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S.Angelo e Ripa, sull'Aventino ma anche sull'area commerciale del Velabro. Giacomo Saveli, divenuto

papa Onorio IV intorno a fine Duecento, fu cardinale di S.Maria in Cosmedin accumula un notevole

patrimonio immobiliare tra l'Aventino e il rione Ripa. Oltre alle domus e torri, i Savelli trasformano

definitivamente il Teatro Marcello in fortezza urbana, edificandola in parte sulle strutture esterne della

cavea e in parte sul cumulo di roviine della scena, che aveva formato il cosiddetto "Monte Savello".

Della "Rocca Savella" o "Castel Savello" si conservano soltanto alcuni tratti delle mura merlati di

recinzioni, intervallate da torri e provviste di caminamento di ronda. La fortificazione, a pianta

quarangolare, doveva comprendere l'insediamento residenziale dei signori e gli edifici del borgo, sul

modello del Castel Savello di Albano.

I principali poli insediativi degli Orsini si sviluppano secondo una precisa strategia di espansione

urbana, volta al controllo dell'asse fondamentale della via Triumphalis. Così gli Orsini domeniano,

attraverso le loro fortezze edificate su monumenti antichi, il fitto abitato riacchiuso nell'ansa del

Tevere davanti a Castel S.Angelo e controllano i ponti di accesso all'Oltretevere. Nella seconda metà del

Duecento edificano, sopra il teatro di Pompeo, la fortezza denominata Arpacasa, acquisiscono poi la

vicina Turris Pertundata e la collegano all'Arpacasa con mura merlate, reaizzando un complesso

familiare esteso su una fascia di territorio di 300x70m. Il più imponente complesso fortificato degli

Orsini è il Monte Giordano. Gli Orsini acquistano i terreni e gli edifici circostanti, situati sulla collinetta

artificiale dovuta ad accumuli dei detriti del Tevere. Il sito del complesso è molto strategico: sulle rive

del Tevere, ma sopraelevato(→al riparo dalle inondazioni), in un'area densamente abitata accanto al

ponte S.Angelo. Così gli Orsini controllavano entrambe le sponde del Tevere e i traffici intensi che si

svolgono nell'area. Il complesso comprende un palazzo signorile, alcuni edifici a un piano, una chiesa,

stalle, cortili etc. Il Monte Giordano è persino citato da Dante (vedi p 146).

Un'altra sfera di influenza, collegata al controllo dell'ingresso a Roma dall'Appia, è quella dei Caetani. I

Caetani cambiano destinazione d'uso e fortificano un altro antico mausoleo, quelli di Cecilia Metella

sull'Appia. La tomba è la moglie di Crasso e figlia di Quinto Metello Cretico, edificata nel 30-20 a.C.su

una base quadrangolare, su cui si innalzava un cilindro di diametro di 30m. Francesco Caetani (nipote

di Bonifacio VIII) acqusta nel Trecento i terreni sulla via consolare, su cui insistevano questo mausoleo

e una munitio, cioè una preesistente fortezza: il cardinale Caetani completa il Castrum Caputbovis, con

una cinta muraria dotata di torri e con l'edificazione della chiesa di S.Nicola → il complesso comprende

il palazzo fortificato, una serie di edifici, il mausoleo come fulcro. La trasformazione del mausoleo

avviene con una sopraelevazione in blocchetti di peperino, sormontata da una merlatura del tipo

ghibellino. Sono visibili i resti delle mura e quelli del palazzo. Intorno al 1310 il complesso, che

controllava anche i traffici tra Roma e le zone dellaMarittima e della Campagna, passa ai Savelli.

Le famiglie nobiliari ghibelline (es.Colonna) e guelfe (es.Orsini) trasformano Roma in un campo di

combattimento tra potentati rivali, in cui i cittadini si trovano loro malgrado coinvolti. La situazione di

enorme tensione conduce a quello che Eugenio Theseider definì "il più grande combattimento che si

fosse avuto per le strade di Roma nel Medioevo". Si riferisce all'arrivo di Enrico VII di Lussemburgo a

Roma nel 1312. vedi racconto di Alberto di Santo p148.

4.4.1

La cattività avignonese (1309-1377) non giovò a Roma già stremata dalle lotte baronali, cui si

aggiunsero la peste e il terremoto del 1349. Quando Martino V Colonna rientrò nel 1420 a Roma trovò

un assetto urbano fortemente degradato, con alcune zone ad altà densita abitativa costituite perlopiù

da umili case a 1-2 piani, addossate le une alle altre. L'abitato era organizzato soprattutto per

agglomerati raccolti attorno alle dimore delle fmaiglie patrizie e posti sotto il loro diretto controllo.

Nelle zone più periferiche le case formavano dei veri e propri nuclei distinti concentrati intorno alle

basiliche (come S. Pietro, S. Giovanni, S. Maria Maggiore, conventi e abbazie). Fra un nucleo e l'altro si

estendeva la campagna, punteggiata qua e là dai resti grandiosi ma diroccati degli edifici antichi.

Martino V inizia un'opera di risanamento che troverà la maggiore amplificazione coi suoi successori. I

30mila abitanti dell'epoca di Martino V risultano raddoppiati al censimento eseguito un secolo dopo,

per poi arrivare a 100mila a fine Cinquecento. In questa rinascita l'architettura civile romana è

scandita dalla costruzione di tre sontuosi edifici del potere, che attorno a loro coagulano nuovi puli

urbani: Palazzo Venezia: espressione del primo Rinascimento. L'ideazione risente dell'influsso di

• Alberti, anche se molti altri artisti vi hanno lavorato. Commissionato da Paolo II. Rappresenta il

passaggio dalle forme della casa-fortezza medievale a quelle eleganti del palazzo

rinascimentale con finestre a crociera: sulla sinistra ingloba la preesistente torre di proprietà

degli Annibaldi. La piazza antistante viene definita dal Palazzo di S. Marco, ad angolo col

Palazzo Venezia e che venne demolito e ricostruito su via degli Astalli per la costruzione

dell'Altare della Patria. Questa piazza diventa un nuovo polo urbano, che sposta l'interesse su di

sé e su via Lata, che vede sorgere da quel momento in poi una serie di edifici delle più ricche e

nobili famiglie. Qui si svolgono le manifestazioni popolari, le feste del Carnevale, le

manifestazioni di accoglienza di personalità in visita a Roma: la più eclatante resta quella per

l'imperatore Carlo V. Paolo III Farnese, subito dopo il sacco di Roma del 1527, lo accolse con

tutti gli onori. Viene organizzato per lui un percorso da porta S.Sebastiano a San Pietro sotto

gli antichi archi di trionfo e attraverso l'arco effimero costruito in legno. Johann Fichard nel

1536 racconta l'evento (vedi 150).

Palazzo della Cancelleria: attribuito ad Andrea Bregno e a Donato Bramante tra 400-500,

• occupa una posizione intermedia sia spaziale (sull'asse Campidoglio-Vaticano) sia temporale,

rispetto all'evoluzione dell'arte rinascimentale. Commissionato dal cardinale Raffaele Riario,

viene portato avanti dal nipote di Sisto IV, il papa Giulio II, per passare poi a ospitare la

Cancelleria apostolica, da cui prende il nome. La piazza antistante, troppo lunga e stretta,

contrasta con la solennità del palazzo.

Palazzo Farnese: i rapporti spaziali lo esaltano con l'ampia piazza antistante. In esso è

• concetrata l'abilità dei più grandi architetti dell'epoca, da Antonio da Sangallo il Giovane a

Giacomo della Porta e a Michelangelo, chiamati da Paolo III. Sviluppa la più compatta e

notevole volumetria → definito il "dado Farnese". Nella piazza sono state aggiunte nel Seicento

due eleganti fontane, frutto del riutilizzo ad opera di Girolamo Rainaldi di due vasche delle

Terme di Caracalla. In passato essa è stata al centro della vita cittadina, vi si svolgevano le

contrattazioni dei "mercanti di campagna", che qui ingaggiavano i braccianti da impiegare nei

lavori dell'Agro.

La "colonizzazione" operata dai Farnese non si limita a questo palazzo ma si arrampica sul

Campidoglio con la poderosa torre-osservatorio che Paolo III fa erigere, nelle forme di una fortezza

medievale, accanto all'Aracoeli. La "Torre di Paolo II" sarà demolita a fine Ottocento per la costruizione

dell'Altare della Patria. (vedi citazione di Federico del Prete p 151). I Farnese si spingono fino al Foro

Romano e raggiungono il Palatino dove affidano ad architetti come Jacopo del Duca e il Vignola la

costruzione, innestata sui ruderi dei palazzi imperiali, degli Orti Farnesiani, che nel Seicento

ospiteranno i primi orti botanici. Oggi la gran parte degli edifici e dei giardini è scomparsa per gli scavi

archeologici di fine Ottocento.

Sulla direttrice Campidoglio-S.Pietro viene progettato da Baldassarre Peruzzi per la famiglia dei

Massimo il Palazzo Massimo "alle Colonne", oggi affacciato su corso Vittorio Emanuele II. L'edificio

presenta un assetto curvilineo, è innestato sulla cavea dell'odeon di Domiziano. Il suo nome deriva dai

resti di colonne che con grande probabilità erano appartenute alle strutture dell'odeon: una di esse è

ancora ben visibile al centro della retrostante piazza de'Massimi. Su questa piazzetta affaccia il primo

nucleo del complesso edilizio dei Massimo ad opera di Peruzzi: il "Palazzo Istoriato", con la facciata

tutta istoriata con decorazioni monocrome riferite a episodi biblici. L'uso delle case dipinte o "graffite"

ha una certa diffusione nelle abitazioni delle classi egemoni. Un esempio è offerto dalla facciata di

Palazzo Milesi in via della maschera d'oro nel rione Ponte, rivestita di dipinti di Plidoro e di Maturino

da Firenze.

In tutta l'area dei grandi poli insediativi sviluppati intorno ai monumentali palazzi menzionati

continuano ad addensarsi casette modeste in condominio, di 2-3 piani, nascoste dietro e oltre i nuovi

rettifili su cui affacciano le case di nobili e banchieri. In queste case vivono e operano anche le piccole

comunità di artigiani "specializzati", come falegnami, orefici, coronari, cestari ecc. Queste situazioni

esprimono un contrasto fortissimo con gli eleganti palazzi nobiliari. Percorrendo via del Pellegrino si

apre l'Arco degli Acetari, un buio androne tra due case che immette in un incantevole cortile. Pur con

inopportuni restauri e con l'aggiunta di materiali ed elementi moderni, la corte, con le sue casette

dotate di scale esterne sembra un grumo di Medioevo in trasformazione lentissima. Una situazione

grave dal punto di vista umano e sociale si instaura a metà del secolo nel rione S.Angelo, sulla riva

sinistra del Tevere altezza Isola Tiberina, dove gli ebrei romani si erano trasferiti raccogliendosi

spontaneamente per mantenere vivo il senso della propria comunità e dell'identità religiosa. In pieno

clima di Controriforma, Paolo IV con la bolla Cum nimis absurdum del 1555 istituisce il Ghetto ,

confinando la comunità ebraica nell'area intorno al Portico di Ottavia, che viene circoscritta da un alto

muro con tre porte di accesso (divenute poi cinque), chiuse dal tramonto all'alba. Tra le tante

disposizioni discriminatorie quella che più da vicino riguarda la presente indag

Dettagli
Publisher
A.A. 2016-2017
44 pagine
5 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-GGR/01 Geografia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Bacchae2 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Geografia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof De Vecchis Gino.