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CRITICA ALLA SOCIOBIOLOGIA
I sociobiologi sono criticati in un saggio di Gould e Lewontin a causa
dell’approccio adattazionista : cioè l’idea che esistano dei
meccanismi innati specializzati per svolgere determinate
funzioni .
I sociobiologi infatti ritenevano che tutti i comportamenti si
potessero spiegare ammettendo che la nostra mente sia costituita
da moduli mentali ciascuno riferito ad un’azione specifica; in questo
modo esisterebbe un modulo per il corteggiamento, uno per il sesso
e anche per lo stupro.
L’esistenza di un modulo per lo stupro non solo è una giustificazione
di un atto criminale orrendo ma presenta anche delle discrepanze
logico – razionali: pur accettando l’esistenza di tali moduli mentali
non è chiaro come una persona scelga di utilizzarne uno piuttosto
che un altro. Inoltre i sociobiologi sostengono che pur esistendo tali
moduli, non è detto che gli organismi che li possiedono esibiranno il
comportamento per cui sono stati progettati. Il modulo produrrà il
comportamento solo in determinate circostanze.
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A metà anni ’80 , la sociobiologia diventa psicologia
evoluzionistica: Secondo la psicologia evoluzionistica, la mente
umana così come il corpo è un sistema che si è evoluto per
selezione naturale e che consiste in adattamenti.
La mente attuale perciò è frutto di una lunga storia evolutiva dove
sono sopravvissuti i geni di coloro che sono riusciti a fronteggiare al
meglio i problemi della specie: procurare cibo,riprodursi ..
La sociologia evoluzionista afferma che la nostra mente si sia
evoluta e adattata alle condizioni dell’età della pietra per questo si
parla di atavismo; L’unico meccanismo per adattarsi a tale
condizione si ritiene sia la selezione naturale che può funzionare
solo grazie all accumulo di geni favorevoli.
Duprè critica la visione geno-centrista degli psicologi evoluzionisti
=> Due gemelli cresciuti in ambiente culturali diversi si
svilupperanno in maniera diversa e tramanderanno elementi
culturali diversi.
Non sono solo i geni a determinare lo sviluppo dell’organismo, bensì
intervengono altri molteplici fattori come sostiene la Teoria dei
sistemi di sviluppo. I geni sono solo una parte che interagisce con
fisiologia riproduttiva della madre, risorse dell’ambiente, schemi di
comportamento utilizzati dai genitori per allevare la loro prole.
CAPITOLO 3: LA PSICOLOGIA EVOLUZIONISTICA DEL SESSO E
DEL GENERE
Secondo la psicologia evoluzionistica, uomini e donne sono diversi a
causa di una differenza innata che li spinge ad agire in maniera
diversa.
Le donne vogliono figli e quindi cercano un partner che dia loro
sicurezza e stabilità perciò cercano uomini forti e benestanti che
possano essere garanzia di benessere per i figli
Gli uomini invece, sono alla ricerca di donne attraenti e giovani che
possano garantire una buona gravidanza.
Tutte queste caratteristiche secondo Dupré non sono
necessariamente determinate da differenza innate geneticamente
ma possono essere ad esempio frutto di un prodotto culturale-
sociale.
Oggi ad esempio un uomo ricco ambisce a donne giovani per
dimostrare la sua superiorità e la sua affermazione.
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Lo stupro è un argomento molto considerato dai teorici della
sociobiologia.
E’ considerato un comportamento normale ed istintivo dei maschi
che vogliono garantirsi una discendenza.
Secondo quanto detto prima, un uomo di ceto sociale medio-alto
non avrebbe problemi di accoppiamento con una partner mentre
invece ci sarebbero poche speranze per gli uomini di basso ceto
sociale: da qui emerge lo stereotipo dello stupratore seriale povero
e disadattato ma in realtà i dati dimostrano che la maggior parte
degli stupri avviene da parte di persone vicine alle vittime.
CAPITOLO 4: IL FASCINO DELLA PSICOLOGIA
EVOLUZIONISTICA
Secondo Dupré, la psicologia evoluzionistica presenta delle
mancanze metodologiche e quindi vuole analizzare perché e come
questo tipo di approccio abbia potuto ottenere così tanti consensi.
L’UNICITA’ DELLA SCIENZA
Secondo Dupré non esiste un fatto scientifico unico comune a tutti i
progetti, se si presupponesse il contrario non sarebbe solo sbagliato
ma si giustificherebbe una cattiva scienza che genererebbe una
cattiva pratica.
Tooby e Comsides , in un capitolo intitolato L’unicità della scienza,
propongono un monismo ontologico, dove l’unica materia di cui
sono fatte le cose è la materia fisica, non esistono menti cartesiane,
anime o fantasmi.
Essi parlano di centralità dell’endogeno : secondo questa
spiegazione dovremmo sempre preferire spiegazioni basate sulle
proprietà intrinseche e strutturali dell’oggetto o dell’entità piuttosto
che preferire le proprietà contestuali; Un esempio di questa teoria
basata sulla centralità dell’endogeno è ad esempio l’importanza del
gene che si attribuisce al ruolo del gene nei processi di sviluppo.
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Secondo Dupré invece lo sviluppo è influenzato e dipende
dall’ambiente in cui si vive mentre per gli psicologi evoluzionisti
l’ambiente è un elemento marginale.
Oggi l’evoluzione viene considerata come una visione scientifica
che sostituisce le precedenti visioni mistiche delle origini della vita,
dall’altra parte però l’evoluzione è anche un processo storico. Storia
=> No percorso determinato come quello della scienza.
La psicologia evoluzionista sicuramente ha trovato molta
approvazione grazie ai suoi numerosi campi di applicazione. La
tendenza della scienza è quella di espandere i suoi campi di
applicazione, questo fenomeno Dupré lo definisce imperialismo
scientifico: E’ un atteggiamento percui la scienza espande una
propria scoperta di successo oltre il suo dominio di applicazione.
L’adattazionismo ha un limite, non ci spiega come qualcosa
funziona e perché lo fa.
LA FALLACIA NATURALISTICA
Gli psicologi evoluzionisti di oggi non sprecano molto tempo nel
comprendere le implicazioni politiche ed etiche delle loro teorie
piuttosto si soffermano su un’ importante fallacia naturalistica : Non
può esistere un modulo psicologico a meno che il comportamento
non si presenti con una certa frequenza e quindi i moduli sono quelli
che madre natura ha progettato per noi.
CAPITOLO 5: TIPOLOGIE DI PERSONE
Dupré analizza i processi di modificazione culturale e la natura della
diversità culturale sotto diversi punti di vista.
Il potere della cultura: la cultura è in grado di produrre molti più
cambiamenti di quanto non sia in grado di fare la selezione
naturale. Questo avviene perché la cultura dipende
dall’apprendimento e non ci sono limiti su quanto si possa
apprendere.
Le forze culturali sono più potenti nel determinare il comportamento
umano rispetto a quelle biologiche perché sono normative => Le
regole funzionano come delle macchine e funzionano se
conferiscono all’individuo un motivo convincente per agire in
conformità delle stesse o ancor meglio se un individuo agisce per
rispettare una regola. 5
Gli esseri umani vanno studiati su 3 livelli:
1. Universali biologici: Dupré sostiene che nonostante esistano dei
fattori biologici comuni a tutti, l’interazione tra gli innumerevoli
elementi contestuali ed ambientali fa sì che diventi improbabile che
i fattori biologici determinino in modo significativo il
comportamento. I fattori genetici determinano nella maggior parte
degli esseri umani interessi per il cibo e per il sesso.
2. Le differenze culturali: E’ più probabile che siano gli universali
culturali a determinare il comportamento rispetto a quelli biologici-
genetici. Gli psicologi evoluzionisti continuano ad insistere
sull’esistenza di elementi profondi comuni a tutte le culture, bisogna
però dire che a livello superficiale in realtà esistono delle grandi
differenze.
Tutti noi siamo consapevoli e ammettiamo l’esistenza delle specie e
ci identifichiamo con una di queste specie.
Esistono però anche delle specie culturali alle quali l’individuo sente
di appartenere per questo si parla molto spesso di diversità
culturale che oggi viene attenuata dalla globalizzazione che grazie
alle tecnologie e alle innovazioni offre l’opportunità di rendere
vicine persone che vivono lontane tra loro nello spazio.
3. Le differenze individuali
IMPERIALISMO SCIENTISTICO (Levitt): Si scaglia contro i più
presuntuosi umanisti e esponenti delle scienze sociali, egli è
convinto che la scienza sia indiscutibilmente qualcosa di buono
perciò la scienza è l’unica verità.
CAPITOLO 6: LA TEORIA DELLA SCELTA RAZIONALE
Se dovessimo individuare un modello di riferimento per le scienze
sociali questo modello prende il nome di teoria della scelta
razionale.
Per spiegare queste teoria bisogna partire dall’interrogativo: “come
si può spiegare un’azione umana “? Serve individuare a
quale fine sia diretta e successivamente individuare le
condizioni che mettono in relazione l’azione con quel fine.
Tuttavia alcune azioni non necessitano di alcuna spiegazione poiché
avvengono in maniera automatica o perché sono frutto di una
norma culturale (es: mangiare con la forchetta).
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Quando le domande trovano una risposta nei progetti più specifici
dell’individuo sorge il problema della razionalità ipotizzato dalla
teoria della scelta razionale.
La teoria della scelta razionale presume che l’azione umana sia
la migliore possibile per chi la compie, le azioni sono basate
principalmente su ciò che l’individuo vuole come bisogno e
desiderio. Questa teoria ha forti tendenze imperialistiche, i suoi
principali esponenti sono gli economisti.
Gli economisti non accennano a come le persone stabiliscono i loro
scopi così come la psicologia evoluzionistica non accenna ai
meccanismi psicologici che generano i comportamenti automatici.
In questo senso queste ultime sono due teorie potenzialmente
complementari, la psicologia evoluzionistica ci dice quello che le
persone vogliono mentre la teoria della scelta razionale ci dice
come le persone si procurano ciò che desiderano.
Il cuore della teoria della scelta razionale è l’economia dove
predomina l’economia neoclassica. Le sue varianti sono incentrate
su due idee:
1. Individuo che cerca di massimizzare il proprio utile
2. Il mercato
L’homo oeconomicus è colui che appare sul mercato con il suo
fagotto