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L'ATTO ICONICO SCHEMATICO – LA VITALITÀ DELLE IMMAGINI
Schemi e Tableaux vivants
Con “schema” s'intende un criterio formale che definisce il contenuto rappresentato in termini valoriali, in
modo da fornire un effetto esemplare agli occhi dell'osservatore. Lo schema mostra standard valutativi,
nonchè strumenti orientativi e imitativi mediante la forma particolare della figura viva. A questa
definizione di “schema” si accompagna la proposta di raccogliere le forme viventi delle immagini sotto il
concetto di atto iconico schematico che implica immagini capaci di effetti tali da renderle “vive”, capaci di
simulare la vitalità. La moderna concezione di schema si discosta da tale definizione in quanto è
maggiormente rapportata a modelli condivisi di percezione, espressione e azione che mandano a ordini
noti.
Platone indicò che il concetto di schema veniva sfruttato in immagini e pose convenzionali per
rappresentare plasticamente un determinato effetto. Questa definizione è stata attualizzata nella
pragmatica. Nella filosofia dell'incorporazione essa vale come summa di tutti i comandi che rendono
possibili le pose e i movimenti del corpo.
La gamma delle “immagini vive” comprende dipinti, affreschi, sculture a tutto tondo o bassorilievi. Essi,
per tutta la durata della loro esistenza, devono rimanere immobili: devono cioè fungere da immagini
viventi. Le prime opere risalgono ai tempi dell'ellenismo, in seguito dal XV secolo è iniziata una produzione
continuativa. Una prima cronaca risale al 1437 quando venne allestito un tableau vivant della passione di
Cristo in occasione dell'entrata a Parigi di Carlo VII.
I tableaux vivants appartengono alla prima categoria di quelle immagini che mediante corpi vivi
dimostrano il principio strutturale e performativo dell'atto iconico schematico, nella sua definizione
platonica. Esseri umani immobili, elevati a opere d'arte, vengono percepiti come immagini ed esercitano un
fatto esemplare.
Repliche “vive” 7 Immagini che ci guardano: teoria dell'atto iconico
Le immagini vive hanno preso a esempio dipinti pre-esistenti arrivando a creare tableaux vivants di
secondo livello. In tale senso il polittico di Gand di Jan e Hubert Van Eyck del 1458 costituì lo spunto per
un'immagine viva su 3 piani che poteva essere mostrata tirando una tenda. Segue la tavola centrale con
l'altare e l'agnello sacrificale, con la colomba appollaiata e un gruppo laterale di martiri, santi, patriarchi e
apostoli. Ma i tableaux vivants si orientavano in maniera sistematica a opere d'arte? Grazie alla scoperta di
Pompei esse acquisirono una dimensione propria. Durante gli scavi emersero spazi concavi creati dai corpi
inceneriti delle vittime che parevano mostrare ex negativo ciò che si poteva ottenere ricorrendo ad attori
vivi e vegeti. impressionanti nella loro efficacia essi stimolarono le Attitudes a Napoli alla fine del 1700 da
Hamilton ovvero aveva convinto la moglie a mettersi in pose che imitavano antiche. Goethe dice che nella
luce del tramonto le sue riproduzioni sapevano restituire con forza ineguagliabile lo spirito delle antiche
sculture e dei motivi pittorici pompeiani come autentiche opere d'arte. Goethe apprezzava il tableau vivant
poiché mostrava la vitalità dell'immagine in una forma ideale che attraverso l'immediatezza degli schemi
corporei e iconici riusciva a sortire subito un grande effetto.
Solitamente i tableaux vivants venivano allestiti durante le feste operaie del 1 maggio per rappresentare gli
obiettivi futuri tramite questi monumenti temporanei.
Nel XX secolo Man Ray ha avuto l'idea di sostituire almeno in parte gli arti mancanti di antichi torsi
mediante corpi femminili e di immortalare il tutto con la macchina fotografica. Tra la fine degli anni 60 e i
primi anni 90 Cindy Sherman ha perfezionato ancora di più questo tipo di tableaux vivants di terzo grado
inscenando motivi artistici e cinematografici come immagini vivi poi immortalate dall'obiettivo fotografico.
Le immagini di Sherman sfruttano il suo stesso corpo per riportare nuovamente il principio dell'immagine
viva nella sfera iconica.
Un ulteriore sviluppo è dato dall'opera della videoartista Eleanor Antin ha fatto inscenare da attori
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professionisti alcuni situazioni paradigmatiche per poi fotografarle ottenendo “The last days of Pompeji”.
Se si prendono in considerazione le immagini in movimento un esempio importante è quello rappresentato
dal mediometraggio di Pier Paolo Pasolini la ricotta, nel quale si tenta di riprodurre dal vivo immagini
manieriste come la Deposizione di Rosso Fiorentino. Nel tentativo di copiare il dipinto manierista il
comandamento imitativo sotteso al tableau vivant raggiunge la sua forma più estrema.
Altri esempi: Passion di Jean-Luc Godard, Caravaggio di Derek Jaman, I misteri del giardino di Compton
House di Greenaway, Medea-Choreographie di Sasha Walts.
È necessario citare anche l'autostilizzazione degli artisti che si fanno quadri viventi tra i protagonisti di
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questa categoria spiccano Gilbert e George che hanno rivoluzionato il genere artistico del tableau vivant.
Definendosi living sculptures, essi hanno di fatto reso obsoleta la questione della vitalità dell'opera
mediante una sua conferma permanente. Le loro pose sempre nuove testimoniano il fatto che le persone
rappresentano le sculture e in risposta le immagini si fanno vive. Essi sono l'immagine vivente e imitano
perciò se stessi in tempo reale facendo scomparire la differenza tra immagine, copia e vita. A renderli
esemplari è il superamento di ogni confine tra vita e arte che diventa il contenuto stesso del messaggio.
Tutte queste forme di tableau vivant sono varianti nel tentativo attraverso l'impiego dell'uomo quale
recipiente iconico di annullare la distanza tra artefatto e umanità.
La forza dell'immagine viva si esprime nel momento in cui lo spettatore riesce a cogliere se stesso
nell'alterità iconica.
Empatia e presa di distanza
L'empatia sposterebbe l'attenzione dalla forma del lavoro artistico alla “reazione che esso suscita nel
soggetto che lo contempla”. L'empatia avrebbe un che di narcisistico senza l'intenzione di percepire la
forma dell'opera d'arte come altra e antagonista rispetto all'io e immedesimandosi tramuterebbe l'opera
8 Immagini che ci guardano: teoria dell'atto iconico
nelle varianti dell'esperienza dell'opera stessa.
Termine con cui si è soliti rendere in italiano quello tedesco di Einfühlung (anche tradotto con «simpatia
simbolica»), usato in estetica e in psicologia per indicare la capacità di porsi nella situazione di un’altra
persona con nessuna o scarsa partecipazione emotiva (quest’ultima è invece presente nel sentimento di
simpatia).
La teoria dell’Einfühlung, formulata, sulla traccia di Herder, da Vischer (Über das optische Formgefühl,
1873) e da Lipps (Ästhetik, 1903), si diffuse soprattutto in seguito all’apparizione della fortunata opera di
W. Worringer Abstraktion und Einfühlung (1908; trad. it. Astrazione e empatia). Secondo l’estetica di
Vischer e di Lipps, l’uomo attribuisce bellezza alle forme nelle quali riesce a trasferire o proiettare il
proprio senso vitale: il godimento estetico è pertanto godimento oggettivato di noi stessi. Ma per
Worringer questa teoria è idonea a farci comprendere soltanto l’arte classica e quella rinascimentale, che
nascono da un sentimento di immedesimazione con le forme organiche, mentre nulla ci può dire circa l’arte
dei popoli primitivi e delle civiltà preclassiche e orientali, in cui prevale un sentimento antinaturalistico.
Accanto al bisogno di e., va dunque postulata l’esistenza di un impulso originario di astrazione, che tende
all’inorganico, al regolare, al geometrico. Insistendo sui fondamenti psichici dell’esperienza estetica, la
teoria dell’Einfühlung ha dato un notevole impulso al costituirsi di una psicologia dell’arte, anche se gli
studi in questo campo si sono poi orientati principalmente verso l’analisi dei fenomeni percettivi, secondo
ipotesi assai più prossime alla teoria della pura visibilità. È ancora attuale, si considera che Worringer
abbia dato via a tutte le forme della minimal art.
In questo solco, l'artista italiana Vanessa Beecroft ha sviluppato fin dai primi anni 90 una critica
all'empatia partendo da una forma particolare di tableau vivant. In apparenza i suoi assemblaggi collettivi
di immagini vive fanno appello a un'empatia intuitiva, ma giacché questi gruppi statuari di corpi femminili
restano immobili nelle loro pose anche per ore cristallizzando la propria organicità essi arrivano a negare
l'empatia in maniera radicale. Ciò si fonda sull'intento ripetuto di attrarre lo spettatore mediante la forma
viva dell'opera e al contempo di imporsi su di lui partendo dalla sfera distante e aliena dell'artefatto.
Meccanica e soffio vitale
Dopo i tableaux vivants, gli automi offrono un'ulteriore possibilità di fornire all'artefatto un'identità dotata
di anima. Gli automi (termine utilizzato per la prima volta da Aristotele per indicare la marionette)
rappresentano figure semoventi che, nella loro autonomia, si sottraggono alla volontà umana e accrescono
la distanza tra uomo e opera che sgorga dall'idea della base dell'atto iconico. Tale autonomia dà agli automi
un che di inavvicinabile da intendersi come un segno di estrema alterità capace di scatenare molte
emozioni come quelle rappresentate da Charles Cochin nell'incisione La charmante catin.
Un autome della metà del XVI secolo chiarisce in maniera incomparabile questo mix di sentimenti. La sua
meccanica è costituita da ingranaggi, una spunta puntellata e una testolina al cui interno si trovano
ulteriori ingranaggi. L'automa riesce a muoversi di 90° nell'arco di 60 cm e quando gli si dà la carica
l'energia che emana è a dir poco sorprendente, riportando alla memoria un testo di Leonardo Da Vinci in
cui si parla di una forza, principio fondante della vita insita negli automi, una virtù spirituale, una potenza
invisibile la quale per accidentale esterna violenza è causata dal moto e collocata e infusa ne' i corpi i quali
sono dal loro naturale uso retratti e piegati.
Il modello della molla è coerente con l'idea leonardesca. Più ampia la molla maggiore sarà la velocità con
cui si scarica. Leonardo eleva la parabola “vitale” di una molla a modello di vita: lo scopo ultimo
dell'attività motoria umana che tenta di sconfiggere i freni interni ed esterni con le proprie energie.
Altro automa è quello di Monaco &ndash