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PUNTI DEBOLI del giusnaturalismo e del positivismo:

1. Nel giusnaturalismo:

  • Varietà di contenuti del diritto: si può definire il diritto su basi puramente fattuali? No, si arriverebbe a delle ingiustizie e incongruenze.
  • Inesistenza/irrilevanza dei valori etici oggettivi: ci sono vari tipi di connessione fra diritto e morale.
  • Fallacia naturalistica: errore logico che si compie transitando dall'essere al dover essere.

2. Nel positivismo:

  • Il diritto si basa solo su norme create dall'uomo, senza considerare valori etici oggettivi.
  • Si arriva a una concezione puramente fattuale del diritto, senza considerare valori etici oggettivi.

IL PASSAGGIO DAL GIUSNATURALISMO AL GIUSPOSITIVISMO:

- Nel giusnaturalismo classico (età classica), il diritto naturale fa parte biologicamente della natura degli esseri umani. Es. Antigone rappresenta l'archetipo della disobbedienza civile. Caratterizzato da:

  • Ordine naturale delle cose e rapporti sociali naturali.
  • Organicismo: la società è un organismo, ogni individuo (organo) svolge la sua parte. I ruoli dei singoli sono stabiliti per nascita, c'è disuguaglianza per natura.
  • Si esalta il conservatorismo e il mos maiorum (consuetudine).

Il diritto migliore è quello che c'è sempre stato. Abbiamo certezza dell'esistenza della consuetudine ma non sappiamo quando è iniziata.

GIUSNATURALISMO MEDIEVALE/TEOLOGICO: il diritto naturale è legge divina.

GIUSTNATURALISMO MODERNO/RAZIONALISTA: fine del 700 fino a metà del 900. Le implicazioni del giusnaturalismo moderno sono:

  • egualitarismo: non ci sono posti prefissati, abbiamo tutti gli stessi diritti.
  • L'ordine sociale è punto di un accordo costituzione (contrattualismo): contratto necessario per l'ordine sociale stipulato fra pari. La costituzione è la struttura della società.
  • codificazione: il rapporto tra cittadini e l'uso della ragione portano alla nascita di regole. TRAMITE LA CODIFICAZIONE IL GIUSNATURALISMO PARTORISCE IL GIUSPOSITIVISMO. Il codice è diritto positivo, diritto naturale si incarna in diritto positivo.

HOBBES: teorico inglese dello stato assoluto, autore del 600, punto culmine fra

ilgiusnaturalismo e il giuspositivismo. Hobbes è convinto che nello "stato di natura", quando non esiste ancora la società umana, ogni singolo uomo, considerato nella sua individualità corporea, come ogni corpo tende ad acquisire per sé tutto ciò che favorisce il suo movimento vitale. Poiché infatti ogni uomo tende all'autoconservazione cerca di acquisire senza alcun limite tutto ciò che serve alla sua conservazione. Però ciò che fa il singolo lo fanno anche gli altri individui al punto che le azioni di uno si scontrano con l'uguale tendenza, reazione, degli altri ed allora alla fine si genera la lotta per labellum omnium contra omnes predominanza dell'uno sugli altri, il , la guerra di tutti contro tutti, dove ogni singolo diviene lupo per ogni altro uomo. Le leggi di natura non sono norme etiche oggettive insite nella natura ma delle semplici regole logiche, suggerite dalla ragione, come condizioni per

ottenere la pace e se l'uomo vuole conservarsi deve seguirle altrimenti entra in contraddizione con sé stesso, e così agendo distrugge il suo corpo, la sua stessa essenza corporea, con la morte. La ragione allora impone che: lOMoAR cPSD| 7389389- in ogni modo bisogna cercare la pace e mantenerla- se si vuole la pace bisogna rinunciare ad una parte del proprio diritto naturale di appropriarsi di tutto ciò che favorisce la propria conservazione. Si deve cioè conservare tanta libertà quanta si vuole che gli altri abbiano nei propri confronti. Questa rinuncia deve essere sanzionata da un patto tra gli uomini, da un contratto sociale che stabilisca che si trasferiscano tutti i diritti naturali, tranne quello della vita, ad una persona o a un'assemblea che gestiranno per tutti gli uomini, con leggi che faranno pactum rispettare con la forza, i diritti di natura. Il patto che dà vita alla società civile (societatis pactum subiectionis)

È un patto di soggezione ( ).

DIRITTO NATURALE: LA VERSIONE PLURALISTA
Fino ad ora si è parlato di diritto positivo come una variabile che si deve adattare al diritto naturale (in termini giusnaturalistici) o ai principi della moralità politica (in termini giuspositivistici) ma è possibile capire il rapporto tra questi due termini - diritto positivo da una parte e diritto naturale dall'altra - invertendoli?
Se si suppone la connessione fra diritto e morale come una connessione definitoria, la controversia sulla questione se ci sia o meno una connessione tra diritto positivo e naturale si traduce in una controversia meramente verbale≠se, invece, la si immagina come una connessione identificativa, cioè se la si intende nel contesto di argomentazioni miranti a decidere cosa il diritto "dice", occorre (tesi giusnaturalista) o meno (tesi giuspositivista) rivolgersi a principi di moralità politica la questione è: se e a quali

condizioni si possa/debba affermare che il diritto positivo incorporai/rinvia ai principi della moralità politica. Si può fare un'altra domanda: se il diritto naturale lasci uno spazio al diritto positivo se la moralità rinvii essa stessa al diritto positivo, o incorpori al proprio interno il diritto positivo. In questa prospettiva, il diritto positivo sembrerebbe un mezzo di perfezionamento del diritto naturale, per perfezionamento si intende completare qualcosa che di per sé non è completo. La questione è se e in che termini il diritto positivo sia uno strumento che permette di rendere completo il diritto naturale. Quanto detto sembra paradossale: l'idea è se il diritto positivo sia indispensabile per rendere praticabile il diritto naturale. La questione è se la moralità non sia in sé imperfetta e non rinvii per il proprio perfezionamento al diritto positivo.

IL PROBLEMA DELLA LEGGE INGIUSTA

Alla

radice della distinzione fra diritto positivo e diritto naturale, o diritto positivo e morale, si trova un problema prevalentemente pratico. Infatti, con questa distinzione si apre la possibilità di un conflitto tra diritto positivo e diritto naturale, o diritto positivo e morale (in particolare, l'idea di giustizia). In sintesi, il problema è se obbedire o no, e se, ed eventualmente sotto quali condizioni, la disobbedienza alla legge ingiusta sia permessa, o addirittura doverosa. Si tratta del cosiddetto problema della legge ingiusta. Questo problema è connesso a due ulteriori questioni: la questione dell'obbligo politico e la questione del diritto di resistenza/disobbedienza civile. OBBLIGO POLITICO: si intende l'obbligo di obbedire al diritto. Il problema è se vi sia o meno un obbligo di obbedire al diritto. Bisogna fare delle precisazioni: la

La questione non è se vi sia un obbligo giuridico di obbedire, perché è ovvio che ci sia1, ma la questione è se si debba o no obbedire al diritto. Non si tratta di una questione solo prudenziale (cioè relativa al perseguimento2 del proprio interesse/vantaggio/benessere), non si tratta di che cosa sia necessario fare per evitare conseguenze sgradevoli. Il problema è se si abbia o meno l'obbligo in coscienza di obbedire al diritto: se si sia o no soggetti all'obbligo morale di farlo. Seguendo Hart si può distinguere da un lato l'essere obbligati/costretti a fare qualcosa. Si tratta di una questione di necessità pratica. Dall'altro lato l'avere un obbligo genuino. La questione è se vi sia un obbligo di fare ciò che il diritto dice di fare perché il diritto3 dice di farlo. Il diritto pretende di avere autorità, di dirci cosa dobbiamo o non dobbiamo fare, di fornirci ragioni per agire in un.

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determinato modo e non in un altro.La questione dell'obbligo politico è se veramente il diritto abbia l'autorità che pretende di avere. lOMoAR cPSD| 7389389A favore di una risposta positiva al problema dell'obbligo politico, conformemente/alla lucedelle tre considerazioni (l'obbligo in coscienza di fare ciò che il diritto dice di fare perché il diritto dice di farlo) sono stati proposti quattro argomenti:l'argomento del consenso/contrattualistaI. fairness fair playl'argomento della lealtà ( ): obbedire alle leggi è una questione di neiII. confronti degli altri appartenenti alla comunità. In che senso? L'argomento dellafairness è stato formulato da Hart nel seguente modo: quando un insieme dijoint enterprisepersone si impegnano in un'impresa comune ( ), secondo regole, ecosì facendo accettano una limitazione della propria libertà di azione, costorohanno diritto a che

tutti coloro che hanno beneficiato di questo assoggettamento siconformino, anche loro, alle regole rilevanti, accettando un'analoga restrizione della propria libertà di azione. In altre parole: quando taluno ha beneficiato dal fatto che altri si sono assoggettati a delle restrizioni della propria libertà per adattarsi a regole che disciplinano una determinata impresa comune, è una questione di lealtà verso costoro che qualcuno, quando tocca a lui conformarsi alle regole in questione, faccia la propria parte. In generale sarebbe insensato dire che chi trae beneficio da restrizioni della libertà, secondo regole, a cui altri si sono sottoposti nel condurre un'impresa cooperativa, sia soggetta all'obbligo - solo perché (per il solo fatto) ha tratto beneficio da queste restrizioni a cui altri si sono assoggettati - di assoggettarsi alle medesime regole, alle medesime restrizioni. Il principio hartiano è stato riformulato ed emendato da Rawls.

nei seguenti termini: chiunque abbia consapevolmente accettato e goduto dei benefici derivanti dalle istituzioni sociali ed intenda continuare a farlo incoraggiando gli altri ed aspettandosi che gli altri facciano la propria parte, costui deve, quando viene il suo turno - secondo quanto richiesto dalle istituzioni in questione - uestione indicata da Rawls non è, genericamente, che l'individuo in questione abbia tratto beneficio dell'esistenza di un sistema di regole, ma piuttosto che lo abbia fatto consapevolmente, e che intenda continuare a farlo, e che, a questo scopo, incoraggi gli altri a fare la propria parte rectius un terzo argomento (atteggiamento nei confronti del diritto) è espresso dal III. principio la legge è legge se la legge dice di fare una determinata cosa, la si deve fare, perché è legge questa è una forma di legalismo estremo: il dovere (dovere obbedire al diritto)

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A.A. 2022-2023
99 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/20 Filosofia del diritto

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher MaryUniTn di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia del diritto e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Trento o del prof Sommaggio Paolo.