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Luciano Floridi afferma che i dati generati ogni giorno sono in
grado di riempire otto volte tutte le biblioteche degli U.S.A. Il
digitale però è in grado di fornire una soluzione al problema del
sovraccarico informativo; machine learning: algoritmi che
imparano autonomamente e che evolvono man mano che
vengono impiegati. Infatti, analizzano i dati e ne ricavano
modelli utili per ottenere profili personali e delle previsioni sui
comportamenti futuri. La massa di dati in continua crescita noi
non riusciamo a vederla perché vengono selezionati solo alcuni
di essi e poi fatti circolare. Le aziende sfruttano l’essere virali in
modo tale che i vantaggi economici ricadano sempre su di loro e
mai su chi crea contenuti; per questo motivo Internet, nato
inizialmente come uno spazio aperto, diventa sempre più chiuso
e questo significa dover pagare per accedere a dei servizi. Non
si può considerare, dunque, uno strumento di emancipazione
dell’uomo, perché da un punto di vista economico si impone un
modello di tipo capitalistico e privatistico. Molte imprese si sono
rese conto del fatto che era più economico affidare le mansioni
all’intelligenza collettiva trovatasi sul web.
3. Comunicare in movimento
Le società moderne devono il loro successo alla capacità di
produrre strumenti che migliorano continuamente gli
spostamenti di merci e persone, sia nell’ ambiente fisico che in
quello digitale. Grazie alle connessioni permesse dal Web sono
in continuo aumento gli spostamenti dei corpi virtuali, ma in
aumento sono anche le richieste degli spostamenti fisici. Per
queto motivo si sostiene che Internet sia diventata una rete
mobile; ci sono però delle conseguenze ovvero la riformulazione
del tempo e dello spazio. L’affermarsi del modello digitale ha
modificato radicalmente la percezione del tempo e quindi si
parla di ‘’tempo senza tempo’’ ovvero la rottura della linearità
del tempo cronologico, che viene compresso e confuso, e
‘’spazio dei flussi’’ si trova ad operare con lo ‘’lo spazio dei
luoghi’’ ovvero il territorio materiale controllato dagli esseri
umani che costruisce una dimensione immateriale e virtuale,
non radicata ad un territorio e quindi instabile; infatti tendono a
neutralizzarsi tradizioni. Henry Jenkins sviluppò il concetto di
‘’tele-avvolgimento’’ per indicare la possibilità che i media
offrono agli individui di poter abbracciare una persona in modo
virtuale (es: relazioni a distanza). Anthony Elliot e Jhon Urry nella
loro opera ‘’vite mobili’’ sostengono che gli individui che si
spostano tendono a portare con sé, virtualmente, le loro
relazioni sociali e affettive. Questo può avvenire grazie alle
nuove tecnologie di comunicazione di mobilità; in questo modo
si sviluppano delle entità meno legate a luoghi fissi, abitudini e
tradizioni. Affermano, inoltre, un concetto chiamato ‘’capitale di
rete’’ che va ad aggiungersi al capitale economico e quello
culturale ed ha la capacità utilizzare il web e le informazioni per
creare delle connessioni sociali.
Capitolo DUE- Vivere nel digitale
1 .Software e piattaforme
I programmi informatici per far funzionare gli strumenti digitali si
servono dei Software; quest’ultimo sfrutta a sua volta delle fonti
di energia e basa la produzione sulla raccolta dei dati, elaborata
grazie agli algoritmi. Il software è dotato di una natura materiale
articolata che per funzionare ha bisogno di raccogliere dati e
informazioni della vita privata delle persone. Ciò avviene anche
grazie a degli oggetti chiamati ‘’assistenti vocali’’. Sono, però,
maggiormente i comportamenti online delle persone a far si che
le aziende riescano a raccogliere i dati. Nonostante esistano
delle leggi sulla tutela delle persone, esse vengono
costantemente aggirate. I social media sono diventati delle
aziende, che hanno bisogno di produrre i dati per i loro obbiettivi
economici. Gli utenti vengono oggettificati e vengono trattati
come un insieme di dati. Grazie ai dati raccolti si vanno a creare
dei ‘’gemelli digitali’’ che sarebbero le copie informatiche degli
utenti. Per far rilasciare i dati personali, viene promesso di
migliorare la propria situazione (es: la salute). Le persone
partecipano molto attivamente e talvolta anche in modi estremi;
possiamo parlare, quindi, del ‘’quantified self’’ ovvero un
modello in cui le persone misurano tutto ciò che fanno tramite
strumenti digitali (orologi, bracciali). Secondo Cosimo Accolto
non serve l’intervento dell’uomo perché c’è comunque
produzione di sensorialità ed esperienza. La diffusione del
digitale è consentita dalla smaterializzazione della realtà.
L’ambiente esterno viene interpretato tramite l’azione esercitata
dai software (es: il controllo cartografico esercitato dagli stati
ora è gestito da società private come Google). Il processo di
circolazione delle informazioni avviene grazie alle relazioni tra gli
individui. Evgeny Morozov sostiene che le piattaforme sono
parassiti che si nutrono delle relazioni sociali ed economiche. Per
quanto riguarda il ‘’fenomeno dell’invenduto’’ ad oggi non esiste
quasi più grazie agli ambienti digitali che fanno circolare le
merci. Le imprese che gestiscono le piattaforme possono
risparmiare, basti pensare all’impresa editoriale che prima
sceglieva pochi libri di pochi autori sperando che potesse
funzionare sul mercato; adesso questo lavoro è svolto dall’
intelligenza collettiva e quindi dal lettore stesso grazie alle
piattaforme come Kindle Amazon. Il costo per gli utenti per
entrare nelle piattaforme è quasi nullo, in modo tale che
possano accedere facilmente, per lo stesso motivo se si entra in
un sito è molto difficile uscirne. Si può affermare, quindi, che la
tecnologia assorbe molte ore della vita di un individuo. Benjamin
Bratton afferma che le reti, i media, le piattaforme non siano
entità distinte, bensì sono un’enorme infrastruttura digitale, la
quale possiede una complessa organizzazione e il suo
funzionamento è un mistero da decifrare.
2. Tutto il potere dell’algoritmo
Il software per far funzionare le piattaforme utilizza degli
algoritmi; insieme di istituzioni matematiche con lo scopo di
trattare una grande quantità di dati per ottenere un determinato
risultato. Esso è considerato una vera e propria macchina
culturale. È mosso da precisi obbiettivi. L’algoritmo prende
anche delle decisioni importanti che sono di natura automatica;
possiamo parlare ad esempio dei ‘’chatbot’’. Questi ultimi sono
dei programmi informatici in grado di riprodurre un vero e
proprio dialogo realistico ed efficiente con gli individui; possono,
ad esempio, chiamare un taxi, ma soprattutto il consumatore è
pienamente soddisfatto perché può confare su qualcuno che lo
conosce perfettamente grazie alle informazioni date in
precedenza. Gli algoritmi influenzano le decisioni prese dalle
istituzioni, dal singolo e dalle organizzazioni. Le procedure
algoritmiche sono rigide e non sono in grado di adattarsi agli
imprevisti. Dominique Cardon sostiene che a causa della loro
rigidità causano delle differenze sociali. Vanno a lavorare sulle
informazioni dei comportamenti passati delle persone e infine
aggiungono dei veri e propri verdetti (es: persona disoccupata
con una cattiva recensione ha più difficoltà a trovare un lavoro).
Un’altra tra le ingiustizie è che le donne si trovano in sezioni
svantaggiose rispetto agli uomini. L’algoritmo non ha niente di
oggettivo e porta avanti gli obbiettivi dei suoi finanziatori e
creatori. La responsabilità è quindi degli esseri umani che hanno
raccolto i dati e quindi che hanno costruito l’algoritmo. Gli
algoritmi con le loro decisioni, della quale sono ancora ignote le
modalità con cui le prende, producendo errori e discriminazioni,
che poi andrà ad influenzare il cliente/consumatore. In Cina vi è
un ‘’sistema di credito sociale’’ ovvero delle piattaforme di
commercio elettroniche per certificare l’affidabilità degli
individui. Esso si basa su un punteggio attribuito dall’algoritmo,
sulla base delle informazioni raccolte tramite gli strumenti
digitali (es: chi tarda a pagare le bollette o non vanno a trovare i
genitori perderanno molti punti e non potranno viaggiare su
alcuni bus e aerei. Contrariamente chi si comporta in modo
eccellente acquista punti ed ha il privilegio di usufruire di
usufruire di accessi prioritari e sanità). Le prestazioni lavorative
vengono valutate dagli utenti tramite delle piattaforme di
recensioni, quindi vengono costantemente giudicati.
3. Zoom, Meet, Teams e le altre
Il Covid-19 ha costretto le persone a lavorare da remoto tramite
diverse applicazioni, alcune delle quali poco conosciute. Zoom,
Skype, Teams erano l’unico spazio di esistenza e di relazioni
sociali. Dopo la pandemia molti hanno continuato ad usare
queste piattaforme; infatti, la promessa del Web è proprio la
facilità di connessione ovunque e con chiunque. Il problema di
queste piattaforme online è lo ‘’zoom fatigue’’ ovvero un’intensa
stanchezza fisica e psichica causata dalle numerose ore
trascorse online. Le piattaforme prevedono una fruizione di tipo
passivo; le persone ricevono messaggi tramite uno schermo,
diverso da quello della televisione, molte ore al giorno. Il cervello
non è aiutato dal resto del corpo a svolgere queste azioni, per
questo motivo finisce per rendersi totalmente autonomo. La
mente umana non è progettata per lavorare nel multitasking;
fare molte cose insieme le fa mele e l’affatica, per questo è
importante interrompere e riprendere più volte l’attività. Le
conversazioni online sono di natura differente da quelle in
presenza. Ci si relazione mediante schermi e la causa è che una
risposta ritardi ad arrivare per svariati motivi. Micahel Sacasas
sostiene che grazie all’immagine sullo schermo noi abbiamo una
consapevolezza di noi stessi, si parla di una relazione IO-ME-TU.
Per questo motivo le persone sono molto preoccupate
dell’immagine di sé. Le telecamere dei telefoni ingrandiscono i
volti e li deformano, questo diventa causa di insicurezze,
soprattutto nelle donne che in seguito ricorreranno alla
chirurgia. Nella conversazione online non si percepiscono alcuni
indizi che si hanno