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Il sistema di Spinoza è basato sul metodo geometrico che vede Dio come l’ordine geometrico del
mondo. Non è un Dio inteso come entità trascendentale, della Bibbia, lui rifiuta il modello biblico
perché lo vede come una forma di superstizione, come un Dio antropomorfizzato. Per lui Dio è questa
perfezione che c’è nel mondo, si ritorna ad un panteismo di tipo naturalistico, Dio coincide con la
natura. Anche per Spinoza sono molto importanti i problemi esistenziali dell’uomo, nella nostra vita
noi diamo importanza a cose passeggere. La filosofia agisce come catarsi esistenziale e può farci capire
cosa conta di più nella vita dell’uomo. L’unica cosa che può farci superare i problemi esistenziali è il
contatto con l’assoluto. Nella sua opera L’ordine geometrico del mondo spiegato secondo i principi
geometrici, usa il metodo geometrico perché la moda dell’epoca era di tipo matematizzante a causa
della rivoluzione scientifica e ci può far avere il distacco emotivo giusto per renderci più precisi nelle
nostre spiegazioni del mondo. Secondo Spinoza alla base di tutto c’è il concetto di sostanza; con
Cartesio la sostanza è accanto a una sostanza prima che è Dio, un’idea innata, accanto a questa ci sono
quelle che sono definite sostanze seconde, cioè la res cogitans e la res extensa. Per Spinoza c’è un’unica
sostanza che è ciò che è in sé e per sé si concepisce, è Dio, l’assoluto. Quest’unica sostanza ha infiniti
attributi, di cui però l’uomo riesce a conoscerne soltanto due, il pensiero e l’estensione. Essi hanno a
loro volta delle caratteristiche e delle proprietà, cioè dei modi finiti e infiniti. I modi infiniti del pensiero
sono intelletto e volontà, i modi infiniti dell’estensione sono la quiete e il movimento. I modi finiti sono
le manifestazioni particolari, i singoli individui. Spinoza si chiede anche che rapporto ci sia tra anima e
corpo nell’uomo. Secondo Cartesio c’è un dualismo insanabile, che risolve con la ghiandola pineale,
per Spinoza c’è una corrispondenza biunivoca, sono legati fra loro poiché sono attributi di un’unica
sostanza (monismo metafisico e panteistico).
Rousseau
Rousseau fa una critica nei confronti della modernità che luccica ma nasconde un cuore oscuro perché
è corrotta, bisogna riscoprire la vera natura dell’uomo. La società civile per Rousseau ha le stesse
caratteristiche dello stato naturale per Hobbes: vanagloria, onore, ecc. Il suo obiettivo è recuperare
questo stato di natura che la società civile ha corrotto. Lo stato di natura illumina le caratteristiche che
la società civile moderna ha corrotto rendendole invisibili. Ciò che distingue l’uomo dagli altri animali
è la libertà (capacità di resistere all’impressione della natura verso una certa condotta o reazione) e la
facoltà di perfezionarsi. Nello stadio primitivo l’uomo è caratterizzato da: amor proprio, cioè l’istinto
di autoconservazione e pietà, la capacità di immedesimarsi nell’altro sofferente. Nel primo stadio
primitivo gli individui non cooperano, hanno caratteristiche molto animalesche e non proprio umane,
l’uomo non conosce il bene ed il male morale ma solo fisici (non esistono perché chiamano in causa un
rapporto con gli altri che non c’è). Il secondo stadio è il momento ideale dello sviluppo della società
umana. Si esce dallo stadio primitivo in maniera graduale, con il superamento dell’isolamento che
consentiva di rimanere ciascuno chiuso in sé. Lo stato di natura presenta tre momenti: il puro stato di
natura, il passaggio allo stato intermedio (anch’esso casuale), confine con lo stato civile. La proprietà
privata rompe il rapporto tra diritto e utilità che caratterizzava la società intermedia, per questo la
nascente società cedette il posto allo stato di guerra. Per uscire dallo stato di guerra si richiede un
potere civile, ma questo non risolve il problema alla radice. Rousseau definisce patto iniquo il patto
sociale e civile della società in cui vive, propone come alternativa un patto equo. È iniquo perché non
elimina l’elemento corruttore della società, i proprietari diventano schiavi a causa di nuovi bisogni, del
non accontentarsi. La causa di tutto questo è la vanagloria definita come ambizione divorante.
Rousseau non elimina la proprietà privata nel contratto sociale ma ne disinnesca l’elemento corruttore
e problematico inscrivendola in un contesto differente che è quello della volontà generale. Il contratto
sociale è un’alternativa di patto iniquo il cui fine è il bene comune, prevede un atto di unanimità. Per
Rousseau la vera religione è quella civile perché non è fatta di dogmi religiosi ma di sentimenti di
socievolezza senza cui è impossibile essere buoni cittadini o sudditi fedeli.
Hume e Smith
Hume è completamente ateo, considera la religione dal punto di vista di un fenomeno storico e
psicologico. Il punto di partenza del sentimentalismo humeano è la vita quotidiana delle persone,
ricostruisce un quadro esclusivamente sulla base delle risorse della mente umana collocata dentro
società sufficientemente civilizzate. Abbandona il tema contrattualistico del passaggio dallo stato di
natura allo stato civile, l’idea che si possa offrire una garanzia all’etica attraverso leggi naturali. La
ragione non è più un segnale della speciale collocazione che l’essere umano ha nel cosmo creato da
Dio. Con il sentimentalismo vi è un rovesciamento di un primato delle passioni rispetto alla ragione
(stoicismo capovolto). La passione non è né vera né falsa, non ha bisogno di essere verificata, invece
la ragione sì. La morale consiste nell’operare delle passioni, perché queste producono le azioni e non
la ragione. Le passioni hanno una relazione tale per cui è il mondo che si deve adeguare alla mente,
invece nel caso della ragione la direzione di adeguamento è quella opposta. Questo perché la morale
è costituita da stati desiderativi e quindi non va pensata come una forma di credenza, cioè di
rappresentazione delle cose. L’approvazione morale consiste in un sentire una soddisfazione di un
certo tipo nel contemplare una certa qualità. L’oggetto dell’approvazione morale non è l’azione ma il
carattere a cui questa azione è connessa. La vita morale degli individui è fatta di uno scambio delle
emozioni che vediamo provare agli altri, è una vita di trasmissione e immedesimazione sentimentale.
L’immaginazione è ciò che trasforma l’impressione di sensazione in impressione di riflessione,
rendendo possibile la trasmissione emotiva. Osservo il dolore, o la felicità, provato da un altro, ho
un’impressione di sensazione, essa si fissa successivamente sula nostra memoria con un’idea (intesa
come copia illanguidita dell’impressione), e infine, tramite l’immaginazione, questa idea ci riporta ad
una passione che noi stessi abbiamo provato. Un carattere è approvato moralmente quando: è utile
agli altri, è utile alla persona stessa che lo possiede ed è gradevole agli altri. In Hume il presupposto è
che qualcun altro provi un’emozione. Smith, invece, non parla di immedesimazione nella situazione
dell’altro, noi possiamo provare un’emozione immedesimandoci nella situazione in cui si trova l’altro
anche se questo non sta provando emozioni. Il processo di simpatia non è più statico (Hume) ma
dinamico, c’è una convergenza verso un punto medio in cui consiste lo sforzo di immedesimazione
reciproco fra agente e spettatore. Il risultato di questo sforzo di convergenza è quello che Smith chiama
spettatore imparziale, ovvero lo sforzo correttivo di immedesimazione che dobbiamo fare ogni volta
che entriamo in contatto con le emozioni di qualcun altro. L’approvazione morale si articola in due
giudizi di tipo morale: il giudizio di appropriatezza e il giudizio di merito. La figura dello spettatore
imparziale è la grande novità di Smith rispetto a Hume, finisce per essere una specie di coscienza che
regola quei giudizi di appropriatezza e merito in cui consiste l’approvazione morale.
Kant
Kant vuole capire qual è il fondamento della legittimità nelle scienze naturali. Il punto principale è
capire se è possibile la metafisica come scienza, perché essa non riguarda oggetti che si incontrano
nell’esperienza, e quindi prevede un uso della ragione slegato dall’esperienza. Individua un uso puro
della ragione che enuncia verità oggettive e necessarie nonostante sia slegata dall’esperienza. La
conoscenza consiste in giudizi: esistono giudizi analitici a priori, che non aggiungono nulla al concetto
del soggetto (es. il triangolo ha tre lati), giudizi sintetici a posteriori, che hanno bisogno del ricorso
all’esperienza per essere veri (es. il corpo è pesante), giudizi sintetici a priori (matematica e della
geometria). La struttura della nostra mente articola la realtà attraverso due tipi di forme: le categorie
(i concetti puri dell’intelletto) forme della struttura della mente e le intuizioni (facoltà della sensibilità),
costituite da due forme (spazio e tempo). Tramite spazio e tempo + 12 categorie io (la soggettività
trascendentale) percepisco il materiale empirico che mi è dato dall’esperienza. Le tre idee oggetto
della metafisica sono: anima, mondo e Dio. L’azione morale ha a che fare con la ragione e la forma,
esclude tutta la sensibilità. Kant dice che deve esistere una morale assoluta, valida per tutti e non
ancora all’esperienza. La ragione deve andare oltre i limiti dell’esperienza perché se rimane ancorata
all’esperienza non dà origine al comportamento morale. Ci sono diversi tipi di prescrizioni per il nostro
comportamento: le massime e gli imperativi. Le massime hanno un valore soggettivo, che prescrivono
un comportamento solitamente anche in vista del fine; gli imperativi, invece, essendo oggettivi,
valgono per tutti e possono essere ipotetici o categorici (se…devi, devi.. perché devi). Kant pensa la
morale come il dovere di compiere certe azioni e il divieto di compierne altre. La massima è il punto di
partenza dell’azione in ognuno di noi, il soggetto agisce sempre secondo massime. La legge morale
definisce la moralità delle azioni, agli antipodi da Hume. Con la terza critica trova un collegamento tra
critica della ragion pura e pratica. L’uomo ha una terza