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LEZIONE XVII
Come sono possibili i giudizi sintetici a priori. Tutti i giudizi effettivi sono sempre a posteriori. Nella CRP
quando si parla di giudizio trascendentale si parla delle sue condizioni. Devono poggiare però su condizioni a
priori, come anche i giudizi di gusto. Deve aggiungere qualcosa che non è ricavabile dal concetto
dell’oggetto. Il nerbo della deduzione kantiana è che quello che è aggiungiamo è la relazione tra le nostre
facoltà conoscitive. Nota al paragrafo 38. Dobbiamo esser fatti nello stesso modo per quanto riguarda le
nostre facoltà trascendentali. Dobbiamo presupporre queste facoltà in tutti. In realtà è minimale. Nel 21 ha
fatto vedere come la conoscenza non sarebbe possibile se non fossimo in grado di parlare delle condizioni
soggettive del conoscere oggettivo. Nel caso del giudizio di gusto non possiamo mai dire se il giudizio di
gusto viene pronunciato/sentito in base al suo principio di determinazione (se è puro o in base ad altri
presupposti). Ciò non toglie la legittimità di riferirsi di diritto a quel principio.
PARAGRAFO XXXVII: Che cosa lo rende a priori? Stesso problema del nove. Dobbiamo capire le
condizioni di questo piacere. I giudizi di gusto sono singolari perché legano il loro predicato, non a un
concetto, ma a una rappresentazione empirica singola data.
PARAGRAFO XXXVIII: Torna sul 21. Kant mette insieme dei pezzi che aveva già articolato in paragrafi
precedenti. Nella nota spiega perché la deduzione è facile. Non ha bisogno di legittimare la realtà oggettiva
di un concetto, non si riferisce a delle proprietà dell’oggetto.
NOTA: Si ha la rivoluzione copernicana. Siamo autorizzati a presupporre universalmente in ogni uomo le
stesse condizioni soggettive della facoltà di giudizio che troviamo in noi; e inoltre che abbiamo sussunto
giustamente l’oggetto dato sotto queste condizioni. Il nucleo della deduzione è la comunicabilità. Mette a
confronto il piacevole, il buono, il sublime e il bello. Per il piacevole si presume che si abbia la stessa
impronta culturale. I sensi contano per l’estetica ma possiamo anche essere privati di certi sensi perché ciò
che ci riguarda è il sentimento. Si tratta di una percezione riflessa. Il buono non ha problemi e anche il bello,
contrariamente a ciò che avviene quando si parla di sublime che presuppone una cultura che abbia sviluppato
un’etica e un riferimento al sovrasensibile. La superstizione deve essere superata legata al sublime, riguarda
un sentimento in noi nel caso di un essere come un Dio. il sublime è un giudizio estetico che presuppone una
morale. Le condizioni messe in luce nell’esperienza di gusto sono le stesse sempre. Quella proporzione, non
specifica (una in cui il rapporto tra le facoltà conoscitive fa ravvivare le facoltà dell’anima) è richiesta pure
per quel comune sano intelletto che è lecito presupporre in ciascuno 8espressione che si ritrova nel “Discorso
sul metodo”). Ci fa distinguere un interlocutore affidabile a livello conoscitivo da uno psicotico. Sembra
precisarsi la questione che le condizioni di un giudizio di gusto sono necessarie e dunque comunicabili
anche per l’esperienza più comune, anche se non le usiamo facciamo affidamento a queste condizioni.
Questa stessa proporzione la possiamo vedere esibita in un giudizio di gusto.
PARAGRAFO IXL: Il piacere per il bello non è un piacere del godimento, né di un’attività in accordo con
leggi ma lo è della SEMPLICE RIFLESSIONE. Grazie alla facoltà delle intuizioni (immaginazione)e dei
concetti (intelletto)
PARAGRAFO XL: Vi sono tre massime : la prima è dell’intelletto, la seconda della facoltà di giudizio e la
terza della ragione. Inoltre si potrebbe definire il gusto come la facoltà di giudicare ciò che, in una
rappresentazione data, rende il nostro sentimento universalmente comunicabile senza mediazione di un
concetto. Il gusto è quindi la facoltà di giudicare a priori la comunicabilità dei sentimenti che sono legati
a una rappresentazione data (senza mediazione di un concetto). Noi parliamo di senso della giustizia,
verità ma lo facciamo in maniera abusiva. Parliamo in realtà di concetti. Egli non si riferisce al senso comune
come senso volgare, dunque pronto a cogliere ogni pregiudizio. Si accenna a quelle che chiamerà le tre
massime. Devo usare l’immaginazione (da Aristotele in poi) è descritta come la facoltà di percepire un
oggetto anche quando non c’è una percezione attuale dell’oggetto. Essa può avere un’altra funzione di
dislocazione, anche rappresentare me stesso in un altro luogo dunque di collocarmi in una prospettiva che
non è la mia. Kant sta dicendo che dobbiamo metterci nei panni di un altro da tanti punti di vista. L’empatia è
un meccanismo neutro per fare del bene o del male. Kant sta dicendo una cosa diversa: una persona che è
convinta di pensare autonomamente non deve fidarsi della sua autonomia non rimanendo ristretta al proprio
campo visuale. Quando pensa all’imparzialità di un giudizio pensa non sia cosa facile. Le prime due
massime sembrano quasi in contraddizione. Devo tener conto di mettermi immaginativamente nella
prospettiva di ciascun altro. Non è il punto di vista di Dio ma umano. La prima libero da pregiudizi e
riguarda l’intelletto, la seconda ampia è propria della facoltà del giudizio, la terza quella conseguente. Il
gusto può essere detto sensus communis. È inoltre la facoltà di giudicare a priori la comunicabilità dei
sentimenti legati a una rappresentazione data.
PARAGRAFO XLI: Può esservi dato un interesse. Empiricamente interessa solo in una società. Il gusto
agevola dunque la socievolezza e si estende anche alla comunicazione di un sentimento. La comunicabilità
universale è una facoltà trascendentale ed è diversa dalla comunicazione universale che è empirica. Da una
comunicazione empirica bisogna presupporre una comunicabilità universale che è trascendentale. Si scopre
che si sta comunicando quel rapporto tra facoltà conoscitive fondamentale. Il passaggio dalla sensazione alla
comunicabilità universale non si estende senza ambiguità. Se non si parte dalla piacevolezza, ma dalla
purezza del principio del giudizio di gusto si vedono le relazione con la morale.
PARAGRAFO XLII: Perché Kant previlegia il bello naturale? Le cose non stanno così. Riguardano il
problema del principio di determinazione del giudizio di gusto. Il canto dell’usignolo è identico
materialmente, perché Kant previlegia quello naturale? Riguardano il problema di determinazione del
giudizio di gusto, se lo faccio io ho in mente uno scopo, il fatto che sia vero è come se fosse un cenno che
la natura, senza nessuna intenzione, non teleologicamente organizzata, mi viene incontro presentandomi
qualcosa come conforme a scopi. Qual è il problema di fondo della terza critica? Quello di verificare se
questi due domini (leggi della natura e della libertà) possono trovare un comune territorio in cui le leggi della
libertà possono trovare terreno favore. La natura non si oppone ai miei progetti, non è ostile ai miei piani
perché mi viene incontro.
LEZIONE XVIII
PARAGRAFO XLII: Come al giudizio di gusto ha degli interessi: empirico e intellettuale che invece è più
complicato perché prevede un interesse immediato per l’esistenza degli oggetti naturali. Sembra in
contraddizione. Kant fa un ritratto degli artisti che normalmente non sembrano avere preoccupazioni morali.
Egli dà più ascolto a chi dice che gli artisti sono capricciosi. Egli vuole fare chiarezza su questa cosa. Anche
l’arte, non solo la natura, svela una parentela con la morale ma dobbiamo prima lasciare da parte l’arte e
bisogna guardare l’interesse per l’esistenza di oggetti belli naturali che è immediato. Vi è la differenza
oppositiva con l’interesse per il bello dunque per la socievolezza. Si ha un’analogia con il sublime. C’è
un’apprensione per la forma e per l’esistenza dell’oggetto. Perché mediazione, immediato, solitudine? Il
passo decisivo verrà fatto verso la fine di pag. 136. Io trovo nella natura un essere che è bello in base a un
puro giudizio di gusto in cui non entrano interessi di tipo concettuale. Questo essere viene incontro alle mie
facoltà conoscitive. La natura ha mostrato una traccia di contenere in sé un principio. Come se tenessi
all’esistenza di questo oggetto, la natura favorisce la possibilità di realizzare le idee morali nel mondo dei
fenomeni, dal concetto della libertà a quello della natura. Chi ha coltivato un suo sentimento morale può
avere questo interesse immediato. Vi sono alcuni tratti in comune. L’arte lo interessa perché dietro c’è
un’intenzione, è ovvio che ci viene incontro. Nel caso della natura non possiamo presupporre un disegno
e quindi se ne analizza la contingenza. Non c’è alcuno interesse e scatta l’analogia con un giudizio morale
che è disinteressato e che ha solo lo scopo supremo della ragione. Conformità a scopi senza scopo. Lo
scopo per la natura lo troviamo in noi perché quell’oggetto costituisce una traccia che la natura ci dà come
se, intenzionalmente, lo avesse prodotto per noi. Poi si parlerà di arte in generale. L’arte bella presuppone
nella mente dell’artista uno scopo. Il ragionamento kantiano che preme sulla distinzione tra natura e arte
viene quasi a cadere perché quando un artista si propone di piacerci di solito fallisce. La contingenza della
natura viene messa in rilievo ma in realtà si ha anche quando si parla di arte (diversamente accade per il
kitsch).
PARAGRAFO XLIII: Arte in generale. Egli parla delle arti umane, liberali e meccaniche (classificazione
che risale all’antichità e al medioevo). Nell’arte si ha un fare, nella natura si hanno rapporti causali, il
prodotto dell’arte è un’opera, della natura è l’effetto. Poi si parlerà del genio, non si parlerà della stessa
natura. Qui è il regno della necessità, nel caso dell’arte dovrà ammettersi la libertà, si tratta del
sovrasensibile, natura del soggetto. Quando nel frugare… noi abbiamo conoscenza di quale scopo avesse. Le
api non sono considerate come macchine ma che devono avere qualche rappresentazione di quello che
producono. Poi opera d’arte diverso dalla conoscenza. I) arte e natura, II) il sapere dal saper fare, III) l’arte e
il mestiere, la prima è liberale il secondo è mercenario. La diversità sta nel giud