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IL CONTRATTO
Anche per il contratto, come per la proprietà, Hegel, fa una duplice operazione: da un lato
rilegge tutta la teoria del contratto, ma facendo questa riflessione fonda anche il
contrattoper chiamarsi contratto deve essere fatto così, deve essere composto da tali
termini. Paragrafo 72: la proprietà si istituisce mediante il contratto, quando il lato della
sua esistenza non è più soltanto una cosa, ma contiene anche il momento di una volontà,
la quale è quindi un’altra volontà. Posso diventare proprietario anche quando la mia
volontà si incontra con un’altra volontà, in questo caso abbiamo il contratto (art. 1321
c.c.). Quando si istituisce un contatto, io rimango me stesso come volontà e al tempo
stesso cedo di essere volontà nella stessa misura in cui riconosco che esiste un’altra
volontà. Da un lato la volontà mantiene sé stessa, ma proprio perché il contratto si rende
possibile rimarco l’esistenza di un’altra volontà con la quale si ha un incontro. Il corollario
di questo discorso è che le volontà, di per sé, rimangono singole. Il contratto è l’incontro
fra volontà che sono intese come singole, volontà libere. La volontà si esprime in modo
tale che è in grado di conoscere altre volontà. Il presupposto sono le singolarità, che
saranno messe in discussione da Hegel. Quello che Hegel vuole dire: quando c’è un
contratto, non vuol dire annullamento della volontà, ma rimaniamo singolarità.
L’impostazione di Hegel non può essere confusa con un’impostazione alla Rousseau in R il
contratto sociale può funzionare solo come fusione di volontà, tant’è che parla di volontà
generale, ossia quella forma di fusione di volontà dove non esistono le singole volontà.
Quando Hegel parla del contratto come titolo di proprietà, dice che non si può usare il
contratto come modello concettuale per parlare dello Stato, in quanto nella sua
costituzione non si presta a questa situazione. Non a caso Hegel specifica le condizioni di
applicabilità del modello contrattuale: se il contratto è quello che abbiamo detto, come si
struttura?
Poiché i due contraenti sono intesi come autonomi di una propria volontà, il contratto ha
queste tre condizioni:
1) Procede dall’arbitrioHegel vuole sottolineare che il contratto procede dalla
volontà immediata.
2) La volontà identica che mediante il contratto accede all’esistenza è soltanto
una volontà posta dalle parti contraenti e quindi è solo una volontà comune, ma
non una volontà in sé e per sé universale.
È appunto la volontà comune dei contraenti che fa legge tra le parti, contratto
come legge fra le parti, ma non norma universale.
3) L’oggetto del contratto è una cosa singolare ed esteriore, solo una tal cosa è
soggetta al loro mero arbitrio di privarsene.
Il matrimonio non è un contratto. Questa sussunzione è fatta in modo sbagliato da Kant
(dice Hegel). Con la Rivoluzione Francese e poi con l’affermazione del codice Napoleonico
(1804), l’idea che comincia ad emergere tra fine ‘700 ed inizio ‘800: la figura contrattuale
è estensibile alle forme di vita sociale che in realtà fino a quel momento non erano
assoggettate ad un contratto. Comincia ad emergere l’idea che anche la relazione tra due
persone sia assimilabile alla dimensione contrattuale. Il contratto è la forma giuridica del
matrimonio. Hegel dice che il matrimonio non è un contratto. Da un lato Hegel insiste
nella natura peculiare del contratto e nella figura peculiare del matrimonio. Hegel riflette
su una questione che si stava articolando in quei tempi, ma non si era arrivati ad un
punto del dibattito. Lo si segnala. Il secondo corollario, invece: paragrafo 75 “lo Stato non
si fonda su un contratto”. Questi due punti di vista sono sia molto differenti che hanno in
comune qualcosa, queste impostazioni hanno trasferito le determinazioni del contratto ad
una sfera che è di natura completamente differente e superiore. Ragionare intorno allo
Stato e al diritto, utilizzando le categorie della proprietà e del contratto è sbagliato perché
significa ragionare con categorie che non c’entrano nulla con la realtà che si vuole
analizzare. Si è mischiato il privato con il pubblico ed il pubblico con il privato, si è ridotto
il pubblico e determinato con concetti privatistici. 22/03/2018
Nel contratto cinese, oltre al consenso sono stabiliti sul principio dell’affidamento, ovvero
sulla fiducia. Fiducia come vincolo del contratto, nel senso che in quel caso
l’inadempimento tra le singole parti consiste in un pregiudizio per l’intera collettività. Le
costruzioni culturali producono poi degli effetti, es. proprietà. L’idea di contratto è un’idea
che matura in questo contesto, ovviamente alimentandosi anche alla concezione
giuridica precedente (Fides romana). La ricostruzione che Hegel propone sono
articolazioni concettuali funzionali nella concezione di Hegel per dimostrare come quello
schema non è in grado di dimostrare la sfera pubblica. Il passaggio tra quello che è il
diritto astratto e quello che Hegel chiama eticità vi è anche il passaggio intermedio che
Hegel definisce come moralità. Hegel distingue due concetti: moralità ed eticità. Quando
usiamo la parola moralità, eticità, per noi sono quasi la stessa cosa. Nel linguaggio
filosofico bisogna stare attenti a cosa significano i termini, es. la nozione di idea di Kant è
quella realtà noumenica che è simmetrica al fenomeno, ha un significato tutto suo. Per
Hegel moralità ed eticità non sono sinonimi. La moralità è il punto di vista universale
fondato sulla soggettività della volontà tanto di ciò che è morale tanto di ciò che è
immorale. Il diritto astratto, secondo Hegel, fa riferimento sì ad una struttura universale
del diritto. Nel diritto astratto la logica fondamentale è sempre quella della singolarità. La
moralità, invece, è un piano logico diverso da quello del diritto astratto: la moralità
introduce un orizzonte di universalità, risponde ad una logica diversa rispetto a quella
prevista per il diritto astratto. Nella prospettiva Hegeliana la riflessione del diritto non fa
che intrecciarsi con la riflessione sulla moralità. Nella sua immediatezza l’esistenza della
libertà era il diritto (astratto), nella riflessione dell’autocoscienza essa è determinata dal
bene. Nel diritto astratto abbiamo singolarità che si determinano, nelle moralità bisogna
vedere se i comportamenti rispondono al bene o al male. Il terzo momento in quanto
verità di questo bene e della soggettività è la verità e la soggettività del diritto. Vuol dire
che abbiamo un momento delle singolarità (diritto astratto) ed un momento distinto
(dell’universalità) ed un terzo momento, ossia l’eticitàsignifica dire una cosa
pesantissima, ossia che c’è una dimensione che fa sintesi fra la singolarità e della
moralità. Momento concreto in cui queste due dimensioni si sintetizzano, il singolo può
trovare la sua identità (universalità), non in astratto, ma nel concreto. L’eticità è la
predisposizione soggettiva del diritto proiettato in una dimensione di universalità calato
in concreto. Il diritto astratto e la moralità si mostrano in sé stessi per ritornare nell’idea
del loro risultato; confluiscono in una terza dimensione logica, l’eticità. L’etico oggettivo è
la soggettività divenuta concreta dei comportamenti concreti della soggettività. Questo
elemento etico-oggettivo deve essere stabile per non ricadere nel primo elemento, ossia
il diritto astratto. L’istituzione è proprio quel momento in cui le singolarità che non
scompaiono si pongono il problema dell’universalità dei loro comportamenti concreti, non
in astratto. L’elemento importante è la capacità, soprattutto a livello etico, di unire
singolare ed universale (che è il problema posto dalla morale). Stato etico significa una
visione dello Stato= luogo in cui la singolarità si sintetizza. Etico, nel testo tedesco, fa
riferimento al concetto tedesco dei costumi, usi sociali; ma a sua volta quando parla del
concetto di costumi sociali, vi è anche la radice che fa riferimento alla tribù della
tradizione tedesca. La famiglia è una forma di collettività nel quale il singolo si riconosce,
trovando in essa la propria identità. Con la Rivoluzione Francese comincia a radicarsi
progressivamente in forme, contesti diversi: il sistema di democrazia. Nel 1835-1840 un
diplomatico francese, Alexis di Tocqueville, fa un viaggio negli USA e l’analisi che
Tocqueville fa del sistema democratico americano è un’analisi inquietante oggi, nel suo
libro “la democrazia in America”, afferma che la democrazia è una bella cosa, ma vi è il
pericolo della maggioranza sulla minoranza. 5/04/2018
1. Influenza che il pensiero di Kant ed Hegel hanno avuto nell’Ottocento;
2. Riferimento ad una rilettura del pensiero di Hegel che ha avuto poi un ruolo
centrale nell’Ottocento, pensiero di Marx (un aspetto in particolare);
3. La fine dell’Ottocento ed inizio Novecento quando i grandi modelli di
ragionamento fanno sentire la loro importanza ed intervengono una serie di fattori.
Primo punto: quando parliamo di Kant e quando parliamo di Hegel, stiamo parlando di
modelli di ragionamento molto potenti, pesanti. Siamo di fronte a modelli di
ragionamento potenti in un significato di sistemi di pensiero che sono in grado di
catturare molta realtà; tendono a rappresentare la realtà nel suo complesso. Di questi
due grandi modelli di ragionamento, quello di maggiore impatto è stato sicuramente il
pensiero di Hegel: il pensiero di Kant è tutto basato sugli aspetti di struttura razionale
della relazione. Anche lo stato di diritto di cui parla Kant è più concentrato sull’aspetto
relazionale.
Anche Hegel sviluppa questo tipo di ragionamento, ma in Hegel il pensiero si riferisce ad
uno stato etico. Questa diversità di esiti significa che il modo di ragionare di Hegel
rispetto a Kant, ha dato vita ad una serie di aspetti che hanno portato a riflettere in modo
molto approfondito sull’idea di stato. Questo primo punto si può sintetizzare in: Hegel ha
due modelli molto