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La comunicazione non verbale

Molti animali comunicano in maniera rudimentale, ma dobbiamo ancora dimostrare se queste sono prove di un vero e proprio linguaggio (produzione di concetti nuovi e unici secondo una grammatica formale). In alcuni casi, gli psicologi sono riusciti a insegnare agli scimpanzé a comunicare a un livello notevolmente alto, ma sembra che comunque il loro linguaggio manchi della grammatica tipicamente umana.

Per milioni di anni gli esseri umani hanno comunicato secondo sistemi semiotici non verbali e questa modalità è rimasta una dimensione fondamentale nella comunicazione, soprattutto dal punto di vista relazionale: mimica facciale, sguardo, gesti, postura, distanza fisica. I linguaggi non verbali sono abbastanza universali, in quanto le manifestazioni sono governate da strutture neurobiologiche, ma con una certa variabilità dovuta al contesto culturale e relazionale. Possono essere involontari o controllati.

natura e cultura.

processi automatici e processi volontari.

Il sistema vocale

  • Ogni volta che si pronunciano delle parole, insieme alla dimensione linguistica viene coinvolta anche quella vocale non verbale, composta da diversi elementi:
    • Riflessi vocali (starnuto, tosse, sbadiglio), vocalizzazioni (ah, eh) e caratterizzatori vocali (ridere, piangere)
    • Segnali extralinguistici: caratteristiche vocali a lungo termine; possono essere organiche (configurazione anatomica del locutore) o fonetiche (modalità di utilizzo dell'apparato fonatore)
    • Caratteristiche paralinguistiche: effetti vocali a medio termine, proprietà acustiche transitorie (intonazione, ritmo, tono e intensità)
  • La dimensione vocale non verbale comunica in maniera precisa gli stati emotivi del locutore, e gli interlocutori sono in grado di riconoscere l'emozione espressa nel 60% dei casi.

Il sistema cinesico

  • Movimenti del volto: sistema semiotico privilegiato, in quanto il volto attira l'attenzione dell'interlocutore.
Esprimono in primo luogo le esperienze emotive e gli atteggiamenti relazionali (es. sorriso = disponibilità a cooperare, ad aumentare l'intimità, a segnalare la non aggressività...)
Movimenti degli occhi (sguardo): molto importante nelle culture occidentali, serve ad attirare l'attenzione, a inviare informazioni, a raccogliere feedback, a gestire i turni. Riflette anche le emozioni (positive = aumento del contatto oculare). Ci sono delle differenze in base alla cultura, al genere, al ruolo...
Movimenti del corpo (gesti): i gesti sono movimenti volti a generare un significato (li usiamo anche quando l'interlocutore non può vederci). Si distinguono in:
- gesti iconici: accompagnano la parola, illustrandone il contenuto
- pantomime: rappresentazione motoria di azioni o scene
- gesti simbolici: altamente convenzionalizzati (es. segno di Ok)
- gesti deittici: funzione di indicare
- gesti motori: movimenti semplici e ritmici che

Il sistema prossemico e aptico:

  • Prossemica: regolazione della distanza tra gli individui
    • Zona intima: 0-0,5 m
    • Zona personale: 0,5-1 m
    • Zona sociale: 1-3,5 m
    • Zona pubblica: 4+ m
  • I contesti definiscono le zone ottimali entro cui restare per evitare reazioni di difesa (differenze culturali)
  • Aptica: gestione del contatto corporeo tra gli individui. Questo è un bisogno fondamentale dell'essere umano, ma può comunicare diversi significati: vicinanza, supporto, affetto, ma anche una relazione di dominanza (anche qui, dipende dal contesto e dalla cultura di appartenenza).

Dal linguaggio ai linguaggi: l'atto globale e l'intermodalità semantica

Per lungo tempo comunicazione verbale e non verbale sono state tenute distinte e alla prima è stato attribuito il ruolo principale nel veicolare i significati. Secondo Birdwhistell (1970), però, la componente non verbale è responsabile del 65%

del significato, e non ha solo un ruolo di "coloritura". Gli studi più recenti si sono orientati a superare del tutto la distinzione, coniando la definizione di "attocomunicativo globale", un'entità unitaria di atti molecolari regolati dall'intenzione comunicativa secondo infinite combinazioni. Gli atti molecolari assumono quindi un valore semantico solo in relazione con gli altri segni. Come noi conosciamo il mondo sulla base della multimodalità percettiva, così ci esprimiamo attraverso intermodalità semantica, ossia l'uso di linguaggi diversi (parola, gesto ecc.) in media diversi (corpo, telefono ecc.) per costruire un linguaggio dotato di senso. Questo avviene anche negli artefatti comunicativi, ad esempio un film (immagine e musica). Capitolo 10 - Motivazione 10.1 Spiegare la motivazione La motivazione è l'insieme dei fattori che direzionano e stimolano il comportamento dell'uomo e degli.

altri organismi viventi. Include aspetti biologici, cognitivi e sociali, infatti nel suo studio si sono prodotti molteplici approcci teorici.

10.1.1 Gli istinti: nati per essere motivati?

Il concetto di istinto

Nello studiare la motivazione ci si è rivolti innanzitutto alla "spinta" derivante dagli stati interni dell'organismo, ossia agli istinti, modelli di comportamento innati, integrati nel sistema nervoso e biologicamente determinati (non appresi). Fin dalla nascita, quindi, ogni animale ha delle risposte pronte che gli permettono di adattarsi rapidamente all'ambiente. Tra questi sistemi comportamentali finalizzati a base genetica ci sono ad esempio il comportamento sessuale, l'allevamento dei piccoli e il comportamento sociale.

Il concetto di istinto fu proposto inizialmente da Darwin (1859), per il quale gli istinti erano legati alla selezione naturale, in quanto favoriscono l'adattamento. In psicologia, il concetto fu diffuso da William McDougall.

a inizio '900. Egli riteneva gli istinti il motore di ogni condotta e tentò quindi di ricondurre tutto il comportamento a un numero ristretto di "inclinazioni" (propensities). Ricerche successive arrivarono a contare addirittura 14.000 istinti, ma in realtà il concetto di istinto si dimostrò poco esplicativo per le attività umane più complesse. Etologia e imprinting Il concetto di istinto fu ulteriormente precisato tra '800 e '900 dagli studi in etologia, attraverso l'osservazione del comportamento degli animali. Fu quindi utilizzato per indicare schemi innati e specie-specifici di comportamento, involontari e innescati da stimoli specifici (stimoli-chiave). Anche se l'apprendimento può produrre alcune modifiche, gli schemi di azione fissa sono immutabili. Studiando oche e anatre, Lorenz (1937) elaborò il concetto di imprinting, un comportamento specie-specifico geneticamente programmato, che porta i

piccoli anatroccoli a seguire (e quindi a considerare come madre) il primo oggetto in movimento con cui entrano in contatto e che emette un richiamo sonoro.

Il modello di comportamento sottostante agli studi etologici è il modello idraulico, fondato sull'idea di energia: l'energia è quella forza che motiva il comportamento e si accumula all'interno dell'organismo, liberandosi quando diventa troppo intensa (attività a vuoto) o quando c'è uno stimolo esterno (la sensibilità allo stimolo-chiave è minore quanto più è l'energia accumulata). Senza energia, non c'è comportamento.

Il comportamento umano è così complesso che non può essere considerato come semplice frutto dell'istinto, anche se alcune risposte molto semplici, come i riflessi, sembrano essere innati. Modelli più recenti hanno quindi riformulato questa teoria della motivazione.

10.1.2 La teoria della

riducendo la tensione e portando ad azioni che soddisfano i bisogni. Secondo questo modello, la mancanza di requisiti biologici fondamentali (ad esempio, acqua) produce una pulsione (sete) allo scopo di ottenere una certa risorsa. Il comportamento è quindi guidato dalla necessità di mantenere il più possibile una situazione di equilibrio (omeostasi) rispetto ai cambiamenti dell'ambiente. Omeostasi e teoria biologica Il primo a suggerire la teoria dell'omeostasi fu Cannon (1929). Utilizzando meccanismi di feedback, l'omeostasi controlla le variazioni nelle funzioni corporee, riportandole a uno stato ottimale. La teoria biologica della motivazione si basa su questo concetto. - Pulsioni primarie: fame, sete, sonno, sesso... Legate a bisogni biologici del corpo. - Pulsioni secondarie: non sono legate a necessità biologiche, ma nascono da esperienze passate e dall'apprendimento (ad esempio, successo personale). Una volta apprese, però, funzionano come quelle primarie, riducendo la tensione e portando ad azioni che soddisfano i bisogni.generando uno stato di bisogno. Il modello pulsione X abitudine. Il modello della riduzione delle pulsioni è riscontrabile in teorie diverse, ad esempio nella psicanalisi freudiana (le pulsioni di sesso e aggressività motivano il comportamento umano) e nel comportamentismo. Clark Hull considera due componenti alla base della motivazione: - abitudine (habit): associazione ripetuta tra uno stimolo e una risposta. La sua forza dipende dai rinforzi ricevuti, ma non è sufficiente senza pulsione. - pulsione (drive): spinta all'azione per soddisfare un bisogno. La teoria dell'incentivo: spinta e attrazione. Il modello di Hull faceva dipendere il comportamento da fattori esclusivamente interni all'organismo, mentre anche i fattori ambientali sono influenti. Si introduce quindi il concetto di "incentivo": il valore di ricompensa dell'oggetto. Secondo la teoria dell'incentivo, il motore della motivazione sta nelle.

proprietà desiderabili di oggetti esterni (voti, denaro, affetto, cibo, sesso). La teoria spiega in effetti c

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A.A. 2021-2022
80 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/01 Psicologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Gringoire8 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Fondamenti di psicologia generale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma Tor Vergata o del prof Morabito Carmela.