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CASI PARI:

• CASI DISPARI:

La moda è il valore con la frequenza più elevata e si indica con Mo o

Mod.

Per trovare la moda: bisogna identificare la frequenza più elevata;

risalire al valore o categoria corrispondente.

La distribuzione può essere unimodale: quando si presenta un solo

valore con frequenza più elevata;

bimodale: quando si presentano due valori con frequenza elevata;

multimodale: più di due valori con frequenza elevata;

amodale: tutti i valori con frequenze unitarie o simili.

La distribuzione è simmetrica quando i valori si distribuiscono

equamente nella parte destra e sinistra della media, che coincide con

quello della moda e della mediana M=Md=Mo; è asimmetrica negativa

quando vi è una concentrazione di frequenza dei valori più alti, che si

trovano sul lato destro è M<Md<Mo; è asimmetrica positiva, speculare

alla precedente, non ci sono valori equamente distribuiti e la

concentrazione di frequenza dei valori è più bassa e si trova sul lato

sinistro M>Md>Mo.

Per le variabili misurate su scala nominale: si utilizza la moda che indica

quale tra le categorie della variabile ha maggiore frequenza;

per le variabili ordinali: è appropriato calcolare sia la moda che la

mediana;

per le variabili su scala ad intervalli e a rapporti: si usa qualsiasi indice

di tendenza centrale.

CAP IV: MISURE DI VARIABILITA’

Per ottenere maggiori informazioni occorre indagare su come i dati si

distribuiscono attorno ai valori centrali.

Il modo più semplice per descrivere la variabile è calcolare il

• campo di variazione (range). CV o Range= Max-Min.

Così però figurano solo i valori estremi, non sappiamo nulla sui valori

intermedi e sulle relative frequenze.

L’indice utilizzato nella differenza interquartile si può considerare

• analogo, dato che anche qui si utilizzano solo due valori della

distribuzione. I quartili corrispondono a tre valori che dividono in

quattro parti la distribuzione dei dati. Al di sotto del primo quartile

Q1 abbiamo il 25%; il 50% al di sotto del secondo quartile Q2; e al

di sotto del 75% abbiamo il terzo quartile.

Calcolando la differenza tra il terzo e il primo quartile si ottiene la

differenza interquartile D1, ovvero DI=Q3-Q1. Viene presa in

considerazione solo la parte centrale della distribuzione, il 50% dei dati.

MISURA DI DEVIAZIONE DALLA MEDIA:

La maniera più semplice per calcolare la variabilità della

• distribuzione sarebbe quella di calcolare la deviazione (o scarto) di

ciascun valore della media e poi trovare il valore medio di tali

deviazioni, dividendo la somma di tutti gli scarti per il numero

delle nostre osservazioni.

Il valore medio delle deviazioni ottenuto facendo la sommatoria degli

scarti non è utilizzabile come misura di variabilità perché è sempre, per

qualsiasi distribuzione uguale a zero.

Si possono prendere gli scarti dal valore medio in valore assoluto,

• così si elimina l’effetto del segno dal momento che si considera

quanto il valore si discosta dalla media. Lo scostamento semplice

medio SSM si ottiene sommando tutti gli scarti in valore assoluto e

dividendoli per il numero delle osservazioni.

Un altro modo per eliminare l’effetto del segno sul calcolo della

• media degli scarti è quello di elevare i valori al quadrato.

Sommando gli scarti dalla media elevati al quadrato e dividendoli

per il numero totale delle osservazioni si ottiene la varianza, indice

di variabilità sempre positivo. Elevando i valori al quadrato si

modifica l’unità di misura es. cm diventa cm al quadrato.

La devianza standard s si ottiene dalla radice quadrata della

• varianza. Estraendo la radice quadrata della varianza si ritorna

all’unità di misura originale.

Nel caso in cui le distribuzioni dei dati non hanno frequenza

• unitaria occorre moltiplicare ciascun scarto in valore assoluto per

la relativa frequenza.

La varianza e la devianza standard su dati con frequenza non

• unitaria. Se la distribuzione dei dati presenta frequenza non

unitaria occorre moltiplicare ciascuno scarto al quadrato per la

relativa frequenza.

La varianza e la devianza calcolate con formule con dati grezzi,

• che non prevedono il calcolo degli scarti della media.

Calcolare s2 e s (formula con dati grezzi) con frequenza non

• unitarie.

Il coefficiente di variazione consente di confrontare la variabilità di due

o più distribuzioni. Si calcosa dividendo la deviazione standard per la

media. Questo indice viene detto di variabilità relativa in quanto la

variabilità della distribuzione, detta assoluta, è messa in relazione con

la media. In genere il valore ottenuto viene espresso in percentuale,

moltiplicando per cento. La formula per il calcolo, dunque è V=s/M*100,

se stiamo lavorando su un campione; V=sigma/mi*100, se stiamo

lavorando sulla popolazione. Con questo indice è possibile fare

confronti tra distribuzioni in termini di variabilità assoluta e relativa

quando abbiamo dati per variabili che hanno unità di misura diverse.

Media e deviazione standard hanno la stessa unità di misura, facendone

il rapporto otteniamo un valore indipendente dall’unità di misura della

variabile.

CAP V: MISURE DI POSIZIONE

Per conoscere dove un determinato valore si colloca nella distribuzione

dei dati, ci serviamo degli indici di posizione. I più comuni sono i punti

z, i quartili e i percentili.

Gli indici di variabilità aggiungono informazini, rispetto alle misure di

tendenza centrale, sulle caratteristiche della distribuzione.

Un valore più piccolo di deviazione standard ci dice che tutti i

• valori stanno intorno alla media;

Un valore più grande indica la presenza di dati distanti dal valore

• medio.

Importante: gli indici di variabilità possono essere utilizzati solo su

scale quantitative.

PUNTI Z: indicano la collocazione di ciascun valore della

• distribuzione attraverso il rapporto tra lo scarto dalla media e la

deviazione standard.

PUNTI Z CON FREQUENZA UNITARIA:

PUNTI Z CON FREQUENZA NON UNITARIA:

I QUARTILI (Q): 3 valori che dividono la distribuzione in 4 parti:

Al di sotto del PRIMO QUARTILE (Q1) 25% dei casi;

• Al di sotto del SECONDO QUARTILE (Q2) 50% dei casi;

• Al di sotto del TERZO QUARTILE (Q3) 75% dei casi.

Per calcolare i quartili seguire i seguenti passi:

Ordinare i dati in modo crescente;

• In caso di frequenze non unitarie, calcolare le frequenze e le

• frequenze cumulate;

Trovare la posizione (posQ) di ciascun quartile;

• Individuare il valore corrispondente.

ATTENZIONE: nel caso in cui nelle frequenze cumulate non sia presente

l’esatta posizione calcolata, fare riferimento alla frequenza che la

comprende.

QUARTILI FREQUENZE UNITARIE:

QUARTILI FREQUENZE NON UNITARIE:

PERCENTILI (P): sono 99 punti, che dividono la distribuzione in 100

part9. Indicano la percentuale di casi che si collocano al di sotto del

valore dato.

Per calcolare i percentili seguire i seguenti passi:

Ordinare i dati in modo crescente;

• In caso di frequenze non unitarie, calcolare le frequenze e le

• frequenze cumulate;

Trovare la posizione (posP) del percentile;

• Individuare il valore corrispondente.

ATTENZIONE: nel caso in cui nelle frequenze cumulate non sia presente

l’esatta posizione calcolata, fare riferimento alla frequenza che la

comprende.

PERCENTILI FREQUENZE UNITARIE:

PERCENTILI FREQUENZE NON UNITARIE:

CAP VI: DISTRIBUZIONE DI FREQUENZA CON DUE VARIABILI

Quando abbiamo trattato le distribuzioni di frequenza e le loro

rappresentazioni grafiche abbiamo considerato una sola variabile, che

poteva essere di tipo categoriale che metrica. Da ora potremmo

osservare come costruire distribuzioni di frequenza con due variabili di

tipo categoriale.

DISTRIBUZIONE DI FREQUENZA BIVARIATA: può essere riportata in

una tabella a doppia entrata o di contingenza. Per convenienza si

denomina la tabella indicandone l’ordine attraverso righe x colonne.

Combinazione di due variabili categoriali per avere informazioni

descrittive sulla loro relazione.

Per indicare le specificazioni di una tabella si indica la dimensione,

ovvero il numero di variabili implicate. La maggior parte di tabelle che

noi trattiamo sono bidimensionali, di solito non si va oltre a quelle

tridimensionali.

Inserendo i dati possiamo osservare la seguente distribuzione di

frequenza:

entro ciascuna cella è riportata la frequenza di cella, detta anche

• frequenza congiunta, che può essere espressa in percentuale

(percentuale di cella o congiunta). Sommando tutte le frequenze di

cella dobbiamo ottenere il totale dei casi osservati. Sommando

tutte le percentuali della cella, dobbiamo ottenere 100.

Sommando per ciascuna riga le frequenze delle cose che la

compongono, i totali ottenuti definiscono la distribuzione marginale di

riga che, nel nostro esempio, è la distribuzione semplice della variabile.

Le frequenze marginali possono essere espresse in percentuale,

ottenendo le percentuali marginali di riga. Se sommiamo le frequenze di

ciascuna colonna, i totali così ottenuti definiscono la distribuzione

marginale di colonna. Questa distribuzione può essere riportata tramite

le frequenze marginali oppure le percentuali marginali di colonna.

DISTRIBUZIONE CONDIZIONATA: la distribuzione in percentuale di una

variabile entro una determinata categoria dell’altra variabile. La

percentuale si calcola sui subtotali delle distribuzioni marginali. Le

percentuali condizionate consentono il confronto fra sottogruppi. Per

percentuali condizionate di riga lavoreremo sulla distribuzione

marginale di riga; viceversa, le percentuali condizionate di colonna si

calcolano in base ai dati della distribuzione marginale di colonna.

RAPPRESENTAZIONE GRAFICA DELLA DISTRIBUZIONE DI

FREQUENZA BIVARIATA: ll grafico a barre si usa quando abbiamo

variabili qualitative. Nel caso in cui si vogliono riportare le frequenze di

cella, dovremo procedere esattamente come nel caso di una sola

variabile, soltanto che al posto delle categorie semplici, riporteremo

sull’asse X le combinazioni tra categorie, mentre su Y avremo le

frequenze.

Le barre sono separate tra di loro, ad indicare che non esiste una

continuità tra i valori. La frequenza riportata può essere semplice,

oppure si sceglie di utilizzare le frequenze relative o le percentuali.

ESERCIZIO:

CAPITOLO XIII

LA RELAZIONE TRA VARIABILI

Occorre innanzitutto compiere una distinzione tra i concetti di:

c

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Publisher
A.A. 2017-2018
42 pagine
6 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/03 Psicometria

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Chicca0308 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Fondamenti di psicometria e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Palermo o del prof Faraci Palmira.