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Alcuni dei testi normativi che realizzarono tale compressione delle libertà statutarie (quali il codice
penale del 1930 ed il testo unico delle leggi di pubblica sicurezza del 1934) sono ancora in vigore
seppur modificati x renderli conformi all ordinamento repubblicano vigente.
Il periodo transitorio 1943 – 1948
I rovesci militari che si successero a partire dal 1942 posero il problema politico delle
responsabilità del Regime Fascista, per una guerra i cui esiti minacciavano la stessa sovranità dello
Stato italiano. Ciò determinò uno sconvolgimento istituzionale che condusse alla sovversione della
costituzione fascista e all’instaurazione dell’ordinamento costituzionale tutt’ora vigente. La fase che
andò dalla caduta del Fascismo all’entrata in vigore della vigente Costituzione è denominata con
l’espressione “periodo transitorio”, e configurò un ordinamento costituzionale affermatosi in via di
fatto in contrasto con le istituzioni e le forme non soltanto della legislazione fascista ma anche dello
stesso Statuto Albertino. Il periodo transitorio ebbe inizio il 25 luglio del 1943, a seguito della
sfiducia espressa dal Gran Consiglio del Fascismo al Capo del Governo. Il Gran Consiglio aveva il
potere di proporre al Re i membri dell’esecutivo e di proporne la revoca. La mozione di sfiducia era
pienamente legittima. La rottura dell’ordine costituzionale si ebbe a seguito della sostituzione del
Capo del governo. Il nuovo esecutivo, con l’appoggio della monarchia, adottò una serie di
provvedimenti volti a sciogliere le istituzioni fasciste. Lo smantellamento del regime era un atto di
forza della monarchia, preoccupata di sgravarsi della responsabilità di averne favorito l’ascesa e la
sua politica estera aggressiva. In realtà tale responsabilità appariva ben chiara alle forze antifasciste,
istituzionalizzate dal Comitato di Liberazione Nazionale. Lo scioglimento delle istituzioni fasciste,
e l’assenza di quelle rappresentative statutarie, concentrò nel governo tutte le funzioni istituzionali,
ivi compresa quella normativa, esercitata con decreti legge: i quali da atti straordinari atipici
dell’ordinamento albertino, acquisirono il ruolo di fonte del diritto “ordinaria” nella costituzione
provvisoria. Nel 1945 venne istituita una Consulta Nazionale composta dai rappresentanti dei partiti
la quale esercitava funzioni consultive sui provvedimenti governativi aventi forza di legge. A
seguito delle accuse di collusione con il Fascismo rivolte alla monarchia, il Re Vittorio Emanuele
III nominò Luogotenente del Regno il figlio Umberto. La Luogotenenza era un istituto non previsto
dallo Statuto ma fondato su una prassi costituzionale, per il quale la circostanza di fatto
dell’allontanamento del Re dal Regno legittimava la nomina di un Luogotenente che esercitasse i
poteri delegatigli dal Sovrano in sua vece e per il periodo di tempo limitato alla sua assenza.
La luogotenenza del 1944 si fondava sull’esigenza politica di mantenere il Re al di fuori della vita
istituzionale del Paese in attesa che si definissero i contenuti della futura costituzione; si trattava di
un istituto di durata indeterminata.
Il Governo affidato al maresciallo Badoglio successivamente al 25 luglio 1943 era ancora un
esecutivo legato al Sovrano. Il Governo presieduto da Bonomi sostituì il Governo Badoglio nel
giugno del 1944; era diretta espressione dei partiti presenti nel Comitato di Liberazione Nazionale,
indipendente dal Re (e dal Luogotenente) al punto da evitare ogni riferimento alla Corona persino
nella formula del Giuramento.
L’istituto della luogotenenza, l’indipendenza del Governo dal Re e la concentrazione in esso dei
poteri legislativi rappresentarono i tratti istituzionali della costituzione provvisoria, i quali
segnarono un’evidente discontinuità non soltanto rispetto all’ordinamento fascista ma anche
rispetto alle previsioni dello Statuto Albertino.
Tale discontinuità fu resa evidente quando, a seguito dell’armistizio dell’8 settembre 1943, nei
territori occupati dall’esercito tedesco venne costituito uno Stato fascista retto da un governo fedele
alla Germania nazionalsocialista, denominato Repubblica Sociale Italiana. Anche in questa ipotesi
si trattava dell’instaurazione di fatto di un nuovo ordinamento antitetico rispetto a quello statutario.
Lo Stato italiano era diviso in due tronconi, ciascuno dei quali retto da un ordinamento autonomo e
distinto da quello vigente sino al 25 luglio 1943, determinando una vera e propria situazione di
guerra civile.
La scelta tra la monarchia e la repubblica fu rimessa al corpo elettorale attraverso un referendum
celebrato in concomitanza con l’elezione dell’Assemblea. Il 2 giugno 1946 il popolo italiano optò
per la repubblica, eleggendo l’Assemblea Costituente che avrebbe dovuto dare la nuova
costituzione alla neonata Repubblica Italiana. L’Assemblea fu composta da forze politiche
riconducibili a tre tipologie: quella liberale, quella cattolica e quella comunista. La nuova
Costituzione doveva essere un compromesso tra tali ideologie.
L’Assemblea costituente incaricò della redazione del testo della nuova Costituzione una
commissione di settantacinque rappresentanti, la quale si articolò in tre sottocommissioni, una
incaricata della parte sui diritti e doveri dei cittadini, l’altra per la parte sull’ordinamento della
Repubblica, l’ultima sui diritti e doveri economico-sociali; le tre parti vennero poi armonizzate
dall’Assemblea plenaria, talvolta con rilevanti modifiche del testo originariamente proposto. La
Costituzione fu votata il 22 dicembre 1947 ed entrò in vigore il primo gennaio 1948.
Il multipolarismo polarizzato e l’instabilità di governo (1948-1993)
NB → la neonata Repubblica era collocata, negli accordi di Yalta nell’area di influenza statunitense,
pertanto alcune scelte relative all’assetto costituzionale e alla concreta operatività delle istituzioni
pubbliche dovevano ritenersi irrealizzabili.
La nuova costituzione prendeva atto del ruolo di partiti politici fortemente strutturati e connotati dal
punto di vista ideologico, riconoscendone la funzione catalizzante del consenso e collocandoli tra
gli attori istituzionali. Ricordiamo la scelta per il sistema proporzionale con il quale fu eletta
l’Assemblea costituente. Il tentativo della DC 1953 di introdurre un sistema maggioritario (legge
truffa→ premo di >> attrav assegnazione 65% seggi della camera alla lista che avrebbe superato la
metà dei voti validi) fallì a seguito dei risultati delle elezioni politiche di quello stesso anno in cui il
partito di maggioranza relativa non raggiunse la soglia necessaria per l’attribuzione del premio di
>> e determinò l’immediato ritorno al sistema proporzionale. Già all’indomani delle elezioni del 48
si affermò la cd conventio ad excludendum, un accordo tacito volto ad escludere le ali estreme dello
schieramento partitico e in part. Il PCI e PSI dall’area di governo. La polarizzazione partitica fu
anche la causa della lenta attuazione della costituzione. Alla fine della I legislatura venne
promulgata la legge 87 / 1953 per il funzionamento della corte cost, ma i contrasti in seno al
parlamento ritardarono l’elezione dei giudici di competenza di tale organo e paralizzarono il
funzionamento della corte fino al 1956. nel 1957 venne varata la legge per il funzionamento del
CNEL e l’anno dopo quella per il funzionamento del CSM, questa fu l’occasione per il sorgere di
discussioni interne a tal organo che ne determinarono la scissione in 3 correnti politiche:
Magistratura Indipendente, Terzo potere, Magistratura democratica. Il parlamento repubblicano
avviò un tentativo di riforma dell’amministrazione che rinunciò al riordino delle strutture esistenti
per istituire enti e strutture parallele a quelle già esistenti, soprattutto nell’ambito del governo
dell’economia. Sul piano costituzionale deve segnalarsi la ratifica dei Trattati istitutivi delle
Comunità Europee del 1952 e 57. a partire dal 1960 si registrò un momento di svolta nella storia
cost della repubblica: la conventio ad excludendum venne temperata nei riguardi del Partito
Socialista, che venne così incluso nell’area di governo → cd primo centro-sinistra .
L’apertura a sx ebbe un prezzo elevato: la stasi decisionale all’interno della >> , l’unico
provvedimento di rilievo cost fu l’adeguamento della durata del Senato a quella della Camera e la
nazionalizzazione dell’energia elettrica. Il centro sx vide un rafforzamento delle strutture partitiche
e una posizione particolarmente debole dei governi, privi di significativi margini di decisione
politica. Il principio di collegialità dell’azione di governo venne sostituito dal policentrismo
ministeriale per il quale ciascun ministro, espressione diretta di un determinato partito, godeva in
seno al consiglio di significativi margini di autonomia. A partire dalla fine degli anni 60 l’esperienza
politica del centro sx ebbe una ripresa aprendo una stagione di dialogo della maggioranza con il
partito comunista che consentì l’adozione di numerosi provvedimenti e avviò una politica
economica fortemente ispirata alla programmazione che non diede frutto. Nel 1970 venne varata la
riforma del diritto di famiglia ispirata alla parità tra i coniugi, venne promulgata la legge sul
referendum abrogativo e adottato lo Statuto dei lavoratori. Gli anni del 2 centro sx furono segnati da
un aumento della corruzione e della crisi della rappresentatività dei partiti politici e delle istanze
sociali → massiccio utilizzo istituto del referendum, proliferazione partiti antisistema quali Lega
Lombarda : lega nord → Bossi. Il 1980 segnò la fine della distensione verso il PCI, anche a seguito
della crescita di questo partito in termini di consenso elettorale. La rottura accrebbe il ruolo del PSI
quale ago della bilancia del sistema politico. Gli anni 80 si caratterizzano per la ricerca della
stabilità di governo attraverso riforme cost di ampio respiro. Nel 1988 furono riformati i
regolamenti parlamentari limitando il voto segreto e rafforzando la posizione della >> , furono
avviate importanti riforme nella PA; il crollo del comunismo nel 1989 privò le forze partitiche del
loro sostrato ideologico. Nel 1992 l’inchiesta giudiziaria ‘’mani pulite’’ fece emergere un sistema di
corruzione diffuso nel sistema dei partiti mettendone in crisi la credibilità. L’anno successivo venne
celebrato un referendum che espresse la preferenza dell’elettorato per un sistema elettorale
maggioritario.
Il bipolarismo delle coalizioni e l’instabilità di sistema (1993-2013)
Si è soliti definire il periodo