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, ottenendo un flusso di profitti pari a : mentre l’impresa E produce a costi più elevati e
rimane fuori dal mercato, ottenendo un flusso di profitti nullo. L’equilibrio perfetto nei
sottogiochi è caratterizzato da un contratto di licenza che permette alle imprese di cessare i
propri investimenti in R-S. In equilibrio entrambe, le imprese produrranno con la tecnologia 3
)
∏!=∏;= ∏2/2 . Il contratto di licenza ex ante comporta due risultati: annulla gli incentivi a
investire in R-S e favorisce una minore concentrazione del mercato. Dal punto di vista sociale,
vi è il beneficio derivante dall’aumentata concorrenza nel mercato e dalla non duplicazione
degli sforzi di ricerca con conseguente diminuzione dei costi. Tuttavia, nel lungo periodo, tale
strategia limita lo sviluppo di know how, rafforzando la dipendenza tecnologica del
licenziatario dal licenziante e danneggiando la performance del settore.
Anche Rockett dimostra che l’impresa insediata preferisca stipulare un contratto di licenza con
un’impresa più debole in modo da saturare il mercato ed escludere le rivali più competitive.
Così il licenziatario mantiene una posizione di monopolio anche dopo che il brevetto abbia
esaurito la sua durata legale, senza incorrere in costosi investimenti in capacità produttiva.
Al contrario Yi, considerando un mercato formato da un’impresa e due potenziali entranti che
potrebbero accedervi attraverso una tecnologia inferiore, arriva a risultati differenti. Dimostra,
cioè, che per l’impresa insediata è ottimale un accordo di licenza ex post e stipula un contratto
con l’impresa più forte. La considerazione è basata sul fatto che la minaccia di accordi di licenza
con l’impresa più debole riduca gli incentivi ad ulteriori investimenti in R-S e renda più
vantaggiosa la creazione di joint venture tra le due entranti.
6.4.2 Joint venture in ricerca (RJV)
Si definisce joint venture in ricerca la creazione di un nuovo soggetto economico controllato
congiuntamente da due imprese, il cui obiettivo è svolgere attività d ricerca.
I vantaggi delle RJC sono legati all’efficienza del processo innovativo, grazie:
- allo sfruttamento di economie di scala,
- sinergie tra partner,
- eliminazione della duplicazione degli sforzi,
- maggiore diffusione dei risultati innovativi,
- possibilità di incentivare gli investimenti in R-S.
Gli svantaggi connessi alle RJV riguardano:
- la cooperazione nella ricerca
- la disciplina antitrust.
Vi è il rischio che l’attività di ricerca cooperativa degeneri in forme dii collusione sul mercato e
si verifichino problemi di inefficienza dinamica, per cui una joint venture rappresenti solo un
meccanismo di collusione volto a rallentare il processo di innovazione tecnologica. Il controllo
congiunto di un brevetto comporta il rischio che anche la concorrenza sul mercato della ricerca
venga ridotta e che il processo di innovazione sia rallentato.
Katz, Orvdover analizzano gli effetti della cooperazione ex ante sia sulla dinamica degli
investimenti in R-S, sia sul processo di diffusione dei risultati in presenza di spillover. Gli autori
distinguono tra l’investimento in R-S della singola impresa e il vettore degli sforzi innovativi
dell’intera industria; per ciò che concerne le esternalità create dall’attività cooperativa,
distinguono tra gli spillover di mercato e quelli tecnologici. Nel caso le imprese della joint
venture decidano la loro attività di ricerca autonomamente, non esistono spillover tecnologici e
le decisioni cooperative riducono/aumentano gli incentivi in R-S se i prodotti sono
sostituti/complementi, poiché l’esistenza esclusiva i un’esternalità di mercato implica che ogni
impresa ignori gli effetti della propria attività di R-S sui profitti dei concorrenti, mentre le
decisioni cooperative di R-S internalizzano l’esternalità. Quando gli innovatori sono
concorrenti gli spillover sono negativi e la cooperazione induce le imprese a sottoinvestire in R-
S. Se invece i membri della joint venture scelgono cooperativamente i livelli di investimento in
ricerca che massimizzi il profitto, la creazione di una RJV tra i produttori di beni complementari
determina una riduzione degli investimenti in R-S più contenuta rispetto ai beni sostituti. Infine
quando l’accordo cooperativo non riguarda solo il livello congiunto di investimenti in R-S, ma
anche la fase di sviluppo dell’innovazione e la diffusione del risultato conseguito, la R-S è
soggetta a un processo di diffusione maggiore rispetto alla stessa attività condotta dalla singola
impresaàla creazione di una RJV migliora l’efficacia della R-S e contribuisce a eliminare
duplicazioni di sforzi.
D’Aspremont, Jacquemin dimostrano che in equilibrio gli investimenti in R-S si avvicinano a
una soluzione di first best. Si consideri un gioco a due stadi: nel primo le imprese svolgono
un’attività di ricerca per ottenere un’innovazione di processo, nel secondo, invece, concorrono
in quantità sul mercato dei prodotti finali. L’analisi viene condotta su prodotti omogenei, con
una funzione di domanda lineare e i costi di R-S quadratici. Viene confrontata l’attività di ricerca
concorrenziale con quella cooperativa per tentare di ridurre i costi di produzione. Nel primo
caso le imprese agiscono in modo non cooperativo sia nello stadio di ricerca che in quello di
produzione; nel secondo viene introdotta la cooperazione nella R-S, mentre le due imprese
concorrono nel mercato dell’output. Nel terzo entrambe cooperano in tutti e due i campi.
L’equilibrio di Nash-Cournot dei primi due giochi a confronto ci dice che in presenza di spillover
elevati, la cooperazione permette di internalizzare le esternalità della ricercaàil livello di
investimenti in R-S cresce con la cooperazione e la produzione risulta più elevata rispetto al
caso non-cooperativo.
Con la cooperazione anche nel mercato del prodotto, l’ammontare degli investimenti in R-S è
più alto rispetto alla semplice cooperazione in uno solo dei due ambiti. La minor cooperazione
sul mercato infatti permette alle imprese di appropriarsi del surplus creato dalla ricerca,
stimolando maggiori investimenti in R-S. Tuttavia la quantità prodotta nel caso dell’equilibrio
cooperativo è inferiore rispetto alla soluzione precedente.
In termini di benessere sociale, la massimizzazione del surplus del consumatore e dei profitti
richiede un livello maggiore di investimenti in R-S e un maggiore livello di output. Il modello
quindi afferma che l’aumentare della cooperazione porta beneficio alle industrie con un
numero limitato di imprese e caratterizzate da spillover nell’attività di ricerca.
Tale conclusione è stata ripresa più volte:
Choi afferma che l’innovazione è un evento incerto e prende in considerazione due imprese in
cui la probabilità di avere successo aumenta all’aumentare degli investimenti in R-S. Lo spillover
interviene nella facilità con cui l’impresa imita l’innovazione della concorrente, influenzando
l’appropriabilità.
Kamien, Muller e Zang sottolineano che non è realistico mantenere invariato il livello dello
spillover e distinguono tre casi nello stadio di ricerca:
- Nel primo le imprese svolgono l’attività di ricerca in modo coordinato
- Nel secondo si dividono i risultati, cioè le conoscenze che derivano dall’attività di ricerca
- Nel terzo si verificano entrambe le circostanze
Il modello prevede un gioco non cooperativo a due stadi: nel primo le imprese investono in R-
S per diminuire i costi unitari di produzione e nel secondo concorrono nel mercato del prodotto.
L’analisi degli equilibri perfetti nei sottogiochi illustra che, per spillover elevati, la riduzione dei
costi di produzione è maggiore nel caso di R-S cooperativa rispetto alla R-S non cooperativa.
Tale risultato si basa su due esternalità: ciascuna impresa realizza che il proprio investimento
in R-S si trasformerà in una riduzione dei costi di produzione dei concorrenti tramite gli
spillover e per questo gli incentivi a investire in R-S diminuiscono; inoltre gli investimenti in
ricerca di ciascuna impresa influenzano i profitti dei concorrenti.
Qualora le imprese cooperino, nel primo stadio la cooperazione si caratterizza per una
diminuzione dei costi di produzione e un aumento dei profitti, mentre nel secondo è presente
un livello dei prezzi di equilibrio più bassoàsia i produttori che i consumatori beneficiano della
collaborazione. Inoltre si verificano anche dei benefici a livello sociale.
Il modello di D’Aspremont, può essere modificato come hanno fatto Leahy e Nearby, che
considerano curve di domanda non lineari, concorrenza di quantità e di prezzo e la presenza di
imprese maggiore di due. L’obiettivo del lavoro è isolare da un lato gli effetti del
comportamento strategico delle imprese e la cooperazione in presenza di spillover. Quando le
imprese non si comportano strategicamente, la cooperazione in ricerca, in presenza di spillover,
comporta un livello maggiore di output e di R-S. Al contrario, se le imprese agiscono
strategicamente l’output e l’investimento in ricerca sono inferiori. Dal punto di vista del
benessere sociale, la cooperazione in assenza di condotta strategica permette il raggiungimento
di una soluzione di first best; in caso contrario è necessario un sussidio alla R-S per ottenere lo
stesso risultato.
7 INNOVAZIONE E DIFFUSIONE
7.1 Introduzione
Quando una nuova idea è migliore di quella precedente, questa si diffonde attraverso un
processo di “apprendimento tramite osservazione” e si tratta di un processo molto lungo.
Il termine diffusione è il processo tramite il quale il singolo o un’impresa adottano in una nuova
società o in un’economia una nuova tecnologia o ne rimpiazzano una già esistente. La diffusione
non è solo il modo con cui le innovazioni si spargono, ma è una parte integrante del processo
stesso, poiché apprendimento, imitazione e gli effetti del feedback migliorano l’innovazione
originale. Comprendere il processo di innovazione significa capire in che modo le attività
innovative producano miglioramenti economici reali che sono l’obiettivo dell’attività
economica stessa.
Rosenberg sottolinea tre aspetti della diffusione:
- Velocità e variazioni
- Confronto dei tassi di accettazione delle tecnologie con le caratteristiche delle tecnologie
e con i loro potenziali adottatori per stimare il tasso di adozione finale
- Interazione col processo innovativo
Rosenberg sottolinea che la diffusione delle innovazioni è