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TOBIOLO E L’ANGELO

Dipinto senza pretese della bottega di Verrocchio che ripete il gruppo centrale di un dipinto del Botticini agli Uffizi.

Fu un soggetto frequente a Firenze di metà ‘400 ma, fatto curioso, raro nel Medioevo.

La storia racconta di Tobiolo che fu inviato dal padre cieco per riscuotere dei crediti e fu assistito per la strada dall’arcangelo

Raffaele. Per questo motivo molti interpretarono questi dipinti come ex voto dei mercanti fiorentini che spesso dovevano inviare

i figli in missioni analoghe, una teoria che però non ha alcuna base documentaria. Gombrich riporta l’attenzione sul fatto che

la storia di Tobiolo è soprattutto l’epopea dell’arcangelo Raffaele che solo solo in questo libro rivela il suo nome che significa

“Dio ha guarito”: è l’angelo-medico che rivela a Tobia le miracolose proprietà delle viscere di pesce e guarisce suo padre. Un

dipinto fiorentino del ‘400 reca infatti la scritta “Raffaele salutifero, sii con me come sei stato con Tobiolo, per la via”.

Il dipinto è stato frainteso anche da quanti vi videro un’illustrazione del racconto biblico individuandovi per questo elementi di

ingenuo realismo o infedeltà al testo. Particolari presi dal vero ci sono (il cane, il pesce, Tobiolo, ecc), ma questo desiderio di

concretezza visiva non implica che il pittore abbia voluto focalizzare un preciso momento della storia. Viceversa non è per

indifferenza al testo se alcuni elementi sono stati trattati con disinvoltura, come nel caso del pesce, che nel racconto è gigantesco

e viene fatto a pezzi e mangiato lungo il viaggio. Il pittore si allontana dal testo perché senza l’attributo del pesce non

riconosceremmo il ragazzo come Tobiolo; analogamente Raffaele si presenta al ragazzo sotto le mentite spoglie di Azaria, ma il

pittore lo raffigura comunque come un angelo per permetterci di riconoscerlo.

Queste licenze rispetto al testo fanno capire che il dipinto non è l’illustrazione della storia di Tobiolo, ma una raffigurazione di

Raffaele che è accompagnato da Tobiolo perché altrimenti, senza questo attributo, non lo riconosceremmo.

Come altrimenti spiegare certe tavola in cui compaiono i tre arcangeli, ognuno col suo emblema? Sono state talvolta descritte

come Tobiolo accompagnato da Raffaele, Gabriele e Michele, episodio che non ha riscontri nella Bibbia: questi dipinti non

sono rappresentazioni di un evento, ma raffigurazione dei tre arcangeli coi rispettivi attributi (quello di Raffaele è Tobiolo).

Lo studio dei significati non può andare disgiunto da una valutazione delle forme. Quanti intesero il quadro come

un’illustrazione della scena biblica hanno provato ripulsa per la posa preziosa di Raffaele: un’obiezione legittima se il pittore

avesse rappresentare Azaria che passava in un atteggiamento così affettato. Ma colto il contesto del quadro lo leggiamo in

modo diverso: si voleva mostrare Raffaele a figura intera, quasi ieratico, per essere adorato dai fedeli.

Tobiolo apparteneva a un ordine diverso; la sua parte era solo camminare e nella sua figura il nuovo realismo poteva dispiegarsi

liberamente. Il problema era combinare insieme i due registri: il nostro maestro ha risolto facendo ruotare su se stesso Raffaele.

Questo quadro è quindi un compromesso tra due contrastanti concetti della pittura, quello simbolico e quello rappresentativo.

Ci sono altri interrogativi dietro al dipinto. Perché questo tema ha raggiunto improvvisa notorietà nella Firenze di metà ‘400?

Forse non si saprà mai per certo, ma una buona strada può essere indagare la fondata nel 1409 per dare

Compagnia di Raffaele,

istruzione religiosa e seppellire i morti; era posta sotto la protezione di Tobiolo, noto per la sua carità verso i morti.

Queste confraternite assunsero presto rilevanza politica, tanto che nel 1425 Cosimo de’ Medici volle inferire un colpo alla più

potente, quella della Misericordia costringendola a fondersi con quella rivale del Bigallo e a privarsi così della sua identità. La

Misericordia rimase soppressa fino al 1475, quando la scoperta di un morto insepolto fece tanto scalpore che si decise di

ricostituirla. Fu tra queste due date che la maggior parte di quadri di Tobiolo sono stati dipinti: forse la Compagnia di Raffaele

cominciò a raccogliere i fuoriusciti divenendo una sorta di Compagnia della Misericordia clandestina? Certo è che nel 1427 i

suoi membri furono talmente cresciuti e il suo potere aumentato che Cosimo tentò di dividerla.

MITOLOGIE BOTTICELLIANE

Studio sul simbolismo neoplatonico nella cerchia di Botticelli

Un poscritto a mo’ di introduzione

L’intenzione del saggio è dimostrare che si può arrivare a una lettura unitaria dei dipinti mitologici di Botticelli alla luce di

interpretazioni neoplatoniche; quella che si propone è un’ipotesi, non una dimostrazione. Due studiosi l’accettarono: Hartt e

Chastel. Panofsky oppose riserve a molti particolari, ma accolse l’interpretazione neoplatonica. I contrari superano i favorevoli,

ma si è scelto comunque di includere il saggio per via della sua validità metodologica.

Un’analisi iconologica non deve limitarsi alla ricerca di fonti letterarie, ma deve cercare di ricostruire anche al contesto cultura-

filosofico in cui le opere si situano. È certo che esistono tanti riferimenti nella letteratura antica e rinascimentale a Venere e al

suo giardino, ma questi paralleli non bastano da soli a spiegare questi dipinti.

Genere. Come affermava Hirsch, il lavoro deve partire da un’ipotesi sul genere cui l’opera appartiene. Ma all’epoca in cui

furono dipinte le mitologie di Botticelli non rientravano in una categoria definita. Temi mitologici erano presenti nell’arte

profana (cassoni nuziali, cofanetti, arazzi), ma Botticelli per primo realizzò dipinti monumentali come era uso nell’arte sacra;

quello che sarà un fatto corrente nel ‘500 era una novità nel 1480 e molti studiosi hanno fatto l’errore anacronistico di

interpretarli alla luce di ciò che la pittura mitologica è diventata in seguito. Per questo Gombrich ha riletto le mitologie

botticelliane alla luce dell’idea neoplatonica del mito come espressione dell’antica sapienza (funzione a cui sembra giustificare

l’impiego di un formato monumentale solitamente riservato a dipinti sacri, espressione di concetti di elevata spiritualità).

Quest’interpretazione sollevano un problema di metodo: il fatto che si possa interpretare simbolicamente un mito non

garantisce che esso sia stato pensato per essere interpretato così; per questa ragione questo studio ha un carattere ipotetico.

La provengono dalla villa di Castello [

Primavera e Nascita di Venere è qui che li vide Vasari, quando ormai la villa apparteneva al duca

] di Lorenzo di Pierfrancesco, cugino del Magnifico, che l’acquistò nel 1478, a 15 anni. Allo stesso anno si data, per

Cosimo I

ragioni stilistiche, la Primavera.

Dello 1478 è anche una lettera di Ficino al giovane con un’esortazione morale in forma di oroscopo allegorico che culmina con

l’invito a fissare gli occhi su Venere, simbolo dell’humanitas (una virtù che forse mancava al giovane, che pare avesse un carattere

poco docile); vi era allegato un biglietto rivolto precettori del giovane affinché gli facessero imparare a memoria la lettera. Non

si pretende che il dipinto di Botticelli sia un’illustrazione della lettera, ma s’ipotizza che sia stato pensato per un fine analogo.

Secondo la concezione neoplatonica, musica e pittura hanno durevoli effetti psicologici; per questo Ficino riteneva (come già

Cicerone) che sia più facile persuadere i giovani attraverso dimostrazioni visive, più che con argomentazioni astratte.

L’idea che Venere per Ficino e Lorenzo illustrasse l’humanitas chiarisce anche un fatto altrimenti ambiguo: il dipinto non ha cioè

un tono sensuale, inappropriato per il destinatario adolescente, ma un fine educativo.

L’ipotesi di Gombrich che la fonte principale sia la descrizione di Venere e del suo seguito nell’Asino d’oro di Apuleio, è stata

respinta da molti (tra cui Panofsky), ma questo non intacca l’ipotesi complessiva dello studio.

È una figura po’ sfocata. Finì nell’ombra quando Cosimo

Lorenzo di Pierfrancesco (LdP), detto Lorenzo il Popolano.

diventò criptosignore di Firenze; i suoi rapporti col Magnifico non furono sempre ottimi. [ Orfano a 13 anni, passa sotto la tutela del

cugino Lorenzo il Magnifico, 14 anni più grande, che gli fornisce un'educazione colta. Suo mentore fu Ficino. Si applicò alla poesia e fu

importante mecenate. A 20 anni assistette come ambasciatore all'incoronazione di Carlo VIII (i contatti tra i due non si interruppero, e c'è il

sospetto che corressero intrighi già da prima della discesa di Carlo in Italia, quando diede aperto appoggio LDP per la conquista di Firenze). I

rapporti tra i due cugini si deteriorano a partire dal 1478 per questioni economiche legate a vicende ereditarie. Dopo la morte del Magnifico

la quiete, forse fittizia, si incrina del tutto e LdP passa ufficialmente tra gli avversari di Piero il Fatuo. Esiliato dalla città nel 1494, vi fece

]

ritorno grazie all'appoggio di Carlo VIII durante la sua discesa nella penisola.

I suoi rapporti con Botticelli sono chiariti da molti documenti. Tre dei dipinti mitologici del pittore si ritengono di sua

committenza per via del luogo di provenienza: Primavera, Nascita di Venere, Pallade e il Centauro.

In realtà Gombrich mette in guardia dal leggere questi dipinti come illustrazione di complesse allegorie filosofiche (a questo è

dedicato il paragrafo sulle tre Grazie). A suo vedere questi quadri non sono paragonabili alle complesse illustrazioni filosofiche

dei dipinti di Leonardo, ma sono da vedere come evocazioni sensibili degli dèi. È stato l’atteggiamento neoplatonico verso il

mito antico ad aprire all’arte profana territori che erano stati appannaggio esclusivo dell’arte religiosa.

Introduzione

Questo studio parte dall’ipotesi largamente condivisa (che può essere rovesciato da una scoperta fortunata) che le mitologie

botticelliane non siano illustrazioni dirette di passi letterari, ma che si fondino su “programmi” elaborati ad hoc da un

umanista. Programmi del genere esistevano nel ‘400 (es le istruzioni di Paride da Ceserara al Perugino per il quadro dello

studiolo di Isabella d’Este). Ritrovare i programmi per dipinti del Botticelli è improbabile, e la loro ricostruzione avrà sempre

un tono ipotetico. La Primavera

Interpretazioni precedenti.

I fondigli delle varie interpretazioni hanno finito per coprire il dipinto come una vernice colorata; tre sono i punti principali:

1) La suggestione del nome dato da Vasari “Venere Questo ha indotto gli studiosi

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Publisher
A.A. 2016-2017
18 pagine
8 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/02 Storia dell'arte moderna

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher crptch di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Iconografia e iconologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Cavicchioli Sonia.