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Pereat quisquis amare vetat
Traduzione: "Viva chi ama, muoia chi non sa amare, muoia due volte chi vieta l'amore".
Notiamo alcune differenze tra la versione effettivamente scritta e quella in latino corretto:
- Caduta delle consonanti finali diverse da /s/, che più di tutte ha resistito nella Romania, e soprattutto delle /t/, indice di una semplificazione della lingua, infatti: AMAT è più difficile da pronunciare di AMA.
- Passaggio della /e/ atona prevocalica ad /i/, o meglio in /j/, infatti VALEAT diviene VALIA e PEREAT diventa PERIA. Per fare un esempio più vicino a oggi: spesso la parola è pronunciata quasi come "vidio".
- NESCIT è stato ricostruito come NO[N] SCIT, che nell'iscrizione perde anche la seconda /n/ diventando NOSCI. È come, in italiano, la differenza tra le espressioni "non so" e "non soes", la seconda è più semplice e informale della prima, ugualmente si trovano più facilmente.
Ricostruzioni di NESCIT in NOSCI
VOTAT è una forma arcaica del verbo VETAT, la forma VOTARE (già attestata in latino arcaico) è stata usata invece di VETARE. Le due hanno lo stesso significato, ma VOTARE nell'iscrizione di Pompei è una emergenza del latino arcaico che evidentemente non si era persa nel latino parlato. Diacronicamente VETAT è una trasformazione già avvenuta, ma evidentemente è ancora persistente la forma VOTAT, propria del parlato.
Testi dei grammatici
Costituiscono una fonte importantissima in quanto i grammatici hanno il compito di ricostruire una lingua e instituirne uno standard, oltre a descrivere cosa è corretto dire e cosa no. L'Appendix Probi
Tra le fonti di questa categoria figura capitale è, letteralmente l'Appendice di Probo. L'Appendice si trova trascritta alla fine di un'opera latina intitolata di Valerio Probo, la cui vera paternità è
ancora discussa. Il manoscritto proviene dall'area piacentina, precisamente dall'abbazia di Bobbio, ma oggi conservato nella Biblioteca Nazionale di Napoli. La segnatura di un manoscritto è il codice identificativo che permette di trovarlo ed è costituita da luogo, biblioteca, fondo e numero (in alcuni casi si possono aggiungere vecchie segnature). In questo caso, la segnatura è: Napoli, Biblioteca Nazionale, Lat. 1, ex. Vindobonensis 17.' Appendix Probi Il manoscritto dell non è stato scritto dall'autore, probabilmente maestro romano, ma da un copista tra la fine del VII e l'inizio dell'VIII secolo, anche se il testo originario doveva risalire al V secolo. Si tratta, perciò, di una copia di due secoli prima. Trattandosi di una copia, sappiamo per certo che devono esserci stati una serie di errori che fanno sì che sia rimasta traccia della lingua del copista, certamente più moderna di quella che stava copiando.Perché inconsciamente si cerca di avvicinare lalingua che si sta copiando alla propria. L'atto della copiatura può essere semplificato in quattro punti:
- Lettura
- Memorizzazione
- Dettatura interna
- Trascrizione
In uno di questi, o più di uno, possono accadere una serie di errori.
L'Appendice è una copia di 220 coppie di parole (in realtà 227 ma cinque sono ripetizioni e due sono alterate), nello schema "A e non B", cioè: si dice A e non si dice B. All'inizio si pensava che fosse trascritta la versione in latino classico contro quello in latino volgare, ma in realtà questa lista tramanda una serie di errori che si sono via via andando diffondendo e sono stati pian piano stigmatizzati dai grammatici. La tradizione grammaticale aveva messo insieme una serie di errori che si sono via via distribuiti diacronicamente, oggi datati almeno fino al V secolo.
Nella maggior parte dei casi le forme giudicate
non corrette sono quelle da cui si sono poi sviluppate le lingue romanze. È detto antigrafo il modello da cui avviene la copia, detta apografo. Dalla nostra prospettiva diacronica siamo interessati a come il latino volgare ha dato l'Appendix Probi origine alle lingue romanze e secondo questa visione è importantissimo perché alcune forme della colonna B ci permettono di osservare delle tipologie di trasformazione che effettivamente si sono verificate. Tra i vari fenomeni che ci permette di mettere in luce osserviamo: - La sincope di vocali postoniche (sincope): difetto di pronuncia largamente circolante in latino, attestato già dal I secolo d.C. nel latino arcaico. In latino la velare sorda seguita dalla laterale -cl- diventa in italiano il suono -ch-, velare+iod. La sincope è un fenomeno di lungo periodo, attestato in varie fasi del latino, anche a Pompei. A differenza di tutte le altre forme, nella parola VETULUS è presente un cambiamento dicon la /v/. Questo fenomeno è attestato anche in altre lingue romanze come lo spagnolo e il portoghese. Il betacismo può essere considerato un fenomeno popolare, in quanto è più diffuso tra le persone comuni, mentre la forma corretta, con la distinzione tra /b/ e /v/, è considerata più colta. Un esempio di parola italiana che mostra il fenomeno del betacismo è "vino", che deriva dal latino "vinum". In latino, la parola era pronunciata con la /w/ e quindi si sarebbe dovuta evolvere in "bino" in italiano. Tuttavia, a causa del betacismo, la /b/ è stata sostituita dalla /v/ e la parola è diventata "vino". Il fenomeno del betacismo è ancora presente nella lingua italiana contemporanea, anche se in misura minore rispetto al passato. Ad esempio, si può notare nella pronuncia di parole come "bello" che viene spesso pronunciato come "vello". In conclusione, il fenomeno del betacismo è un esempio di mutazione consonantica che ha avuto luogo nella lingua italiana nel corso dei secoli.con la /v/ o viceversa, e non per forza in posizione iniziale. Il betacismo è un fenomeno diatopicamente marcato: presente a Roma, in Sardegna e in Italia meridionale, anche in Spagna, ma assente nell'Italia settentrionale e nell'area galloromanza. Abbiamo la testimonianza di un grammatico della zona galloromanza che venendo a Roma ha notato una certa sorpresa all'uso di BOBIS per VOBIS. Alterazione della vocale tonica: Chiusura delle vocali postoniche in iato, già osservato nell'iscrizione pompeiana (VALEAT/VALIA, PAREAT/PARIA). La /e/ in iato diventa in /i/, innalzandosi. gabbia cavea La parola CAVEAM dà sia la parola che. Perdita della /m/ finale, attestata già in Età Repubblicana. La sinalefe è la testimonianza di un processo del parlato che tende sempre di più verso una semplificazione della lingua. Riduzione del nesso -ns- a semplice -s- L'ipercorrettismo è il fenomeno di correzione applicato.A una forma già corretta, secondo l'errata convinzione che si tratti di un errore linguistico. Quindi l'ipercorrezione, nata con l'intenzione di avvicinarsi a registri alti crea una forma corretta. È un fenomeno che ci fa intuire che, nel latino, la correzione -ns- a -s era un errore così diffuso e stigmatizzato da far sì che si svilupparono forme "ipercorrette". Vengono a crearsi forme sbagliate ipercorrette, come:
Questo fenomeno è talmente diffuso da trovarsi anche nelle iscrizioni e perfino sul Pantheon:
Livellamento analogico in -is della desinenza del nominativo singolare di III declinazione modellata sul genitivo. Nella forma CAUTES, nominativo (CAUTES, CAUTIS), è presente un livellamento sul genitivo che cambia l'uscita del nominativo in CAUTIS, CAUTIS. Le parole che grammaticalmente hanno nominativo e genitivo uguali alla terza declinazione sono state corrette col tempo.
Testimonianze di scriventi popolari,
che non dominando il latino classico dominano solo il volgare e consentono, perciò, di osservare qualità del parlato meglio gestito rispetto ai parlanti dotti.- Testi di autori letterari che sono perfettamente in grado di dominare il latino classico ma, per ragioni di tipo letterario, usano espressioni mimetiche che ricalcano il parlato. Un esempio è dato da Petronio nel suo Satyricon.
- Tra le varie forme "asteriscate" che nel corso degli anni hanno "perso" il loro asterisco, una delle più particolari è la parola ansia, che si ritrova in forme simili in spagnolo e portoghese, ma anche nell'antico francese e nel provenzale.
- Nel 1884 Gustav Gröber, in un articolo sull'"Archiv für lateinische Lexikographie und Grammatik" suppose la forma *ANXIAM. Nello stesso anno, Konrad Rossberg, Orestis Tragoedia studiando L'Anxiam di Blossio Emilio Draconzio (V secolo), ritrovò proprio la forma.
ipotizzata da Gröber. Non altrettanto velocemente, si risolse la storia dell'antecedente latino dell'aggettivo ruvido. Nel 1879 un filologo e linguista boemo, Wendelim Förster, sulla rivista "Zeitschrift für romanische Philologie" propose di far derivare la parola italiana rugoso dalla forma *RUGIDUS dal sostantivo RUGA, col significato di . L'ipotesi di Förster incontrò l'ostilità dell'illustre studioso, filologo e medievalista francese Gaston Paris. Vent'anni più tardi, un linguista tedesco, Hugo Schuchardt scoprì un'iscrizione su un recipiente di terracotta, trovato in Bosnia e conservato a Sarajevo, in cui compare la forma RUGIDUS. Il termine allotropo, preso in prestito dalla chimica, indica due o più parole che, pur essendo diverse sul piano formale e semantico, provengono dalla stessa base latina. I casi che seguono la linea continua hanno avuto un percorso senza modifiche, continuo,
uo indica che la parola è di origine colta, derivante dal latino scritto e utilizzata principalmente in contesti accademici o letterari. E lo si può notare dal fatto che le parole sono molto simili alla radice latina. Si parla di trafila dotta. Quelli che seguono la linea tratteggiata, più lontane dalla radice latina, hanno avuto una trafila popolare. Le forme di trafila popolare sono quelle che hanno fatto stabilmente parte dal patrimonio linguistico e non sono mai uscite dalla lingua italiana. La qualifica di popolare non indica che la parola è di basso livello, ma che è giunta all'italiano moderno attraverso un continuo uso del parlato e generazioni di parlanti. Le forme di tradizione dotta sono quelle che arrivano a noi tramite il latino scritto. Dal Medioevo, età che più di tutte ha conservato e permesso che arrivassero fino a noi i testi degli antichi, queste parole sono state assunte dai libri e poi adattate alla grammatica italiana. La qualifica di dotto indica che la parola è di origine colta, derivante dal latino scritto e utilizzata principalmente in contesti accademici o letterari.