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4.2. LA LINEA DEL COLORE
Seconda forma di esclusione: basata sul colore → l’eguaglianza rimane un patrimonio riservato ai bianchi dominatori, rispetto a popoli inferiori → giustificazione di varie forme di sottomissione, tra cui la schiavitù.
E’ il pensiero abolizionista americano a denunciare le incongruenze di un mondo che proclama i principi di eguaglianza, di libertà e di democrazia, nel momento stesso in cui si fonda su discriminazioni e sfruttamento.
Francia 1791 → l’Assemblea costituente abolisce la schiavitù, mantenendola solo nelle colonie, a protezione degli interessi dei grandi piantatori.
Funzione chiave → Rivoluzione di Haiti e vicende di Toussaint Louverture + figura di Frederick Douglass:
- Rivoluzione di Haiti: scoppiata nel 1791, ma compiuta nel 1804 con la conquista dell’indipendenza della parte occidentale dell’isola di Santo Domingo;
- Toussaint: schiavo che nacque come tale, ma ottenne presto
differenze senza che queste diventino discriminazioni.
5. INTERROGATIVI
La rilevanza dei soggetti mostra come, per comprendere la questione dell'eguaglianza, può essere utile partire dagli schemi della diseguaglianza.
Essa si dà come un ordine necessario, naturale e, come tale, è ritenuta giusta → ciò si sostanzia in un assetto gerarchico e su vincoli imposti dagli organismi istituzionali che si reggono su rapporti asimmetrici.
L'ordine della diseguaglianza, coincidendo con il sistema dei poteri, prescinde sia dalla forza inclusiva dello Stato e delle leggi, sia dal protagonismo del soggetto.
Il problema dell'eguaglianza implica la formulazione di 3 interrogativi:
- Eguaglianza fra chi?
- Eguaglianza in che cosa?
- Eguaglianza come? → "Come" inteso nel senso di "con quali criteri?" oppure "mediante quali istituzioni?"
L'eguaglianza è una categoria normativa che risulta innestata in una trama
storicamente determinata di pratiche sociali, di cui è parte integrante. Ogni sua descrizione è una descrizione orientata verso precisi scopi. Nel dibattito contemporaneo escono inedite questioni: - matrimonio egualitario tra persone dello stesso sesso; - problematiche del digital divide, che rinviano alle asimmetrie territoriali e spaziali; - impatto delle tecnologie nella vita delle persone. Al riconoscimento delle differenze corrisponde una sorta di rimozione della questione sociale: la tutela delle diversità convive con disuguaglianze economiche sociali. Esse limitano l'espressione della libertà (es. situazione dei migranti). A seconda dello sguardo che si assume cambiano: - il modo di intendere l'eguaglianza; - gli ambiti e le estensioni dell'eguaglianza; - le questioni centrali; - i soggetti; - gli interrogativi che portano a valutare i criteri teorici, le pratiche sociali, le istituzioni politiche e le fonti.normative.Ciò che persiste è la concezione dell'eguaglianza come concetto critico e sovversivo →esso mantiene un alto tasso di articolazione e complessità, nonché il suo carattereparadossale, come spiega Ernst Bloch: lo sviluppo della persona e dell'identità umana non è nel ripiegamento dell'individuo su se stesso né nell'annullamento di sé nella ricerca delriconoscimento altrui → La sfida dell'eguaglianza può essere intesa come quella cherivendica giuste relazione all'interno delle diverse società: il ruolo del diritto può esserefondamentale nel promuoverla, ma anche nell'ostacolarla.
Norma Tra forma e sostanza del diritto
- UN MONDO DI REGOLE
Nostri comportamenti → influenzati da stimoli esterni, dal rispetto di norme che limitano einfluenzano il modo di agire → la vita quotidiana è immersa in un complesso groviglio diregole.
consistenza fisica, ma si materializzano attraverso segni, gesti o parole. Cos'è una norma giuridica? È bene partire dal termine "norma", che ha una connotazione geometrica: significa "squadra", ovvero lo strumento che misura angoli e segmenti → la norma infatti è ciò che squadra, normalizza, regola, uniforma i comportamenti dei destinatari → è il calco che permette di plasmare un ordine sociale attraverso la posizione di una serie di obblighi, permessi e divieti. Le norme si presentano come proposizioni che parlano un linguaggio prescrittivo, ovvero che prescrive obblighi, permessi o divieti → oggetti linguistici che pongono un dover essere, che dicono come dobbiamo comportarci → perciò finiscono per limitare la sfera di azione degli individui, la loro libertà: sono le norme a dire quando un individuo è "libero di" o "libero da". Perché queste norme vannoLa dottrina del diritto naturale aveva risolto il problema della giustificazione dell'obbligatorietà, legando il concetto di norma a quello di natura umana → compito del giurista: scoprire le leggi intrinseche alla natura delle cose o alla razionalità umana, per poter verificare la loro conformità all'ordine storico vigente.
La scienza del diritto moderna → abbandona l'idea che il sapere giuridico dipenda dalla conformità a principi extra-giuridici, tentando di costruire un sapere autonomo e oggettivo.
Ogni norma è sempre il prodotto di un atto di volontà e non ha la consistenza fisica di un fenomeno naturale → la scienza giuridica ha spostato l'attenzione dal contenuto della norma alla forma del dover essere → se il contenuto materiale è per sua natura mutevole e arbitrario, l'elemento che può garantire oggettività è l'aspetto esteriore dell'atto soggettivo:
La sua dimensione formale intesa come l'insieme di elementi tipizzanti che qualificano e rendono riconoscibile un dover essere giuridico è la "dottrina pura del diritto" di Hans Kelsen (1881-1973) - il modello kelseniano ha ispirato molte teorie positiviste del Novecento.
Le teorie però devono anche fare i conti con le molteplici metamorfosi del reale - inizia a traballare l'idea che il concetto di diritto dipende esclusivamente dal rispetto di condizioni formali o procedurali - si riapre il dibattito sulla giustificazione del fondamento di obbligatorietà del dover essere delle norme giuridiche - La riflessione sul dover essere si è interrogata sull'opportunità di individuare limiti costituiti da una intrinseca moralità del diritto.
La giustificazione dell'obbligatorietà è un elemento costitutivo e necessario della definizione di norma giuridica - tema che verrà
Il tema affrontato può essere suddiviso in due sequenze:
- Il giuspositivismo novecentesco con Hans Kelsen, Alf Ross e Herbert Hart;
- Il recupero di una dimensione sostanziale del dover essere nel saggio di Gustav Radbruch, "Ingiustizia legale e diritto sovra legale".
Le seguenti proposizioni sono fallaci:
La "fallacia naturalistica", ovvero l'errore logico che commette chiunque intenda derivare il dover essere dall'essere, la norma dalla natura, costituisce la base per ogni teoria giuridica positivista.
L'idea che il dover essere non sia derivabile logicamente dall'essere è antica e si materializza per la prima volta nell'opera di Hume (1711-1776), "Trattato sulla natura umana". Hume afferma che in ogni sistema di morale l'autore procede per un po' nel modo ordinario di ragionare, stabilendo l'esistenza di un bene. Tuttavia, invece di trovare delle proposizioni rette dai verbi "è" e "non è",
incontrare le proposizioni connesse con "dovrebbe" e "non dovrebbe". Esse esprimono una relazione nuova, perciò è necessario che si giustifichi del modo in cui questa nuova relazione può essere dedotta dalle altre. Questo passo segna l'impossibilità linguistica di passare indifferentemente da proposizioni descrittive a proposizioni prescrittive, che dicono cosa l'ente deve fare. Legge di Hume.- Una proposizione si dice descrittiva quando descrive ciò che vi è - da questo tipo di proposizione è possibile predicare la verità o la falsità, constatando nell'adeguatezza allo stato di cose descritto.
- Una proposizione si dice prescrittiva quando esprime un ordine o un comando - di queste proposizioni non ha senso predicare la verità o la falsità, ma si diranno valide o non valide: il destinatario del comando si chiederà se deve o meno incontrare le proposizioni connesse con "dovrebbe" e "non dovrebbe".
La legge di Hume dimostra l'impossibilità di dedurre proposizioni valide da proposizioni vere.
Il termine "fallacia naturalistica" appare per la prima volta nel 1903 nell'opera "Principia Ethica" del filosofo George Moore (1873-1958).
I teorici si dividono in 2 grandi gruppi:
- teorici del "cognitivismo etico": rifiutano la divisione della legge di Hume in proposizioni descrittive e prescrittive - ritengono che le proposizioni prescrittive possono essere ricondotte a quelle descrittive - negano la specificità delle proposizioni prescrittive, trattandole come casi particolari di proposizioni descrittive - il cognitivismo etico afferma la possibilità di conoscere l'universo del dover essere indagando la sfera dell'essere, cioè conoscendo cosa succede in natura - la verità delle proposizioni descrittive fonda la validità di quelle prescrittive;
- teorici del...
non cognitivismo etico
: dividono essere