Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
IL MUTUO RICONOSCIMENTO
I
Dalla dissimmetria alla reciprocità
Sul piano categoriale la reciprocità non può essere data per scontata. Sul piano temporale la
simultaneità prevale sulla successione. Nel mutuo riconoscimento , del commercio intersoggettivo e
ancor più nel caso della comparazione si tratta si una simultaneità esistenziale.
La categoria esistenziale di reciprocità prende spunto dalla difficoltà che la fenomenologia incontra
nel derivare la reciprocità dalla dissimmetria originaria del rapportro tra me e gli altri.
La fenomenologia offre due versioni contrapposte di questa dissimmetria originaria a seconda che
essa assume come polo di riferimento io o l'altro:
1. la versione di Husserl nelle Meditazioni cartesiane : è una fenomenologia della percezione,
il suo approccio è teoretico
2. la versione di Levinas in Totalità e infinito e in Altrimenti che essere o al di là dell'essenza è
una versione etica e antiontologica
entrambi possiedono una propria legittimità e non bisogna schierarsi con uno o con l'altro ma
soffermarsi sulla serietà con cui entrambi vogliono superare la dissimmetria che non permette che la
reciprocità si manifesti.
La Quinta Meditazione Cartesiana è il tentativo più radicale di rendere conto dello statuto di alterità
dell'estraneo a partire dal polo ego; in un secondo movimento, dello statuto derivato dalla comunità
degli ego a partire dalla costituzione dell'alter ego.
La dissimmetria è imposta dall'autosufficienza dell'ego nella riduzione di ogni trascendenza naturale
e una coscienza trascendentale per la quale ogni realtà deriva dall'autoesplicazione
(Selbstauslegung) del mio ego come soggetto di ogni conoscenza possibile. La costituzione del
fenomeno “altri” diviene paradossale: l'alterità di altri si costituisce in me e a partire da me, ma è
essendo altro che l'estraneo è costituito come ego per se stesso cioè come un soggetto di esperienza
come lo sono io, soggetto capace di percepire me stesso in quanto appartenente al mondo della sua
esperienza. Husserl ha spinto la riduzione dell'ego sino alla “sfera del proprio” o “sfera di
appartenenza”, incentrata sul mio corpo senza riferimento a un altro esterno a quella sfera. Il mio
stesso corpo si offre come primo analogon di un corpo proprio altrui la cui esperienza immediata
sarà sempre per me accessibile. Il senso di “appercezione analogica” consiste nel fatto di essere una
trasposizione categoriale, preintellettiva perchè rinvia ad una prima creazione di senso in base alla
quale il rapporto tra me e l'estraneo è un rapporto da modello a copia. Questa appercezione
analogica ha triplice sostegno: relazione di accoppiamento(amicizia, conversazione ordinaria..),
esistenza estranea della concordanza delle espressioni (gesti, posture..), ricorso all'immaginazione
(l'altro è la dove io potrei essere se mi spostassi, cosi l'immaginazione fa coincidere il qui per lui
con un là per me).
L'appercezione analogica ha il merito di preservare intatto e anche di esaltare, l'enigma dell'alterità.
L'altro non resta per me uno sconosciuto ma resta solo “percepito” non solo come un altro me
stesso ma anche come un altro io, un alter ego, nel senso analogico del termine. In questo senso l'io
e l'altro non “compaiono” veramente , soltanto io appaio, l'altro, supposto analogo, resta
“appresentato”.
Con la versione di Lèvinas la dissimmetria tra l'io e l'altro procede dal polo altro verso il polo io.
L'idea di essere viene integrata nel processo di assimilazione di tutte le differenze, comprese quelle
istituite tra me e altri all'interno di una fenomenologia della percezione come quella di Husserl.
Le due idee di essere e di totalità si sovrappongono, mentre fa eccezione l'idea di infinito.
C'è una conquista di esteriorità dove l'io non viene ignorato ma trova la propria consistenza nella
identificazione con sé che si richiude sul godimento del suo mondo. L'io è “a casa propria” in
questo mondo dalui abitato e l'estraneo è ciò che turba il suo essere a casa propria. Lo stesso e l'altro
entrano in una relazione i cui termini non formeranno mai una totalità.
Rispetto alla relazione dell'appercezione analogica di Husserl, qui troviamo una relazione inversa,
dove il volto coniuga trascendenza ed epifania. L'epifania è una rivelazione sui generis e non una
appercezione analogica. L'io viene strappato dal suo stato di separazione e di godimento di sé e
chiamato a rispondere. Responsabilità non è perciò affermazione di ipseità ma risposta secondo il
modello dell'”eccomi” di Abramo.
È la possibilità dell'assassinio che apre la questione del rapporto mutuale: se è vero che “altri è il
solo essere che posso desiderare di uccidere “ quale ricorso e quale soccorso può invocare la
“resistenza etica”? Come risposta il libro si limita a dire che bisogna lasciarsi insegnare dalla bontà,
la non-violenza della pace, alla base la figura dell'altro. L'asimmetria dell'interpersonale ritorna
come verità del discorso della fraternità e della bontà. Una relazione in cui io e l'altro diventassero
intercambiabili rincondurrebbe le cose all'indietro, dall'infinito alla totalità.
II
LA SFIDA DI HOBBES
In questa fase viene sottolineato come il riconoscimento reciproco rischia di non trovare mai
termine con il misconoscimento nel senso di diniego di riconoscimento.
Viene proposta l'ipotesi secondo la quale il tema dell'anerkennung ne guadagnerebbe se considerato
come un replica di natura morale alla sfida lanciata da un interpretazione naturalistica delle sorgenti
della politica. Con ciò ammettiamo tacitamente che la problematica dell'essere tra e con è di natura
fondamentalmente politica.
La scienza da cui deriva la natura del bene supremo sembra essere la politica che determina quali
scienze sono necessarie nelle città.
Hobbes si trova difronte al compito di ribaltare il rapporto tra omologia tra il bene dell'individuo e il
bene delle città che è in un certo senso il tratto comune a tutte le filosofie morali e politiche degli
Antichi.
Il punto sarà capire se alla base del vivere insieme esiste un motivo morale che Hegel indentificherà
con il desiderio di essere riconosciuto. La teoria hobbesiana dello “stato di natura” sarà rivisitata
sotto l'aspetto di teoria del misconoscimento originario.
La mente umana è intesa come un fascio di attività regolate dal desiderio mentre il desiderio è
guidato dalla capacità di calcolo senza la quale non sarebbe possibile il concatenarsi di argomento
che dalla paura della morte violenta conducono alla conclusione del contratto da cui nasce il dio
mortale raffigurato dal Leviatano.
Ma c'è una radicalizzazione: la paura della morte violenta viene a installarsi all'origine del lavoro d
Hobbes. Questa radicalizzazione costituisce un “esperienza di pensiero” imprevedibile.
Le tre passioni primitive che insieme caratterizzano lo stato di natura come “guerra di tutti contro
tutti” sono:
− la competizione (fa si che gli uomini si aggrediscono per il guadagno)
− la diffidenza (fa si che gli uomini si aggrediscono per la sicurezza)
− la gloria (fa si che gli uomini si aggrediscano per la reputazione)
nessuna di queste passioni viene concepita senza riferimento alle altre, ciascuno sa di essere uguale
a ciascun altro sul piano passionale.
Questa uguaglianza di natura degli umani è sottolineata dal primo capitolo, dove quello che gli
uomini fanno è più importante di quello che pensano.
Senza il confronto tra gli uomini non esisterebbe l'inimicizia che li spinge a “distruggersi” l'un
l'altro.
Leo Strauss afferma che riguardo alla vanità( o gloria), fonte di illusione, la paura della morte
costituisce il principio di verità da cui derivano le misure razionali che condurranno al contratto
politico-decisivo.
Lo stato di natura quindi avrebbe in sé l'antinomia originaria tra vanità e paura della morte violenta.
Le leggi naturali, seppur appartenenti allo stato di natura, costituiscono un obbligo. Lo stato
dovrebbe procedere da un contratto di cui il sovrano non è contraente e che impegna tutti gli uomini
che nello stato di natura ignorano l'esercizio della valutazione in termini di preferenza morale.
Il permesso è misurato da ciò che è richiesto da ciascuno per la propria conservazione cioè
l'aumento del potere sulle persone (considerato necessario alla conservazione del sé). Il permesso è
quindi l'ultimo anello della catena: vanità, diffidenza, attacco preventivo.
Successivamente (cap. XIII Leviatano) si parla della ragione: la ragione suggerisce articoli di pace
convenienti in base ai quali gli uomini possono essere spinti ad accordarsi.
La ragione viene presentata come calcolo suscitato dalla paura della morte violenta.
Bisogna distinguere la legge dal diritto dove la legge vieta e il diritto autorizza e permette.
Questa differenza tra diritto e legge rischia di essere misconosciuta perchè al divieto si attribuisce la
figura di una serie di precetti (Hobbes):
− ricercare la pace e perseguirla
− difendere noi stessi con tutti i mezzi possibili
− deporre questo diritto a tutte le cose
Hobbes aveva bisogno di un'idea di diritto di deposizione unilterale del diritto proprio di ciascuno,
per rendere plausibile l'idea di una rinuncia alla totalitò dei diritti individuali a beneficio del solo
principe a condizione che la rinuncia sia reciproca.
Per quanto riguarda la PROMESSA anche se non ha i caratteri della mutualità, viene fatta ad un
altro al quale viene promesso che domani sarà dato, dunque ceduto, in cambio di un beneficio
anteriormente ricevuto; al termine si questi atti si sviluppa un covenant.
Il trasferimento di diritto, di libertà e potere (trasferimento unilaterale) si aggiunge la reciprocità del
COVENANT.
Delle tante “altre leggi di natura” viene presa in considerazione in particolare la nona che introduce
il termine tecnico di acknowledgment: che ognuno riconosca che l'altro è uguale a sé per natura.
La violazione di questo precetto è l'orgoglio. L'acknowledgment secondo da legge di natura limita
la diffidenza secondo lo stato di natura grazie alla deposizione unilaterale del diritto e grazie al<