Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
PERDITA / CONFLUENZA DI FONEMI
Casi trattati insieme perché l’effetto fonologico è lo stesso
-> si perde un fonema (diminuisce il numero totale dei fonemi dell’inventario fonologico di una certa lingua)
Loss = fenomeno che comporta la perdita di un fonema
(esempio1)
Nel caso delle tendenze universali di perdita dalle occlusive sorde semplici di “p” occlusiva bilabiale sorda
(esempio2) (perdita di fonemi)
Perdita di “s” -> tende a passare ad “h” in greco
Questa “h” del greco in certi dialetti si mantiene, in altri dialetti scompare:
-“h” nello ionico (dialetto psilotico): quando la “h” non è conservata = spirito dolce
-“h” nell’attico: quando la “h” è conservata = spirito aspro
La “h” si perde nella storia del latino per cui:
lo vediamo graficamente segnato nel latino, ma già da una certa epoca in poi del latino non è pronunciato.
Tant’è vero che in italiano abbiamo “h” grafico ma non è mai pronunciato (perdita di fonemi)
Merger = fonema già esistente, ma che ha acquisito anche gli esiti di un altro
confluenza -> due fonemi che diventano uno solo
ĭ ē (latino) -> e (italiano)
k p (indoeuropeo) -> p (umbro)
DEFONOLOGIZZAZIONE (contrario della fonologizzazione)
In una prima fase ho due fonemi in opposizione e tali fonemi in opposizione diventano varianti combinatorie
/A/:/B/ -> [A ]:[B ]
1 1
(esempio)
vocali alte arretrate latine: ŭ breve ed ū lunga: sono due fonemi diversi che danno coppia minima
“fŭgit” = presente / “fūgit”= passato => “egli fugge” “egli fuggì”
Nel latino tardo la quantità vocalica si perde: si perde il suo tratto distintivo
Si perde dunque la quantità vocalica, si defonologizza, per cui in italiano (dove la quantità vocalica non c’è più):
ū e ŭ si alternano secondo tale criterio -> utilizzo la lunga quando vi è una sillaba accentata, aperta, non finale.
ū e ŭ: la lunghezza della vocale è ridondante
sono varianti combinatorie che dipendono dal contesto, non sono più fonemi diversi
-> è avvenuta una defonologizzazione
= le due entità dal punto di vista fonetico esistono ma non sono più un’opposizione funzionale
(ovvero, varianti combinatorie non + in opposizione funzionale
In IPA si segna lunghe e brevi:
in italiano la lunghezza o la brevità delle vocali non è fonologica ma fonetica e si manifesta la lunghezza
quando una vocale è accentata, si trova in sillaba aperta e non finale come in [‘ka:ne] e non in [‘gatto].
RISISTEMAZIONE DEI FONEMI O RIFONOLOGIZZAZIONE
Spesso sono trattati insieme perché in entrambi i casi il numero dei fonemi rimane invariato
ma muta il sistema della loro correlazione.
Rifonologizzazione => si hanno prima due fonemi, dopo il mutamento si hanno ancora due fonemi,
quindi il numero è lo stesso, solo che il tratto per cui si oppongono questi due fonemi è un
tratto diverso da quello per cui si opponevano nella fase precedente
/A/:/B/ -> /A /:/B /
1 1
(esempio)
Le vocali francesi che si segnano graficamente come “a” e “â” erano prima in opposizione per qualità
(“a” anteriore – “a” posteriore) [patte= zampa – anteriore / pâte= pasta – posteriore]
Successivamente l’opposizione diventa di quantità
[patte] -> [păt]
[pâte] -> [pāt]
{secondo l’esempio di Lazzeroni, queste due vocali si distinguono per durata;
mentre in una fase precedente erano soltanto definite come vocale più anteriore e l’altra più posteriore}
Quindi: due vocali sono sempre in opposizione solo per un tratto diverso (prima la quantità poi la durata).
Risistemazione dei fonemi => gli effetti sono più notevoli nel sistema fonologico
perché comporta di solito il mutamento di intere serie di fonemi all’interno di correlazioni
DISCORSO SUI MUTAMENTI A CATENA DI MARTINET
Martinet è stato il primo (uno dei primi) a considerare i sistemi fonologici nel loro mutare
Saussure sosteneva che il sistema si vede solo in sincronia perché
bisognava valutare tutti i rapporti di sistema in un momento dato;
Jakobson nella Proposizione 22 inserisce il criterio che si possono analizzare i sistemi anche nel loro mutare (diacronia)
Nell’”Economia dei mutamenti fonetici” Martinet introduce il concetto di mutamento a catena di trazione o di propulsione
Shift -> nel caso dei mutamenti a catena di Martinet:
- catena di trazione (dragchain)
- catena di propulsione (pushchain)
Per Martinet, mutamenti a catena differenti noti nella diacronia di una lingua x, prima del suo intervento teorico
erano considerati mutamenti autonomi = descritto ogni come mutamento aa sé stante,
dopodiché invece una serie di mutamenti diversi sono legati dalla stessa forza, hanno lo stesso motivo.
Prima di Martinet tutti gli studiosi di filologia romanza hanno notato che nel passaggio dal latino alle lingue romanze
si sono verificati dei mutamenti.
= mutamenti diversi, indipendenti e del tutto non collegati prima di Martinet
Martinet dice che sono collegati
Passaggi = ku+i -> kwi -> ki -> tʃi
L’italiano “qui” /kwi/ veniva da strutture latine di tipo bisillabico /ku+i/
Il termine italiano “qui” viene dal latino “eccu[mh]ic”
Italiano: qui /kwi/ < Latino: /ku+i/
qui < eccu[mh]ic
Sempre prima di Martinet si sapeva che la forma italiana “chi” /ki/ veniva dal latino /kwi/;
il pronome “chi” viene dal latino “quis”
-> quindi c’è una labiovelare che diventa appunto velare
Italiano: chi /ki/ < latino /kwi/
chi < quis
L’italiano “ci” /tʃi/ < latino /ki/
città < kivitatem (latino classico)
Nel mutamento fonologico sintagmatico tale fenomeno è definito palatizzazione:
occlusiva velare seguita da una vocale avanzata o da un approssimante tende ad avanzare il ruolo diaframmatico
verso il palato e quindi diventare un’affricata palato-alveolare o altro.
Questi passaggi sono collegati e servono tutti a riempire caselle vuote.
Il primo passaggio è del latino: occlusiva velare + vocale avanzata (kwi) ad un (ki) palatale e poi un’affricata (tʃi)
Una volta che “ki” è diventato “tʃi”, il segmento “kwi” va a riempire la casella vuota lasciata e diventa “ki”,
a questo punto “ku+i” bisillabico va a riempire la casella vuota lasciata da questa sequenza.
(vantaggio) Questo modo di vedere le cose rende tutto l’insieme più funzionalista e strutturalista
= si capisce che una serie di mutamenti serve a riempire caselle vuote e riportare un certo equilibrio nel sistema
(dal punto di vista di Martinet).
ESEMPIO DI SHIFT FONDAMENTALE [GREAT VOWEL SHIFT] (Grande spostamento vocalico)
Fenomeno di split o risestimazione dei fonemi (mutamenti a catena)
I esempio Shift
Grande mutamento vocalico: Great Vowel Shift
=> avvenuto in inglese alla fine dell’epoca del medio inglese e segna il passaggio dal medio inglese all’inglese moderno
(XV sec d.C)
Inglese antico e medio -> 7 vocali lunghe, accompagnate da altre brevi,
ma solo quelle lunghe sono colpite da questo mutamento
i: u: (“i” ed “u” lunghe)
e: o: (“e” ed “o” lunghe)
ɛ: ɔ: (“ɛ” ed “ɔ” lunghe)
a: (“a” lunga)
Questo sistema è investito da questo momento notissimo naturalmente prima di Martinet,
ma si descriveva ogni modificazione come una cosa a se’ stante.
i: -> vocale lunga del medio inglese – dittonga e diventa “ai”
u: -> “au”
{le vocali alte del medio inglese hanno prodotto due dittonghi – al posto di i: ed u: rimangono due caselle vuote}
e: -> prende il posto della “i” (la i: si è trasformata in “ai”)
o: -> prende il posto della “u” (la u: si è trasformata in “au”)
ɛ: -> 2 teorie: - la ɛ: è passata direttamente ad i:
- per motivi logici debba aver avuto una fase prima di e: e poi i:
ɔ: -> ci sono degli aggiustamenti = è diventato o: ma nell’inglese moderno le vocali lunghe tendono a dittongare ulteriormente
a: -> abbiamo avuto un’ulteriore passaggio:
si è trasformata prima ad una ɛ: poi in una e: ed oggi ha dittongato ulteriormente
SINTESI ESEMPI
/i:/ -> /ai/ = /ei/ -> /ɛi/ [ti:d] tide = marea {i: dittonga e diventa “ai”}
/e:/ -> /i:/ [lu:d] loud = rumoroso {u: dittonga e diventa “au”}
/ɛ:/ -> /i:/ [ge:s] geese = oca {e: prende il posto di i:}
/e:/ -> /i:/ [go:s] goose= oche {o: prende il posto di u:}
/a:/ -> /ɛ:/ -> /ei/ [sɛ:] sea= mare
/u:/ -> /au/ - /ou/ -> /ɔu/ [brɔ:kan] broken = rompere
/o:/ -> /u:/ -> [brɔukan] ad oggi [braukan]
/ɔ/ -> /o:/ -> /ou/ [na:m] name = nome {neim}
-> /au/
Per Martinet, il Great Vowel Shift comprende una serie di passaggi diversi dovuti ad un mutamento a catena:
il mutamento è partito dalle vocali alte lunghe i: ed u: che hanno lasciato vuote due caselle
=> il mutamento di innalzamento delle vocali lunghe:
mutamento a trazione, cioè queste caselle vuote che rimangono dopo il dittongamento trascinano verso l’alto
tutte le altre articolazioni
= mutamento che ha un’unica ratio – non sono mutamenti separati
Per Trask, il mutamento parte invece da “a”
e la “a” ha cominciato ad essere eseguita in un modo sempre più vicino ad “e” aperta lunga
=> catena di propulsione = le articolazioni del fonema tendono ad avvicinarsi troppo all’aria di dispersione di un altro
e può capitare che quest’altro si sposti più distante
e per simmetria la stessa cosa può essere avvenuta nelle vocali arretrate
Entrambi mutamenti a catena (modo di spiegare fonemi non vincolati l’un l’altro)
II esempio Shift fondamentale [Legge di Grimm]
Inizio 900 -> i Neogrammatici hanno l’invenzione di individuare e sistematizzare tutti i mutamenti fonologici
avvenuti nelle lingue indoeuropee storiche (a partire dal consonantismo indoeuropeo)
Nonostante l’individuazione di queste leggi sia utilissima perché le applichiamo continuamente,
esistono e sono anche predittive, non va perché vi è un problema di fondo:
in latino “f” non può corrispondere in germanico con una parola che inizia con “f”.
Bisogna prendere posizione su come va costruito il sistema fonologico dell’indoeuropeo e su cosa si intende per legge,
legge