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CAPITOLO III

Le teorie giuridiche antiformalistiche

Sono teorie spesso molto diverse tra loro, che hanno in comune il rifiuto del formalismo

e il richiamo alla realtà della vita sociale. Sono espressione di una società in

trasformazione, quale quella tra 800 e 900, con la quale mal si adattavano norme

codificate agli inizi dell'800 e non era facile adattare ai nuovi rapporti sociali i sistemi di

concetti giuridici elaborati dai giuristi positivi su un diritto di un epoca passata.

antiformalismo

Riprendendo una classificazione di Treves, in Europa si distingue un

tedesco o concettuale che reagisce al formalismo della giurisprudenza dei concetti e

antiformalismo francese o legale

della teoria generale del diritto, e un che reagisce

alla Scuola dell Esegesi.

1. concettuale

Il passaggio dal formalismo all'antiformalismo in Germania, è segnata

principalmente dalla trasformazione subita dalla dottrina di R. von Jhering (1818-1892).

Egli fu nella prima parte della sua attività un convinto sostenitore del formalismo

concettuale e, nella seconda fase, diede inizio alla rivolta contro il formalismo.

Negli scritti del primo periodo egli giudicava funzione essenziale della giurisprudenza la

"costruzione giuridica", da compiersi con un procedimento di analisi e successiva sintesi

mediante il quale si doveva agire sulla materia prima giuridica, facendola evaporare in

concetti: il sistema così edificato permetteva non solo di mettere in luce i principi logici

dell'ordinamento giuridico, ma di ricavare da essi nuove norme.

Nella seconda fase dei suoi studi Jhering comincia ad abbandonare la fiducia nel metodo

logico-concettuale e criticare la tendenza ad innalzare la giurisprudenza ad una specie

di matematica del diritto, invece di cercare la giustificazione storica ed etica degli

istituti. L'autore si incentra sul valore da attribuire allo "scopo del diritto", sostenendo

che creatore di tutto il diritto è lo scopo e non c'è nessuna proposizione giuridica che

non debba la sua origine ad uno scopo, a un motivo pratico: il fine del diritto è garantire

le condizioni di vita della società, avvalendosi del potere coercitivo dello Stato. Egli

invita pertanto il giurista che voglia comprendere il diritto, a scendere dal "cielo dei

concetti" sulla terra per prendere contatto diretto con la concreta realtà dei fatti,

metodo realistico o teleologico.

adottando un

Dal pensiero di Jhering hanno preso le mosse in particolare due movimenti:la

giurisprudenza degli interessi e il movimento per il diritto libero.

giurisprudenza degli interessi,

La che fa capo a P. Heck (1858-1943) e M. von

Rumelin (1861-1931): si sostiene che il primato della logica della giurisprudenza dei

concetti deve essere soppiantato dal primato dello studio e della valutazione della vita,

dei desideri e delle tendenze esistenti nella comunità è le leggi devono essere

l'espressione degli interessi di carattere materiale, religioso, razionale ecc.. che in ogni

comunità giuridica si affrontano e lottano per essere riconosciuti.

La giurisprudenza degli interessi è manifestazione di un più ampio orientamento che è il

movimento per il diritto libero. Precursore è O. Bulow che sostiene che la legge non

produce di per se diritto ma lo prepara: creatrice del diritto è la sentenza del giudice. E.

Ehrlich (1862-1922) parla invece di una "libera scienza del diritto", e afferma il valore di

una libera ricerca del diritto di contro al principio dell'applicazione meccanica del

comando del legislatore ai fatti concreti. H. Kantorowicz (1877-1940) sostiene che

accanto al diritto statale, anzi prima di esso, esiste il "diritto libero" prodotto

dall'opinione giuridica dei membri della società, dalle sentenze dei giudici e dalla

scienza giuridica: esso vive indipendentemente dal diritto statale ed è anzi il terreno su

cui quest'ultimo nasce.

Alcuni principi fondamentali del movimento per il diritto libero sono, da un punto di

vista critico:

dogma legalistico

- rifiuto del in base al quale il diritto è solo la norma costituita dalla

legge o ricavata mediante procedimenti puramente logico-formali;

dogma della completezza

- rifiuto del dell'ordinamento giuridico, secondo il quale

l'ordinamento è privo di lacune in quanto per semplice operazione logica si trova

sempre la norma adatta ai casi non regolati dal legislatore;

e da un punto di vista costruttivo:

- il riconoscimento che il centro di gravità dello sviluppo del diritto, non sta nella

legislazione, nella scienza giuridica, nei tribunali, bensì nella società stessa…il diritto è

interno ordinamento dei rapporti sociali, del matrimonio, della famiglia, del possesso,

della successione e non è mai stato ridotto a norme giuridiche;

- il riconoscimento dell'esistenza nel diritto di lacune che non possono non esistere,

perchè la società si muove più rapidamente del diritto, lacune che spetta al giudice

colmare, tenendo in considerazione gli interessi in gioco e i valori cui si è ispirato il

legislatore.

Rifiutando e criticando il positivismo giuridico, questi giuristi mostrano concezioni

attinenti al positivismo inteso in senso filosofico, ossia quale metodo che respingendo

ogni metafisica vuole fondarsi solo su dati "positivi", ossia conosciuti mediante

l'osservazione ed elaborati da una scienza non formale ma empirica, come la sociologia.

2. francese

Il bersaglio polemico dell'antiformalismo è rappresentato dalla Scuola

dell'Esegesi, i cui principi erano essenzialmente: l'identificazione del diritto con la legge

codificata; l'attribuzione al giudice di una funzione dichiarativa e non creativa; la

completezza dell'ordinamento giuridico in quanto autointegrantesi. Uno dei suoi

rappresentanti maggiori è F. Geny (1861-1938), fondatore di una Scuola che in

contrapposizione a quella esegetica, fu detta scientifica.

Geny svolge un'ampia critica del metodo d'interpretazione esegetico e del metodo

concettuale formalistico, sostenendo che l'ordinamento giuridico non è completo e,

quando le fonti formali, legge e consuetudine, risultano insufficienti, occorre avvalersi

della libera ricerca scientifica che deve, da un lato, interrogare la ragione e la coscienza

per scoprire nella nostra natura intima le basi della giustizia, e dall' altro deve guardare

ai fenomeni sociali cogliendone la loro essenza e leggi da cui sono dominati. In

conclusione sostiene che gli elementi puramente formali che si presentano ai giuristi

desiderata

nell'apparato costituito dal diritto positivo, sono insufficienti a soddisfare i

della vita giuridica e osserva che da ciò deriva la necessità che la giurisprudenza cerchi

al di fuori e al di sopra di questi elementi, per adempiere in pieno alla sua missione.

Altro esponente di questo movimento è L. Duguit (1859-1928). Questo autore critica il

concettualismo dei giuspositivisti: egli cioè rifiuta i concetti della scienza giuridica che

non corrispondono a fatti reali e concreti, concetti che considera metafisici. Svolge poi

un'ampia critica contro il principio della statualità del diritto poichè secondo Duguit

l'uomo ha concepito il diritto prima di concepire lo Stato e non lo Stato prima del diritto.

Il diritto è per Duguit un prodotto della vita sociale e più precisamente, una regola della

vita sociale, di cui il legislatore non fa altro che constatare l'esistenza e garantire

l'osservanza.

Per completare il discorso sull'antiformalismo francese, potremmo citare alcune

concezioni istituzionalistiche come quelle di M. Hauriou (1856-1929) e G. Gurvitch

(1894-1965). Entrambi sviluppano una concezione antistatualista e pluralista: rifiutano

quelle dottrine che riducono tutto il diritto alla legge dello Stato e sostengono che il

diritto nasce da tutte le istituzioni, a cominciare da quelle più semplici come la famiglia

e la tribù, fino a giungere a quella più complessa di tutte che è lo Stato. Pervengono così

pluralismo giuridico,

al ossia a riconoscere che il potere giuridico non risiede solo

nello Stato, ma anche in altri enti diversi e indipendenti da esso.

3.IL REALISMO GIURIDICO.

L'espressione realismo giuridico può essere usata in senso lato e in senso stretto. In

senso lato può essere impiegata per indicare le concezioni di tutti quegli autori che,

reagendo al positivismo giuridico formalistico, si richiamano a un diritto che rispecchi la

concreta, storica realtà della società e segua il suo divenire (Jhering, Duguit, Geny).

In senso stretto indica però due movimenti di filosofia del diritto che, diversi per area

geografica, si sono sviluppati nel solco della rivolta contro il formalismo nella prima

metà del 900: realismo scandinavo e realismo americano.

3.1.Il Realismo scandinavo.

realismo scandinavo

Il ha il suo padre fondatore in A. Hagerstrom (1868-1939), che si

è cimentato nello studio di diverse materie, dalla filosofia generale, alla filosofia del

diritto, alla psicologia ecc.. "tesi della realtà".

Fa da sfondo alla sua dottrina la Critica innanzitutto il

soggettivismo idealistico e la sua idea che il mondo esista solo nella mente umana, che

la realtà sia in altri termini prodotto dell'attività del pensiero; è una concezione che

riconduce l"essere" al pensiero negando esistenza autonoma alla realtà fenomenica,

ritenuta riflesso di un'attività interna del soggetto. Il rifiuto del soggettivismo apre la

strada, nella dottrina di Hagerstrom, a un'altra concezione della realtà: egli sostiene

principio di non

che si possa dire cosa è la realtà solo facendo ricorso al

contraddizione, in forza del quale "reale è ciò che è determinato e identico a se stesso;

esiste un contesto del reale oltre il quale nessun altro risulta concepibile; questo è il

contesto spazio-temporale".

La nozione di irrealtà è correlata da Hagerstrom al concetto di realtà: irreale è ciò che è

contraddittorio, non identico a se stesso e non determinato ( ad esempio, è irreale un

cerchio quadrato del quale non potremmo dare nessuna rappresentazione perchè

inevitabilmente finiremmo per rappresentare o un cerchio o un quadrato, ma non un

qualcosa che costituisca un'unità). Nello schema di Hagerstrom risultano irreali anche

entità spirituali come l'io, Dio, ed anche i valori, i dovei e i diritti.

La tesi della realtà, trasferita nel campo morale e giuridico, ha portato ad una revisione

dei concetti giuridici fondamentali utilizzati dalla scienza giuridica tradizionale, per

smontarli, an

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A.A. 2018-2019
29 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/20 Filosofia del diritto

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher catebassocb di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia del diritto e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Bongiovanni Giorgio.