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FASE UNO
Questa fase è caratterizzata dalla pubblicazione di una serie di saggi (prima edizione 1977)
“thaking right seriusly”. I saggi raccolti nei “diritti presi sul serio” racchiudono tutte le critiche di
Dworkin sul giuspositivismo oltre che presentare altre critiche.
Le critiche che Dworkin muove ad Hart nei “diritti presi sul serio”
Sono fondamentalmente 3:
1. Il diritto è un sistema di regole, un sistema di norme. Questa è un’idea che Hart condivide
con Kelsen e che è tipica del positivismo giuridico normativista. Secondo Dworkin il diritto
non è soltanto un sistema di norme.
2. Riguarda la teoria dell’obbligo di obbedire al diritto proposta da Hart.
3. Riguarda la teoria dell’interpretazione di Hart e l’idea che nei casi difficili, i giudici creano
diritto (grande discrezionalità) e non applicano un diritto preesistente. Dworkin, nonostante
affermi di non aver mai sostenuto questa tesi, è noto per aver sostenuto la tesi (nei suoi
primi saggi) che esiste sempre e solo un'unica risposta giusta per un caso giuridico
concreto.
Queste sono le critiche che Dworkin muove ad Hart.
Per quando riguarda la prima critica, sappiamo che è la più importante e spiega in qualche
misura dove sta il punto nevralgico del positivismo giuridico secondo l’autore. Il punto forte del
positivismo giuridico in generale è la tesi della separazione tra diritto e morale.
Diritto e morale non hanno necessariamente un contenuto diverso ma il diritto può essere
identificato senza ricorrere in criteri morali. Questa è un’idea che Hart accetta e in qualche
misura declina in modo convincente rispetto a Kelsen.
Dworkin nega questa tesi: afferma che non è vero che il diritto sia soltanto un sistema di
norme. Nel saggio “il modello delle regole”, parte dall’analisi di un caso concreto ovvero
“RIGGS VS PALMER”.
È un caso che risale agli anni ’80 dell’800. È un caso molto semplice: il nipote decide di
uccidere il nonno per ricevere l’eredità. L’avvocato del nipote pretende comunque, nonostante
le pene legali, che il suo assistito riceva l’eredità perché non esistevano norme sul diritto
successorio che prevedesse tra le cause di indennità per succedere il fatto di aver ucciso il
testatore. L’avvocato sostiene infatti che sia giusto che il suo assistito venga condannato ma
anche che riceva l’eredita. I giudici, in sede civile, si sono trovati di fronte a questo quesito.
La conclusione dei giudici fu quella che il diritto è molto di più di un sistema di regole e che
oltre alle regole ci siano dei principi. Il caso fu deciso sulla base di un principio generale,
giuridico e morale secondo il quale non ci si può arricchire attraverso il compimento di un atto
illecito.
Tale principio per Dworkin, fa parte del diritto perché è un principio morale corretto quindi il
diritto in sostanza, per il Dworkin antipositivista è di più di un semplice sistema di regole perché
oltre che le regole ci sono i principi.
Il genere delle norme è composto di specie diverse: oltre alle regole che si applicano in modo
meccanico, ci sono anche i principi che vanno bilanciati tra di loro e sono parte
dell’ordinamento perché sono corretti moralmente.
Il punto della critica di Dworkin è che non è possibile separare il diritto dalla morale perché oltre
le regole vi sono anche i principi. La distinzione tra regole e principi ha una ricaduta sulla teoria
dell’interpretazione giuridica perché secondo l’autore nei casi facili applichiamo
meccanicamente le regole e non abbiamo esercizi di discrezionalità, quando noi applichiamo i
principi, nei casi difficili, sappiamo che vanno bilanciati dato che non ci sono regole chiare da
applicare. Quando ci troviamo di fronte ad un caso difficile il giudice esercita una certa
discrezionalità, non è una decisione meccanica ma anche in questo caso c’è una risposta
giusta: la soluzione del caso deve essere presa sulla base del diritto preesistente che ha più
“peso” rispetto alla situazione concreta.
ES. caso Riggs VS Palmer il principio secondo cui non ci si può avvantaggiare dalla
commissione di un atto illecito (principio che ha prevalso) con il principio della certezza del
diritto.
FASE DUE
Viene fatta cominciare nel 1986 quando Dworkin pubblica un libro molto importante “los empire”; è
il primo libro in cui Dworkin presenta la propria concezione del diritto che ruota intorno alla
concezione di integrità (è centrale il valore dell’eguaglianza).
La filosofia del diritto perde la sua specificità e viene inserita in un discorso più ampio e viene
collegata a scelte filosofiche politiche.
Questa seconda fase giunge a compimento con gli ultimi due lavori dell’autore: “giustizia in toga” e
il suo libro che è la summa del suo pensiero dal titolo “giustizia per ricci”.
Dworkin, in questa fase, si propone di elaborare un sistema filosofico di ampio respiro fondato sulla
tesi dell’unità del valore e sulla ricerca di un’integrità su larga scala che non riguardi solo il diritto
ma anche i valori etici e morali nel loro complesso. Il titolo della sua ultima opera “giustizia per
ricci” racchiude questa ambizione: Dworkin (per il titolo) riprende un frammento di archiloco già
stato ripreso da un altro filosofo liberarle di idee diverse dalle sue; in questo scritto troviamo un
confronto tra due animali, una volpe e un riccio in cui si osserva che la volpe sa fare tante cose ma
il riccio ne sa fare una molto importante (chiudersi a riccio salvarsi dagli assalti dei predatori).
Questo frammento è stato utilizzato da Dworkin nel senso di prediligere la volpe o il riccio come
approccio filosofico alle questioni. Prediligere la volpe significa negare che vi sia un metaprincipio
(un principio dei principi) che permetta di mettere a sistema tutti gli aspetti della vita umana.
Prediligere il riccio, cosa che fa Dworkin, significa invece ritenere che tutto possa essere ricondotto
a sistema e che si possano evitare conflitti tra principi e valori e tra i vari aspetti della vita umana.
Dice Dworkin, all’inizio di “Giustizia per ricci”: “il valore è una cosa importantissima: le verità sulla
vita buona, sull’essere buoni e su ciò che è meraviglioso, non solo sono coerenti fra loro ma si
convalidano reciprocamente. Ciò che pensiamo riguardo ad una di queste cose, deve combaciare
con qualsiasi argomentazione che troviamo convincente riguardo alle altre”.
Tutti i valori possono essere ricondotti a sistema. L’idea è quella che il diritto si inserisce
nell’ambito più ampio della vita politica e pratica e che quindi i valori che devono guidare il diritto e
che consentono di rispondere alla domanda “cos’è il diritto”, non sono valori diversi rispetto a quelli
che troviamo alla base della teoria della giustizia di ampio respiro.
Non è un caso che nel libro “La giustizia in toga” Dworkin osservi che i contributi più rilevanti alla
teoria del diritto provengono più da filosofi politici che giuristi. Un filosofo particolarmente
importante per Dworkin è John Rawls. Nel 1971 pubblicò un libro dal titolo “A theory of justice”
importante per la filosofia politica del tempo.
Seconda lezione su Ronald Dworkin di Aldo Schiavello
La concezione del diritto di Dworkin non positivista (a partire dalla pubblicazione del 1986
de “l’impero del diritto)
Parliamo di due aspetti cruciali della sua concezione del diritto:
1. La giustificazione del diritto presuppone l’esistenza di una comunità politica di un certo tipo
che Dworkin chiama “comunità di principio”.
Una teoria del diritto presuppone l’esistenza di una comunità di principio. L’autore lo
presenta con chiarezza nel libro “l’impero del diritto”.
Il punto di partenza è la domanda “i cittadini hanno obblighi morali concreti solo in virtù
dell’esistenza del diritto?”; è interessante il fatto che Dworkin parta da una questione
normativa e non descrittiva.