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DIRITTO MEDIEVALE
Anche in questo caso si mantiene sostanzialmente fedele all’elaborazione della
giurisprudenza romana. Non ci sono grandi novità.
Possiamo considerare una testimonianza di Brunnemann (brano 6): giurista del 600.
Si sofferma sull’invalidità dei patti successori. Oltre a questa testimonianza potremmo
anche richiamare il brano 4.
Opera di un altro giurista del 600 → la trattazione attesta una regola del diritto germanico
che riconosce invece validità ai patti successori.
La trattazione attesta l’esistenza di un principio contrario al diritto romano.
Relatività delle nozioni di buon costume. Il contenuto è destinato a cambiare nel corso del
tempo. Poi anche per l’ordine pubblico.
Pothier: contrarietà del contratto ai buoni costumi nell’ambito della sua trattazione relativa
alla causa del contratto. Ogni impegno deve avere una causa onesta.
Tra questa impostazione e il nostro cc non c’è differenza. Anche da noi l’illiceità della causa
determina la nullità del contratto. Ed è illecita quando contraria a norme imperative, ordine
pubblico e buon costume. Si comincia a riflettere sulla contrarietà del contratto ai buoni
costumi nell’ambito della più generale riflessione sulla causa del contratto.
CODICI MODERNI
Riflessione fatta propria anche dal code napoleon nella versione del 1804.
La riforma però è molto recente e ha eliminato la causa dai requisiti del contratto francese.
- versione originaria: art. 6 è inalterato anche dopo la riforma del 2016. E’ una delle
disposizioni preliminari del cc francese. Si è mantenuta inalterata non riferendosi alla
causa.
Art. 1331 è stato abrogato. Il legislatore francese ha eliminato il requisito della causa e ha
quindi abrogato l’articolo.
È stato abrogato anche il successivo art. 1133 relativo all’illiceità della causa. Corrisponde
quasi letteralmente al nostro 1343.
- 2016: 1131 e 1133 sono stati sostituiti dall’art. 1162 del nuovo codice: il contratto non
può derogare all’ordine pubblico, non può dunque porsi in contrasto con l’ordine pubblico,
né attraverso le sue clausole, le sue previsioni, né attraverso lo scopo perseguito. Quindi il
contratto non può porsi in contrasto con l’ordine pubblico. La contrarietà può derivare da
un’espressa previsione del regolamento contrattuale oppure dallo scopo perseguito dal
contratto. È indifferente che questo scopo sia stato conosciuto o meno da tutti i contraenti.
Non deve essere stato conosciuto da tutti i contraenti per determinare l’invalidità del
contratto.
Distinzione importante perché questa distinzione riproduce una distinzione bene presente
alla tradizione romanistica: quella tra l’agere contra legem e l’agere non contra legem, ma
in fraudem legis. Tra ciò che contrasta letteralmente con le previsioni della legge e ciò che
pur senza contrastare con le previsioni della legge ha l’effetto di frustrarne l’applicazione.
15/3/2017
Abrogato anche l’art.1172 che si soffermava sulla illiceità delle condizioni. Sono illecite
quando contrarie a norme imperative, ordine pubblico e buon costume. L’art. Di
riferimento sull’illiceità delle condizioni è il 1304.
Esiste tra i codici europei una summa divisio:
a) codici che si ispirano al modello francese (anche il nostro del 1942) trattano la
contrarietà a ordine pubblico e buon costume con l’illiceità della causa.
1143 cc → l’illiceità si ripercuote sulla validità del contratto e comporta nullità (1418 cc).
Queste nullità (primo comma 1418) vengono fatte rientrare dalla dottrina nell’ambito delle
nullità virtuali.
Si contrappongono le nullità cd. Testuali (quelle previste dal terzo comma del 1418).
Testuali perché la legge prevede espressamente la sanzione della nullità come conseguenza
di violazione di disposizioni in essa contenute.
Nullità strutturali: secondo comma 1418. Dipendono da un difetto nella struttura del
contratto.
- mancanza di uno dei requisiti del 1325 (accordo, oggetto, causa, forma ad substantiam)
- illiceità della causa
- illiceità dei motivi solo nel caso previsto dal 1345 → motivo illecito determina nullità del
contratto quando è comune a entrambi i contraenti ed è il motivo esclusivo della
conclusione del contratto
- mancanza requisiti dell’oggetto 1346 (possibile, lecito, determinato o determinabile)
Art. 2035 → principio risalente al diritto romano operante nel dolo bilaterale. In pari causa
turpitudinis melior est condicio possidentis. Prestazione contraria al buon costume: nullo.
Se qualcuno ha già eseguito la propria prestazione: non può chiedere la ripetizione se la
prestazione è stata effettuata per uno scopo che costituisca anche da parte di chi ha
eseguito la prestazione offesa al buon costume.
In questo caso sia chi ha ricevuto la prestazione sia chi l’ha eseguita, hanno posto in essere
un comportamento contrario al buon costume.
Si esclude che chi ha eseguito la prestazione possa agire in ripetizione.
Collegamento con il dolo bilaterale: nella tradizione romanistica vale il principio dolus cum
dolo compensatur.
b) Codice tedesco: il rispetto dei boni mores viene considerato a prescindere dalla
causa, che non c’è in Germania. Manca il riferimento all’ordine pubblico.
CONTRARIETA’ DEL CONTRATTO A NORME IMPERATIVE
Draft: la conseguenza della violazione di una disposizione imperativa è quella prevista dalla
disposizione violata. La legge individua le conseguenze della violazione, in mancanza di una
previsione della legge a riguardo la scelta è del giudice.
Dispone di un ampio ventaglio di possibilità:
Può ritenere il contratto valido, non sempre la violazione di una norma imperativa si
ripercuote sulla validità del contratto. Questo accade solo se l’invalidità è prevista
come conseguenza della violazione.
Il giudice può anche annullare in tutto o in parte il contratto con effetto retroattivo.
Può intervenire sul regolamento contrattuale, modificare il contenuto del contratto.
Poteri molto ampi del giudice. Secondo il draft questa discrezionalità deve essere esercitata
secondo i principi di proporzionalità e adeguatezza. La risposta dell’ordinamento deve
essere proporzionale rispetto alla gravità della violazione posta in essere e deve essere
adeguata ai risultati che l’ordinamento intende perseguire.
Per guidare il giudice quindi sono enunciati i criteri di adeguatezza e proporzionalità.
Deve tenere conto di tutte le circostanze e in particolare di alcuni criteri che vengono
elencati. La natura è meramente esemplificativa.
Questa disciplina opera nell’ipotesi in cui il contratto non sia contrario ai principi
inderogabili. L’ambito di applicazione è di carattere residuale.
Quando il contratto è contrario ai principi inderogabili è sempre nullo: non c’è
discrezionalità dell’interprete. In questo caso la contrarietà alla norma imperativa non
sempre determina la nullità.
Le conseguenze devono essere determinate avendo riguardo al contenuto e previsione
della norma violata.
La scelta effettuata deve essere una risposta adeguata e proporzionata alla violazione.
Lettera c → è possibile che alla violazione di una norma consegua l’applicazione di una
sanzione (ad esempio una sanzione amministrativa).
Si richiama alla gravità della violazione e se la violazione è stata dolosa. In questo caso si
tratta di un comportamento di maggiore gravità: i contraenti hanno agito intenzionalmente
e non con colpa.
Lettera f → vicinanza tra violazione della norma e contratto. Disciplina dei motivi illeciti.
1345 cc. Quando il motivo illecito è comune ad entrambi i contraenti e costituisce il motivo
esclusivo della conclusione del contratto, il grado di vicinanza tra violazione della norma e
contatto è massimo: la condotta posta in essere è diretta proprio ad eludere l’applicazione
della norma. DIRITTO ROMANO
L’invalidità è sempre nullità. No distinzione nullità e annullabilità. Qualcosa di simile può
essere intravista nella dialettica tra ius civile e honorarium, perché può privare di effetti un
atto civilmente valido.
Contrario alla legge: tituli ex corpore ulpiani → opera ritenuta come spuria realizzata in età
post-classica. Secondo una tesi più recente i tituli potrebbero essere appunti delle lezioni
tenute da Ulpiano compilati dai suoi allievi, in quest’opera è contenuta un’importante
distinzione: i tituli sono l’unica fonte che contiene questa distinzione.
Distinguono tra:
leges imperfectae → non prevedono conseguenze per violazione delle disposizioni in
essa contenute. Pone un divieto, ma non è prevista alcuna sanzione per la violazione
del divieto.
leges minus quam perfectae → divieto e sanzione in caso di violazione, ma la
violazione del divieto non si ripercuote sulla validità dell’atto. L’atto in contrasto
rimane comunque valido.
leges perfectae → divieto e violazione del divieto si ripercuote sulla validità dell’atto.
I tituli forniscono anche degli esempi. Non però per le leges perfectae in quanto l’opera non
è integra. Conosciamo quest’opera solo per un unico testimone: un manoscritto contenuto
nella biblioteca apostolica vaticana. È lacunoso in questo punto e quindi non c’è l’esempio
per le leges perfectae.
Lex imperfecta → caso della legge Cincia de donis et muneribus. Legge del 204 a.C.
Vietava le donazioni ultra modum → di valore superiore ad un certo ammontare. Non
conosciamo il valore del limite.
La legge eccettuava dall’osservanza del divieto una serie di persone legate tra loro da
particolari vincoli. Parentela, coniugio, affinità. Queste persone, proprio perché non sono
tenute all’osservanza del divieto vengono chiamate persone eccettuate che non devono
osservare il divieto della lex Cincia.
Non c’è la conseguenza: il divieto rimane privo di effettività o sono presenti comunque
degli strumenti che possono conferire al divieto un certo grado di effettività?
Ci sono degli strumenti: interviene il pretore. Privando di tutela il donatario che conviene in
giudizio il donante per far si che il donante rispetti l’impegno assunto.
Conclusa una donazione ultra modum. Donatario con donante che non adempie. Il pretore
concede al donante un’eccezione che permette di