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Durrell

Atkinson, attraverso l'analisi dei testi di Durrell vuole evidenziare le prospettive

che caratterizzano la geografia culturale inglese. Durrell nasce in India nel

cuore dell’impero britannico. Fu mandato in una scuola privata inglese all’età di

12 anni. Il trasferimento avrebbe dovuto cementare la sua anima inglese ma al

contrario l’Inghilterra frantumò le certezze del suo mondo di bambino e per

tutta la vita egli mantenne un legame ambiguo con la parte inglese di se.

Durrell lasciò l’Inghilterra insieme alla sua famiglia per trasferirsi al Corfù e fu

impegnato con una serie di lavori ad Atene, Creta, in Egitto, Rodi e a Cipro.

Trovo che l’Inghilterra e l’essere inglese fossero profondamente deprimenti e

persino i suoi sforzi per seppellirsi nella classe dirigente inglese, mediante

l’accesso all’Università di Cambridge, fallirono. Politicamente egli era un

convinto sostenitore dell’imperialismo inglese nel Mediterraneo pertanto,

sebbene non si sentì mai a casa in Inghilterra, non riuscì neppure a identificarsi

con altre nazionalità o gruppi sociali. Durrell esibisce un senso geografico del

paesaggio forte e permanente. In Carosello siciliano Durrell descrive se stesso

come paesaggio-dipendente. In tal modo si identificava in un individuo

particolarmente sensibile verso differenti paesaggi, luoghi e ambienti. Presta

particolare attenzione ai paesaggi, agli ambienti e ai diversi sensi del luogo con

i quali viene a contatto. Ciò ha inizio immediatamente al suo arrivo

all’aeroporto di Catania e allorché descrive la sua visita in centro città, egli

racconta di essere passato per i sobborghi che apparivano cavernosi e luridi.

Tuttavia gli aspetti di questo nuovo paesaggio risuonano di una serie di

stereotipi sul meridione e sulla Sicilia in particolare: le rappresentazioni del Sud

dell’Italia come rumoroso, sporco, caotico e confusionario. Analogamente

stereotipi sugli abitanti della Sicilia sono introdotti subito nel testo. Mario,

l'autista del pullman è un siciliano doc, tarchiato e dallo sguardo severo e la

sua espressione era oscura e depressa. Al di là delle città egli celebrava la luce,

l’aria e i paesaggi della campagna. Ad esempio la città collinare di Piazza

Armerina era carina e vivace, il passeggiare tra quelle colline sembrava

meraviglioso. Diversamente da altri scrittori di viaggio inglesi, Durrell

raramente descriveva i luoghi per analogia con luoghi familiari della Gran

Bretagna. Gli aspetti grotteschi della moderna urbanizzazione venivano

condannati. Avvicinandosi ad Agrigento egli sperava che la città non fosse

finita sotto Il flagello dell’urbanizzazione. Per Durrell Palermo era puro stress,

mentre i sobborghi deprimenti di Catania erano condannati a causa del loro

aspetto anonimo. Egli trovò ciò che definiva la vera Sicilia nei luoghi più

caratteristici e trascurati dell’isola, i luoghi che rimanevano immuni alla

modernità. Egli pretende di trovare una certa atemporalità sull’isola ed è in

questi luoghi che sopravvive ancora una Sicilia preindustriale, non inquinata e

non complessa. All’inizio del suo libro l’autore dipinge una serie di grossolane

caricature dei suoi compagni di viaggio, britannici ed europei. Stabilisce

immediatamente una gerarchia basata soprattutto sulla loro supposta cultura e

conoscenza, sul loro grado di civilizzazione e sui loro standard di

comportamento. Lo sguardo da turista gli forniva la prospettiva privilegiata

dalla quale consumare e appropriarsi dei paesaggi, tuttavia, nonostante il suo

consumo visivo dell’isola, passo dopo passo l’autore inizia a contemplare le

geografia morale del turismo in quel tipo di luoghi. Al tempio greco di Segesta

Durrell vide una coppia di nobili che pranzavano e al tempo stesso leggevano

dei classici e mentre passavano l’uomo si rivolse alla moglie dicendo “misera

gentaglia che va in giro”. Gli aristocratici stavano apprezzando il luogo con

professionalità, nella maniera giusta, mentre loro turisti, una folla sudata di

gente di ogni forma e misure, stavano galoppando in giro distruggendo la pace.

Fu solo quando l'etichetta di turista venne rivolta a lui che l'autore si rese conto

che la sua falsa dignità morale ed intellettuale poteva venire compromessa

dalla sua partecipazione al turismo di massa.

Rêverie di un viaggio. Frammenti di paesaggio siciliano in Violette

di Giuseppina Calvaruso e Anna Lombardo

Leduc

Violette Leduc è un’autrice francese che racconta un viaggio fatto in Sicilia nel

1965. Esiliata dalla nascita in quanto figlia illegittima di un ricco borghese che

non l’ha riconosciuta e di una serva che per tutta l’infanzia le ha instillato un

irrimediabile senso di colpa per il fatto di essere nata, di essere donna e di

essere quindi votate all’infelicità della condizione femminile. A partire da

questa infanzia, dall’amore folle per la madre che la priva di ogni tenerezza che

le abbandonerà per crearsi una famiglia legittima, si struttura la tensione che

sottende alla vita e alle opere di Violette. Lasciato il nord della Francia si

trasferisce a Parigi e vive una vita segnata dalla miseria. Solo l’incontro con la

scrittura le rivelerà la possibilità di una rinascita. Ella fa un resoconto di viaggio

in Sicilia che si apre all'insegna della mitica solarità siciliana, uno dei topòi della

letteratura. Il paesaggio siciliano scorre dinanzi agli occhi estasiati dell’autrice

quando, tra due colline, ella si vede venire incontro il deserto siciliano. Durante

i suoi pellegrinaggi è disposta ad ascoltare la voce delle cose. Con un tono

calmo il deserto si racconta e alla voce del deserto si alterna quella dell’autrice

che vede questo paesaggio distendersi sotto il sole siciliano, non arido come la

maggior parte dei viaggiatori lo ha ritratto ma quasi come in un miraggio. Pur

nella sua solarità il deserto siciliano racchiude in sé l’idea della morte. Dopo

l’ebrezza provata dall’impatto con questo paesaggio l’autrice individua nello

spazio immenso delle casseforti. Sono mausolei di silenzio che suscitano

timore. Alla gamma di colori del deserto, le sfumature della sabbia, i petali di

rose, il viola dei lilla, si sostituisce il colore plumbeo e luttuoso delle case.

Continuando a viaggiare incontra lungo la strada degli uomini a cavallo che

procedono solitari. L’autrice coglie uno degli aspetti più peculiari dei siciliani,

quel chiudersi in se stessi, apatica nei confronti del proprio destino. Secondo

Violette, che ha sperimentato una dolorosa separazione dalla sua terra, vi è un

legame indissolubile tra l’uomo e il luogo in cui si vive che è tanto più evidente

tra gli umili, che affondano le mani in quella terra. di Giuseppe

Una città incompiuta: Messina a 90 anni dal terremoto

Campione

Il ruolo della geometria e quindi della geografia, secondo le analisi di Raffestin,

è quello di racchiudere il disordine dell’esistenza dentro l’ordine concreto delle

forme. A Messina si è lungo pensato che il terremoto avesse azzerato le

memorie, determinando una condizione di cittadini senza storia. L’avvenimento

terremoto segna sicuramente un taglio decisivo non solo nella struttura urbana

e nella vita economica, ma soprattutto nella composizione demografica e

.

sociale Messina appariva come un mondo livido e informe, tra cui vagavano le

ombre degli scampati e il resto della terra leggeva il numero pauroso delle

vittime e contemplava la straordinaria visione di una città crollata in pochi

secondi come i castelli che i ragazzi fanno con le carte. Una città abitata anche

da un miscuglio di gente forestiera assillata dal desiderio di far fortuna. Gli

scienziati si mettono alle prese con i problemi delle cause e degli effetti

convinti che il riparo alle future catastrofi doveva trovarsi in una razionale

edilizia. Borgese scriveva che Messina non è morta di morte naturale ma per il

suicidio. Si legge in una guida curata dal comune nel 1914 che si sarebbero

adottate misure antisismiche con case basse e strade larghe. Tutto questo era

assolutamente necessario, ma il primo pensiero avrebbe dovuto essere quello

di conservare l’impianto nel tuo schema generale cioè mantenere la vecchia

città. Messina a 90 anni dal terremoto appare come città incompiuta.

di Matteo Collura

Irredimibilità del paesaggio siciliano

L’autore parla del concetto di irredimibilità applicato al paesaggio. Si può dire

che tutta la grande letteratura individui nel paesaggio una sorta di condanna.

Nella vita dei vinti il paesaggio parla, nella letteratura espressa dai Sud del

mondo, il paesaggio è protagonista e non arredo. Sciascia della irredimibilità

della Sicilia è stato il cantore più lucido e nello stesso tempo la vittima più

illustre. Ma fermiamoci al paesaggio e al rapporto che ha con gli uomini e con

la letteratura, in particolare il paesaggio siciliano. Per Borgese la Sicilia è

un’isola non abbastanza Isola e in questa contraddizione è contenuto il suo

tema storico. Lo stretto di Messina, che la separa dal continente, nel suo punto

più angusto non raggiunge i 4 km. Dunque si tratta di essere Isolani non

abbastanza isolati. La Sicilia ha un cuore ambiguo di conseguenza ambigui

sono i comportamenti dei siciliani ad esempio l'antidoto all’essere soli, alla

isolitudine, è l'eccessiva ospitalità così celebre nei siciliani. La Sicilia, dopo gli

stupri da parte delle dominazioni straniere, ben altri stupri ha subito in tempi a

noi vicinissimi da parte di coloro i quali politicamente l’hanno guidata e

amministrata.

Paesaggio etnico, costruzioni identitarie e opposizione politica in

di Elena dell'Agnese

“Conversazione in Sicilia” di Elio Vittorini

Per definire il significato della dimensione etnica risulta indispensabile

richiamare il modello concentrico dell’appartenenza identitaria. Secondo

questa chiave di lettura il processo di costruzione dell’ appartenenza

territoriale non avviene all’interno di una dimensione territoriale esclusiva, che

sia quella della comunità locale, della Regione o dello Stato ma al contrario,

l’appartenenza territoriale si può esprimere attraverso i molteplici livelli con cui

si rappresenta l’organizzazione politica dello spazio, quindi la comunità locale,

la regione, l’azione, la comunità globale. La nascita di un sentimento di

appartenenza etnica non si basa su di un insieme di fattori oggettivi ma si

configura sulla base dei confini etnici che di volta in volta vengono selezionati

per identif

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Publisher
A.A. 2017-2018
20 pagine
4 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-GGR/01 Geografia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher venera19 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Geografia culturale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Messina o del prof Barillaro Caterina.