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I SENSI CHIMICI: IL GUSTO

Generalmente si riconoscono quattro sapori fondamentali, ovvero il salato, acido,

dolce, amaro, ai quali va aggiunto un quinto gusto, meno noto, denominato umàmi

(gusto dell’aminoacido glutammato). Tuttavia, nonostante vi siano soltanto cinque

sapori fondamentali, riusciamo comunque a percepire una complessa varietà di sapori

dei cibi: questo avviene grazie all’integrazione di esperienze gustative ed olfattive (ad

es. la cipolla si confonderebbe con la mela se non fosse per l’odore). In aggiunta,

anche le sensazioni termiche, la vista e il dolore contribuiscono all’esperienza

gustativa: si pensi ad esempio al sapore del peperoncino e quindi alla lieve sensazione

dolorifica generata dalla capsaicina (il principio attivo del peperoncino che genera la

sensazione del piccante). E’ la lingua l’organo principale del gusto. Tuttavia, la

sensazione del gusto è mediata anche da altre aree, ovvero il palato, la faringe,

l’epiglottide e la cavità nasale. Una caratteristica della lingua è che alcune delle

sue aree sono più sensibili ad alcuni sapori: ciò non significa però che vi sono aree

sensibili esclusivamente a sapori specifici, ma al contrario vi è una diversa

“specializzazione” in settori specifici della lingua. La lingua è inoltre cosparsa di

diverse papille che prendono il nome dalla loro forma: si riconoscono papille

circumvallate (rotondeggianti), fogliate (a forma di foglia), fungiformi (a forma di

fungo). Come si può osservare anche dall’immagine in basso, le papille crescono in

dimensioni dalla punta verso il fondo della lingua. Ogni papilla contiene inoltre

centinaia di bottoni gustativi o calici gustativi, che a loro volta comprendono

numerose cellule recettrici del gusto. un calice gustativo è composto dalle cellule

del gusto, dagli assoni afferenti gustativi, e dalle cellule basali. Sulla sommità delle

cellule del gusto si riconoscono i microvilli, ovvero la regione della cellula sensibile

agli stimoli chimici che si prolunga sino al poro gustativo, dove la cellula entra in

contatto con la saliva (e le sostanze disciolte in essa). Le cellule del gusto formano

quindi sinapsi con gli assoni afferenti gustativi, e con alcune cellule basali. Si tenga

presente che una cellula recettrice del gusto «vive» in media due settimane, e viene

successivamente rimpiazzata: questa è la ragione per cui, ad esempio, chi inizia una

dieta povera di sale necessita soltanto di poche settimane per adeguarsi ai nuovi

sapori. Gli stimoli chimici attivano le cellule depolarizzandole ed eventualmente

innescando un potenziale d’azione. L’entrata di Ca2+ determina il rilascio di diversi

trasmettitori in base alla cellula stimolata (ad es. amaro e salato si associano al

rilascio di serotonina). vi sono tre nervi cranici che conducono l’informazione dagli

assoni primari sino al tronco. Ciascun nervo cranico proviene da porzioni diverse della

lingua e della bocca, ovvero:

VII, nervo facciale.

- Innerva due terzi anteriori della lingua

IX, nerveo glossofaringeo.

- Innerva il terzo posteriore

X, nervo vago.

- Innerva le regioni attorno alla gola

Nel tronco encefalico, i nervi cranici contraggono sinapsi con il nucleo gustativo, che

è una regione del nucleo solitario, situato nella porzione rostro-laterale del bulbo. Dal

nucleo gustativo del tronco encefalico il segnale è diretto verso il nucleo

ventroposteromediale (VPM) del talamo, e da qui verso la corteccia gustativa

nell’area di Brodmann 36 e nelle regioni opercolari e insulari. Una caratteristica

singolare del gusto è che le sue vie sono ipsilaterali ai nervi cranici da cui ricevono

informazioni. In altre parole, quella del gusto è l’unica via sensoriale che non decussa.

Gli scienziati si sono interrogati a lungo sui meccanismi neurofisiologici che

consentono il riconoscimento e la discriminazione del gusto. Questa indagine ha dato

luogo a due teorie:

Teoria delle vie specifiche, secondo cui la sensazione del gusto è mediata da fasci

di fibre gustative altamente specifiche.

Codificazione in base al profilo globale di scarica di una popolazione di fibre:

secondo questa teoria, la sensazione gustativa viene convogliata da fibre che

rispondono a più modalità, ovvero aspecifiche. La percezione di ogni sapore

del profilo di attivazione

deriverebbe quindi dal confronto di un gran numero di neuroni

sintonizzati.

E’ altamente probabile, però, che siano entrambi i meccanismi sopra descritti a

consentire al nostro cervello di riconoscere gusti diversi.

I SENSI CHIMICI: L’OLFATTO

Il nostro cervello ha parzialmente preservato alcune caratteristiche primordiali

dell’olfatto, che si evincono ad esempio dalla secrezione di feromoni, ovvero sostanze

chimiche rilasciate dall’organismo che mediano la comunicazione fra individui. Per

comprendere come l’olfatto possa assumere questa funzione, basti pensare che gli

odori hanno la capacità di evocare ricordi, ma anche di regolare i rapporti fra animali e

fra esseri umani. Non a caso, l’odore di ciascun individuo è definito geneticamente, e i

gemelli presentano lo stesso odore. Pur non essendo così determinante nell’uomo,

l’olfatto ricopre comunque un importante ruolo comunicativo già nelle prime fasi di

vita: il neonato ad esempio riconosce l’odore della propria madre e, grazie a questo

“marcatore”, mostra una preferenza selettiva per il seno della mamma rispetto a

quello di altre donne. Analogamente, anche la mamma è in grado di riconoscere il

proprio bimbo grazie ai segnali olfattivi. Oltre che il riconoscimento, sembra che

nell’uomo l’olfatto possa favorire anche la regolazione di alcuni rapporti sociali:

evidenze sperimentali dimostrano ad esempio che le donne che vivono insieme

tendono a sincronizzare maggiormente il ciclo mestruale se esposte all’odore ascellare

delle altre donne. Si ritiene inoltre che negli uomini i feromoni possano mediare in

parte anche l’attrazione sessuale (sicuramente avviene negli animali), sebbene non è

ancora chiaro quanto questo aspetto sia influenzato da processi di condizionamento.

Gli organi dell’olfatto

L’abilità umana di percepire gli odori è resa possibile dall’epitelio olfattivo (vedi

immagine in basso), situato nella cavità nasale e composto da tre cellule principali:

cellule recettrici dell’olfatto:

- diversamente da altri recettori (es. della vista) sono dei

veri e propri neuroni che mandano i loro assoni nel SNC.

cellule di supporto:

- favoriscono la produzione di muco, e la loro azione è simile a

quella delle cellule gliali.

cellule basali:

- producono nuove cellule recettrici dell’olfatto, e sono quindi un raro

esempio di neuroni che si rigenerano

Soltanto una piccola parte di aria inalata raggiunge l’epitelio olfattivo. Le sostanze

odorose si sciolgono infatti nello strato mucoso prima di raggiungere i recettori

dell’olfatto. Questa caratteristica trova spiegazione nel fatto che virus e batteri

potrebbero potenzialmente trovare nell’epitelio olfattivo un canale di accesso al

cervello, per cui è fondamentale la presenza di anticorpi nel muco che ne impediscano

il passaggio. Lo strato mucoso circonda le cilia delle cellule olfattive ed è composto

da proteine, enzimi e anticorpi. I recettori dell’olfatto presentano da una parte un

lungo dendrite che termina con delle cilia alle estremità, dall’altra invece degli assoni

che raggiungono il bulbo olfattivo attraversando uno strato osseo denominato

lamina cribrosa. L’insieme degli assoni olfattivi costituisce il nervo olfattivo, che

corrisponde al I nervo cranico. Nello specifico, gli assoni amielinici dei recettori olfattivi

raggiungono i due bulbi olfattivi (che rappresentano la prima stazione di

ritrasmissione olfattiva) a livello dei glomeruli, ovvero delle formazioni sinaptiche

assoni dei recettori olfattivi

specializzate dove decine di migliaia di formano sinapsi sui

mitrali a pennacchio.

dendriti di cellule dette e Gli assoni delle cellule mitrali e a

pennacchio si immettono poi nel tratto olfattivo e proiettano a diverse aree cerebrali.

Centri superiori dell’olfatto

Gli assoni del tratto olfattivo raggiungono aree diffuse della corteccia frontale.

Tuttavia, diversamente dagli altri sistemi sensoriali, soltanto una parte dei segnali

raggiunge la neocorteccia passando attraverso il talamo, in particolare mediante il

nucleo dorso-mediale. Vi sono infatti alcune vie olfattive che seguono un percorso

l’amigdala e l’ippocampo.

differente raggiungendo il sistema limbico, in particolare

Come si può intuire, la via limbica dell’olfatto sottende prevalentemente l’elaborazione

delle caratteristiche “affettive” degli odori, oltre che dei ricordi ad essi associati.

Inoltre, diversamente da altri sistemi sensoriali, nei centri olfattivi non si riconosce una

rappresentazione topografica. Questo avviene poichè, a causa della scarsa selettività

dei recettori olfattivi, i centri di elaborazione superiore sono chiamati ad interpretare

odori diversi (e la loro combinazione) provenienti dalle medesime aree del bulbo

olfattivo.

Disordini del sistema olfattivo

Anche il sistema olfattivo, analogamente agli altri sistemi sensoriali, è suscettibile di

alcune disfunzioni. Di seguito vengono riportate le principali:

Iposmia: lieve alterazione caratterizzata da ridotta sensibilità agli odori (ad es. in caso

di raffreddore).

Anosmia specifica: alterazione caratterizzata da ridotta sensibilità verso una specifica

sostanza odorifera (o un gruppo di sostanze).

Anosmia totale o anosmia: perdita completa della percezione olfattiva.

Cacosmia: allucinazioni olfattive (spesso di carattere disgustoso) che si manifestano

ad esempio in caso di accessi epilettici in sede temporale.

Il sistema visivo

La quantità di luce che raggiunge la retina è regolata da un muscolo circolare, l’iride,

la cui pigmentazione determina ciò che definiamo “il colore degli occhi”. In particolare,

la luce entra attraverso la pupilla, il foro al centro dell’iride. Grazie all’iride, la pupilla

può variare di dimensioni in funzione del grado di illuminazione, trovando il giusto

compromesso fra sensibilità (scarsa illuminazione) e acuità (percezione di dettagli).

Dietro la pupilla vi è il cristallino, il cui compito principale è quello di mettere a fuoco

la luce sulla retina. In particolare, è la variazione di tensione del cristallino (consentita

dai muscoli ciliari) che può aumentarne o ridurne la capacità di mettere a fuoco gli

oggetti. Il processo di adattamento del cristallino viene detto accomodamento.

La percezi

Dettagli
A.A. 2018-2019
22 pagine
3 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/02 Psicobiologia e psicologia fisiologica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher pamela.nistico di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Fondamenti anatomo-fisiologici dell'attività psichica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università telematica Niccolò Cusano di Roma o del prof Perri Rinaldo Livio.