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Le economie di agglomerazione secondo Alfred Marshall
Il primo economista a fornire una descrizione del funzionamento delle economie di agglomerazione è stato Alfred Marshall nel suo libro "Principles of Economics" del 1890. Marshall definì tali vantaggi come "economie esterne di scala", contrapponendo il loro funzionamento a quello delle "economie interne di scala". Si supponeva che le imprese potessero accrescere la loro produttività aumentando la "scala" di produzione e quindi le proprie dimensioni, al fine di prevenire internamente una migliore organizzazione del lavoro. L'impresa industriale si distingue appunto dall'impresa artigianale per l'elevata specializzazione interna. Secondo Marshall, le imprese possono rimanere piccole ed essere altamente specializzate e competitive, ma solo nella misura in cui intessono con altre imprese una fitta rete di relazioni dirette e indirette. In queste aree è presente una divisione sociale del lavoro. Le economie di scala nondipendono dalle caratteristiche delle imprese, dalla loro dimensione, ma anche dal luogo dove queste si localizzano. Sono vantaggi di cui le imprese possono godere in maniera gratuita grazie alla prossimità ad altre imprese. Una distinzione fondamentale deve essere fatta tra quelle che sono definite "economie di localizzazione", e cioè i vantaggi che derivano all'impresa dalla localizzazione in un'area che ospita molte imprese simili, da quelle che sono definite "economie di urbanizzazione" e che sono effetti di scala associati all'alta densità urbana. Le economie di urbanizzazione sono vantaggi connessi ai benefici reciproci di cui attività economiche diverse possono godere per il solo fatto di essere localizzate in un luogo denso di imprese. Le economie di urbanizzazione sono quindi esterne all'impresa e possono essere godute da tutte le imprese e sono anche esterne al settore produttivo. Le economie di localizzazione diI benefici connessi alla prossimità di imprese simili o collegate vengono a volte definiti "esternalità di Marshall". Ad essi sono contrapposte le "esternalità di Jacobs" che sono invece economie di urbanizzazione di cui possono beneficiare le imprese localizzate in un'area.
Le quattro caratteristiche cui parlava Marshall sono:
- Lo sviluppo di un bacino di lavoro specializzato (labour pool) che implica minori costi per la ricerca, la formazione e l'assunzione di lavoratori qualificati
- Lo sviluppo di imprese specializzate nella fornitura di determinati servizi o specifici prodotti adatti alle esigenze del particolare tipo di impresa localizzate nell'area
- Lo sviluppo di interdipendenze tra le imprese che favoriscono un'estesa "divisione sociale del lavoro"
- Atmosfera industriale, l'insieme degli elementi difficilmente osservabili che facilitano l'innovazione e il trasferimento tecnologico, promuovono l'imprenditorialità e la competitività
sviluppo avrà diretti, effetti indiretti attraverso i salari, come la localizzazione e la nascita di effetti indotti imprese più piccole, e che portano alla nascita di ulteriori attività. Il consolidamento di un polo di sviluppo genera una notevole forza di attrazione perché l'impresa ha bisogno di lavoratori e risorse. L'impresa "madre" non è in grado di appropriarsi interamente dei benefici connessi ai suoi investimenti, che fluiscono quindi al territorio nel suo complesso sotto forma di economie esterne di tipo pecuniario e dinamico.
La critica di Francois Perroux alle teorie economiche ortodosse è ancora più radicale rimprovera a queste teorie di ignorare il ruolo fondamentale che il "potere" ha in quello che lui chiama lo "spazio economico", un campo di forze dominate da relazioni asimmetriche di interdipendenza e di subordinazione. È fondamentale il ruolo di alcuni soggetti dominanti,
le "imprese motrici" rispetto alle quali la gran parte delle altre imprese si trova in una situazione di dipendenza. Le forze di mercato non sono anonime, neutrali o naturali. Tali forme di dipendenza o subordinazione si manifestano anche tra località e regioni. L'agglomerazione regionale per Perroux è una delle manifestazioni più evidenti di tali relazioni. Lo "spazio geoeconomico" è quindi uno spazio dominato da forze centripete e centrifughe. La localizzazione delle imprese non si svolge in uno spazio vuoto, ma su un territorio caratterizzato da massicce disuguaglianze nella distribuzione di imprese, di risorse e di capacità. Lo sviluppo non avviene ovunque, non si realizza nella stessa misura in ogni luogo, ma ha origine in alcuni punti o poli di sviluppo. Secondo la teoria delle "relazioni sociali di produzione" sviluppata negli anni Sessanta e Ottanta da geografi come Doreen Massey, il sistema capitalistico produceperfetta con prodotti differenziati, presenza di profitti e mobilità dei fattori di produzione. Nel modello centro/periferia, il centro rappresenta la regione industrializzata e avanzata, mentre la periferia rappresenta la regione agricola e meno sviluppata. Nel centro, le imprese industriali traggono vantaggio dalle economie di scala e dalla presenza di una vasta gamma di servizi e infrastrutture. La periferia, invece, è caratterizzata da una minore disponibilità di servizi e infrastrutture, nonché da una minore qualità dei fattori di produzione. Le imprese industriali nel centro possono sfruttare le differenze e le disuguaglianze tra regioni, spostando la produzione verso le aree con costi più bassi o con maggiori vantaggi competitivi. Questo fenomeno è noto come "spatial switching" o "mobilità del capitale". Al contrario, le imprese agricole nella periferia sono più legate al territorio e hanno una minore capacità di spostarsi, fenomeno noto come "spatial fixity" o "immobilità del capitale". È importante sottolineare che lo sviluppo capitalistico produce e richiede un particolare tipo di spazio. Le dinamiche economiche e sociali creano una particolare organizzazione dello spazio, in cui ogni luogo svolge una specifica funzione. In questo contesto, la regione ha un ruolo prevalentemente passivo, mentre il capitale può trarre enormi benefici dalle differenze e dalle disuguaglianze tra regioni nella disponibilità e nel costo di certi fattori. In conclusione, il modello centro/periferia di Krugman semplifica la complessità delle dinamiche economiche e spaziali, ma fornisce una base per comprendere come le differenze regionali influenzino lo sviluppo economico e sociale.monopolistica e i beni prodotti non sono identici
Si assume che ci siano solo due regioni:
Nel settore agricolo i produttori servono ciascuno il proprio mercato
locale. I costi di trasporto si possono considerare nulli
Nel settore industriale c’è commercio tra le due regioni considerate,
perché ciascuna impresa produce una varietà diversa dello stesso bene. I
costi di trasporto riducono l’entità potenziale di tale commercio. I fattori
di produzione sono mobili
Nella situazione iniziale di equilibrio si può assumere che i lavoratori e le
imprese si distribuiscano equamente tra le due regioni. Supponiamo che nella
regione B si determinino dei sovrapprofitti. Le situazioni di concorrenza
monopolistica consentono la formazione di sovrapprofitti nel breve periodo, ma
nel corso del tempo tali sovrapprofitti si traducono in aumenti dei livelli dei
salari.
Capitolo 6 – Sviluppo locale, cluster e sistemi regionali di innovazione
Il modello
Fordista di produzione è andato incontro, a cominciare dagli anni Sessanta, a una progressiva perdita di competitività per la combinazione di elementi interni ed esterni all'impresa. Al loro interno le imprese fordiste avevano un'organizzazione estremamente rigida questo aumentava i costi organizzativi e di coordinamento, implicava problemi di controllo e conduceva a una crescente burocratizzazione delle relazioni interne.
Il distretto industriale è un sistema di produzione locale composto da un numero elevato di imprese piccole e indipendenti che, attraverso uno stretto coordinamento e una forte interazione, ottengono al livello del territorio la stessa efficienza di una grande impresa integrata unitamente ai vantaggi della specializzazione e delle flessibilità. Il termine "distretto industriale" è stato introdotto per primo da Alfred Marshall.
I distretti esasperano quindi il decentramento produttivo determinando un'estesa
on verso un'economia globale sono inevitabili, è importante considerare come queste trasformazioni influenzino la divisione sociale del lavoro. Nel contesto di un sistema locale, la divisione del lavoro è principalmente interna, con relazioni esterne limitate all'acquisto di materiali e alla commercializzazione dei prodotti finiti. Tuttavia, le imprese locali non si limitano solo a relazioni di produzione diretta, ma sviluppano anche molte economie esterne, come lo scambio di informazioni, lavoratori e favori. In questa situazione, diventa praticamente impossibile mantenere i benefici dell'innovazione all'interno di una singola impresa. I vantaggi dell'innovazione si diffonderanno tra tutte le imprese del distretto. Pertanto, l'innovazione diventa un processo sociale e collettivo più che altrove. Mentre la transizione verso un'economia globale è inevitabile, è importante considerare come queste trasformazioni influenzino la divisione sociale del lavoro. Nel contesto di un sistema locale, la divisione del lavoro è principalmente interna, con relazioni esterne limitate all'acquisto di materiali e alla commercializzazione dei prodotti finiti. Tuttavia, le imprese locali non si limitano solo a relazioni di produzione diretta, ma sviluppano anche molte economie esterne, come lo scambio di informazioni, lavoratori e favori. In questa situazione, diventa praticamente impossibile mantenere i benefici dell'innovazione all'interno di una singola impresa. I vantaggi dell'innovazione si diffonderanno tra tutte le imprese del distretto. Pertanto, l'innovazione diventa un processo sociale e collettivo più che altrove.