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L’apparato formale si tiene normalmente distinto da quello sostanziale (inclusivo delle
forme limite) e nel caso sia di inutile ingombro o di non notevole interesse culturale viene
anche soppresso del tutto.
Un’accurata descrizione della forma e della stessa grafia si impone per i grandi delle cui
opere possediamo autografi come Petrarca e Boccaccio e anche per i non grandi del
medioevo per cui si dia questa ventura da Francesco da Barberino al Sacchetti. Di casi
sovrani merita altrettanto impegno la ricostruzione, ad esempio il problema se la
Commedia abbia usato forme dittongate (popolari, moderne) o monottongate (letterarie,
arcaizzanti).
Diacronia testuale
34.
Un’indagine etimologica non deve obliterare le fasi della storia di una parola, così la mira
di una ricerca ectodica non è sempre di necessità la ricostruzione del testo primitivo ma
quella di momenti della fortuna testuale.
Poesia popolare e tradizione
35.
In questo settore dove sembra fermarsi la macchina innovatrice della storia, e dove sul
punto di partenza viene a preponderare la tappa, è come se si elaborassero degli apparati
nuovi.
Al limite per difficoltà di ordinamento cronologico o per dignità di redazione si può parlare
di equivalenza delle varianti, gli errori si estrapolano in semplici innovazioni e queste in
innovazioni redazionali per cui diventa inoffensiva anche l’applicazione del giudizio con la
categoria antilachmanniana di variante più bella.
I testi più soggetti a simile sorta di rifacimento sono i canti e altri componimenti popolari.
Pidal definisce i romances spagnoli (cantilene) come quella forma di poesia di proprietà
collettiva offerta all’usufrutto e alla partecipazione dell’intera comunità, dove ogni
intervento firmato o adespoto che sia sul testo ereditario, ha valore autonomo.
Col termine tecnico di poesia tradizionale si indica (in opposizione a popolare) quella
diventata o decaduta a popolare.
Algebra e discorso in ecdotica
36.
Un ideale di presentazione testuale è altamente formalizzato, con una figurazione
differenziata della discontinuità del reale rispetto alla razionalità, e una frammentazione di
apparati sia a scopo probatorio sia a fini di informazione storica. Quest’ideale è ma mano
diluito secondo gli utenti a cui si destina l’edizione. Un’accentuata diffusione del costume
filologico fa sì che ormai non osti alla fruizione dei testi la segnalazione dei dati prestabiliti
con mezzi tipografici elementari, quali i luoghi incomprensibili della tradizione, le lacune, i
supplementi, le altre lezioni congetturali ecc.
Ciò che limita la purezza algebrica della rappresentazione è la necessità di discorso,
quando si avverta che un intervallo separa dal equivalente dell’originale.
Barbi ha praticato l’opportunità di inglobare i dati esegetici alla stessa costituzione del
testo in apparato. Egli reclama la libertà di tentare una critica totalitaria che servisse con
ogni mezzo, compreso il commento, a dare piena ragione del testo.
È probabile che il Barbi Intendessi opporsi una pratica della recensio senza interpretatio.
Egli parlando di critica totalitaria intendeva saldare non viziosamente il circolo tra una
recensio come base dell’ interpretatio e un’i nterpretatio come fondamento della recensio .
Comunque il momento esegetico finì col prevalere sul momento recensorio.
Il Barbi nonostante le innumerevoli tavole di varianti e descrizioni codicologiche ha
decisamente scelto la parte non del tecnico, ma dell’umanista.
Arte allusiva
37.
Un’interpretazione portatrice di esegesi tende naturalmente a dissociarsi da una
presentazione formalizzata.
Il genere è già abbastanza composito da tollerare la presenza di altre informazioni, aspetti
silla cultura dell’autore, cultura esplicita o implicita o magari inconscia, tali da metterci nella
distanza originaria.
Pasquali parla di arte allusiva, non reminiscenze ma allusioni e Contini aggiunge
evocazioni e in certi casi citazioni.
Le reminiscenze possono essere inconsapevoli
- le imitazioni, il poeta può desiderare che sfuggano al pubblico
- le allusioni non producono l’effetto voluto se non sul lettore che si ricordi
- chiaramente del testo cui si riferiscono.
Questa ricerca di una sede esegetica più vicina al testo in atto non è oziosa se vuol
significare la tendenza a una comprensione letterale tanto rigorosa quanto la costituzione
della lezione.
Attribuzionismo
38.
Ultimo vantaggio secondo il Barbi di una critica totalitaria è quello di intervenire sulle
questioni di autenticità.
L’illusione di poter adoperare impunemente i calcolatori elettronici per una determinazione
automatica di paternità su base lessicale o sintattica per esempio al fine di determinare
quali lettere o quali dialoghi pseudoplatonici siano davvero spuri, è circondata di cautele e
riserve presso gli operatori più accorti coscienti del fatto che quegli indici, o una parte di
loro, individuano strutture di genere, comuni a più personalità, mentre viceversa in uno
stesso individuo convivono più strutture. Ciò non toglie che questi spogli possono
costituire un sussidio rilevantissimo perché la memoria, elettronica o fisiologica che sia, è
uno strumento essenziale dell’attribuzionista.
Critica stilistica
39.
Fin qui l'esegesi mira al testo come a suo punto d'arrivo. Questo diviene il punto di
partenza di un'esegesi certo meno vicina alla letteralità del testo, perciò esorbitante
dall'ambito della filologia. Se non di pertinenza della filologia, essi appartengono al
territorio immediatamente limitrofo. Il primo tipo di queste ricerche di frontiera si denomina
‟
col suo fondatore, L. Spitzer, cantica stilistica" k), l'altro col suo fondatore, R. Jakobson,
‟
grammatica della poesia”.
Spitzer, fondatore della critica stilistica, forma il suo campionario su elementi linguistici
dell’autore studiato (individuum non est ineffabile) differenziali rispetto alla media
circostante, li interpreta e confronta l’interpretazione con quella che si ricava dalla globalità
dell’autore con strumenti psicologici: questo rapporto circolare collega il microcosmo con il
macrocosmo.
Grammatica della poesia
40.
La grammatica della poesia non conosce parti neutre del testo ma si comporta come se
tutto vi fosse significativo. I componimenti oggetto delle analisi di Jakobson sono delle
unità poematiche concluse, e quindi tende a farti ozioso il quesito sui momenti della scelta.
Le unità poematiche contengono proprietà del significante che vengono esplicitate e
concorrono a un’interpretazione complessiva sul piano del significato: si può congetturare
che la percettibilità di tale interpretazione (quasi ‛ispirazione' del critico) costituisca il
criterio psicologico della scelta.
Sstudia fondamentalmente la distribuzione delle partes orationis (e loro funzioni), e in via
subordinata dei registri fonematici, nei segmenti ritmici e sintattici, limitati da rime e pause,
comparando i risultati diversi che si ottengono in distinte aree testuali come possono
essere l'anteriore e la posteriore, le alterne (dispari e pari), le periferiche e le centrali. La
realtà dei fatti così reperiti sarebbe tutta ugualmente reale: qui sorge la principale riserva
sul metodo, che sembra restare aperto a una riforma la quale estenda a questa sede
l'agnizione di traits pertinents.
Appendice
Contini, 1912 1990, è stato fra i più influenti intellettuali italiani del novecento. Fu il
principale punto di riferimento della tradizione filologica italiana.
Filologia e storia 1-2
Questa esperienza della filologia come evento quotidiano consiste nel cogliere la distanza
che ci separa dei testi e di colmarla filologia vista come studio delle differenze, da qui il
rapporto inscindibile tra filologia e storia. Torna possibile una ricostruzione non priva di
senso, la separazione richiede un’ottica storiografica.
Contini inoltre dichiara il difficile ma essenziale rapporto fra filologia e strutturalismo, da un
certo punto di vista la critica testuale è tutta strutturale.
Da qui e dall’opera di Saussure si riprendono i termini di sincronia-diacronia.
In filologia l’aspetto sincronico, cioè il testo in un determinato momento, è ineliminabile ma
intendere la filologia come storia la pone sull’altro versante e cioè la diacronia. Il libro
diventa l’esito di un processo e può essere compreso solo ricostruendo la dinamica. Le
esigenze della ricostruzione del passato devono convivere con il bisogno di renderlo
presente per il lettore contemporaneo. La sfida della filologia è di porre la “presenza” dei
testi alla nostra comprensione.
Uno o più testi 3-4
Un punto fondamentale del metodo Lachmanniano è il cosiddetto originale.
Contini mette in discussione l’obiettivo stesso della ricostruzione: ci sono uno o più testi?
Uno o più redazioni? In assenza di errori che risalgano a un’unica fonte non è lecito
mescolare redazione distinte e occorre procurare più edizioni. Quando invece un archetipo
sia dimostrato è più difficile sostenere che le copie che ne discendono conservino varianti
d’Autore.
La genesi del testo 5-8
L’elaborazione del testo da parte dell’autore può aver lasciato traccia di variazioni
successive o alternative nelle sue carte. La critica delle varianti è un settore della filologia
che egli stesso ha concepito per primo fin dal 1937 nel saggio intitolato Come lavorava
all’Ariosto.
Il testo letterario sulla scia del simbolismo è inteso come processo ad un infinitudine
elaborativa.
Contini si limita a rivelare come le matrici di quella sua innovazione nel panorama
filologico e critico italiano siano da individuare in ambito idealistico della filologia tedesca
degli anni ‘20-‘30 che già contrapponeva una visione sistematica, prima di giudizi di valore,
di una scrittura e di un’opera, alla concezione estetica e stilisticamente puntuale propria
dell’approccio francese.
Negli anni ‘70 ormai la critica delle varianti aveva acquisito un suo pieno statuto.
Nei decenni più recenti dopo il testo di Contini semmai la discussione avverrà entro il
campo della variantistica, quando emergeranno le differenze dell’approccio di Contini
rispetto alla cosiddetta critica genetica di scuola francese, più interessata al processo
correttorio e alla ricostruzione del contesto generale entro cui ciascuno stato del testo può
essere collocato, e meno all’edizione di un testo r