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LE FILIERE INDUSTRIALI
Le relazioni industriali
Industria= settore secondario insieme delle attività manifatturiere di trasformazione di prodotti
primari in beni destinati al consumo ad opera di determinati soggetti economici, le imprese. Tale
termine verrà usato nei termini di manifattura, un settore economico che comprende tre fasi
distinte:
-approvvigionamento MP riunite in un determinato luogo dove si procede alla loro trasformazione;
-produzione trasformazione delle MP e dei componenti del PF (più lunga la trasformazione, più
ampia è la differenza tra il valore iniziale del materiale e il valore del prodotto finito= valore
aggiunto il valore che il bene prodotto acquisisce nel corso del processo produttivo).
-distribuzione del bene prodotto sul mercato = costituito da consumatori finali o da altre imprese.
L’attività manifatturiera corrisponde solo alla produzione.
3 famiglie generali di rapporti tecnico-funzionali nelle relazioni fra imprese all’interno di un ciclo
produttivo:
-Verticali= serie di processi produttivi legati l’uno all’altro in successione, contribuendo alla
trasformazione della materia prima in prodotto finito; quando le fasi successive sono realizzate da
differenti imprese si parla di “disintegrazione verticale” di un settore industriale. Integrazione
verticale= intero ciclo produttivo si realizza all’interno di una stessa impresa.
-Laterali= imprese producono parallelamente e indipendentemente componenti o servizi destinati a
convergere verso un’unica impresa finale di assemblaggio.
-Di servizio= imprese utilizzano un processo o servizio comune fornito in una determinata area
(servizi di logistica).
In ogni catena produttiva tali relazioni sono presenti e la complessità/numero cresce all’aumentare
delle dimensioni dell’impresa. Filiera= insieme della rete di relazioni che interessa varie imprese
all’interno di settori economici catena produttiva che genera valore.
L’attività industriale nello spazio geografico
Nel 1700 si formarono i primi addensamenti industriale della geografia economica.
La necessità di forza lavoro spinse la localizzazione in aree densamente popolate, mentre
l’esigenza di minimizzare i costi di trasporti imponeva di mediare la distanza rispetto ai
consumatori finali e alle fonti di materie prime. Potenze industriali del periodo = Gran Bretagna,
Germania, Francia e Stati Uniti.
Distinzione tra economie (vantaggi) realizzabili all’interno e all’esterno dell’impresa:
-INTERNO riduzione dei costi di produzione può avvenire con l’aumento delle dimensioni degli
impianti e dei volumi di produzione
-ESTERNO l’intensificarsi delle relazioni tra più imprese localizzate in una stessa area produce
vantaggi collettivi o economie di agglomerazione= operando all’interno di un spazio
industrializzato, la singola impresa usufruisce di condizioni favorevoli, non ottenibili operando
isolatamente. Tipologie vantaggi:
Primo tipo
-la prossimità fisica tra imprese facilita l’instaurarsi di relazioni di scambio tra aziende che
intervengono in uno stesso ciclo produttivo.
-possibilità di utilizzare congiuntamente da parte di più imprese un unico sistema di infrastrutture e
di servizi.
-atmosfera industriale presente in una determinata area favorisce la dissuasione della conoscenza.
-la reputazione acquisita dai prodotti provenienti da una determinata località stimola fra i
consumatori la domanda per quel particolate tipo di beni.
Secondo tipo economie di urbanizzazione = vantaggi economici legati all’operare in prossimità a
un centro cittadino:
-accesso a un mercato del lavoro molto differenziato
-prossimità a un vasto mercato di sbocco per i prodotti
-vicinanza a infrastrutture e servizi collettivi di livello superiore
-possibilità di relazionarsi a un’ampia gamma di servizi per la produzione di attività collaterali che le
imprese non trovano vantaggioso realizzare al proprio interno.
Scheda 7.1: Il fordismo
L’organizzazione produttiva fordista (XX sec.) è stata caratterizzata dalla grande dimensione degli
impianti e dalla produzione di beni standardizzati, che ha permesso di applicare la teoria taylorista
della parcellizzazione del lavoro (catena di montaggio). L’abbattimento dei costi di produzione
permise alle imprese di offrire salari elevati, trasformando i propri operai nei loro primi clienti e
gettando le basi dei consumi di massa. In Italia fenomeno analogo è stato quello della Fiat, con
identiche conseguenze di crescita industriale e demografica legata all’espansione metropolitana.
Nel tempo la comparsa di nuove tecnologie elettroniche e informatiche hanno aperto la strada a
filiere globali più complesse.
La dispersione dell’industria nello spazio geografico: decentramento e processi diffusivi
I processi di concentrazione delle strutture industriali non si producono all’infinito. La continua
addizione di unità produttive in uno spazio ristretto può tradursi in una serie di costi che annullano i
vantaggi iniziali.
Processi di deglomerazione forme diverse:
-Rilocalizzazione (decentramento territoriale) = di fronte ad aumento di costi in aree urbane, le
imprese spostano la loro sede della propria attività produttiva in aree suburbane. Se essa avviene
in aree periferiche delle grandi agglomerazioni (disponibilità terreni occupabili a un costo inferiore)
= suburbanizzazione o decentramento territoriale a corto raggio. Quello ad ampio raggio= unità
produttiva si sposta verso aree decisamente esterne all’agglomerazione originaria
delocalizzazione (Paesi del Sud)
-Decentramento produttivo= imprese non trovano più governabile o conveniente la grande
dimensione degli impianti. Il ciclo produttivo viene scomposto in segmenti.
-Formazione di sistemi industriali periferici= conseguenza di processi di decentramento seguendo
logiche proprie.
Distretti industriali= piccole e medie imprese le quali hanno saputo rispondere a domande di
mercato specifiche e segmentate.
Le dimensioni delle imprese e le strutture reticolari
È l’impresa il soggetto che decide quali beni produrre e immettere sul mercato, quali processi
produttivi adottare e dove localizzare le proprie attività manifatturiere. Ne consegue che le
decisioni delle imprese influenzano direttamente lo sviluppo di una regione o di un paese, il livello
di occupazione, le relazioni che si instaurano fra i paesi e regioni diverse. È necessario distinguere
fra grandi e piccole imprese. Secondo l’OCSE (organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo
economico), le imprese vengono distinte in base al numero degli occupati (grandi imprese= 500
addetti; piccole imprese= meno di 50 occupati). Le imprese piccole, possedendo modeste
potenzialità tecnologiche e finanziarie, esprimono una limitata capacità di azione strategica nei
confronti del mercato e di altri soggetti operanti nel sistema economico. Le decisioni sono assunte
dal proprietario imprenditore. Nella grande impresa, le decisioni vengono assunte da un gruppo di
individui preposti all’attività esecutiva. Il modello della grande impresa è nato alla fine del 1800,
consolidandosi poi nella Prima Guerra Mondiale. La tecnologia di quel tempo consentì di avere un
nuovo modello organizzativo, in cui alcune imprese incorporarono diverse unità produttive (livello
locale, poi internazionale), assicurandosi il monopolio dei fornitori e degli approvvigionamenti di
MP.
La grande impresa assume tipicamente una struttura reticolare coordina stabilimenti in diverse
regioni, paesi e continenti, realizzando una divisione spaziale del lavoro, dove funzioni diverse
sono demandate a regioni differenti:
-le funzioni di ricerca, decisione e pianificazione strategica sono localizzate in alcuni centri
metropolitani. Un tempo erano soprattutto centri del Nord del mondo, ma negli ultimi anni si sono
estesi anche a paesi del Sud, specialmente nell’Est asiatico.
-altre funzioni produttive che richiedono un lavoro qualificato saranno localizzate in zone
intermedie, dotate di infrastrutture specifiche e con una base industriale consolidata;
-la produzione di beni standardizzati richiede solo manodopera abbondante, scarsamente
qualificata ed a basso costo.
Le imprese industriali multinazionali
Hanno una peculiarità nella storia industriale recente. Non esiste una definizione giuridica di
impresa multinazionale, ma dal punto di vista geografico = organizzazione economica capace di
coordinare o controllare le operazioni di produzione situate in più parti del mondo.
L’importanza di queste imprese deriva quindi da 3 caratteristiche:
1. il coordinamento e il controllo di varie fasi della catena di produzione in diversi paesi.
2. la capacità di trarre vantaggio dalle differenze geografiche nella distribuzione dei fattori di
produzione.
3. la flessibilità, ovvero la capacità di mutare o intercambiare forniture fra le diverse località
geografiche.
Il fenomeno multinazionale ha inizio durante il colonialismo, ma la sua manifestazione più evidente
la si ha intorno agli anni '60 con l'internazionalizzazione delle imprese statunitensi. Esso è stato
favorito da:
-Nuove condizioni istituzionali: deregolamentazione dei movimenti di capitale e accordi sul libero
commercio
-Innovazioni tecnologiche: il lavoro fatto da soggetti specializzati poteva essere scomposto in parti
semplici, che chiunque poteva svolgere. Inoltre le tecnologie del trasporto e delle comunicazioni
rendevano più vicini luoghi fisicamente distanti.
-Rivoluzione verde: ha liberato una gran quantità di manodopera a basso costo e altamente
produttiva.
Si è verificato così un processo di segmentazione del ciclo produttivo che ha portato al
decentramento di funzioni industriali verso i paesi del Sud del mondo, dotati di questo tipo di
manodopera.
Schematizzando la fase evolutiva di questo modello industriale, possiamo dire che vi fu una fase di
grande espansione tra il II dopoguerra e la crisi petrolifera del 1973. Con gli anni ’80 la strategia di
queste imprese dovette cambiare a causa delle innovazioni tecnologiche e della crescente
concorrenza internazionale.
In questo modo alla struttura industriale che decentra le attività standardizzate nel Sud del mondo,
si è andata a sostituire l’impresa multinazionale globale, sempre più geograficamente differenziata
e alla ricerca di continue alleanze con altri soggetti. In questo caso l’organizzazione diventa molto
flessibile e non vi sono più filiali totalmente dipendenti dalla sede dell’impresa, ma centri più o
meno autonomi diffusi in tutti i continenti. Inoltre, le strategie di rete non riguardano più solo la
ricerca di input economi