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La parte razionale dell’anima è a sua volta duplice: vegetativa che non ha nessun rapporto con la
ragione e con la vita buona; impetuosa che ascolta la ragione.
Virtù etiche: rendono perfetta la parte irrazionale dell’anima che può ascoltare consigli ed essere
educata.
Virtù intellettuali o dianoetiche: rendono perfetta la parte razionale dell’anima.
Orektikon, facoltà di desiderare. Tre modalità di desiderio.
Bules: volontà, quel tendere che ha per oggetto il bene, riconosciuto come fine. Desideriamo
corretto, plasmato dalla ragione.
Epithymia: desiderio sensibile, legato ai piaceri del corpo.
Tymos: impeto.
Non si è coraggiosi per impeto (tymos) ma per scelta (orexis – muoversi verso qualcosa). Anima:
funzione vegetativa sensitiva razionale. L’intelletto è il fine dell’anima.
Interventi educativi: accudire la persona in quanto corpo dotato di bisogni e far acquisire buone
abitudini modellandone aspetti emotivi, passionali e affettivi per esercitare pienamente la
razionalità, educare al desiderio rende il desiderio capace di obbedire alla ragione, di ascoltare i
consigli del padre e farsi desiderio corretto (concezione olistica della vita umana). Per Aristotele
l’essere umano è unità complessa di anima e corpo. L’educatore deve armonizzare i diversi aspetti
della vita di ciascuno (biologici, intellettuali). La concezione aristotelica dell’uomo ci conduce alla
necessità dell’educazione e alla cura dell’anima come impegno per una cura della persona nella sua
interessa.
Epimeleia: cura dell’anima, educazione come processo interiore; mettere l’altro in condizioni di
imparare ad avere cura educativa, è orientata a promuovere il bene dell’altro; porre in condizioni di
provvedere da sé stesso al proprio bene, cocostruzione dell’identità personale.
Capitolo secondo: ESSERE VIRTUOSI
1. La virtù tra éthos…
Virtù dianoetica: nasce e si sviluppa a partire dall’insegnamento, quindi ha bisogno di esperienza e
di tempo. È una virtù del pensiero (intellettiva).
Virtù etica: deriva dall’abitudine (ethos). La virtù etica si lega quindi all’abitudine, è virtù del
comportamento (morale).
Ethos: abitudine, primo strumento di educazione morale. La realtà fattuale delle convinzioni,
valutazioni, abitudini condivise da tutti, intimamente comprensibili e profondamente comuni,
l’insieme di tutto ciò che forma il nostro sistema di vita: il primo passo della vita morale e il primo
strumento di un educatore che voglia formarsi, guidare verso una vita buona. L’ethos, il carattere, si
forma attraverso abitudini buone. Le abitudini danno vita al nostro carattere. Carattere è ciò rispetto
a cui diciamo qualificati gli agenti e quello che fa chiara la scelta. La condotta si acquisisce con
esperienza ed esercizio. Apprendiamo una certa condotta di vita con l’esperienza viva e l’esercizio;
un’attenzione al bene, nelle nostre vite, dipende anche dalla formazione, dagli incontri fatti,
abitudini apprese, comportamenti visti e ripetuti sin dai primi anni di vita.
Ogni uomo parte dalla propria tradizione ma poi cerca il bene e non la fedeltà alla tradizione: chi è
fedele non ammette dialogo e accoglienza verso gli altri. La tradizione deve fungere da sfondo per
l’innovazione.
La ricerca del bene e della felicità parte quindi da un contesto determinando specifiche tradizioni
nelle quali siamo nati. L’ethos è il punto di partenza della nostra esperienza etica: la fioritura umana
dipende dal contesto, da una collaborazione tra persone impegnate nella ricerca della vita buona, da
una forma di vita comunitaria che incoraggi tale fioritura dell’opera educativa. La polis aristotelica
è considerata un ambiente dalla rilevante atmosfera morale e, quindi educativa.
Destinatario ideale dell’opera: cittadino cresciuto nella polis. L’educatore mentre si propone quale
modello imitabile, indica che la modalità dell’imitazione deve essere trasformativa: l’educando
deve essere creativo in modo da cercare sempre il bene. ogni uomo parte dalla propria tradizione
che poi trasformerà.
2. …e natura
La virtù non può essere qualcosa di naturale: essa non è in noi qualcosa di garantito, ha bisogno del
nostro impegno e della nostra dedizione che possono modellarci e raddrizzarci. La virtù è qualcosa,
un’attitudine che acquistiamo dopo averla esercitata e proprio perché l’abbiamo esercitata. Si deve
cominciare con il compiere azioni giuste per diventare giusti, ma non basta: diventiamo buoni
quando le azioni buone provengono da un’autentica scelta portata avanti senza debolezza e con
costanza. Nella prospettiva dell’educazione morale, abituarsi al bene è fondamentale. Quindi per
mezzo delle stesse cose si generano virtù e vizio: se l’esito positivo fosse garantito non si avrebbe
bisogno per nulla di un maestro, ma tutti si genererebbero o buoni o cattivi. La virtù è quindi un o
stato abituale, attitudine, hexis. Una volta acquisita si perde difficilmente, il raggiungimento della
virtù costituisce per noi la piena fioritura della nostra essenza. Noi veniamo lodati come buoni se in
certe circostanze non temiamo in un certo modo, oppure biasimati come cattivi se ci adiriamo in un
certo altro modo.
Scopo dell’educazione morale è far diventare l’impegno per il bene qualcosa di naturale. Se la virtù
è la perfetta realizzazione di quello che per essenza siamo, e nell’esistenza possiamo essere, della
nostra natura, noi non possediamo questa come un dato, al modo di una pianta o di un animale.
L’umano si caratterizza per la possibile relazione con il suo essere e dove questa relazione non si dà,
non si dà vita autenticamente umana. Il raggiungimento della virtù è la fioritura della nostra
essenza. Nel nostro effettivo realizzare o non realizzare la virtù ne va della nostra natura: è quello
che è in gioco quando si agisce nella polis, da uomo e da cittadino, dando forma ai suoi desideri. La
virtù diventa così ciò che rende umano l’uomo. Obiettivo di un’autentica educazione morale è
infatti far diventare la virtù una seconda natura, far si che il bene venga compiuto sempre e
naturalmente. L’uomo per essere persona deve assumere su di sé il compito di personalizzazione
della propria vita: non c’è persona, senza lo sforzo e il cammino per farsi persona. Questo
movimento di personalizzazione implica originalità e creatività della persona.
L’educazione può essere pensata come un’opera di morphoghénesis, che educatore ed educando
insieme realizzano, anche se all’educatore spetta la responsabilità di dare il primo avvio a questo
movimento di generazione della forma. Il fine educativo è quello che possiamo chiamare globale
competenza essenziale. Se non ne abbiamo cura rischiamo di perdere la nostra umanità.
3. Guardando ad un modello
L’uomo virtuoso, quell’uomo cui guardare, la misura del comportamento morale, segno visibile e
credibile di una possibile modalità di stare al mondo. L’educazione morale si concreta nel vivente
organismo virtuoso: una proposta di tale educazione in grado di incidere nella vita dell’educando,
non può considerare accessorio il ruolo dell’educatore come modello.
L’educatore deve infatti farsi responsabile di un’attestazione affidabile, il rapporto con colui che
guida è una delle precondizioni della vita morale. L’educatore deve aver cura del proprio carattere
morale, in quanto da esso traspare l’argomentazione più forte di ogni parola. È un’ideale di umanità
capace di affascinare e suscitare la risposta libera dell’educando, quindi di dare una forma nuova,
personale e irripetibile, a quell’ideale.
4. L’importanza etica e pedagogica della lode
La virtù viene identificata con ciò che merita lode, il vizio viene fatto coincidere con ciò che è
degno di biasimo. L’épainon non riguarda gli dei in quanto beati e mai impegnati né all’azione, né
alla produzione, ma riguarda la virtù perché coglie una qualità umana.
La virtù è hexis lodevole, stato in cui siamo stabilmente ciò che merita approvazione: quando
lodiamo ci riferiamo alle qualità di chi ha operato, alla sua bontà, pur apprezzando anche una
realizzazione esterna. C’è biasimo o lode per quelle cose che non si danno necessità, per caos, per
natura, ma per quelle cose di cui noi stessi siamo causa.
Lodiamo quindi la realizzazione di quel nuovo che è affidato al sapere e al desiderio umano. e
apprezziamo l’uomo, attribuendogli la responsabilità causale di quella realizzazione. Lodi e
rimproveri hanno la funzione di rafforzare la motivazione morale (valore pedagogico).
Un educatore offre una conferma quando fa capire all’educando di voler incontrare la sua realtà
personale e accettarlo; il contrario è comunicare “tu non esisti”.
Gli educatori, il loro modo di interesse e di vivere la relazione educativa indica alle persone in
divenire in che modo vengono percepite e valutate dal punto di vista delle capacità e del valore
personale. È quindi necessario che gli insegnanti pongano in atto un agire educativo di
incoraggiamento: lo scopo di tale modalità educativa è formare individui coraggiosi, che nutrono
ragionevoli speranze e sanno affrontare con fiducia le difficoltà aiutati da un’adeguata percezione
della propria realtà personale e delle proprie potenzialità. Il coraggio motiva la ricerca di soluzioni e
l’assunzione di responsabilità, rafforza la motivazione morale.
L’educando sperimenta il disconoscimento del proprio valore quando formula non lodi ma encomi,
apprezzamenti per l’opera: l’educando è quindi chiamato ad offrire all’educando una critica serena e
costruttiva, una negazione equilibrata che può essere occasione per sostenere la formazione.
Encomio: coglie solo il valore dell’opera.
5. Forme del giusto mezzo
La virtù è medietà tra due estremi, mali: il difetto e l’eccesso, si agisce secondo ragione. La virtù
consiste in un’attitudine di scelta di ciò che è intermedio tra i due opposti errori dell’eccesso e del
difetto passionale. Si capisce secondo ragione.
Coraggio: coraggioso è colui che non prova timore dinanzi alle cose più grandi (morte, pericoli),
controlla il timore con la ragione; il coraggioso