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L'invenzione del Marocco utile
L'esercito francese approdò per la prima volta sulle coste Marocchine nel 1907 per una missione punitiva legata al massacro compiuto durante i lavori per la realizzazione di uno scalo a Dar-el-Beida, una località di alcune migliaia di abitanti che fungeva da sbocco sull'Atlantico. In quel periodo l'attività economica del Marocco era incentrata in altre regioni, che interpretavano al meglio la sua funzione di ponte tra l'estremo Occidente arabo e le vaste contrade dei bacini del Niger e del Volta attraverso il Sahara. In queste zone si erano unite le fortune di mercanti e artigiani e gli splendori e i contrasti delle corti dei sultani, dando così vita a centri di grande fascino culturale e di notevole influenza economica e politica, come Fès e Marrakech. Questo impianto territoriale era stato poco intaccato a partire dal 16° secolo con la realizzazione lungo il perimetro marittimo di alcune.
Piazzeforti spagnole e portoghesi che avevano accompagnato l'avanzata delle marinerie della penisola iberica lungo le rotte dell'Atlantico sud-ovest e che avevano catturato parte dei traffici d'oro, avorio e schiavi attinti dall'Africa.
Nel 1912 la campagna militare e le manovre diplomatiche francesi arrivarono al riconoscimento di un protettorato che avrà poi fine nel 1956: in soli 44 anni, però, l'occupazione francese cambia la geografia del marocco e stravolge la sua storia, nonostante sia stata guidata dal Generale Lyautey ( l'africano ), profondamente convinto di rispettare la cultura e gli insediamenti indigeni.
Mentre il potere politico s'insedia a Rabat, il porto di Dal-er-Beida (Casablanca) diventa il gigantesco emporio dell'Africa nord-ovest, avviando così la crescita di una delle maggiori metropoli del continente (proprio qui negli anni 20 inizierà il fenomeno delle Bidonvilles, città di cartone e
latta, diffuso nelle città del 3° mondo). I francesi diffusero l'immagine di un "Marocco utile" che penetrava nei libri di scuola e oscurava la cultura ed equilibri territoriali del passato. La colonizzazione dei modelli: I processi di decolonizzazione solitamente sono mirati al recupero del retaggio culturale e al controllo delle risorse territoriali. Questi non trovano efficacia in presenza di: - mutamento del territorio - condizionamenti imposte dalle banche - penetrazione dei modelli occidentali - formazione dei cittadini in luoghi gestiti dai colonizzatori (es. francesi), e spesso gli studi non sono applicabili in zone poco evolute - lingua. Per lo sviluppo serve una sensibilità minuta e alcune teorie devono essere pensate per la specie, l'ambiente e la società e per attribuirgli efficacia un ruolo centrale è stato assunto dai fattori culturali, quindi la concezione di sviluppo cambia da un incremento diquantità di ricchezza, a un miglioramento delle condizioni di vita (espresse dall'Indice di Sviluppo Umano). Si accolgono sempre più tesi imperiate sul tramonto del mito dello sviluppo e sull'emergere di una strategia di decrescita che trova significativi ascolti nelle economie avanzate ma parecchie diffidenze nei paesi in via di sviluppo o sottosviluppati. Cultura nella rete: Cercare di distinguersi nella dimensione culturale è divenuto sempre più complesso, perché è divenuto sempre più difficile discernere gli elementi culturali che formano dei luoghi e altri che mischiati formano "non luoghi": cioè porzioni di spazio estratte dal loro territorio e dalla loro cultura per essere proiettate verso il globale (in riferimento a grandi spazi di vendita, dove una folla anonima si muove tra disposizione dei parcheggi, banchi, segnaletica largamente uniformata). Ovviamente è un discorso relativo, anche la globalizzazione haalcuni limiti:
- per ogni posto è diversa la quantità di persone che possono accedere a certi consumi di modello occidentale/globale;
- ed è diverso l'aspetto qualitativo dei consumatori, perché cambia a seconda dei gusti locali;
- la produzione di massa conforma la gamma dei prodotti col potere d'acquisto;
- un altro limite della globalizzazione consiste nell'informazione, dove i centri di produzione di flussi informativi corrispondono a regioni e poteri economici e politici consolidati e canali di circolazione selettivo retto da regole che la periferia non è in grado di violare.
L'avanzata del mercato e dei flussi informativi di valenza planetaria s'incrociano con la messa a punto di risposte locali dando vita a nuove sequenze di ambienti culturali.
LA CULTURA DELL'INFORMALE:
Le grandi città del Terzo Mondo sono gli spazi principali in cui nasce una nuova cultura inedita.
chiamata "dell'informale". Spesso ci si imbatte in attività marginali e illegali e diventa difficile effettuare quei calcoli che ossessionano gli economisti occidentali (su occupazione, salari, consumi, ecc..). In moltissime circostanze non si conosce nemmeno il numero degli abitanti. È in questi ambienti però che molti popoli dei paesi in via di sviluppo acquisiscono i più consistenti contatti con i valori e le prospettive dello sviluppo che arrivano dalle altre regioni della Terra. Queste metropoli fungono da porta dell'innovazione, sia perché concentrano le infrastrutture di connessione con l'esterno e molti degli investimenti affluiti dai paesi ricchi, sia perché riuniscono gran parte delle forze locali più aperte alle esigenze dello sviluppo, sia, infine, sia perché la loro stessa grandezza li obbliga a trovare nuove soluzioni. In questi spazi dove si mescolano i disagi e le speranze dello sviluppo, laLa quotidianità ha introdotto una diffusa "cultura della surroga" senza la quale non sarebbe possibile sopravvivere ai vuoti delle dotazioni primarie e agli intoppi del mercato. Così alla carenza dei trasporti pubblici e della benzina a L'Avana si rimedia "affittando" a qualche pendolare un posto sulla propria motocicletta (e il pendolare potrà anche essere una donna, violando rigorose tradizioni di distanza tra i sessi). Oppure a Santo Domingo, dove spesso vi è l'interruzione giornaliera dei flussi di energia elettrica, le massaie si abituano a stirare a notte fonda quando il rischio di interruzione è minore.
Avviene anche che dalle carenze nascano singole forme di attività, come ad esempio la vendita (o rivendita) di acqua in molte città nordafricane o il ripescaggio di materiali riciclabili tra i rifiuti in cui sono specializzati tantissimi bambini brasiliani. O persino che le persone si rifugiassero nei cimiteri.
Come è accaduto al Cairo con lo stanziamento dei profughi della zona del Canale di Suez al tempo della guerra del 1973 contro Israele. L'arte diffusa dell'arrangiarsi costituisce una risposta di pratiche che si muovono dal basso e sono alimentate da reti di sostegno comunitarie, risposta mal tollerata dai poteri centrali perché non trova spazio nelle loro parole d'ordine e disegni, ma presenta margini di elasticità, creatività e resistenza che nessuna strategia ufficiale sarebbe in grado di assicurare date le condizioni in cui versano le masse diseredate di questi spazi.
Stimoli e freni culturali
Perché l'Italia si è sviluppata negli anni 70? Innanzitutto perché ci sono dei:
- soggetti con forte dinamismo
- Mezzadria: contratto agrario d'associazione con il quale un proprietario di terreni, concedente, e un coltivatore, mezzadro, si dividono, solitamente a metà, i prodotti e gli utili di un'azienda agricola, podere.
Nel contratto di mezzadria, il mezzadro rappresenta anche la sua famiglia), la persistenza di solidi legami familiari, l'insieme di relazioni dei centri piccoli e medi, ecc..),- decentramento di attività dell'area industriale del Nord-Ovest,- dotazioni infrastrutturali di un certo rilievo- contenuta conflittualità del lavoro- decentramento di attività dell'area industrialeLa capacità di rischi, i solidi legami familiari, la fitta rete di relazioni hanno dimostrato che lo sviluppo deve essere retto da matrici culturali. Analizzando poi il decollo della "Terza Italia" sono emersi elementi che sottolineavano chiaramente le caratteristiche culturali tipiche del suo ambiente.
Perché il Sud Est Asiatico si è sviluppato? Il processo di decentramento produttivo avviato dai grandi paesi industriali (soprattutto il Giappone) si riconosceva nella capacità attrattiva che derivava prevalentemente dai bassi costi di manodopera.
Presto però si capì che la vera chiave del successo consisteva in pratiche di vita moderate, con un livello dei consumi interni relativamente contenuti, e in un "sistema di comando" efficiente sia all'interno che all'esterno delle fabbriche, oltre che in una particolare sintonia di interessi nazionali e di iniziativa privata. CINA: vengono intravisti dei motivi ispirati dal confucianesimo, e con forte spinte individualistiche che sono: - la capacità attrattiva derivante dai bassi costi (prima analisi) - la vita morigerata dal sistema efficace e la sintonia fra l'interesse nazionale e quella private INDIA: la centralità assunta dall'informatica che ha permesso di produrre masse notevoli di ingegneri con pretese economiche contenute. Se un paese è vincolato da quadri sociali, vincoli religiosi, è possibile arrivare allo sviluppo ma si rischia di diventare una "cattedrale nel deserto". Esempi diQuesti vincoli sono i valori religiosi che in certi stati vengono dati alla terra, il valore che non viene dato agli scritti (Giordania), oppure elementi che danno vita a distorsioni sociali, come il ruolo della donna che crea squilibrio della produzione, o i bambini e i vecchi non possono avere un ruolo importante nella conduzione familiare.
Gli ambiti dello sviluppo maggiormente influenzati dalle dinamiche culturali sono quelli degli atteggiamenti demografici e dell'organizzazione della famiglia. Fondamentale è poi il ruolo riconosciuto alla donna nella società: vi sono molti paesi, in particolare nel Vicino e Medio Oriente e nell'Africa sub sahariana, in cui si calcolano tuttora medie superiori alle sei gravidanze per donna e in cui, dunque, è chiaro che si tratti di una mera funzione riproduttiva che incrementa la spirale demografica e contribuisce a scompensare gli equilibri generazionali e produttivi. La tradizionale distribuzione dei compiti.
all'interno delle famiglie integra poi abbastanza bene la produttività marginale di vecchi e bambini finché la conduzione agricola è fondata su tecniche elementari, su rese contenute e su pratiche di autoconsumo, ma diventa insostenibile quando si avviano colture.