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Jurgen
mente la nozione di sfera pubblica introdotta nella riflessione politica contemporanea, a partire dagli anni Sessanta, da
Habermas. Costituitosi storicamente nel periodo dell’Illuminismo, tale concetto è collocato in una realtà concettuale intermedia tra
società civile e Stato.
È il ciberspazio uno spazio realmente democratico? È questo il quesito da cui prende avvio la Critica della ragione informatica di
Tomas Maldonado. L’autore esordisce sollevando una serie di perplessità nei confronti della cosiddetta democrazia elettronica. Una
Maldonado
prima vertenza critica si è mossa da nei confronti dell’autoreferenzialità delle comunità virtuali protagoniste di questi
processi, le quali “in quanto associazioni che derivano da una libera e spontanea confluenza di soggetti con unanimi vedute, sono
comunità con scarsa dinamica interna”.
Una seconda questione messa in ballo nella Critica riguarda l’ideale della partecipazione diretta legittimata talvolta evocando il
Thomas Jefferson.
sogno di democrazia diretta teorizzato da uno dei padri fondatori del modello democratico americano,
Maldonado
L’atteggiamento critico di espresso nelle tematiche appena evocate trova un ulteriore motivo di argomentazione nei
confronti di quelle asserzioni secondo cui il ciberspazio, per la sua natura reticolare e policentrica, sfuggirebbe al classico schema
gerarchico, dettato da uno o più punti di controllo, in virtù di una presunta gestione ramificata.
Maldonado
Le vertenze sollevate da a chiosa del suo saggio si scoprono in realtà indirizzate, con cauta circospezione, nei confronti
di quelli che egli definisce gli apologeti del ciberspazio, intellettuali e saggisti di successo che si muovono in sintonia con gli scenari
edificati, in seno al mondo dell’economia, dalle grandi multinazionali dell’informazione e della comunicazione, che in fin dei conti, e in
particolare nei primi anni di incremento dell’internet tra il 1992 e il 1997, rappresentavano il settore più interessato ad orientare il
consenso politico, culturale e commerciale verso l’ideale utopico della repubblica elettronica.
2.2 “Life is Now!”
Nuove tipologie di esperienza tracciate lungo inedite coordinate spaziotemporali fanno sì che i nuovi media assurgano a protesi
tecnologiche di presenza. La dimensione telemica, ovvero l’attitudine a risolvere da lontano o a distanza le molteplici esigenze di
mediazione del mondo, cede definitivamente il passo ad una nuova forma di prossemica segnata dalla “fine della distinzione fra i
media che sono fissi nello spazio e nel tempo e quelli che scavalcano queste dimensioni”.
Cyberpresenza, dove il cronos prevale sul topos, in cui le differenze spaziali si traducono in unità temporali, in cui la distanzaspazio
soccombe alla distanzatempo.
“Life is Now!” (eterno presente), ovvero l’emblema di una presenza sinestetica, in cui tutto è in rete con tutto, nella dimensione del
semprepresente, in connessione costante, in cui conta l’esserci, l’esserenelmondo, un moderno Dasein tecnologico.
Il concetto di cyberpresenza ha cominciato a circolare sommessamente fin dagli inizi degli anni Novanta.
Remediation: formula articolata in una doppia logica: da una parte l’immediatezza (trasparenza), dall’altra l’ipermediazione
(opacità), entrambe espressioni cogenti del mondo digitale. Gli autori della remediation sono stati tra i primi a introdurre nel dibattito
contemporaneo la locuzione ubiquitous computing, in riferimento agli esperimenti condotti già negli anni Ottanta da un gruppo di
ricercatori.
L’ubiquitous computing presuppone l’accesso diretto e costante a un insieme di dati capaci di offrire in qualsiasi momento una
visione aumentata della realtà; informazioni, collegamenti, archivi, applicazioni di vario tipo attraverso cui effettuare una lettura
immediata, trasparente, ma allo stesso tempo ipermediata, e quindi filtrata, opaca, dell’ambiente circostante per mezzo di dispositivi
tecnologici portatili e sempre meglio disseminati in esso. Esse sono dettate dall’unico bisogno di vivere un presente costantemente
accessibile, monitorabile e soggetto a continue destituzioni esperienziali, “Life is Now!”.
Ciò che viene etichettata come telepresenza, letteralmente una presenza a distanza, si risolve in una antipresenza; rivela
Manovich: “non devo essere fisicamente presente in un determinato luogo per incidere sulla realtà che lo circonda”. Il tempo reale
sembra essere il nuovo canone di rappresentazione, capace di determinare l’azione a distanza che quindi diviene teleazione e di
annullare l’intervallo cronospaziale tra osservatore e osservato.
Concetti quali circuito, sistema, rete illustrato le nuove infrastrutture concettuali dell’evento estetico che si svolge, evidenzia l’autore,
con sempre maggiore frequenza mediante “dispositivi tecnologici di contatto a distanza”, circuiti di informazione psicosensoriali da
cui si liberano “2 nozioni temporali interagenti: il presente e la simultaneità. I 2 vissuti temporali vengono messi in corto circuito dalla
mediazione tecnologica che li unifica e li dissolve provocando l’irruzione di un vissuto fluido e presistematico del tempo”. Attraverso
la formula della simultaneità a distanza, ovvero l’accadere dell’evento mediatico in una molteplicità di luoghi. Il nuovo spaziotempo si
fa così un presente universale o un non luogo del presente”. Bolter Grusin,
lungo l’asse tracciato tra le risultanze del concetto di ubiquitous computing proposto da e l’azione
Riepilogando:
Manovich Mario Costa,
in tempo reale di e la simultaneità a distanza di riemerge quella inedita forma di prossemica a cui si è fatto
cenno sopra, all’interno della quale una nuova forma fenomenologia del presente si traduce in presenza, o più precisamente in atti di
presenza estetica influenzati dai canoni della velocità, della rapidità, contrassegno simbolico connaturato al mondo digitale.
Il telefonino, il computer palmare, e i tanti dispositivi di comunicazione on line si offrono come nuovi surrogati di presenza, nuovi
mediatori con cui veicoliamo la nostra presenza e in cui troviamo veicolata la presenza altrui. Gli SMS o gli squillini sono i nuovi
dispositivi di contatto, gli strumenti di una interattività relazionare surrogata nella “telefonizzazione della vita quotidiana”.
Giovanna Cosenza analizza le forme di comunicazione interpersonale mediate dalle tecnologie informatiche sono considerate alla
stregua di un nuovo paradigma della presenza, espressione di un cambiamento strutturale nelle coordinate di spazio e tempo, tanto
sul piano sincronico, quanto su quello diacronico. L’autrice prende le mosse dalla necessità di distinguere la reale distanza
quantificabile nello spazio fisico dall’effetto distanza, o vicinanza, mediato nelle tecnologie. Quest’ultimo interviene come variabile
nell’esperienza della comunicazione percepita tra emittente e destinatario, secondo un primo corollario, il criterio di economia:
“Minori soni i costi, da tutti i punti di vista, minore è l’effetto di distanza prodotto dalla tecnologia”.
Un ulteriore criterio per valutare l’economia della comunicazione nei nuovi media è riscontrabile in un secondo corollario, il fattore
tempo: “Una tecnologia è tanto più economica quanto più rapide sono le comunicazione che permette”. In questo caso, la
comunicazione faccia a faccia diviene la forma prototipica di comunicazione in assoluto più economica, e quindi con un maggiore
effetto di vicinanza. A ciò si aggiunge la variabile delle funzioni interpersonali e sociali che possono mutare gli spazi e i tempi della
comunicazione e conseguentemente l’effetto distanza/presenza.
Giovanna Cosenza,
Nell’interpretazione di il flusso continuo di messaggi istantanei per brevità e frequenza e la convergenza di più
strumenti comunicativi nel telefono cellulare appaiono come un surrogato di integrazione, ma non di sostituzione, della forma di
comunicazione in fondo più immediata, la presenza faccia a faccia, in cui le coordinate spaziotemporali si allineano nella
simultaneità.
Ferraris introduce una inedita ontologia del telefonino. Lungo la metamorfosi tecnoculturale che ha portato alla trasformazione del
telefono fisso in telefono portatile, 2 elementi si sono rivelati essenziali a determinare l’ontologia: l’ individualità, la personalizzazione
e l’identificazione del medium con l’utente, il fatto di essere “solo nostro”; e l’ubiquità, la condizione di portabilità e di continua
consultazione e accesso. Un ulteriore elemento ontologico si distingue con l’emergere del fenomeno di ibridazione delle tecnologie di
localizzazione satellitare, oramai conglobate anche all’interno del telefono portatile, interfacciabile attraverso sistemi cosiddetti
enviromental data, capaci di riconfigurare servizi e accessibilità dell’ambiente mediale in prossimità della propria presenza fisica.
Alla luce di questa ulteriore visione, le tecnologie di telefonia mobile, proprio perché emancipatesi dalla mera dimensione
comunicativa, si rivelano potenti metafore dell’ambiente mediale contemporaneo.
Cap. 3 Esattezza
La lezione si apre con l’idea di precisione evocata attraverso il riferimento al Maat, la dea della bilancia secondo gli Egizi. Con ciò
sembra affiorare tra le righe un primo indizio metodologico: osservare significa innanzitutto saper misurare i fenomeni.
Heisenber afferma che sono gli strumenti si osservazione e misurazione, nonché il linguaggio stesso di descrizione utilizzato, a
determinare l’immagine che di un dato fenomeno si ha. Esso è il risultato di una costrizione logica, sul piano strumentale e
linguistico. Pertanto, ecco le prime 2 questioni da mettere sul piatto della bilancia: gli strumenti e il linguaggio.
Calvino
Tre brevi definizioni che dà dell’esattezza:
• un disegno dell’opera ben definito e ben calcolato;
• l’evocazione d’immagini visuali nitide, incisive, memorabili;
• un linguaggio il più preciso possibile come lessico e come resa delle sfumature del pensiero e dell’immaginazione.
Icasticità calvina è perseguita attraverso una doppia via: da una parte, la riduzione del mondo a schemi astratti, la tendenza
geometrizzante, il ricorso a procedimenti logicomatematici, dall’altra l’inerenza al mondo nella sua materialità, l’immediatezza
sensoriale, l’aspetto sensibile delle cose.
La doppia pulsione conoscitiva dell’icasticità, la continua tensione tra esattezza e indeterminatezza sembrano rappre