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SOLTANTO
e perciò sbagliato ridurre tutte le norme giuridiche esclusivamente al modello dei
comandi assistiti da sanzione per la loro eventuale violazione.
Ci sono delle norme giuridiche che non rispondo a questo modello, che sono
essenziali e fondamentali per la comprensione del diritto come fenomeno di
regolazione sociale.
Hart non costruirà la sua teoria soltanto attraverso un confronto dialettico critico con
l’imperativismo austiniano, ma anche attraverso un confronto prevalentemente critico
nei confronti della teoria di Kelsen.
Kelsen parla delle norme giuridiche con riferimento ad una norme primarie, e quindi
tutte le norme che non prevedono sanzioni sono dei meri frammenti di quelle primarie
che prevedono sanzioni. Questo secondo Hart è errato proprio
modello kelseniano
perché anch’esso riduce le norme giuridiche ad un solo tipo.
Hart prenderà avvio per costruire la sua teoria del fondamento del sistema
dell’ordinamento giuridico da quella kelseniana della norma primaria, apportandovi
dei correttivi: la teoria di Kelsen è una teoria monista, e per questo criticata da Hart,
proprio perchè riduce le norme giuridiche ad una sola tipologia.
Il modello di Hart viene riassunto da Hart stesso in
una formula: la formula del diritto come unione di
norme primaria e secondarie.
Questa formula è un’espressione sintetica del concetto di diritto, l’approdo di un
cammino critico che Hart svolge all’interno della concezione giuspositivista dai due
angoli visuali: quello della norma giuridica e dell’ordinamento giuridico.
“La teoria generale del diritto e dello Stato” 1945 Kelsen
Critica alla teoria della norma giuridica (capitolo 3 del concetto di diritto)
La teoria della norma giuridica dell’imperativismo e quella kelseniana, pur avendo tra
loro molte diversità, sono accumunate dal fatto di essere teorie moniste: riducono le
norme giuridiche ad un solo tipo.
• Imperativismo: firma imperativa con sanzione
• Kelseniana: norme primarie
Hart non intende dire che primario significhi principale, e secondario nel senso di
meno rilevante; tutto il discorso di Hart ruota attorno all’autonomia funzionale e
concettuale delle norme.
Norme primarie: quelle che impongono obblighi
Norme secondarie: quelle che conferiscono poteri
Hart vuole sostenere che la riduzione delle norme giuridiche ad un solo tipo sia
evidentemente problematica e di conseguenza criticabile.
Hart esordisce in questo capitolo dicendo che confrontando la varietà di diversi tipi di
norme giuridiche che si possono trovare in un ordinamento con il semplice modello
degli ordini coercitivi (imperativismo possiamo sollevare una serie di
austiniano)
obiezioni:
Certamente non tutte le norme giuridiche ordinano alla gente di fare o non fare certe
cose
Non è forse forviante così classificare le norme che permettono ai cittadini di redarre
testamento, contratti…
Hart vuole mettere in luce come siano presenti negli ordinamenti giuridici
contemporanei delle norme giuridiche che non possono ne essere ridotte al modello
del comando, ne essere considerati dei meri frammenti di norme primarie che
implicano la sanzione.
Hart vuole individuare un gruppo di norme giuridiche che secondo lui hanno una certa
autonomia concettuale e funzionale rispetto ai comandi imperativi.
Questo gli servirà proprio per fornire una proposta alternativa a questi modelli, anche
dal punto di vista della risposta “che cosa è il diritto”.
Nel cercare di argomentare un’autonomia concettuale e funzionale di alcune norme
giuridiche, Hart segue tre percorsi di indagine:
• cosa c’è di ragionevole nel sostenere che le
Contenuto delle norme giuridiche:
norme giuridiche sono dei comandi, degli ordini rispetto ai quali
normalmente si prevede anche un’eventuale conseguenza sanzionatoria?
È fuor di dubbio che il diritto sia anche fatto da norme prescrittive, e che diversi
ambiti del diritto contemporaneo possano sembrarci addirittura modellati su questo
tipo di norma giuridica: per esempio il diritto penale.
Hart non nega infatti che il diritto sia anche una questione di norme che si misurano
con la regolazione della condotta delle persone, ma sostiene che questo non sia in
grado di spiegare efficacemente i compiti che il diritto, in quanto fenomeno di
regolazione sociale, assolve.
Guardare alle norme giuridiche riducendole solo al modello del comando assistito
dalla minaccia della sanzione o ai giudizi in dover essere che determinano una
sanzione determinano una sanzione parziale e tendenzialmente distorta die compiti
che il diritto positivo assolve.
Hart nel tentativo di dimostrare come questa riduzione ad un solo modello sia
forviante, dal punto di vista del contenuto delle norme giuridiche muove da alcuni
esempi:
Prendiamo in considerazione le quelle norme che conferiscono ai
norme secondarie,
privati cittadini il potere di concludere dei contratti, di fare testamento, di contrarre
matrimonio… Possiamo dire che queste norme dal punto di vista del loro contenuto,
sono assimilabili ai romani?
Oppure che sono dei meri frammenti delle norme primarie che imputano sanzioni?
La risposta di Hart è ovviamente negativa; analizzando il diritto come insieme di
bisogni ed interessi di consociati che vengono soddisfatti abbiamo affrontato le
situazioni soggettive.
Hart sostiene che quando le norme giuridiche conferiscono potere, un diritto,
stabiliscono a quali condizioni i consociati possono soddisfare bisogni ed interessi.
Hart sostiene che divenga complicato ridurre queste norme a frammenti di norme
che inducono sanzioni; da un punto di vista funzionale, indicano quali siano le
condizioni in presenza delle
quali i soggetti possono soddisfare bisogni ed interessi, e quindi questo è un
compito fondamentale che il diritto assolve che non può essere messa in secondo
piano.
Se questo è il compito che le norme assolvono, da un lato è impossibile ridurle al
modello dei comandi, e riduttivo a ricondurle a frammenti di norme, ma è anche
enormemente errato pensare che quando l’ordinamento giuridico non permette ai
soggetti di soddisfare i propri bisogni attraverso il conferimento di qualche diritto,
considerare la nullità dell’atto (per es: nullità
come una sanzione.
del contratto)
Secondo Hart è forviante ricostruire la nullità di un atto quale sanzione, ma
semplicemente ad una reazione dell’ordinamento nei confronti di chi non tiene un
comportamento conforme alle condizioni dal diritto stabilite.
La differente funzione delle norme che conferiscono poteri e di quelle che
impongono degli obblighi, non permette di assimilarle, e quindi né di farne
frammenti di norme primarie che implicano sanzioni, né di fare del mancato
raggiungimento del fatto desiderato una conseguenza sanzionatoria.
La teoria della norma giuridica di Hart è una teoria dualista: dalla compresenza negli
ordinamenti giuridici di norme primarie e secondarie che possiamo esprimerci
correttamente riguardo al concetto diritto; concetto di diritto = diritto come
compresenza di norme primarie e secondarie.
Riferendo la tesi di Hart al modello kelseniano, emerge un differente modo di
nel modello kelseniano parliamo di sanzione
concepire la nozione di sanzione;
riferendoci a qualunque situazione giuridica sfavorevole, mentre nel discorso
hartiano viene concepita in una concezione più ristretta: parliamo di sanzione solo di
fronte a condotte regolate in termini prescrittivi, e considera improprio considerare
sanzionatorio il mancato raggiungimento dell’interesse.
Questo significherebbe per Hart accettare una distorsione come prezzo dell’uniformità.
• è possibile riconoscere che tutte le norme giuridiche hanno questo
Modi di origine:
punto di contatto con la legislazione e devono il proprio carattere giuridico a un
deliberato atto creativo. Il tipo di diritto che contrasta più naturalmente con
questa tesi è la consuetudine.
Si discute innanzitutto se questa sia da considerarsi o meno diritto; si è giunti alla
conclusione che quando essa è riconosciuta come diritto da un particolare
ordinamento giuridico sia da considerarsi al pari delle leggi.
Ma cosa vuol dire per la consuetudine essere riconosciuta?
Una consuetudine potrebbe essere riconosciuta espressamente dal sovrano, ente
superiore, come diritto, oppure tacitamente, in modo indiretto (può palesare la propria
intenzione che i sudditi facciano certe cose non intervenendo quando i suoi subordinati
danno ordini ai suoi sudditi e li puniscono in caso di disobbedienza).
Finchè i tribunali non le applicano ai casi queste norme rimangono mere
consuetudini, non sono quindi in alcun senso diritto; quando i tribunali le applicano e
danno in base ad esse degli ordini che vengono seguiti, allora per la prima volta
queste norme ricevono riconoscimento giuridico. Questa spiegazione del carattere
giuridico della consuetudine è però suscettibile di due diversi tipi di critica:
Sostenere che non è vero che finché non vengano applicate in
4. necessariamente
una controversia le norme consuetudinarie non hanno natura giuridica; se le
leggi scritte create in certi modi determinati sono norme giuridiche prima di
venire applicate dai tribunali, non dovrebbe essere così anche per le
consuetudini?
È possibile che un ordinamento giudico stabilisca che nessuna norma
consuetudinaria abbia carattere giuridico finché in tribunali glielo attribuiscano,
ma questa è delle possibilità.
una
le repliche fatte a queste obiezioni si riducono qualche volta a niente di più della
riaffermazione del dogma che nulla può essere diritto finché qualcuno non abbia
ordinato che esso sia tale.
È possibile trattare la mancata interferenza del sovrano come un’espressione
5. tacita del sovrano come un’espressione tacita del desiderio che le norme
debbano essere obbedite? La maggiore critica a questa espressione tacita
consiste nel dire che, per il solo fatto che il legislatore o il corpo elettorale,
intesi eventualmente come l'ente sovrano di Austin, non si esprimono in senso
contrario verso la consuetudine come fonte del diritto, non si può sostenere
che allora ammettono tacitamente la consuetudine come fonte.
• problemi legati all’ambito di applicazione significa: il modello
Ambito di applicazione:
austiniano sostiene che l’ente sovrano è tale in quanto emana comandi. Guardando
ad alcuni degli ordinamenti giuridici attuali dovremmo pensare che l’ente sovrano
sia il ma così facendo, seguendo Austin, dovremmo sostenere che il
Parlamento,
Parlamento, emanando le leggi, a sua volta non vi è sottoposto.