vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
L'aumento della temperatura del suolo e l'emissione di gas serra
L'aumento della temperatura del suolo è dato dall'emissione di gas serra, i quali contribuiscono alla produzione dell'85% dell'energia globale, in particolare l'anidride carbonica (CO2) prodotta dall'uso di combustibili fossili come petrolio, carbone e gas naturale. Il mantenimento degli attuali livelli di concentrazione di CO2 nell'atmosfera richiederebbe di limitare l'emissione di energia da fonti fossili dell'80%. Tuttavia, secondo l'IEA, tra il 2005 e il 2030 la domanda mondiale di energia crescerà, dando luogo a un ulteriore aumento delle emissioni di CO2 e conseguentemente porterà all'acidificazione degli oceani, all'aumento della temperatura nell'atmosfera e negli oceani, all'alterazione del ciclo dell'acqua con lo scioglimento dei ghiacci e all'innalzamento del livello dei mari e all'aumento di eventi estremi.
Per frequenza e intensità, come desertificazioni e alluvioni. Malgrado il loro impatto, le grandi dighe contribuiscono all'aumento dellaa contenere questo processo. Se da un lato si assiste desertificazione dal Mediterraneo al Sahel e dall'Africa meridionale all'Asia meridionale, dall'altro aumentano le terre coltivabili alle alte altitudini in Scandinavia, Siberia, Groenlandia e Canada.
Dalla necessità condivisa di ridurre le emissioni nasce il Protocollo di Kyoto, uno strumento di politica economica internazionale in campo ambientale i cui negoziati per la sua definizione furono avviati a Berlino nel 1995 e completati a Kyoto nel 1997. La strategia ambientale si compone di due fasi: la prima, avrà termine nel 2012 e punterà alla mitigazione dei cambiamenti climatici attraverso il Protocollo di Kyoto, mentre la seconda prenderà avvio in seguito coinvolgendo i paesi avanzati e in teoria i PVS. Il Protocollo è entrato in vigore il
Il 16 febbraio 2005 è stato ratificato da 164 paesi. I paesi firmatari si sono impegnati a ridurre le emissioni del 5,2% dei principali gas serra (metano, protossido d'azoto, idrofluorocarburi, perfluorocarburi ed esafluoruro di zolfo) entro il 2012. Tale riduzione è ripartita in modo diverso per i paesi. I paesi coinvolti sono i paesi OCSE, i paesi a economia in transizione e i PVS. Gli impegni, la loro modalità di attuazione in ambito nazionale con azioni statali e in ambito di cooperazione internazionale con flessibilità, e le modalità di monitoraggio e gestione di tutte le attività del Protocollo nella fase di attuazione degli impegni, sono contenuti nel Protocollo stesso. Per la seconda fase, si propone di fissare un livello di stabilizzazione tale da prevenire interferenze con il sistema climatico, dal momento che dal livello delle concentrazioni atmosferiche si ritiene possibile desumere di.Il testo formattato con i tag HTML è il seguente:Quantotempo occorra ridurre le emissioni antropogeniche di gas serra per rendere stabile questo livello. Dagli anni '90 al 2003 le emissioni di 38 dei 40 paesi OCSE più le economie di transizione dell'Europa centro-orientale sono scese del 5,9%. Improntato alla crescita, e quindi all'aumento dei consumi, specialmente il quadro attuale è tuttavia da parte dei paesi emergenti che vogliono accrescere il loro sviluppo, come Cina e India, ma anche da parte di quelli che puntano alla conservazione dei livelli di sviluppo raggiunti, come USA ed Europa. La crescita dei consumi non potrà essere impedita nemmeno da modelli estrattivi più conservativi come quelli utilizzati dalle IOC (International Oil Companies) che negli anni '70 e l'80% della produzione. Oggi il 66% delle risorse mondiali controllavano il 75% è controllato dalle NOC (National Oil Companies) dei paesi produttori che esprimono gli interessi di paesi non.
occidentali in crescita. Si prevede un aumento dei prezzi quando la domanda sarà superiore all'offerta o quando si accentuerà l'attuale scenario speculativo. Il fallimento di strategie di diversificazione dei luoghi di estrazione è stato pagato a caro prezzo in Nigeria, nel Golfo di Guinea e in Iraq.
La strategia europea appare contradditoria per le politiche di risparmio energetico e di diversificazione, ma anche per la ricerca di nuovi accordi commerciali per garantirsi adeguate forniture di gas.
Una delle problematiche più serie nel quadro globale è la diminuzione delle risorse ittiche. Oggi il 3% degli stock ittici è poco sfruttato, il 21% moderatamente sfruttato e il 52% sfruttato al massimo delle sue capacità, cioè con un livello di prelievo coincidente con il livello massimo di riproduzione. Il 7% è sovrasfruttato, il 1% è esaurito e l'1% si sta riprendendo da una situazione di sovrasfruttamento.
una situazione di totale impoverimento. Inoltre, ben 7 delle prime 10 specie marine, pari al 30% di tutta la pesca di cattura, sono sfruttate al massimo delle loro capacità. Per soddisfare una domanda crescente si è fatto ricorso all'acquacoltura che oggi produce il 43% del pesce consumato, ma che provoca inquinamento delle acque costiere e diffusione di nuove malattie per le popolazioni selvatiche.
Nel Mediterraneo vigono normative restrittive sulla pesca a favore della conservazione dell'ambiente marino, mentre l'UE adotta misure specifiche per la protezione degli stock ittici più minacciati, ma solo un'azione condivisa di tutti gli stati costieri potrà produrre risultati significativi per una gestione sostenibile delle attività di pesca nel Mediterraneo. Il processo di impoverimento delle risorse ittiche può essere contrastato con la creazione di zone interdette alla pesca necessarie all'adozione di tecniche di pesca.
selettive e le attività di garantire il ripopolamento delle specie, controllo per la protezione del novellame. Sul piano giuridico la United Nations Convention on the Law of the Sea del 1982 stabilisce che uno stato ha diritti esclusivi di sfruttamento economico entro le 200 miglia nautiche (320 Km) dalle proprie coste. Ciò determina il confronto crescente per le risorse idriche e i nuovi scenari strategici derivanti dalla corsa ai giacimenti di idrocarburi artici, e nel medio periodo le implicazioni derivanti dalla possibilità di immagazzinare CO sul fondo dell’Artico ora consentita dalla modifica del protocollo di Londra.
I modi in cui gli individui soddisfano le loro esigenze di cibo, abiti e alloggio cambiano a seconda dell’espansione dell’agricoltura della cultura, climi ed ecosistemi in cui vivono. per aumentare la produzione globale di cibo ad esempio Negli ultimi 40 anni, le produzioni
Le terre agricole sono state aumentate del 170%. Le terre coltivate coprono più di 152 milioni di Km², e gran parte delle praterie e delle savane potenzialmente produttive è già sfruttata per coltivare cereali, cotone e altri prodotti. Le terre a disposizione non sono sufficienti a soddisfare la domanda in crescita. A tal fine, si è fatto ricorso alla deforestazione, la cui campagna più aggressiva è in corso ai Tropici, soprattutto in Africa e nell'America centrale e meridionale. Tra l'84' e il 2005 più di 560.000 Km² di foresta amazzonica brasiliana sono andati distrutti per far posto ad allevamenti e aziende agricole. L'agricoltura intensiva contribuisce inoltre alla progressiva perdita delle capacità chimiche, fisiche e biologiche dei suoli che porta poi alla desertificazione. Questa può essere combattuta riducendo l'intensità d'uso dei suoli.
Ricostruire l'orizzonte superiore del suolo piantando alberi, ma per possono occorrere secoli.
Le colture biologiche sono in notevole crescita e si è assistito allo sviluppo di prodotti alimentari transgenici, che se da un lato richiedono meno acqua e sono più resistenti a malattie e parassiti, dall'altro sembrerebbero all'origine di danni alla salute per reazioni allergiche inattese e riducono la biodiversità per la tendenza a far sviluppare monocolture.
La desertificazione accentua poi fenomeni di riscaldamento climatico e contribuisce a mettere a rischio la sopravvivenza umana o determinare grandi migrazioni di popoli verso altri territori comportando problemi etnici di conflittualità sociale. Secondo la FAO, 1/6 della popolazione mondiale e più di 1/4 della superficie terrestre sono interessati da questi processi. Gli agricoltori africani non producono abbastanza cibo per nutrire l'Africa per l'inadeguatezza delle.
L'orotecnologie e l'assenza di finanziamenti. L'uso di fertilizzanti avrebbe un ritorno economico molto alto, ma i contadini più poveri non possono comprarli a credito perché rischiano una perdita catastrofica in caso di mancato raccolto. Le alternative sono la cancellazione dei debiti pregressi come in India, il ricorso a forme alternative di finanziamento come il micro-credito e i contratti basati sull'indice di piovosità o l'investimento in impianti di produzione nei paesi che dispongono di risorse energetiche, come in Nigeria.
La rivoluzione dell'agricoltura ha avuto un impatto pesante anche sulle risorse idriche del pianeta. L'accesso è una delle questioni cruciali del nostro tempo per la crescita della domanda, i cambiamenti climatici e le siccità persistenti in molte regioni. Con le attuali tecniche solo la metà dell'acqua accresca la produzione dal 100% all'acqua dolce.
Al 400%, utilizzata l'uso industriale e arriva alle colture. Accanto all'utilizzo delle risorse idriche in agricoltura, vi è poi domestico che comprende l'irrigazione di prati e giardini. Un'altra dimensione del ciclo dell'acqua legata ai cambiamenti climatici, è la riduzione della superficie dei ghiacci che provoca un aumento dell'albedo nelle regioni critiche e un aumento significativo della temperatura degli oceani che accelera lo scioglimento, ostacola la formazione di nuovi ghiacci, modifica l'ecologia degli ecosistemi artici e scatena una nuova competizione internazionale per le risorse liberate dai ghiacci, come ad esempio le nuove rotte commerciali e in particolare la fruizione annuale del passaggio dal Nord Atlantico al Pacifico che darebbe luogo a una riduzione fino al 40% dei tradizionali percorsi meridionali o l'apertura del nuovo passaggio a con una riduzione di 8.000 Km rispetto all'attuale rotta tra Asia ed.
he devono essere gestiti in modo adeguato. Nell'Europa Nord-Ovest, questa sfida è affrontata attraverso una serie di politiche e pratiche volte a promuovere il riciclaggio e la riduzione dei rifiuti. Una delle politiche chiave è l'implementazione di programmi di raccolta differenziata, che consentono ai cittadini di separare i rifiuti in diverse categorie come carta, plastica, vetro e organico. Questo permette di recuperare materiali riciclabili e ridurre la quantità di rifiuti destinati alla discarica. Inoltre, vengono promosse campagne di sensibilizzazione per educare i cittadini sull'importanza del riciclaggio e della riduzione dei rifiuti. Queste campagne includono informazioni su come separare correttamente i rifiuti, l'utilizzo di contenitori riutilizzabili anziché usa e getta e l'acquisto di prodotti con imballaggi ridotti. Le autorità locali lavorano anche per promuovere l'adozione di pratiche sostenibili nelle aziende e nelle industrie. Questo può includere l'implementazione di sistemi di gestione dei rifiuti, l'uso di materiali riciclati e l'adozione di tecnologie più efficienti dal punto di vista energetico. Infine, vengono sviluppate infrastrutture per il riciclaggio, come centri di smistamento e impianti di trattamento dei rifiuti. Questi permettono di gestire in modo adeguato i rifiuti raccolti e di recuperare materiali preziosi per essere riutilizzati. In conclusione, l'Europa Nord-Ovest sta affrontando la sfida dei rifiuti attraverso politiche e pratiche volte a promuovere il riciclaggio e la riduzione dei rifiuti. Queste misure sono fondamentali per garantire una gestione sostenibile dei rifiuti e preservare l'ambiente per le generazioni future.