il voto dei singoli articoli e per la votazione finale.
Quando una proposta di legge ha superato tutte le fasi appena descritte presso una Camera, viene
trasmessa all’altra che procede al suo esame, discussione e approvazione. Se la seconda Camera approva
lo stesso testo la legge viene trasmessa al Presidente della Repubblica per la promulgazione, mentre se la
seconda Camera apporta delle modifiche al testo la proposta torna alla prima Camera e il passaggio da
una Camera all’altra continua (navetta) fino a quando entrambe non approvano l’identico testo.
- Promulgazione, pubblicazione: la promulgazione deve avvenire entro 30 giorni dall’approvazione
parlamentare e spetta al Presidente della Repubblica come atto di esercizio del potere di controllo. Esso
può essere positivo, e in questo caso la legge verrà sottoscritta, oppure negativo, con ritorno alle Camere
per un riesame. Se le Camere riapprovano la legge nel medesimo testo il Presidente della Repubblica è
obbligato a promulgare. Dopo la promulgazione la legge va pubblicata entro 30 giorni nella GU. Il periodo
che intercorre tra la pubblicazione e l’entrata in vigore della legge è noto come vacatio legis.
La legge può avere anche una funzione diversa, quella di indirizzo-controllo del Parlamento nei
confronti del Governo. Un primo esempio è la legge di approvazione del bilancio preventivo, documento
contabile che riporta le entrate e le spese previste per l’anno finanziario successivo.
Gli strumenti della programmazione sono individuati nel Documento di economia e finanza, relazione
sull’economia e la finanza pubblica che il Governo presenta alle Camere per le conseguenti deliberazioni
parlamentari, Nota di aggiornamento del DEF per adeguarsi all’andamento macroeconomico e recepire le
raccomandazioni approvate dal Consiglio dell’UE, Legge di stabilità, Legge di bilancio annuale, Legge di
assestamento delle previsioni di bilancio.
L’articolo 138 attribuisce al Parlamento la funzione di revisione costituzionale. A una fase necessaria
che si svolge in sede parlamentare può seguire una fase eventuale con il coinvolgimento del corpo
elettorale. Nella prima fase è necessaria una doppia deliberazione da parte di ciascuna Camera a distanza
non minore di tre mesi l’una dall’altra. Rispetto alle soluzioni adottate in altre Costituzioni quella scelta
dal Costituente italiano fa dunque del Parlamento l’organo deputato all’esercizio della funzione di
revisione costituzionale e riserva un ruolo solo eventuale al corpo elettorale (referendum se non si è
raggiunta la maggioranza dei 2/3). Quanto ai limiti, è l’articolo 139 della Costituzione che stabilisce che la
forma repubblicana non può essere modificata, ed esistono poi altri limiti impliciti legati ai principi
costituzionali fondamentali del nostro ordinamento (ad es. artt 1, 5, ...).
Il rapporto tra Governo e Parlamento si sviluppa anche attraverso altri istituti. Con una mozione di
fiducia, disciplinata dall’articolo 94, il Governo appena nominato deve presentarsi davanti al Parlamento
per ottenere da ciascuna Camera la fiducia. Le interrogazioni chiamano in causa il Governo per avere
notizie circa una determinata questione. Le interpellanze hanno invece una finalità più complessa e una
struttura più articolata. Le inchieste sono volte ad accertare specifiche responsabilità di natura politica.
Con una mozione di sfiducia si pone fine al rapporto fiduciario tra il Governo e la sua maggioranza
parlamentare, e la conseguenza giuridica è quella di obbligare il Governo alle dimissioni.
Il Parlamento si riunisce in seduta comune per l’elezione del Presidente della Repubblica, l’elezione di
cinque giudici della Corte costituzionale e la nomina dei giudici aggregati in sede penale, l’elezione di otto
membri del CSM e la messa in stato d’accusa del Presidente della Repubblica.
Per quanto riguarda i rapporti tra Parlamento e UE, le norme comunitarie devono intendersi come
“direttamente applicabili” negli ordinamenti degli Stati membri. Tale regola vale per quelle norme “self-
executing” che hanno cioè un contenuto normativo puntuale, completo e in grado di essere direttamente
applicato sul piano del diritto internazionale. L’intervento attuativo del Parlamento rimane invece
necessario con riferimento a norme comunitarie che non siano direttamente applicabili. --- Con la legge
comunitaria il Parlamento provvede alle modifiche dell’ordinamento interno imposte dalla normativa
comunitaria e che richiedono il ricorso allo strumento legislativo. --- La Corte costituzionale ha il potere di
dichiarare l’incostituzionalità di una legge, ed è compito del Parlamento colmare le conseguenti lacune: le
pronunce di incostituzionalità della Corte vengono comunicate alle Camere perché queste provvedano alle
eventuali iniziative legislative. --- Il rapporto tra Parlamento e Regioni, con l’accesso al livello
parlamentare delle esigenze regionali, è consentito essenzialmente attraverso l’iniziativa legislativa
riconosciuta ai Consigli regionali.
CAP VIII – IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Esiste una certa “equivocità” attorno alla figura, poiché l’attuale dettato costituzionale in materia appare
particolarmente sommario e con la volontà di non disciplinare dettagliatamente per mantenere elasticità
ed adattabilità in materia. Le ricostruzioni del ruolo del Presidente della Repubblica sono diverse (da
potere neutro a potere con funzioni di indirizzo politico costituzionale), ma le diverse interpretazioni del
proprio ruolo da parte dei Presidenti che si sono succeduti dimostra l’ambivalenza della figura dell’organo
e contemporaneamente mette in luce l’adattabilità dell’esercizio dei poteri.
Nei rapporti tra Governo e Parlamento il Presidente della Repubblica detiene poteri rilevanti, come la
nomina del Governo prima della fiducia parlamentare, il potere di scioglimento anticipato delle Camere, la
possibilità di rinviare una legge al Parlamento manifestando i dubbi sorti in sede di promulgazione.
Complessivamente possiamo affermare che si tratti di un organo (unico organo costituzionale
monocratico) dotato di alcuni significativi poteri volti a consentire il funzionamento del sistema
costituzionale, e in grado di porsi come il massimo garante del corretto ed efficace svolgimento dei
processi istituzionali.
Il Presidente della Repubblica è eletto dal Parlamento in seduta comune, in questo caso integrato da tre
rappresentanti di ciascuna Regione (la Valle d’Aosta ne nomina uno solo) designati dai Consigli regionali.
È eletto a scrutinio segreto da una maggioranza qualificata (2/3 dei componenti nelle prime tre
votazioni, poi è sufficiente la maggioranza assoluta) e resta in carica per 7 anni. La carica comincia
dopo il “giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione” pronunciato davanti al
Parlamento in seduta comune.
Un Presidente può vedere prorogati i propri poteri dal ritardo che si verifichi nell’elezione del suo
successore: 30 giorni prima che scada il termine il Presidente della Camera convoca in seduta comune il
Parlamento integrato per eleggere il nuovo Presidente, tuttavia se le Camere sono sciolte o manca meno
di tre mesi alla loro cessazione la riunione ha luogo entro 15 giorni dalla riunione delle Camere nuove. Nel
frattempo sono prorogati i poteri del Presidente in carica, ma in questo periodo così come nell’ultimo
semestre del suo mandato (semestre bianco) egli ha il divieto di procedere allo scioglimento anticipato
delle Camere.
Il mandato può essere interrotto prima della scadenza, per impedimento temporaneo, cioè breve
malattia, sospensione temporanea per un’accusa ai sensi dell’articolo 90, o per impedimento
permanente, cioè impedimento fisico, morte, dimissioni personali, condanna della Corte costituzionale.
A questo proposito l’articolo 86 regola l’istituto della supplenza, individuando nel Presidente del Senato
l’organo supplente per esercitare le funzioni presidenziali.
Per quanto riguarda le responsabilità connesse all’esercizio delle funzioni presidenziali, si ha un
restringimento della responsabilità penale per atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni ai soli casi di
alto tradimento e attentato alla Costituzione (articolo 90 della Costituzione, abuso dei poteri o
violazione dei doveri al fine di far venir meno la sovranità nazionale o di alterare il sistema
costituzionale). Questo privilegio riguarda esclusivamente le ipotetiche responsabilità del Presidente
connesse all’esercizio delle sue funzioni, cioè al di fuori di quest’area egli risponderà come un comune
cittadino. --- La Costituzione garantisce al Presidente un assegno personale e una dotazione.
Quasi tutti gli atti presidenziali ed i più importanti atti governativi vengono giuridicamente in essere con
la medesima forma, quella di decreti presidenziali controfirmati dai Ministri di volta in volta competenti.
Nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dai Ministri proponenti, che
ne assumono la responsabilità (articolo 89). L’istituto della controfirma non ha altra funzione che quella di
assicurare una forma di controllo del Governo sugli atti del Presidente della Repubblica.
- Rispetto al corpo elettorale il Presidente dispone di poteri molto ridotti. Si tratta ad esempio
dell’indizione della data delle elezioni e dei referendum, dei poteri in tema di referendum abrogativi, o
(allargando la nozione di corpo elettorale a quella generale di opinione pubblica) del potere di
esternazione, cioè il potere esercitato attraverso interviste, comunicati o discorsi esprimendo liberamente
le proprie opinioni (in questo caso si parla di responsabilità diffusa);
- Rispetto al Parlamento i poteri del Presidente sono ben più rilevanti. Il Presidente nomina senatori a
vita cinque cittadini che hanno illustrato la patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico,
artistico e letterario. Esercita poi un potere di stimolo nei confronti del Parlamento attraverso il
messaggio formale. Può rinviare alle Camere una legge esaminata in sede di promulgazione, ma se le
Camere riapprovano nuovamente la legge, il Presidente deve promulgarla. Può convocare in via
straordinaria ciascuna Camera. Può scioglierle anticipatamente.
- Rispetto al Governo il potere presidenziale produce vari istituti. Con le consultazioni il Presidente della
Repubblica cerca di orientare la propria scelta per consentire al nuovo Governo di conseguire la fiducia
parlamentare. L’incarico di formare il Governo viene affidato dal Presidente ad un esponente politico che
egli reputa idoneo ad assumere l’incarico di Presidente del Consiglio ma dal quale vuole capire le reali
possibilità di dar vita ad un nuovo Governo. Con il mandato esplorativo il Presidente fa svolgere a un’alta
carica dello Stato un’ulteriore indagine tra i gruppi parlamentari. Il Presidente ha inoltre pieno potere di
conoscenza della politica estera del Governo e potere nell’ambito della politica militare essendo il
Presidente del Consiglio supremo di difesa.
- Rispetto alla magistratura il Presidente ha poteri di nomina e conferimento di incarichi direttivi a
magistrati ordinari, amministrativi, militari, ed egli è anche Presidente del CSM.
- Rispetto alla Corte costituzionale il potere è di nomina di cinque giudici costituzionali.
CAP IX – IL GOVERNO DELLA REPUBBLICA
Il Governo ha un ruolo assolutamente insostituibile nell’attuazione dell’indirizzo politico e nella sua stessa
formazione, possiamo definirlo come il comitato esecutivo e direttivo del Parlamento, ma soprattutto
come l’organo di vertice del potere esecutivo. La Costituzione stessa con l’articolo 92 parla di Governo
della Repubblica per sottolineare che esso è chiamato a svolgere le sue funzioni riferite
all’amministrazione, alla legislazione, allo sviluppo dei rapporti con gli altri Stati e con le organizzazioni
sovranazionali, e al buon funzionamento delle istituzioni: il ruolo del Governo promuove il passaggio allo
Stato sociale e al tempo stesso con esso si rafforza.
Al termine delle consultazioni la formazione del nuovo Governo si ha con l’adozione dei decreti
presidenziali di nomina del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri. Si procede al giuramento
immediatamente dopo la firma dei decreti di nomina per evitare un intervallo di tempo tra la sostituzione
del nuovo Governo al precedente e l’esercizio delle funzioni governative. In questa prima fase di vita del
Governo si collocano la nomina da parte del Consiglio dei Ministri dei Sottosegretari e l’eventuale nomina
di uno o più vice-Presidenti del Consiglio.
Entro dieci giorni dalla sua formazione il Governo deve presentarsi alle Camere per il dibattito sulla
fiducia. Il conferimento della fiducia parlamentare costituisce la solenne approvazione da parte di
ciascuna Camera, avviene a voti palesi con apposite mozioni motivate di fiducia, e permette la
permanenza in carica del Governo per tutta la durata della legislatura (salvo mozione di sfiducia da parte
di una Camera, sottoscritta da almeno un decimo dei suoi componenti).
In realtà delle numerosissime crisi di governo che si sono succedute dall’entrata in vigore della
Costituzione solo due sono state originate da questioni legate alla fiducia (1999 e 2008), in altri casi
Governi appena nominati non hanno ottenuto la fiducia, in altri ancora le dimissioni sono state
conseguenti al rinnovo del Parlamento, il più delle volte le crisi di Governo derivano da dimissioni
spontanee dovute a situazioni di crisi politica nella maggioranza. Si parla infatti spesso di crisi
extraparlamentari che estranierebbero il Parlamento dal decisivo potere di giudizio circa il rapporto
fiduciario. I tentavi di parlamentarizzare le crisi invitano i Governi dimissionari a presentarsi alle Camere
per verificare il rapporto fiduciario e avere informazioni esaustive sulle ragioni della crisi.
I Governi dimissionari restano tali fino al decreto presidenziale di accettazione delle dimissioni, e i loro
poteri sono limitati al solo disbrigo degli affari correnti.
Le dimissioni (o la morte) del Presidente del Consiglio determinano crisi, mentre ciò non accade con le
dimissioni di un Ministro che semplicemente obbligano a colmare il vuoto prodottosi, attraverso la nomina
di un nuovo Ministro o l’attribuzione dell’interim ad uno dei Ministri già in carica. I rimpasti consistono
invece nel mutamento di più incarichi ministeriali.
Non esistono specifici casi di decadenza dalla carica di Presidente del Consiglio o di Ministro legati ai loro
status personali. Al massimo c’è la questione del conflitto di interessi, “risolta” con il dovere dei titolari di
cariche di governo di dedicarsi esclusivamente alla cura degli interessi pubblici astenendosi da situazione
di conflitto di interessi.
Il Presidente del Consiglio è indicato dall’articolo 95 come l’organo che dirige la politica generale del
Governo e ne è responsabile, e che mantiene l’unità dell’indirizzo politico e amministrativo coordinando
l’attività dei Ministri. Egli è primus inter pares, cioè non esiste alcun rapporto gerarchico tra Presidente
del Consiglio e singoli Ministri, tuttavia egli esercita in qualche modo una sorta di primato politico sugli
altri membri del Governo.
Ha potere di esternazione, cioè di manifestare autonomamente verso l’esterno gli indirizzi politici generali
del Governo; ha poteri di rappresentanza, ad esempio espone alle Camere il programma del Governo,
pone la questione di fiducia, mantiene contatti con il Presidente della Repubblica; ha poteri di direzione di
organi collegiali; ha poteri di promozione, indirizzo e coordinamento dell’attività dei Ministri.
Il Consiglio dei Ministri è l’organo collegiale composto da tutti i Ministri e presieduto dal Presidente del
Consiglio. Esso è titolare delle funzioni governative, cioè di tutte quelle funzioni che la Costituzione e le
leggi costituzionali attribuiscono genericamente al Governo. Le attribuzioni del Consiglio dei Ministri
possono essere così raggruppate: attività di indirizzo politico, attività normativa (decreti legislativi,
DESCRIZIONE APPUNTO
Analisi degli strumenti per comprendere i principali istituti del diritto pubblico italiano, con particolare riguardo: al fenomeno giuridico; allo Stato e i suoi elementi costitutivi; alle forme di Stato; alle forme di governo; al rapporto tra l'ordinamento statale e gli altri ordinamenti; al sistema istituzionale dell'Unione europea; al sistema delle fonti nell'ordinamento italiano; ai principi generali dell'ordinamento costituzionale italiano; alle libertà e ai diritti fondamentali; al Corpo elettorale e agli istituti di democrazia diretta; all'organizzazione costituzionale italiana(Parlamento, Presidente della Repubblica, Governo); al sistema di governo locale; ai principi costituzionali relativi alle pubbliche amministrazioni; all'organizzazione della magistratura e alla giustizia costituzionale.
Indice:
I. Caratteri fondamentali del fenomeno giuridico.
II. Le forme di stato e le forme di governo nella loro evoluzione storica.
III. Lo Stato costituzionale.
IV. Le trasformazioni delle istituzioni pubbliche dallo Statuto albertino alla Costituzione repubblicana.
V. L’Italia e l’Unione europea.
VI. Il corpo elettorale.
VII. Il Parlamento.
- Sez. I: La struttura.
- Sez. II: Le funzioni.
- Sez. III: I rapporti con altre istituzioni.
VIII. Il presidente della repubblica.
IX. Il Governo della repubblica.
X. L’organizzazione degli apparati amministrativi statali.
- Sez. I: principi costituzionali in tema di pubblica amministrazione.
- Sez. II: Gli apparati statali.
- Sez. III: I cosiddetti organi ausiliari.
XI. Principi in tema di attività amministrativa. (cenni)
XII. Regioni ed enti locali.
XIII. La corte costituzionale.
XIV. Il potere giudiziario.
XV. I diritti di libertà.
XVI. Il sistema delle fonti normative.
I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher MarcoPassero di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto pubblico e costituzionale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Napoli L'Orientale - Unior o del prof Zammartino Francesco.
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