Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Dio e la critica illuminista alla religione
Dio acquista una funzione metodologica: l'esigenza di sottrarre la spiegazione scientifica al possibile intervento del caso. Ma Dio è soltanto l'autore dell'ordine del mondo fisico e viene rifiutata qualsiasi sua intromissione nel mondo degli uomini. L'obiettivo primario degli illuministi è la rigorosa delimitazione della religione. La critica si rivolge contro le religioni istituzionalizzate con tutti i loro culti, riti e dogmi.
La figura più rappresentativa è Voltaire. La sua polemica anti confessionale è l'aspetto che maggiormente caratterizza la sua battaglia a favore della libertà individuale. Egli prende posizione a favore della tolleranza religiosa e contro la religione che ritiene intollerante per eccellenza, quella cattolica romana. Dalla sua polemica emerge l'idea di un ordine che favorisce all'interno di una stessa entità statale la pluralità di osservanze religiose, in modo da impedire
che una di esse possa divenire troppo potente. La libertà individuale difesa da Voltaire è concepita come libertà di poter esprimere le proprie opinioni. Mentre in passato oggetto di tolleranza sono state credenze e opinioni diverse, oggi, in stretta connessione vuoi con i fenomeni di immigrazione di massa, vuoi con il riaffermarsi di istanze particolaristiche di identificazione, lo sono anche l'"essere" e l'"appartenere" di soggetti tecnicamente e culturalmente diversi da quelli che compongono la maggioranza in un determinato Stato-nazione. "Per meritare la tolleranza", afferma Voltaire, "è necessario che gli uomini comincino a non essere fanatici", e nel medesimo contesto dichiara che bisogna punire gli intolleranti. Voltaire ritiene che vi sia un limite stesso alla tolleranza: non si può essere tolleranti nei confronti di coloro che agiscono in modo intollerante. L'ideale illuministico della tolleranza deriva dallattribuire a ciascuna persona il medesimo valore. Il riconoscimento del pluralismo di opinioni diverse è una conseguenza del riconoscimento di questo principio universalistico della persona umana. Ed è sulla base di questo principio etico che viene fondata anche la tolleranza. Il pluralismo delle idee e delle opinioni è accettato purché ciascuna di esse rispetti quel principio universalistico. L'idea che il diritto naturale sia la fonte del diritto positivo e che il diritto positivo non fondato sul diritto naturale sia soltanto un complesso di superstizioni "paragrafi", si ricollega senza dubbio alle dottrine giusnaturalistiche del secolo precedente. Come già nel '600, anche nel '700 si ricorre all'idea di una natura umana in sé, astratta cioè dalle modificazioni che a essa ha apportato la civiltà: si ipotizza uno stato naturale anteriore allo stato civile e si definiscono diritti che l'uomo deveAver avuto già in questo stato primitivo. Tale idea risale a Locke ed è chiaramente polemica rispetto a Hobbes. Per Locke già nello stato di natura esistono dei veri e propri diritti naturali fondamentali e inalienabili che precedono qualsiasi unione sociale e politica. Gli illuministi si muovono senz'altro nella direzione aperta da Locke. Esistono diritti che sono effettivamente naturali, nel senso che spettano all'uomo per il solo fatto di essere uomo, dunque per questa sua qualità naturale. I più importanti sono il diritto alla libertà personale e il diritto alla proprietà privata. Ne consegue che la funzione e il fine essenziale dello Stato consiste nel proteggere e garantire questi diritti naturali. Lo Stato non potrà non tenere conto del fatto che "la condizione prima che l'uomo ottiene dalla natura, che è stimata il più prezioso di tutti i beni che egli possa possedere, è la"
condizione di libertà; essa non può essere scambiata con un'altra, né vendere, né perdersi: perché tutti gli uomini nascono naturalmente liberi". Questa concezione di un diritto che la natura concede a tutti gli uomini per il solo fatto di essere uomini, sottrae il diritto non solo all'influenza della religione, ma anche all'influenza dello Stato. Esiste un diritto precedente a ogni potere divino o statale e da essi indipendente, e questo diritto deriva dalla natura umana, da un aspetto di questa natura che accomuna indistintamente tutti gli uomini: il fatto di essere liberi e capaci razionalmente di pensare in proprio. Tutto ciò però non deve far venir meno l'istanza universalistica del riconoscimento. Il valore delle persone è una conseguenza del principio universale della persona come valore. Come conciliare la necessità e l'invarianza di vincoli eterni, dell'idea di una legge dinatura, con l'affermazione che ogni idea ha origine nei sensi e che quindi nessuna idea può avere un significato superiore a quello delle singole esperienze sensibili su cui si regge? Sembra che il razionalista etico abbia il sopravvento sull'empirista. A tal punto che Voltaire in una lettera del 15 ottobre 1737 indirizzata a Federico II di Prussia, prende addirittura le distanze dal suo maestro Locke. La presa di distanza da Locke viene ribadita da Voltaire nel suo scritto Le Philosophe ignorant, dove viene istituita un'analogia tra le leggi che riguardano la natura e quelle che riguardano l'uomo: non può essere che il mondo fisico sia governato dalle leggi universali e intangibili e quello morale abbandonato al caos e all'arbitrio. La legge fondamentale della morale è attiva in tutte quelle che conosciamo. Nell'interpretazione di questa legge esistono differenze, ma la base è sempre la stessa: la credenza in un principio universale,
valido per l'intera umanità. Su questo fondamento è stata costruita l'idea dei diritti inalienabili dell'uomo. Le premesse ideologiche risalgono al giusnaturalismo, ma è soltanto con l'illuminismo che questa idea si è veramente incarnata nella storia. La Déclaration des droits de l'homme et du citoyen (26 agosto 1789) ne è stato il prodotto finale: è lì infatti che troviamo sanciti i diritti naturali e imprescrittibili dell'uomo. Si potrà mettere in dubbio l'universalità di questi diritti e sostenere che essi nascondono soltanto l'emergere di particolari diritti, legati a una determinata classe sociale. La libertà, secondo Marx, è soltanto la maschera dietro la quale si cela il padrone finalmente libero di sfruttare. Il valore universale dell'uomo nasconde soltanto l'universalità del valore di scambio. È sintomatico che tra i diritti
I diritti inalienabili dell'uomo, dopo la libertà, vengono subito nominati la proprietà. Così, dietro all'affermazione universalistica di diritti inalienabili, compare quello che già per Beccaria era un "terribile diritto" e che costituisce il marchio inconfondibile della società borghese. L'immediata utilizzazione di quei principi da parte di una determinata classe sociale non fa venir meno il loro carattere universale. L'universalità di un valore non viene meno, se per incarnarsi nella storia ha avuto bisogno di un soggetto storico che lo realizzi. E l'acquisita libertà è un bene troppo alto e prezioso perché possa essere confuso con qualsiasi identificazione particolaristica: un bene che oggi più che mai va difeso contro tutti gli attacchi. Le diverse "pulizie etniche" sono soltanto gli aspetti più appariscenti di qualcosa di più profondo: la crisi di ogni ideale.
e accusa chi sostiene la dottrina retributiva di essere arcaico e di non tener conto delle esigenze di prevenzione del crimine. Questa dicotomia è stata oggetto di dibattito sin dai tempi dell'Illuminismo, quando filosofi come Kant, Filangeri e Hegel hanno cercato di affrontare la questione penale da diverse prospettive. Kant, ad esempio, sosteneva la dottrina retributiva, secondo cui la pena deve essere proporzionale al crimine commesso, mentre Filangeri e Hegel si sono invece concentrati sulla prevenzione del crimine, sostenendo che la pena deve essere utilizzata come deterrente per evitare futuri reati. Questo dibattito tra retribuzione e prevenzione continua ancora oggi, con diverse teorie e approcci che cercano di trovare un equilibrio tra queste due prospettive.Accusa chi è sostenitore dell'altra dottrina di rimanere legato a una concezione antiquata che affonda le sue radici in un modo di concepire il diritto che lo confonde con la morale e la religione.
Kant formula la sua ben nota concezione della pena nella Metaphysik der Sitten, un'opera tarda della sua produzione, pubblicata nel 1797. Kant già in precedenza si è espresso sul significato della pena assumendo una posizione che era tutt'altro che ostile alle dottrine preventive della pena. Due quaderni di lezioni di filosofia morale (datati 1782 e 1784-1785), ma sicuramente risalenti a lezioni della seconda metà degli anni '70: il primo di C.C. Mrongovius e il secondo di G.L. Collins. In entrambi i quaderni Kant introduce una significativa differenza tra due tipi di pene: le poenae vendicativae, le quali vengono inflitte perché "il male è già accaduto", e le poenae medicinales suddivise in correctivae ed exemplares.
Le prime pene assumono un tratto decisamente retributivo, mentre le seconde lasciano altrettanto decisamente trasparire un significato preventivo. Questi due distinti concetti di pena hanno un loro diverso contesto di applicazione: il primo in ambito morale, il secondo in ambito giuridico. Una cosa è la pena morale, la quale spetta al colpevole a causa del male compiuto, altra cosa la pena giuridica che invece viene inflitta dall'autorità "o per ammonire l'uomo stesso che pecca, o gli altri attraverso questo esempio". Con riferimento alle pene giuridiche mostra di far addirittura proprio il criterio preventivo: le pene sono "mezzi, per prevenire i delitti" e lo intende sia in senso specialpreventivo (ammonire l'autore stesso del reato), sia in senso generalpreventivo (ammonire gli altri attraverso l'esempio dato dalla pena sofferta dal reo). Introduce anche un criterio retributivo quando afferma "tutte le pene dei principi odell'autorità sono pragmatiche, o per emendare o per servire da esempio agli altri. Tuttavia ogni reato, a parte questa pena, è degno di essere punito per il fatto di essere accaduto". L'autorità punisce esse