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Teorie strutturali dello squilibrio
Le teorie strutturali dello squilibrio sono:
- Il conflitto Centro-Periferia e la Teoria della dipendenza
- La Teoria generale dello sviluppo polarizzato
- La Teoria del Sistema-mondo
Le teorie elaborate da Von Thünen, Weber e Christaller e successivamente da Perroux, Myrdal e Hirschman applicavano unicamente categorie di analisi strettamente economiche. Tuttavia, altre interpretazioni cercavano di spiegare le nuove forme geografiche dei mercati e dello sviluppo incrociando le categorie economiche con altre discipline come l'Antropologia, la Sociologia e la Storiografia, e soprattutto postulando un legame assai stretto fra la dimensione economica, sociale e politica.
Porre l'accento sulla struttura, ovvero sul sistema di relazioni, pareva singolarmente utile nel caso dell'interpretazione di un fenomeno come il mercato. E metteva in luce con evidenza che queste relazioni non potevano esaurirsi nei semplici rapporti fra le variabili economiche. Non era possibile ignorare.
L'interazione fra economia e politica, non considerare che quest'ultima era orientata dal mutamento sociale, e non prendere atto che, circolarmente, il mutamento sociale era a sua volta legato alla forma assunta dall'economia e alla sua evoluzione. Si andava affermando, in altre parole, quel punto di vista olistico che già abbiamo incontrato nel secondo capitolo nella veste della teoria generale dei sistemi: alle teorie puntuali, che cercano l'interpretazione dei fenomeni di mercato nel dominio dell'economia, andavano perciò affiancandosi teorie strutturali, alla ricerca di interpretazioni più complesse e sistemiche.
La teoria della dipendenza costituisce il primo tentativo di affrontare in termini strutturali la configurazione assunta a scala mondiale dai mercati. Essa introdurrà il concetto duale di centro-periferia, che influenzerà le interpretazioni geografiche di tipo dinamico, fra le quali occupa un posto di rilievo la Teoria
generale dello sviluppo polarizzato dell'americano John Friedman. Ma il tentativo più organico di interpretazione del dualismo centro-periferia è costituito dalla Teoria del Sistema-mondo di Immanuel Wallerstein.
1. Il conflitto Centro-Periferia e la Teoria della dipendenza:
La premessa era che non si poteva comprendere il processo economico se non facendo riferimento alla sua totalità geografica, e questa recava l'evidenza di una struttura rigidamente duale. La suddivisione fra Centro (l'Occidente comprensivo del Giappone) e Periferia (le ex-colonie asiatiche, africane e latino-americane) non aveva solo lo scopo di distinguere fra economie avanzate e arretrate, ma dimostrare la relazione necessaria fra lo sviluppo del Centro e il sottosviluppo della Periferia.
Il mancato sviluppo dei Paesi poveri era considerato condizione indispensabile per la crescita economica dei Paesi ricchi: la Periferia ex-coloniale doveva essere il mercato di destinazione dei
prima formulazione del concetto di "sistema mondo" e Fernando Henrique Cardoso (1931-), che ha sviluppato ulteriormente la teoria della dipendenza. Secondo la teoria della dipendenza, i paesi della Periferia sono intrappolati in un sistema economico globale in cui sono subordinati ai paesi del Centro. Questa subordinazione è il risultato di una serie di meccanismi economici e politici che favoriscono i paesi del Centro a discapito della Periferia. Uno dei meccanismi chiave è il deterioramento delle ragioni di scambio. Questo significa che i prezzi dei prodotti che la Periferia esporta tendono a diminuire rispetto ai prezzi dei prodotti che importa dal Centro. Di conseguenza, i paesi della Periferia guadagnano sempre meno dalle loro esportazioni e devono pagare sempre di più per le importazioni. Un altro meccanismo importante è la specializzazione in prodotti primari. I paesi della Periferia sono spesso costretti a concentrarsi sulla produzione e l'esportazione di materie prime e prodotti di piantagione, ereditando così una specializzazione economica che risale all'epoca del colonialismo. Questa specializzazione impedisce ai paesi della Periferia di sviluppare industrie manifatturiere moderne e di valore aggiunto. Il risultato di questi meccanismi è l'immiserimento progressivo dei paesi della Periferia. Mentre i paesi del Centro prosperano grazie alle loro industrie manifatturiere avanzate, i paesi della Periferia rimangono intrappolati in un ciclo di povertà e sottosviluppo. La teoria della dipendenza ha avuto un impatto significativo sulla comprensione delle dinamiche economiche globali e ha contribuito a evidenziare le disuguaglianze strutturali tra i paesi del Centro e della Periferia. Tuttavia, è stata anche oggetto di critiche e dibattiti accademici, con alcuni che sostengono che la teoria sia troppo deterministica e non tenga conto di altri fattori che influenzano lo sviluppo economico dei paesi.concettualizzazione del sottosviluppo), Fernando Enrique Cardoso e Samir Amin (1931).
Caratteristiche fondamentali della teoria della dipendenza sono:
- I paesi poveri sono una destinazione finale per la tecnologia obsoleta ed i mercati dei paesi ricchi, senza la quale questi ultimi non potrebbero mantenere gli attuali livelli di vita.
- I paesi del Primo Mondo perpetuano uno stato di dipendenza attraverso politiche economiche e anche sociali.
- I tentativi dalle nazioni dipendenti di resistere alle influenze della dipendenza provocano spesso le sanzioni economiche e/o l'invasione e il controllo militare.
La teoria della dipendenza è emersa inizialmente come reazione alle teorie del libero scambio negli anni 50, sostenuta da intellettuali come Raúl Prebisch (Prebisch è stato il fondatore e primo Segretario Generale dell'UNCTAD), la cui ricerca con la Commissione Economica sull'America Latina (ECLA) delle Nazioni Unite sostenne che la ricchezza delle
Nazioni povere ha teso a diminuire quando l'aricchezza delle nazioni ricche è aumentata. I paesi del Terzo Mondo non sono tanto "sottosviluppati", piuttosto si sono "sviluppati male". Prebisch sostenne che il commercio internazionale stava solo rafforzando questo percorso di "cattivo sviluppo". Di conseguenza, i paesi del Terzo Mondo, sostenne Prebisch, venivano trascinati in uno stato di "dipendenza" dal Primo Mondo, divenendo produttori di materie prime per lo sviluppo dell'industria manifatturiera nel Primo Mondo, in un rapporto "centro-periferia".
La Teoria generale dello sviluppo polarizzato: I modelli puntuali dello sviluppo squilibrato risalgono, come si è visto, a metà Novecento e riflettono la forte selettività geografica della crescita industriale negli anni Cinquanta. La Teoria della dipendenza dal canto suo aveva fornito un'aggiornata cornice culturale ai palesi squilibri che avevano
Continuato a manifestarsi nel corso del ventennio successivo. E' in questo quadro che l'americano John Friedmann, incorporando nelle sue analisi il concetto centro-periferia, cerca di dare di questo processo una visione geografica unitaria, attraverso la sua General Theory of Polarized Development (1972). Friedmann supera la concezione riduzionistica che aveva animato tanto la teoria neoclassica quanto le visioni puntuali dello squilibrio, e interpreta lo sviluppo come un concreto sistema di relazioni asimmetriche alle diverse scale, da quella globale a quella regionale. Friedmann mutua infatti dalla teoria della dipendenza la visione di uno scambio ineguale di capitali, lavoro e risorse tra paesi industrializzati e paesi sottosviluppati, ma riformula la dinamica centro-periferia, descrivendola come l'insieme dei rapporti intrattenuti dalle specifiche forme territoriali assunte dal mercato e dalle reti insediative nelle varie aree geografiche, e in relazione alle rispettive.
Condizioni di sviluppo. Erano dunque le grandi aree urbane delle principali regioni avanzate il vero centro del sistema (core regions), ed esse innescavano relazioni di dominanza con le aree dipendenti. Questo strutturava una specifica gerarchia regionale sia all'interno di uno stesso Paese, sia alla scala mondiale, con un articolato sistema formato da quattro ambiti, uno centrale e tre tipologie di spazi periferici:
- Le aree centrali formato dalle aree urbano-industriali con alta concentrazione di tecnologia, ampia disponibilità di capitali, vasti mercati del lavoro, significative dotazioni di capitale sociale fisso;
- Le aree periferiche ben collegate a quelle centrali, con articolate attività economiche impiantate dal Centro, processi di modernizzazione e crescita economica;
- Le aree di frontiera le cui sole attività economiche sono legate allo sfruttamento di risorse naturali (per esempio il legname nel Bacino amazzonico);
- Le aree periferiche in via di marginalizzazione.
non interessanti per il mercato, caratterizzate da penuria di investimenti, emigrazione, assenza di processi di modernizzazione e di crescita economica.
Secondo Friedmann ciò che consente alle core regions di mantenere le loro relazioni di potere nei confronti dei vari livelli periferici è la capacità di produrre e gestire innovazione.
Fredmann permette di superare la concezione astratta dello spazio economico utilizzando il concetto di mobilità nell'organizzazione dello spazio urbano e regionale. Il ritmi dello sviluppo sono in relazione con l'evoluzione delle relazioni tra i centri che compongono l'armatura urbana di un paese e fra questi e le aree circostanti. Ad ogni stadio dello sviluppo economico corrisponderà uno specifico modello di organizzazione spaziale, che si trasformerà con il procedere dello sviluppo. Il modello di Friedmann pur essendo molto generale, poteva essere applicato alle diverse scale. A scala globale, per
esempio il Nord-Est e l'Ovestamericano, l'Europa occidentale, Cina e Giappone, ovvero lo spazio della «Triade»)corrispondono l'area centrale del sistema economico planetario. A scala nazionale ,per esempio l'Italia con le relazioni tra Nord (centro) e Mezzogiorno (periferica)negli anni 50-70; Parigi (centro) e il resto della Francia. Importanza dell'industriainnovativa, high tech; legame diretto tra il livello di sviluppo territoriale e diffusionedelle innovazioni/invenzioni.Anche la teoria della divisione spaziale del lavoro (1984) della geografa britannicaDoreen Massey, distingue tra:le attività centrali basate sulla grande impresa, sulla mass production e sulleeconomie di scala;le attività marginali, o periferiche, composte da specializzazioniindustriali ad alta intensità di lavoro ebassa intensità di capitale, pmi,mercati tendenzialmente regionali ecommercio al dettaglio.Grazie alle economie di agglomerazione
E al fatto che le tecnologie industriali vengono ottimizzate dalla compresenza fisica di tutte le funzioni produttive (fabbriche, fornitori, forza lavoro, servizi), le attività centrali tendono a concentrarsi in un numero limitato di core regions, mentre l'economia delle altre regioni tende residualmente a specializzarsi nelle attività periferiche, diventando marginale.
3. Wallerstein e la Teoria del Sistema-mondo:
Fra le teorie strutturali dello squilibrio, il tentativo più ambizioso e organico di dare una risposta agli interrogativi sullo sviluppo è rappresentato dalla Teoria del Sistema-mondo (The Modern World-System) elaborata dall'americano Immanuel Wallerstein (1930) dal 1974 al 2011. Il Sistema-mondo non è soltanto una teoria, ma un'autentica scuola di pensiero che ha alimentato un acceso e intenso dibattito fino ad oggi. Wallerstein parte dal riferimento al concetto di sistema. Un fenomeno deve essere indagato nella