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NATI/MORTI) E DINAMICA MIGRATORIA (RISULTATO DELLA DIFFERENZA TRA
IMMIGRATI/EMIGRATI)
Per un esame delle variazioni demografiche, bisogna guardare alle scale spaziali: popolazione secondo
scala planetaria (complesso chiuso) evoluzione individuata dal computo tra entrate (nascite) e uscite
(morti)/ pop. Secondo diverse aree geografiche considerazione dei flussi migratori (ultimamente in
notevole crescita) → entrambe le dinamiche servono comunque per determinare la struttura della
popolazione (età e sesso)
DIFFERENZA TRA MORTALITA’ E NATALITA’: andamento demografico naturale, sia come valore
assoluto (scarto tra numero dei nati e numero dei morti), sia come TASSO DI INCREMENTO
NATURALE (rapporto tra and. Dem. E numero degli abitanti – valore di 100) –> [(nati –
morti)x100]:popolazione
Saldo che dà segni positivo, perché in genere il numero delle nascite è più consistente di quello dei
morti; ma, soprattutto nei Paesi industrializzati, riduzione della popolazione a causa del crollo della
natalità e all’invecchiamento della popolazione.
Fino al ‘600, pop. è cresciuta lentamente, con tassi di natalità e mortalità ampi; duplicazione (da 500
milioni nel 1650 a 1 miliardo) a metà ‘800 → RIVOLUZIONE DEMOGRAFICA: da qui il ritmo è andato
sempre più in crescendo.
Processo che è andato avanti grazie a: progresso della medicina e delle norme igieniche; sviluppo
agricolo; miglioramento dell’alimentazione; miglioramento qualità della vita; avvenuto prima nei Paesi
europei durante il XX secolo, poiché erano i più avanzati sul piano economico e socio-culturale; ultimi
decenni cambio di tendenza, coinvolgimento degli altri continenti e Europa con pop. Stabile o
incremento ridotto
TEMPO DI RADDOPPIO: anni necessari per duplicare la popolazione di un’area geografica;
importante, per valutare il rapporto tra una popolazione e le risorse del territorio in cui risiede; anche
se questo parametro va rapportato all’incremento demografico, che è in riduzione a scala planetaria
Ritmi diversificati per quanto riguarda la diminuzione della percentuale d’incremento per le varie e
singole aree geografiche (es. Africa subsahariana, p. 123) -> pesi demografici tra le zone geografiche
che cambiano sensibilmente: Paesi più poveri che rischiano di trovare carichi demografici superiori
alle loro possibilità di sviluppo, perché debole crescita economica => incremento naturale della
popolazione
La natalità
Natalità: può essere indicata in termini assoluti (numero di nascita generalmente nell’arco di tempo di
un anno) e relativi -> TASSO/INDICE DI NATALITA’: numero medio di nati in un anno per mille
abitanti; formula [(nati in un anno)x1000]:popolazione
Serie di fattori: condizioni sociali ed economiche di un Paese; tradizioni socio - culturali e religiosi;
ruolo della donna; politiche demografiche (espansive o restrittive) adottate dallo Stato (sia incentivo
delle nascite che provvedimenti di contrasto) -> natalità che in una certa misura è ‘pilotata’
Struttura per età di una popolazione che influenza molto i tassi, perché una popolazione
tendenzialmente anziana abbassa l’indice, mentre una giovane al contrario lo alza
I vari Stati presentano indici diversi tra di loro: basso in Italia, Germania; Malta, Portogallo, Giappone,
Bosnia ed Erzegovina, alto in Niger (massimo naturale, 50 per mille); Africa subsahariana che presenta
gli indici più elevati (38 per mille in media)
N.B.: tasso di natalità che si sta abbassando ovunque, anche se in maniera diversificata a seconda delle
aree geografiche: valore a scala mondiale sceso al 19 per mille nel 2013 (32 per mille nel ’70; 26 nel
’90); numeri che tendono a diminuire nei Paesi industrializzati, mentre nell’Af. Sub. Rimangono
modesti; forte contrazione nell’Asia orientale: politica restrittiva della Cina volta a contrastare il
fortissimo aumento demografico, che non si accordava con le difficoltà socio-economiche (36 per mille
nel ’70, 24 per mille nel ’90 e 15 per mille nel 2013)
TASSO DI FECONDITA’: numero di nati rispetto alle donne di età compresa fra i 15 e i 49 anni; TASSO
TOTALE DI FERTILITA’: numero di bambini ‘che nascerebbero da ogni donna se vivesse fino al
termine del suo periodo di fertilità e rimanesse incinta a qualunque età, secondo il tasso di fertilità
corrispondente’ (rapporti Unicef) -> 2,5 bambini per donna a livello mondiale; il più alto in Af.
Subsahariana (5,1); Paesi industrializzati <2
Tassi di fecondità e mortalità che indicano tendenze e comportamenti demografici con più precisione
rispetto al tasso di natalità, che considera tutta la popolazione anche in età non procreativa
Basso tasso di natalità che continuerebbe ad esserci anche in caso di un eventuale miglioramento della
procreazione, poiché la struttura per età di una popolazione non può cambiare in poco tempo, in
quanto, in una società anziana, le donne in età procreativa non saranno molte; deve trascorrere molto
tempo, quindi, prima di un ricambio generazionale, il ringiovanimento e l’invecchiamento di una
popolazione si manifestano con lentezza e in ritardo rispetto all’andamento della natalità
La mortalità
Mortalità: sia in termini assoluti (numero di decessi in un anno) sia in termini relativi: TASSO/INDICE
DI MORTALITA’: [(morti in un anno)x1000]:popolazione
Diversificazione nei valori, anche se inferiore rispetto al tasso di natalità: da cifre molto basse (2-3 per
mille) a molto alte (20 per mille); valori bassi che vanno visti nell’ottica struttura giovanile della
popolazione e della situazione socio-culturale ed economica, ma soprattutto quella igenico-sanitaria e
alimentare
Paesi citati p.126: popolazione costituita da giovani e bambini, ma i livelli sono di buona qualità grazie
ai recenti progressi; quando accrescerà il livello d’invecchiamento, si allungherà la speranza di vita e il
tasso di mortalità aumenterà
Stati industrializzati: valori intermedi a causa dell’invecchiamento generalizzato della popolazione,
anche se la situazione economica e sociale è sicuramente migliori; società con ottime qualità di vita,
ma con molte persone anziane, si arriva ad alti tassi di mortalità
Cifre alte (>15 per mille) si hanno in Bielorussia (16 per mille), Botswana (17 per mille), Bulgaria (16
per mille), Lituania (16 per mille), Sierra Leone (17 per mille), Ucraina (17 per mille)
Tassi di mortalità maggiore: Africa subsahariana (popolazione molto giovane, ma situazioni disagevoli
e mortalità in tutte le fasce d’età) e Europa dell’Est (struttura demografica invecchiata e la speranza di
vita non raggiunge i valori alti dell’Europa occidentale) -> tassi più bassi in Medio Oriente, Africa
settentrionale, America Latina, Asia orientale e Pacifico -> cambiamenti, rispetto a 40 anni fa, grazie
alle grandi trasformazioni a livello mondiale
N.B.: non va confusa la mortalità con la durata media della vita prevista alla nascita, anche se i due
parametri sono collegati tra di loro; la speranza di vita rappresenta un significativo indice demografico
e consente di valutarne le condizioni di sviluppo, in quanto ne rivela la situazione socio-sanitaria e
ambientale
La mortalità infantile
MORTALITA’ INFANTILE: numero di decessi di bambini di età inferiore a un anno rispetto ai bimbi
nati in un determinato periodo; è un ottimo rivelatore sociale che interpreta il livello di sviluppo e di
benessere di un Paese in maniera attendibile -> condizioni sanitarie, socio-economiche e ambientali
che influiscono sui bambini e la loro salute (cifre relative a Paesi ricchi e poveri, soprattutto area
subsahariana)
Mortalità infantile in progressiva e sensibile diminuzione: 124 per mille nel ’60, 63 nel ’90 e 34;
situazione più grave: Af.Sub. (156 per mille nel ’60, 107 nel ’90 e 61 nel 2013)
Contesti che evolvono in maniera diversa nelle altre parti del mondo (vd. Medio Oriente e Africa
settentrionale)
Diminuzione della mortalità infantile che dovrebbe portare i governi e le istituzioni internazionali a
cercare di farlo scendere ancora di più
Vd. Italia: tassi tra i più bassi al mondo (3 per mille) e continua a diminuire (tassi un po’ più elevati al
Sud; i più bassi sono in Umbria, Marche, Valle d’Aosta e Bolzano)
MORTALITA’ NEONATALE: bambini entro i 28 giorni dalla nascita; cause: condizioni di gravidanza e
parto, malformazioni congenite del bambino; calcolo attraverso la divisione tra il numero di morti
annue entro le prime quattro settimane e il numero annuo di nati vivi per 1000 abitanti; valore più
alto: Af.Sub. (31 per mille), Paesi industrializzati meno del 3 per mille (livello mondiale:20 per mille);
2013: morti quasi 3 milioni di bambini, soprattutto in Africa centro-occidentale
TMIS5: tasso di mortalità infantile al di sotto dei cinque anni come misuratore principale per valutare
lo sviluppo umano e lo stato di benessere dei bambini in un determinato Paese scelto dall’UNICEF;
numero annuale di bambini morti sotto i cinque anni ogni 1000 nati vivi; nasce da una serie di fattori
collegati (legami familiari, condizioni sanitarie, malattie congenite); vd. problemi di cui il bambino
potrebbe risentire (p.130)
Vd. Rapporti UNICEF ‘La condizione dell’infanzia nel mondo’ (p.130)
Aree geografiche in cui si possono riscontare larghe oscillazioni nei valori; quando si raggiunge un
livello basso, di sicuro si può comunque parlare di un rilevante successo -> Paesi industrializzati che
sono passati dal TMIS5 di 37 per mille a 5-6 per mille nel 2013 -> numero dei bambini morti
drasticamente diminuito (grandi risultati dall’America Latina e Asia orientale)
La struttura demografica
Struttura della popolazione determinata dalle dinamiche demografiche naturali di natalità e mortalità
e dal loro andamento diverso; distinzione che riguarda soprattutto l’età, non la sex-ratio (rapporto
demografico maschi/femmine, influenzato dai movimenti migratori)
Natalità maschile maggiore di quella femminile (2013: rapporto medio di 106 nati maschi e 100
femmine); mortalità maschile più elevata; con il procedere del tempo, la ‘sex-ratio’ muta in favore delle
donne, perché sono le più longeve in tutte le zone geografiche (no Botswana e Swaziland); influenza da
parte degli aborti selettivi e dell’infanticidio femminile (alcuni Stati in precedenza) e da parte del
fenomeno migratorio; Paesi del Golfo: immigrazioni di lavoratori stranieri che hanno portato grossi
squilibri d