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CAPITOLO 5 – QUALI COLORI PER HOLLYWOOD? L'INTRODUZIONE DEL TECHNICOLOR
Tra il 1935 e il 1936 la storia del colore entra in una nuova fase: la riproduzione meccanica nel cinema, nella fotografia e nella stampa diventa più agevole.
Ad esempio, diventa possibile registrare i dati cromatici su un normale apparecchio di ripresa e registrare i dati cromatici su un unico negativo che può essere utilizzato su un normale apparecchio di ripresa.
Semplificazioni anche in ambito tipografico: nel 1935 Kodak riesce a diminuire la riproduzione stampata di una foto a colori da 10 ore a 1 ora.
Sempre nel 1935 esce "Becky Sharp": il primo lungometraggio girato con il nuovo Technicolor in tricromia, segnando l'inizio di un lento processo di conquista del visibile da parte del colore analogico che continuerà per i successivi 30 anni.
Moda, pubblicità e industria sono tra i primi a appropriarsi dei nuovi colori per aggiornare
strategie di comunicazione visiva La scelta del colore più adeguato a una particolare esigenza comunicativa diventa sempre meno adeguato. Lo spettacolo della tricromia. Crisi recessiva dei primi anni '30 impose una frenata al Technicolor. La quarta versione del sistema (Technicolor n4) risultava pronta verso metà 1932. Data l'impossibilità di garantire produzione su ampia scala in tempi rapidi, la società decise di attuare una strategia di lenta riconquista del mercato: fu battuta la strada del cinema d'animazione con Walt Disney. Sull'eventualità di produrre veri e propri lungometraggi di finzione, i produttori restavano scettici (per paura che i costi non venissero compensati dagli incassi). La Technicolor approfittò dell'interesse manifestato dai produttori indipendenti Cooper/Whitney che, dopo aver fondato la Pioneer Pictures, stipularono un accordo con Kalmus (presidente della Technicolor) per la realizzazione di 8 film a colori da distribuire attraverso il circuito.RKO. Primo esperimento del cortometraggio musicale "La Cucaracha" (1934), variato di luci colorate in funzione delle emozioni da esprimere (= mood lighting); il film invita lo spettatore a entrare in modalità di visione dove il colore svolge un ruolo fondamentale; da un lato le soluzioni visive dello spettro cromatico, dall'altro la necessità di coordinare questi colori attraverso le luci colorate, logica di controllo evidenziata soprattutto dalla scelta di impiegare tonalità neutre per le scenografie, e riservare invece i colori più accesi ai costumi dei personaggi. Natalie Kalmus e la retorica del Technicolor. Le scelte condotte tra il 1932 e il 1935 per lanciare il Technicolor in tricromia avevano rinnovato l'interesse sui potenziali effetti del colore e sulle corrispondenti strategie di sintonizzazione emotiva. Ma i produttori non erano ancora disposti ad affrontare i costi di ripresa in Technicolor, non avendo alcuna certezza sul fatto che il pubblico avrebbe preferito i film a colori.Technicolor x legittimarsi all'interno di Hollywood aveva bisogno di una rigorosa disciplina del colore, sia dal pdv dedivisione del lavoro sia da quello de retorica visiva. →Fu soprattutto Natalie Kalmus (ex moglie de presidente Technicolor) a farsi portatrice de nuove esigenze a vigilia uscitadi “Becky Sharp” pronunciò un discorso su Academy in cui ricorreva a magistero garantitole da precedenti studi in storiadell'arte x difendere una nuova estetica basata su controllo/qualità cinematografica.→Primo motivo di rivalutazione culturale del colore il realismo che rappresentava;→Secondo motivo di rivalutazione culturale del colore citava i grandi pittori (Goya/Rembrandt/Velazquez); e dovevarispettare i principi basilari di colore/tono/composizione.Sempre in questi anni, la riproduzione cromatica entrava ne immagini mediali.Technicolor rischiava essere ricondotto a questi stessi modi di circolazione del colore, ne sfera de consumo ditesto fornito formattato con tag html:immagini, immagini accusate di mancare sul piano del realismo/del gusto. Occorreva mantenere il colore cinematografico in un regime di separatezza; bisognava renderlo due volte desiderabile: come avanzamento del realismo e come contributo a avanzamento dell'arte cinematografica. A Hollywood la distrazione attribuita al colore poteva essere considerata come un valore positivo: x il film hollywoodiano, che al contrario de messaggio pubblicitario imponeva attenzione distribuita lungo un'ora e mezza di durata, questi stessi saperi venivano assorbiti ne reazioni del pubblico: da un pdv più generale la psicologia del colore è d'immenso valore per il regista (cui principale scopo è quello di dirigere/controllare pensieri/emozioni suo pubblico). → Il lavoro de consulenti per il colore esaminavano sceneggiature e realizzavano una prima stesura del diagramma x il colore (x ogni sequenza/scena), x accertarsi di quale stato d'animo debba essere espresso.
diagramma doveva essere in accordo con azione narrativa e considerare i principi artistici di armonia/contrasto. L'intero allestimento cromatico del set veniva pensato affinché l'attenzione dello spettatore fosse indirizzata verso il personaggio più importante presente nella scena. Data la tonalità calda della carnagione umana, per gli sfondi si preferivano colori freddi o neutri. A questo proposito, la Kalmus faceva appello a 2 principi di separazione del colore e di giustapposizione: - una tinta posta di fronte o accanto a un'altra doveva differenziarsene affinché le due tonalità risultassero ben distinte (separazione); - il massimo livello di accensione reciproca si poteva ottenere mettendo in relazione 2 colori complementari (giustapposizione). Il lavoro sul set del consulente cromatico veniva programmato sulla base di 3 regole: centratura/motivazione/attenzione. Si imponeva così un criterio di selezione/dosaggio che si esercitava costantemente.Controllo sul colore. Per tutti i film realizzati in Technicolor, la società istituì un rigido protocollo da seguire, che imponeva ai produttori il rispetto di una serie di condizioni: obbligo di noleggiare la mdp e sviluppare/stampare tutto il materiale nei stabilimenti della casa madre; ricorso a personale tecnico specializzato della società.
Da fine anni '30 la dialettica tra attenzione/attrazione avrebbe imposto modi d'uso del Technicolor assai più diversificati. Technicolor e studio system anni '30. Tra il 1936 e il 1938 le principali case di Hollywood iniziarono a interessarsi al colore; nel corso del trentennio furono realizzati 24 film in Technicolor. Benché il numero fosse ancora basso rispetto alla produzione totale, alcuni di questi ebbero un enorme successo. I film girati con questo sistema rientravano nei canoni del "Prestige Picture": tipologia produttiva che includeva generi diversificati, potendo contare sulla presenza di attori di primo livello.
piano/alti budget (es. "Via col vento", "Il mago di Oz"). Poca sensibilità de pellicole Technicolor imponeva uso massiccio de illuminazione: la stampa accusava uso predominante→de tecniche di high-key lighting in questo modo il modellamento de piano spaziali de immagine si sarebbe ottenuto attraverso differenze cromatiche tra gli elementi in pp/quelli su sfondo. Al colore sarebbero state delegate le funzioni precedentemente assolte dalla luce. Ritorno de riprese di ambienti naturali/realistici riportava Technicolor verso sua dimensione ideale. Questo dopo il successo de "Il sentiero del pino solitario" (1936), in gran parte girato ne location reali, che segnò primo importante successo per il Technicolor; vi è predominio di tinte neutre, di grigi/ marroni/verdi. "Via col vento"→ suoi colori neutri/pastello offrono possibilità occasionale gettare tocco violento di colore contro il pubblico, x esprimere
bruscamente un contenuto drammatico. Selznick voleva usare il colore x rafforzare intensità drammatica dei momenti clou, ripensando il rapporto tra esibizione del colore/posizionamento affettivo de spettatore; in "Via col vento" spettatore è posto di fronte molti effetti luministici/cromatici, collocati ne cuore stesso de narrazione. Esigenza del controllare i colori, di nasconderli dietro ordine discorsivo, avrebbe continuato a manifestarsi anche nedecenni seguenti. L'immaginario del Technicolor tuttavia sarebbe stato completamente sganciato da un simile modo di organizzazione del colore, indicando al contrario manifestazioni sontuose/ricche/eccessive del cromatismo. 'Glorious Technicolor': visione e spettacolo Ulteriore contributo fu offerto da alcune produzioni in Technicolor realizzate in Inghilterra, aperte da "Sangue gitano" (1937). Rispetto a resto d'Europa la cinematografia inglese si trovava in vantaggio: era in antitesi
con l'avvento del CinemaScope, il colore diventa sempre più predominante. Film come "Il mondo del silenzio" (1956) e "Ben-Hur" (1959) sfruttano al massimo le possibilità offerte dal colore per creare atmosfere suggestive e coinvolgenti. Negli anni '60 e '70, il colore diventa un elemento fondamentale nella creazione di stili e atmosfere specifiche. Film come "Easy Rider" (1969) e "A Clockwork Orange" (1971) utilizzano il colore in modo audace e provocatorio, contribuendo a definire l'estetica del cinema di quegli anni. Negli ultimi decenni, con l'avvento delle tecnologie digitali, il colore ha assunto un ruolo ancora più centrale nella creazione di immagini cinematografiche. Film come "Avatar" (2009) e "Mad Max: Fury Road" (2015) sfruttano al massimo le possibilità offerte dalla post-produzione digitale per creare mondi fantastici e iperrealistici. In conclusione, il colore ha sempre avuto un ruolo importante nel cinema, sia come strumento narrativo che come elemento estetico. La sua evoluzione nel corso del tempo ha contribuito a definire i diversi periodi e stili del cinema stesso.necessità operare con nuova pellicola a supporto unico Eastmancolor (1951) spinse la società ad aggiornare il vecchio sistema, trasformandolo in metodo di stampa di copie ad alta qualità, applicabile a qualsiasi negativo (Technicolor n5). Durante anni '50 il colore si sarebbe disseminato in tutte le altre cinematografie europee, ma fino a quel momento (tranne poche eccezioni) critici/cineasti/spettatori si erano dovuti accontentare dei film a colori importati.di realismo (Kracauer) o suo eccesso (Antonioni/Dreyer) o mancanza di forma (Arnheim).
Bazin e Kracauer: il cinema in bianco/nero