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4) LA FILOSOFIA DEL DIRITTO COME LABORATORIO CONCETTUALE

La seconda possibile risposta alla domanda suona così:

o La giurisprudenza è un lavoro (interpretativo e costruttivo), che risponde a questioni “di diritto”

(che cosa dispone il diritto?);

o La filosofia del diritto è un’impresa eminentemente e meramente concettuale, che risponde a

problemi di formulazione e organizzazione della conoscenza.

Dicendo che la filosofia del diritto è un’impresa meramente concettuale, s’intende dire che

essa consiste nel modellare non il diritto, ma i concetti atti a descriverlo. E i concetti si

modellano mediante definizioni stipulative o mediante ridefinizioni.

Le diverse soluzioni ad un problema giurisprudenziale hanno rilevanti conseguenze sul contenuto del

diritto, giacché un problema giurisprudenziale consiste precisamente in questo: nell’identificare le

norme giuridiche valide o esistenti. Adottare una data tesi induce a concludere per l’esistenza di certe

norme. Esempio:

Secondo una certa tesi giurisprudenziale le disposizioni costituzionali che ascrivono diritti soggettivi ai

cittadini possono essere applicate solo dal giudice costituzionale nelle controversie relative alla

legittimità costituzionale di leggi; secondo un diverso modo di vedere, le stesse disposizioni possono

essere applicate anche dai giudici civili nei rapporti “interprivati”.

Quindi accade che secondo una certa dottrina, l’ordinamento giuridico (es. diritto italiano) include una

certa norma N1 (le disposizioni costituzionali che…solo dal giudice costituzionale); secondo una diversa

dottrina, l’ordinamento include la norma N2 (…anche dai giudici civili). E sicuramente vi sarà un’altra

dottrina ancora che includerà una norma N3.

Per contro, adottare una tesi filosofico-giuridica a preferenza di un’altra non induce a concludere per

l’esistenza di norme giuridiche che, secondo una tesi diversa, non esisterebbero affatto.

PARTE PRIMA: LINGUAGGIO, DIRITTO, NORME

I. Il linguaggio del diritto:

Ad uno sguardo più sofisticato del termine “diritto”, esso si presenterà come il contenuto normativo o

prescrittivo delle leggi: ciò che le leggi dicono, il loro significato (=una variabile dipendente

dell’interpretazione).

Il diritto, o almeno il diritto moderno, è un fenomeno linguistico; con l’eccezione, ovviamente, del diritto

consuetudinario in quanto le sue norme sono prive di formulazione linguistica.

Il diritto è un discorso, il discorso delle autorità normative o il discorso del “legislatore”; un discorso è una

sequenza di enunciati, ossia una sequenza di parole dotata di forma sintattica e di senso compiuti. Gli

enunciati di cui è composto il diritto sono enunciati in linguaggio normativo, prescrittivo o direttivo.

La distinzione tra linguaggio descrittivo e linguaggio prescrittivo può essere analizzata da tre angoli visuali:

o PRAGMATICO: dal punto di vista dell’azione che si compie proferendo un enunciato. Si devono

distinguere due tipi di atti umani:

-atti non-linguistici, che si possono compiere “a parole”, ossia mediante il linguaggio; sono atti di

cui il linguaggio può discorrere, ma che non può eseguire (“Io passeggio”, non è fare una

passeggiata).

-atti linguistici, tutti quegli atti che si compiono appunto mediante il linguaggio, che si eseguono “a

parole”; pronunciando enunciati.

Ad es. si dice “Io comando che…” non parla di un comando, ma lo compie. Quindi, descrivere e

prescrivere sono atti di linguaggio diversi, sono diversi sotto il profilo funzionale: l’atto di descrivere

adempie la funzione di formulare e trasmettere credenze, informazioni; l’atto di prescrivere

adempie la funzione di dirigere, influenzare.

Osserviamo l’enunciato: “L’omicidio è punito con la reclusione”, può essere utilizzato

indifferentemente sia da un legislatore (comanda che l’omicidio sia punito) per compiere un atto

linguistico di prescrizione, sia da un giurista (constata che il legislatore ha comandato che l’omicidio

sia punito) per compiere un atto linguistico di descrizione. Ogni enunciato può essere parafrasato in

forma “performativa”, ossia mediante l’uso di un verbo che denota precisamente l’atto linguistico

che si sta compiendo.

Descrittivo o prescrittivo è non l’enunciato in quanto tale, ma la sua concreta enunciazione.

o SINTATTICO: dal punto di vista delle parole usate e della struttura degli enunciati. Gli enunciati

descrittivi hanno tipicamente forma verbale indicativa (“Gli assassini sono puniti”); gli enunciati

prescrittivi hanno tipicamente forma verbale imperativa (“Punisci gli assassini!) o forma deontica

(“Gli assassini devono essere puniti”). Si dicono “deontici” gli enunciati in termini di “dovere” o in

termini equivalenti.

Per un verso il legislatore utilizza abitualmente enunciati sintatticamente indicativi (funzione

prescrittiva), per un altro verso i giuristi possono impiegare enunciati sintatticamente deontici

(funzione di descrivere il contenuto di prescrizioni legislative preesistenti). Dunque, gli enunciati

descrittivi non sono solo tali e lo stesso vare per quelli prescrittivi.

Pertanto, la forma sintattica dell’enunciato è solo una spia o un indizio, ma non una prova

conclusiva per decidere del suo carattere descrittivo o prescrittivo.

o SEMANTICO: dal punto di vista del significato, più precisamente vi sono almeno due modi alquanto

diversi di raffigurare la semantica di un enunciato:

1-talvolta si parla di semantica di un enunciato per intendere che a tale enunciato convengono, o

non convengono, i valori di verità (vero, falso).

2-talaltra si parla della semantica di un enunciato per intendere che i vocaboli impiegati nella

formulazione di tale enunciato sono, o non sono, provvisti di riferimento.

Prendiamo in considerazione due enunciati:

-“Gli assassini sono puniti”→per ipotesi descrittivo, può essere parafrasato “È un fatto (è vero) che

gli assassini sono puniti” (esprime una proposizione). Richiede una reazione di tipo teorico e

cognitivo: credere vera o falsa la proposizione che gli assassini sono puniti.

-“Gli assassini devono essere puniti”→per ipotesi prescrittivo, può essere parafrasato “È

obbligatorio che gli assassini siano puniti” (esprime una prescrizione, un comando). Richiede una

reazione di tipo pratico: obbedire o disobbedire alla prescrizione di punire gli assassini.

La parafrasi mostra che i due enunciati, hanno un medesimo riferimento: si riferiscono cioè ad un

medesimo comportamento, la punizione degli assassini, o ad un medesimo “stato di cose”. Anche

gli enunciati prescrittivi sono provvisti di riferimento semantico; un enunciato del tutto sprovvisto

di riferimento non potrebbe adempiere alcuna funzione prescrittiva.

D’altro lato, gli enunciati hanno però un senso diverso: l’enunciato descrittivo si può dire se

corrisponda o no ai fatti, cioè se sia vero o falso. L’enunciato prescrittivo non si può dire la stessa

cosa, esso non può dirsi né vero né falso.

Gli enunciati del linguaggio descrittivo possono essere veri o falsi, mentre quelli del prescrittivo

sono privi di valori di verità: le prescrizioni possono solo essere obbedite o trasgredite. La

proposizione che gli assassini sono puniti è vera, se e solo se gli assassini sono effettivamente

puniti; è falsa se gli assassini non sono puniti.

Il diritto costituisce un discorso prescrittivo nel senso che:

o Almeno alcuni degli enunciati che lo compongono sono prescrittivi in senso stresso;

o Mentre gli enunciati rimanenti, pur non essendo strettamente prescrittivi, sono tuttavia

funzionalmente dipendenti dalle prescrizioni.

In seno al discorso del diritto conviene dunque distinguere due classi di enunciati:

o La classe degli enunciati prescrittivi in senso stretto;

o La classe di tutti gli enunciati rimanenti.

Secondo il comune modo di esprimersi dei giuristi, tutti questi enunciati sono e/o esprimono “norme”,

comprendenti norme in senso stretto e norme in senso ampio o generico.

II. Disposizioni e norme:

Nel linguaggio dei giuristi (e anche nel linguaggio delle fonti del diritto), il vocabolo “norma” è largamente

usato in riferimento sia agli enunciati che si incontrano nelle fonti del diritto, sia ai loro significati. Talvolta,

si dicono norme gli enunciati prescrittivi; talaltra, si dicono norme i significati di tali enunciati. Nondimeno,

le due cose vanno tenute accuratamente distinte, per tale motivo utilizziamo due termini ben distinti:

o Disposizione: ogni enunciato prescrittivo contenuto in una fonte del diritto;

o Norma: non l’enunciato stesso, ma il suo significato.

L’operazione di identificazione del significato si chiama: interpretazione. La disposizione è dunque l’oggetto

dell’interpretazione, la norma è il suo risultato. Tra disposizione e norma è necessario distinguere perché

tra le due cose non si dà corrispondenza biunivoca (è falso cioè che ad ogni disposizione corrisponda una,

ed una sola norma; come è falso che ad una norma corrisponda una ed una sola disposizione).

1. In primo luogo, molte disposizioni hanno un contenuto di significato complesso: esprimono non già

una sola norma, bensì una molteplicità di norme congiunte. In tal senso, ad una sola disposizione

corrispondono più norme congiuntamente (es. disposizione dell’art. 1417 cod. civ., p.24).

2. In secondo luogo, molte disposizioni sono ambigue, talché possono essere interpretate in diversi

modi. Ad ogni interpretazione corrisponde un diverso significato e, pertanto, una diversa norma. In

questi casi, ad una sola disposizione corrisponde non già una sola norma, bensì una molteplicità di

norme disgiunte.

Una sola disposizione esprime più norme disgiuntamente: l’una o l’altra norma, a seconda delle

diverse possibili interpretazioni (es. art.31, legge 352/1970, p.25).

3. In terzo luogo, può accadere che due disposizioni siano perfettamente sinonime, abbiano il

medesimo significato: che l’una, insomma, sia mera iterazione, ripetizione dell’altra. In questi casi,

a due disposizioni corrisponde una sola norma (es. art.1, legge 131/2003, p.25).

Come pure può accadere (più frequente) che due disposizioni siano non perfettamente, ma, per

così dire, parzialmente sinonime. Nel senso che esse esprimono due insiemi di norme che si

sovrappongono in parte; ovvero ciascuna di esse esprime una pluralità di norme, tale che una o più

norme espresse dalla prima disposizione siano anche espresse da

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A.A. 2018-2019
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SSD Scienze giuridiche IUS/20 Filosofia del diritto

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher jess98D di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia del diritto e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Velluzzi Vito.