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Estratto del documento

Polo fu sprezzante verso la popolazione di colore delle isole Andamane che viva in uno stato di assoluta barbare; dice che hanno teste, occhi e denti

simili a quelli dei cani. Probabilmente la sua volontà era di descriverli fedelmente, ma non pare da escludersi un’influenza dei cinocefali visti a

Venezia, esseri diffusi dai tempi di Ctesia. L’artista completò raffigurando ciò che ogni lettore si aspettava di vedere (120); mostrando in

atteggiamenti mansueti questo popolo di cannibali fece un’ulteriore concessione alle abitudini immaginative occidentali.

Il rapporto tra testo e illustrazione non è sempre così evidente. Polo racconta che in una zona vi sono montagne con vene di un materiale

ignifugo di cui «si fa la salamandra»; la salamandra cui allude non è l’animale, ma un minerale e specifica che la leggenda che la salamandra-rettile

sia capace di vivere in mezzo al fuoco è una sciocchezza. L’illustrazione è sorprendente: mostra un vecchio su un rogo che si conserva intatto.

Non indossa un indumento tessuto di salamandra; il riferimento è al pensiero allegorico cristiano per cui la salamandra incarna il giusto che il

fuoco della lussuria non intacca (Isaia scrive del giusto: «passassi pure in mezzo al fuoco, non ti ustionerai»). Forse aveva anche agito il ricordo di

testi illustrati delle Storie di Alessandro dove, in un contesto diverso, appare un uomo legato a un palo con un contorno di fiamme ardenti (122).

La relazione tra testo e illustrazione più rivelatrice si ha nella descrizione degli abitanti della Siberia che dice solo che è una razza molto selvaggia.

Il miniatore mostra tre campioni di questo popolo: un uomo senza testa col volto sul petto, un uomo col piede gigante con cui si fa ombra, un

gigante monocolo con mazza e scudo (123). Non fa che riprodurre quelle fantastiche stirpi d’Oriente familiari ad ogni lettore. Polo si limitò alla

qualifica generica di selvaggi, l’artista trovò questo parziale e completò in modo da sistematizzare l’informazione; del resto questa illustrazione

doveva necessariamente apparire prima o poi. A differenza di Polo, Mandeville elenca tutte le fantastiche razze d’Oriente.

Gli esempi fatti hanno rivelato in Marco una razionalità esemplare, ma non significa che nella sua opera non ci siano dettagli fantasiosi. Incontrò

degli uomini con una coda come di cane ma senza pelo che conducevano una vita ferina sulle montagne. Non è detto che stia descrivendo le

scimmie antropomorfe, altrove infatti distingue nettamente l’animale dall’uomo: è il primo a farlo nella storia occidentale, dimostrando anche in

questo un’autonomia rispetto al pensiero medievale che le intendeva come sottospecie umane (tuttavia per i 250 anni successivi questa

distinzione si perse di nuovo). I selvaggi caudati ricorrevano nella letteratura classica e medievale, ma nel Milione la descrizione di queste razze si

origina da fonti pittoriche (bestiari o documenti che Polo vide) piuttosto che letterarie.

Si è visto che Polo attiva di volta in volta moduli figurativi depositati nella sua memoria; con le sue doti di obiettività confronta poi l’esperienza

diretta con l’immagine tradizionale, col risultato che quest’ultima viene di frequente respinta; talvolta però l’immagine tradizionale riesce a

influenzare, se non a sommergere, le sue impressioni immediate.

L’atteggiamento del miniatore fu del tutto diverso. Nessun artista medievale mirava a un’illustrazione del testo in senso descrittivo, ma cercava

attraverso i modelli di riassumere in una singola immagine un complesso di dati e concetti; in questo faceva leva sul fatto che tali modelli di rado

subivano modifiche. Es degli elefanti con la torre su dorso costituiva la formula (il “sigillo”) iconografica per rappresentare una qualsiasi battaglia

in Oriente a partire da quel modello che fu la battaglia di Alessandro contro Poro. Nel tardo ‘300 questo evento è illustrato con tre elefanti a

suggerire la presenza latente di molti animali. Il miniatore di Polo per dipingere le battaglie del Gran Khan uso la medesima formula, senza

chiedersi se il testo accennasse o meno alla presenza di Elefanti (127).

Le nozioni riferite al concetto di Oriente dai medievali provenivano da una tradizione complessa, anteriore anche ad Alessandro e iniziatasi con

Ctesia. L’Oriente è la terra delle meraviglie per antonomasia, e nonostante le rettifiche questa tradizione si conservò salda per modificarsi

soltanto oggi, con lo sviluppo moderno dell’Asia.

Come poteva un uomo del XIII sec evitare la tradizione fantastica sull’Oriente confortata dall’autorità classica, rispettata dai più noti uomini di

cultura e dalla Chiesa, sostenuta da una massa di materiale figurativo di impressionante coerenza?

Fu proprio in questo momento (XIII sec) che il bagaglio delle meraviglie d’Oriente raggiunse il grosso pubblico grazie alle Storie di Alessandro

[ ] finalmente tradotte in volgare (la prima traduzione è quella di Leone di

raccolta leggende raccolte in Egitto nel sec dopo la morte di Alessandro

Napoli, X sec, detta Historia proeliis): nessuno dubitava dell’autenticità delle informazioni che vi venivano date. Due fatti sono importanti: a) che

dopo la prima trad, le versioni in volgare appaiono tardi (in italiano XIV sec); b) le versioni miniate sono appaiono a metà XIII sec.

Polo non conobbe quindi né una versione italiana né una versione illustrata; in realtà fa un riferimento al Livre d’Alexandre, ma si tratta al massimo

della versione poetica francese (nella prima parte del Milione è possibile trovare dei riferimento alle vicende di Alessandro, tuttavia parecchi

degli avvenimenti più straordinari che questo riferisce sono tralasciati); è probabile che non conoscesse neanche l’apocrifa Espistola Alexandri ad

Aristotelem inclusa nelle versioni del Romanzo: è proprio questa lettera che registra il catalogo più completo di meraviglie indiane.

Nel XIV sec l’Occidente conobbe una grande diffusione delle Storie di Alessandro; grazie a questi manoscritti molte persone entrarono per la

prima volta in contatto con le meraviglie. Nonostante le illustrazioni dovettero essere create ex novo per attenersi al testo, gli artisti sfruttarono i

modelli canonici per le meraviglie d’Oriente più tradizionali. Es nell’incontro fra Alessandro e gli acefali, il codice di Lipsia (1300) si è attenuto al

modulo usualmente adibito per questo episodio (uomini senza testa col volto sul petto, 130); nella parte alta del foglio è illustrato Alessandro

che combatte contro i giganti ciclopi irsuti, ma questi però sono stati liberamente trasformati dal miniatore in sciapodi.

A differenza di Polo, il miniatore quattrocentesco del cod. 2810 conosceva le Storie di Alessandro miniate e ne mutuò formule pittoriche.

Un caso getta nuova luce sui rapporti che Marco ebbe coi materiali delle Storie. In Persia descrive «l’Albero Solo, lo quale gli cristiano lo chiamano

l’Albero Secco»; in un altro brano lo identifica con l’albero del sole, ed è qui che fa riferimento al Livre d’Alexandre. Le Storie non alludono a questa

identificazione; nel trattare come sinonimi gli alberi solo, secco e del sole Polo combina tradizioni così diverse che sarebbe necessario uno studio

specifico per ben chiarirlo. Nelle Storie d’Alessandro l’albero del sole e l’albero secco sono ben distinti: Alessandro, dopo aver trovato l’albero secco

con la Fenice, giunge presso gli alberi parlanti del sole e della luna che gli pronosticarono la morte precoce a Babilonia (In alcuni codici i due

episodi con l’albero secco e con l’albero del sole e della luna sono riuniti in un’unica illustrazione, in altri sono separati (131-32)). Le equazioni

poliane erano difficili da rendere visivamente, pertanto questi brani non furono illustrati.

Per quanto il cod. 2810 non contenga un testo delle Storie il tenore delle miniature è affine: il pubblico tardo-medievale era convinto che le Storie

e Il Milione dovessero partecipare di una categoria letteraria omologa.

Numerosi manoscritti di Polo fanno parte di miscellanee sull’Oriente. Cod 2810: Polo; frate Odorico (1316-30); pellegrinaggio di Guglielmo

di Boldensele in Egitto e Palestina (1336); lettere del Gran Kahn a papa Benedetto XII (1338); relazione sugli stati del Gran Kahn di Giovanni

di Cor; i viaggi fantastici di Mandeville; Historia orientalis dell’armeno Hayton, descrizione del viaggio in oriente del fiorentino Ricoldo di

Montecroce. È una mescolanza che va da attendibili materiali storici a perfetti prodotti di fantasia.

L’inclusione del Milione in queste miscellanee illuminano sullo spirito con cui fu presentato al pubblico medievale: le illustrazioni del cod. 2810

uniformano testi che, secondo i moderni criteri di giudizio, si collocano su livelli letterari differenti; ciò prova che i medievali li ponevano su un

medesimo registro di realtà.

Il minatore sfumò il disagio del lettore di Polo ricorrendo alla garanzia della tradizione.

V. Una meraviglia dell’Oriente in una incisione olandese: il Roc

Le grandi scoperte geografiche permisero, oltre che lo sviluppo della cartografia, un perfezionamento della resa figurativa delle abitudini di vita

dei popoli lontani. L’origine di questo atteggiamento è in Giovanni Bellini, che raffigurò alcuni orientali in modo attendibile.

Ma rispetto all’Oriente, le immagini del Nuovo Mondo non ebbero, prima del XVII sec, un giusto rigore scientifico; lo dimostra il gruppo di

incisioni che il pittore olandese italianizzato Giovanni Stradano dedicò agli scopritori dell’America.

Magellano. Sole-Apollo affianca il vascello, l’epigrafe spiega che è perché Magellano per primo emulò il sole circumnavigando il globo. Eolo soffia

a favore; una sirena e un pesce evocano i mari lontani; alcuni selvaggi nudi forniscono le informazioni etnografiche. Ma Stradano volle anche

alludere al drammatico racconto di Pigafetta sul passaggio tra Oriente e Occidente nello Stretto di Magellano: i fuochi a sx rimandano alla Terra

dei Fuochi, il gigante a dx in atto di cacciarsi un dardo in gola è un indigeno di Patagonia [regione geografica della punta sud dell’America che

comprende la Terra dei Fuochi] (Pigafetta racconta che qui si trovava una razza di giganti che se indisposti si cacciavano un’asta in gola).

La parte più fantastica è nell’angolo in alto a sx: un uccello gigantesco trasporta in cielo un elefante; è lo straordinario Roc che secondo Pigafetta

viveva nel Mar della Cina.

È possibile ricostruire con sicurezza le migrazioni e trasformazioni di Roc.

L’origine è in un’antico mito cosmologico orientale: lo scontro tra l’uccello solare Garuda e il serpente ctonio Naga, noti alla mitologia indiana. Il

termine indiano Naga indica sia il serpente che l’elefante; il Garuda con il naga-elefante a

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Publisher
A.A. 2016-2017
17 pagine
10 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/02 Storia dell'arte moderna

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher crptch di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Iconografia e iconologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Cavicchioli Sonia.