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Il fulcro della politica di aiuti restava la concessione del libero accesso al mercato comunitario dei manufatti
provenienti dai Paesi beneficiari, mentre l’approccio globale (promozione dello sviluppo e fornitura di mezzi
finanziari mediante aiuti e prestiti) restava inattuato. Tuttavia i Paesi partner stavano vivendo una crisi del settore
tessile europeo, inoltre l’allargamento della Comunità verso Sud (Grecia, Portogallo e Spagna) creava tensioni nel
mercato dei prodotti agricoli.
1991: la Comunità lancia una nuova fase di cooperazione, detta “politica mediterranea rinnovata” che si proponeva di
ciò
aumentare del 501% le risorse finanziarie e di introdurre programmi di cooperazione decentrata anticipò l’idra
di Partenariato dell’attuale politica euro-mediterranea.
Consiglio Europeo di Lisbona del giugno 1992: viene approvato un progetto di Partenariato euro-maghrebino per
realizzare una Zona di libero scambio.
19 ottobre 1994: la Commissione Europea sottolinea la necessità di accompagnare l’istituzione di una Zona di libero
scambio con la creazione di un’area euro-mediterranea di pace e stabilità.
Conferenza intergovernativa di Barcellona del 27 e 28 novembre 1995: i Paesi partecipanti adottano una Dichiarazione
di principi, in cui si delineava il futuro scenario delle relazioni euro-mediterranee e un Programma di lavoro dove si
inserivano le linee operative.
L’UE abbandonava una politica di “aiuto allo sviluppo” per abbracciare un sistema di relazioni non gerarchico e
basato sul principio di uguaglianza tra le parti. La rinnovata politica mediterranea si articolava in tre ambiti prioritari:
-Partenariato politico e di sicurezza, per la costruzione di uno spazio comune di pace e stabilità basato sul rispetto
della Carta delle Nazioni Unite e della Dichiarazione universale dei diritti umani.
- Partenariato economico e finanziario, per creare un’area di prosperità condivisa mediante l’attuazione di una
strategia di sviluppo economico e sociale che prevedeva la creazione di una Zona di libero scambio entro il 2010
- Partenariato sociale, culturale e umano, per sviluppare le risorse umane
I Paesi aderenti al Processo di Barcellona stipulano individualmente con la Comunità un Accordo euro-mediterraneo
d’associazione (Aea) introdotto per garantire una Zona di libero scambio euro-mediterraneo dei prodotti industriali
con orizzonte 2010 ed anche per tener conto delle specificità economiche e sociali di ciascuno dei partecipanti.
Il Partenariato euro-mediterraneo si articola intorno a due filiere complementari: il Programma bilaterale e il
Programma regionale. L’UE con il Processo di Barcellona non apre però alcuna prospettiva di adesione ai Ptm
riducendo, in parte, l’impatto economico sulle regioni deboli dell’Unione. La volontà politica dell’UE si traduce
nell’abbandono della politica paternalistica e assistenziale, chiara eredità di un passato coloniale, a favore di una
politica di interdipendenza globale.
1.2. Le tendenze evolutive del Processo di Barcellona
Gli eventi recenti (l’11 settembre 2001 e la situazione drammatica in Medio Oriente) hanno portato alla necessità di
rinforzare i principi istitutivi del Processo di Barcellona. In campo economico, è emersa la necessità di sostenere
l’integrazione delle reti di trasporto, di telecomunicazione ed energetiche. La cooperazione finanziaria è stata favorita
dall’istituzione del Fondo euro-mediterraneo di investimenti e partenariato (Femip) che mira a promuovere gli
investimenti nel settore privato. Inoltre, per promuovere il dialogo tra le civiltà ed accrescere la visibilità del Processo,
si è proposta la nascita di una fondazione euro-mediterranea, formalizzata nella conferenza di Napoli come la
Fondazione euro-mediterranea per il dialogo tra le culture e le civiltà. Nel 2004 sono entrai nell’UE altri Paesi e ciò ha
intensificato gli sforzi atti ad estendere ai nuovi confinanti i benefici derivanti dall’allargamento e a instaurare con gli
stessi una collaborazione stretta nel campo politico, economico e culturale.
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È stato previsto che l’Enp sia applicata a tutti i partecipanti al Processo di Barcellona, eccetto Cipro e Malta (dal 2004
entrati nell’UE) e la Turchia.
Come emerso nelle Conferenze ministeriali euro-mediterranee di Valencia e di Napoli le strategie di cooperazione
regionale punteranno soprattutto sull’integrazione Sud-Sud, sulla cooperazione sub-regionale e sull’armonizzazione
dei regolamenti e delle leggi. Quest’ultima dovrà considerare i seguenti settori:
-interconnessione tra le infrastrutture, tutela ambientale, giustizia e affari interni, commercio, convergenza dei
regolamenti e sviluppo socio-economico per promuovere l’integrazione economica regionale.
2005-2006: i programmi indicativi nazionali di questo periodo saranno poi adattati alle finalità dell’Enp
2007: dopo tale data, il Meda smette di essere il principale strumento finanziario per il Mediterraneo e viene sostituito
dall’Enpi (Strumento europeo di prossimità e partenariato).
1.3. Il Partenariato economico e finanziario
Il Partenariato economico e finanziario mira alla creazione di una Zona di libero scambio, limitando le barriere
doganali dei Paesi aderenti al Processo sui prodotti manifatturieri importati dall’Unione; inoltre dovrebbe favorirla
distribuzione delle risorse e accelerare la crescita economica sfruttando un meccanismo competitivo capace di
influenzare il sistema produttivo in termini di diversificazione dell’offerta. Questa evoluzione accelerata verso il libero
scambio si inserisce in un contesto socio-economico molto differenziato tra le due sponde del Mediterraneo (Pil,
deficit pubblico, crescita demografica, sviluppo di istituzioni e mercati).
Parlando dell’Europa, la Zona di libero scambio rischia di rappresentare una doppia minaccia: i Paesi Meda, con le
loro esportazioni, diventano concorrenti diretti in settori produttivi strategici per le economie mediterranee
dell’Unione, inoltre gli effetti positivi delle esportazioni si dirigeranno verso i principali fornitori (Germania e Regno
Unito). Nei Paesi terzi mediterranei, lo squilibrio dovuto all’eccessiva concentrazione urbana litoranea, scatena
fratture economiche, ambientali, culturali e sociali. Inoltre, il processo di liberalizzazione degli scambi, se non
accompagnato da adeguate politiche di pianificazione e da un accordo agricolo globale, potrebbe peggiorare il quadro
economico, sociale e ambientale già critico. Per il Sud del Mediterraneo la creazione della Zona di libero scambio
(Zls) porterà ad enormi sforzi di adattamento del tessuto produttivo che necessita di una cooperazione economica e
finanziaria, oltre che tecnologica. Pertanto risulta fondamentale un quadro normativo adeguato e volto alla diffusione
delle innovazioni, all’accesso ai servizi finanziari, a rinforzare il partenariato tra operatori pubblici e privati. Va anche
considerato che l’eliminazione delle barriere doganali, nel breve periodo, potrebbe portare alla riduzione delle entrate
fiscali, aggravando il deficit pubblico e peggiorando la bilancia commerciale. I trasporti sulla lunga distanza rischiano
di crescere più rapidamente rispetto al Pil, con un impatto ambientale relativamente alto, a seconda della capacità di
idonee politiche di salvaguardia. Ancora, la domanda crescente, nei Paesi Meda, di cemento, carta, acciaio, cartone e
prodotti chimici penalizzerà l’ambiente se non si opterà per tecnologie meno inquinanti.
L’evoluzione verso il sistema di libero scambio presume una politica anticipatrice adatta: creazione di legislazione
ambientale, codice di buona condotta degli investimenti, ecocertificazione e accordi volontari con le imprese per
trasferire le innovazioni tecnologiche. Anche il settore terziario dovrà subire dei cambiamenti strutturali: la diffusione
della grande superficie di vendita in aree periferiche porterà ad uno sviluppo urbano squilibrato e incrementerà il
ricorso al mezzo privato.
1.4. Dieci anni di aiuti finanziari
La Commissione Europea sostiene gli obiettivi del Processo di Barcellona, attraverso vari programmi finanziari
indirizzati verso diverse azioni:
- Sostegno alla transizione economica e all’istituzione di una Zls euro-mediterranea finanziando i
progetti che portano allo sviluppo del settore privato e alla creazione di occupazione
9 Politica europea di vicinato
- Sostegno al raggiungimento di un migliore equilibrio socio-economico nei settori del servizio sociale,
sviluppo rurale, pesca, ambiente, partecipazione della società civile allo sviluppo, istruzione,
formazione professionale, ricerca, rafforzamento della democrazia e del rispetto dei diritti umani
- Sostegno alla cooperazione regionale transfrontaliera
I dodici partner mediterranei hanno beneficiato di un impegno finanziario di oltre 4 miliardi di euro (sovvenzioni). La
Banca europea per gli investimenti (tra il 1995-1999) ha accordato prestiti per 4.8 miliardi di euro. Il tasso di
attuazione degli stanziamenti ha raggiunto il 100% ma l’importo dei pagamenti accumulati rappresenta il 26 % degli
impegni autorizzati a causa del ritardo dovuto alla lunga durata dei negoziati e alla tipologia dei finanziamenti
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programmati. Le azioni bilaterali Meda I hanno operato su più fronti: adeguamento strutturale, cooperazione
economica, questioni sociali e ambientali, sviluppo rurale. Le attività regionali, atte a migliorare l’integrazione tra i
Paesi, si sono indirizzate verso il rafforzamento del Partenariato politico, la definizione delle riforme economiche e
finanziarie prioritarie. Invece, riguardo al Partenariato socio-culturale, i finanziamenti Meda I sono stati indirizzati
verso progetti pertinenti ai settori della cultura, audiovisivi e della gioventù.
Il programma Meda I ha vissuto due fasi: una prima dal 1996 al 1999, ed una successiva che inizia nel 1999 con
l’entrata in vigore/firma degli Accordi di associazione. Questi programmi hanno in particolar modo considerato:
-la necessità di riformare la fiscalità indiretta per ridurre la pressione sul commercio estero ed arrivare ad un equo
sistema fiscale
-il processo di privatizzazione per migliorare la distribuzione delle risorse, la competitività e per dinamizzare gli
investimenti privati nazionali o esteri
-la necessità di migliorare la competitività delle imprese private
-l’esigenza di aprire le attività di intermediazione finanziaria alla concorrenza e di ridurre la presenza del settore
pubblico
-la necessità di ridurre gli squilibri del settore privato è attutato operando sia sulle istituzioni pubbliche che sul settore
privato.
27 novembre 2000: il Consiglio ha adottato il nuovo regolamento Meda II che mira a razionalizzare e semplificare le
procedure di attuazione della cooperazione tra l’U