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Capitolo terzo: Hart e il positivismo giuridico

Una panoramica sul positivismo giuridico

Il positivismo giuridico ritiene che una teoria del diritto che sia descrittiva o quantomeno moralmente neutrale sia del tutto possibile e desiderabile. (Bentham, Austin, Hobbes, Hume)

Nella letteratura contemporanea sono presenti due distinte linee di pensiero interne alla tradizione positivista: una riconducibile all'opera di Hart e l'altra all'opera di Kelsen.

Il tentativo di fondare lo studio del diritto su una base scientifica oggettiva e pura ha spinto molti dei primi giuspositivisti verso un approccio alle azioni e ai concetti giuridici strettamente empirico, concetti intesi come funzione dei fatti passati, presenti e futuri. Tale ricerca nella teoria del diritto di un fondamento puramente fattuale può essere letta come un'applicazione della più ampia ricerca di un approccio scientifico alle scienze sociali, che a sua volta dovrebbe derivare da quello utilizzato.

nelle scienze dure, ossia costituito da teorie che si basano unicamente su osservazioni oggettive di eventi che possono essere facilmente riprodotti e che sono confermati al loro volta da altre teorie. Una sintesi della posizione hartiana: Hart risponde alla teoria del comando che aveva ridotto il diritto ad una serie di comandi posti dal sovrano. A ciò Egli risponde dicendo che il diritto non consiste in un mero assoggettamento alla sovranità, ma contribuisce a costituire la sovranità. Inoltre molti aspetti importanti dei sistemi giuridici vanno perduti quando si guarda il diritto solo nei termini di un comando accompagnato da una minaccia. In sintesi, nell'idea di Hart, il problema di altri approcci empirici consisteva nell'incapacità di estinguere il nudo potere dalle istituzioni e dalle regole accettate dalla comunità, ossia nell'incapacità di differenziare i comandi di un terrorista dalle norme di un sistema giuridico. Un sistema.

giuridico è qualcosa di diverso, rispetto alle regole imposte ad una comunità soggiogata da un gruppo di banditi. Hart ha colto il cuore di questo argomento nella sua nota distinzione tra sentirsi obbligato ed avere un obbligo: ci sentiamo obbligati ad agire nel modo ordinato dal bandito perché temiamo le conseguenze che deriverebbero dal nostro rifiuto. Ma se rimuoviamo l'elemento del timore, non troviamo più ragioni per agire nel modo richiesto. Il fatto di avere un obbligo basato su un qualche valido sistema normativo costituisce una questione psicologicamente più complessa: si agisce in un certo modo perché si è convinti che si debba farlo e non, o non soltanto, per la paura di agire in modo differente. Egli ha infatti dato la molteplicità delle norme, contro l'idea che invece aveva ridotto tutte le norme giuridiche e le loro differenti manifestazioni ad un tipo soltanto (Austin riconduceva tutte le norme giuridiche ai).

comandi). Molteplicità di norme: norme primarie= norme che impongono doveri e quelle che conferiscono poteri; le norme che vanno applicate direttamente cittadini, quelle che disciplinano la produzione di altre norme. Norme secondarie= le norme di mutamento che svolgono la funzione di incaricare determinati soggetti di produrre nuove norme primarie; le norme di giudizio che legittimano gli individui a risolvere da autorità la questione se una norma primaria sia stata violata; le norme di riconoscimento.

La norma di riconoscimento. Essa rappresenta o simboleggia la caratteristica fondamentale del positivismo giuridico: ossia il fatto che esistono dei criteri convenzionali ossia accettati dai funzionari, finalizzate a determinare quali norme fanno parte del sistema giuridico. E ciò a sua volta conduce alla separazione tra l'identificazione del diritto e la sua valutazione morale, nonché alla separazione tra le affermazioni che hanno ad oggetto ciò che il diritto.

è e quelle relative a ciò che il diritto dovrebbe essere.

L’aspetto interno delle norme 3L’idea è quella per cui non si può comprendere un sistema sociale se prima non si sia compreso come esso sia stato creato e come viene percepito dei soggetti che vi partecipano.

L’approccio ermeneutico si pone in tensione con quello di coloro che pretendono che la teoria sociale sia, quanto più è possibile, scientifica. Ebbene Hart riteneva che al di là dei vantaggi che un approccio scientifico poteva offrire al diritto, esso non appariva adatto a farci comprendere in modo completo il diritto.

Il diritto è un’istituzione sociale costruita per conseguire determinati obiettivi umani e per governare le azioni dei cittadini. Per comprendere i comportamenti normativi finalizzati ad un obiettivo si rende necessario dunque abbandonare la prospettiva dell’osservatore, nel tentativo di cogliere il punto di osservazione dei partecipanti.

al sistema, ossia delle persone che seguono le norme e che hanno percezione della loro osservanza. L'attacco di un approccio puramente scientifico è rinvenibile nella distinzione tra comportamenti abituali e comportamenti governati da norme. Quando si agisce inosservanza di una norma, piuttosto che in virtù di un'abitudine, la norma intesa come giustificazione dell'azione, nonché come fondamento per qualunque critica dei comportamenti difformi rispetto a quanto prescritto. Di converso, tendiamo a non disporre di alcuna giustificazione per le nostre abitudini. Rispetto ad altre teorie: Hart aspirava ad una teoria del diritto che fosse priva di valutazioni e compromessi morali (a differenza di Finnis) E che consistesse in una descrizione della pratica anziché nella partecipazione alla stessa (a differenza di Dworkin). In sintesi la teoria hartiana tenta di assumere la prospettiva del partecipante, tra le varie prospettive proprie del partecipante scegliquella che non prevede valutazioni morali e al contempo mantiene una distanza sufficiente da tale prospettiva, tal da consentire una critica morale dell'intero sistema. Da ciò il pericolo che la posizione di Hart dal lato scivoli verso la teoria austiniana dell'osservatore esterno, e dall'altro si avvicini a quelle di Finnis e di Dworkin (posizione mediana). In termini differenti, si potrebbe dire che il problema è questo: come poter prendere sul serio una teoria che per un verso accetta la prospettiva del partecipante ad una pratica e per l'altro pretende che tale partecipante mantenga un distacco tale da consentirgli di criticare la pratica stessa. Joseph Raz giustifica la posizione mediana di Hart facendo quest'esempio: i giuristi nel descrivere il diritto e nelle mette le proposizioni giuridiche possono adottare un linguaggio normativo, ma senza provare l'autorità morale del diritto. Un problema simile per il giuspositivismo riguarda.

Poi la questione se sia di fatto possibile una teoria del diritto puramente descrittiva o se descrittiva è un termine troppo forte che sia quantomeno moralmente neutrale. Se da un lato il positivismo giuridico ha sempre insistito sul fatto che il suo compito fosse quello di descrivere il diritto per come esso è e non per come esso dovrebbe essere, dall'altro i positivisti contemporanei sostengono che la costruzione di una teoria implica inevitabilmente elementi di valutazione e selezione con la conseguenza per cui la teoria non può essere puramente descrittiva. Ciononostante i positivisti sostengono che le forme di valutazione e selezione coinvolte consistono in giudizio di rilevanza e non in valutazioni morali.

La struttura aperta

Esistono molte differenti modi in cui il diritto può mostrarsi incapace di regolare situazioni che possono presentarsi. Ad esempio quando il legislatore non considera tutte le possibili situazioni e non offre risposte a tutte le

possibili applicazioni della norma o quando il linguaggio non normativo risulterà impreciso. Da ciò Hart ha desunto che i giudici debbano inevitabilmente usare la loro discrezionalità per creare il nuovo diritto nei casi in cui le norme giuridiche presentino una struttura aperta. Aggiungendo inoltre che una limitata legislazione giudiziale sia una cosa positiva, conferendo all'applicazione delle norme la flessibilità di cui essa necessita. Hart con questa sua teoria risponde ai realisti giuridici americani, che credevano che le norme da sole non sempre determinavano la soluzione di casi giuridici, dicendo che ciò è a volte vero ma che capita soltanto in un relativamente ristretto numero di casi. E risponde anche ai giusnaturalisti, che credevano che la creazione del diritto da parte dei giudici dimostra la connessione concettuale tra diritto e morale, dicendo che tale modo di vedere la questione, più che chiarire la nostra comprensione del diritto,

tende a confonderla (l’occasionale creazione del diritto da parte dei giudici può basarsi in parte su criteri morali, ma da ciò non segue che il miglior modo per analizzare tali criteri sia quello di credere che si siano immanenti alle norme giuridiche. In più, gran parte della legislazione giudiziale si basa sulla promozione degli obiettivi del legislatore: obiettivi che possono ben essere moralmente neutrale, come anche ingiusti o virtuosi).

Il contenuto minimo di diritto naturale. Esso va inteso come uno ulteriore spiegazione in questa direzione, mostrando come il diritto e la morale spesso siano sovrapposti, ma senza che ciò comporti una connessione necessaria tra i due. Nello specifico l’argomento del contenuto minimo del diritto naturale poggia sull’idea per cui esistono determinati fatti contingenti propri dell’attuale condizione umana: ossia che siamo tutti mortali vulnerabili, che le risorse sono limitate e che tutti noi dipendiamo

in qualche misura dagli altri. ciò detto, posti tali fatti, è verosimile che da essi discendono determinate conseguenze. Tra queste, Nell'idea di Hart, c'è quella per cui qualunque sistema giuridico morale che non ha proprio il minimo di protezione dagli omicidi, le aggressioni ai furti, quanto meno per una minoranza della popolazione, non possa sopravvivere a lungo.

Positivismo giuridico inclusivo vs positivismo giuridico esclusivo

Il positivismo giuridico esclusivo interpreta o elabora la convenzione per cui non esiste una connessione necessaria e concettuale tra diritto e morale nel senso che i criteri morali non sono né delle condizioni sufficienti, né delle condizioni necessarie per lo status giuridico di una norma. Il positivismo giuridico inclusivo interpreta la separazione tra diritto e morale in modo differente, ritenendo che, se è vero

Dettagli
A.A. 2020-2021
55 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/20 Filosofia del diritto

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Nobody_scuola_1990 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia del diritto e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Napoli Federico II o del prof Riccobono Francesco.