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Tutto il testo di Proust ruota secondo linee di tempo, in una circolarità rispetto ai

segni (3+1): mondani che implicano un tempo che perdiamo, avvengono quando

l’amore è dentro un contesto, ed è corrispettivo di un tempo che perdiamo, i segni

amorosi abbracciano un tempo perduto; i segni sensibili ci fanno ritrovare un tempo,

ciò che percepiamo inaspettatamente, arrivano nell’esperienza; i segni dell’arte tempo

originale assoluto che comprende tutti gli altri. Amare mi fa sentire che sono

all’interno della vita, questo è un sentire nel quale non so permanere e costantemente

cerco di dargli senso, che arriva solo quando posso contemplare ciò in cui ero

immerso, come se i segni mondani, amorosi, sensibili fossero segni di immersione

nella vita e quelli dell’arte fossero come una sublimazione tale per cui mi restituisce a

posteriori ciò che mi è accaduto. Non è che ci accade qualcosa, e dopo recuperiamo

ciò che abbiamo potuto apprendere da ciò che ci è accaduto, perché come

oggettivazione cerchiamo di anticipare ciò che ci accade. La gelosia non è risultato di

una scoperta. La sublimazione dei segni arte è sempre nell’ordine di un rapporto tra

sapere e verità. Qualcosa che finalmente so è nell’ordine della verità, riconoscerlo;

mentre la gelosia, è sempre connesso con ciò che non so e quindi è vero che mi porta

poi a mettere in atto l’intelligenza nel cercare di sapere, ma chi ama vive la gelosia

tale per cui inconsciamente sa che non deve sapere. La contraddizione profonda del

dispiegarsi del sentimento amoroso. E’ solo questo il destino di chi ama? NO, ma è

certo che questo è intrinseco al tempo dell’amore. L’opera è il tentativo di capire se

ho appreso dalla vita ed è il punto su cui B. ci dice di far attenzione, impegnarsi in

qualcosa di sconosciuto mentre il cambiamento è quel punto in cui la vita non si

riduce all’opera, che non vuol dire passare all’atto necessariamente, ma rimane nel

suo aspetto inaugurale di insorgenza, di potenzialità. La virtualità si colloca lì dove

l’opera non sublima la vita. Il nostro sapere ruota intorno alla necessita della

conoscenza. Il prezzo della conoscenza è la sublimazione della vita. Non può esser

evitato ma può anche non essere l’unico movimento nell’esperienza di vita. I segni

ruotano intorno a linee di tempo che D. definisce vere e proprie linee di

apprendimento. Siamo impegnati a far si che si riesca ad interpretare i segni dentro

linee di tempo in modo che diventino linee di apprendimento, possiamo apprendere.

Le due facoltà dell’apprendimento: memoria e intelligenza, che non si muovono in

perfetta corrispondenza, ma si muovono affinché il mondo dei segni Come il

fallimento del rapporto tra le due sia un fallimento rispetto al quale non emanciparci,

non è necessariamente un errore che si deve risolvere, ami il fallimento è pensare che

si debba risolvere. Risolvere la vita nell’opera è il grande fallimento. E’ la stessa

memoria che viene ingaggiata nell’apprendimento ma porta anche un aspetto

involontario che apre alle reminiscenze rispetto alla m. volontaria che invece va verso

la conoscenza. Sono linee di apprendimento, tentativo di cogliere come possiamo

raggiungere conoscenza, ma queste linee non possono non reagire le une sulle altre,

non c’è semplice simultaneità. Non si spiegano i segni nelle linee del tempo. E’ una

tensione tra tentativo (dei segni dell’arte) di arrivare a sublimazione tale da contenere

i tre segni nel senso dell’opera che può restituire una verità possibile. Sforzo costante

di voler possedere la verità rispetto all’esperienza della verità che non possiamo

possedere, quindi la verità è qualcosa che dev’essere creduta ma non dimostrabile. 12

La ricerca non è ritmata solo dagli apporti o dai sentimenti della memoria (non ha

necessita di orientarsi alla memoria), ma anche da una serie di delusione sconfitte. In

fondo si pensa che apprendere è lungo la linea della ricerca. Lo studio non sta alla

ricerca, la quale è sempre in un movimento. Lo studio non ha una finalità, non può

orientarsi solo ad una scoperta, mentre la ricerca va alla scoperta di ciò che cerco. Lo

studio è costantemente immanente a ciò che faccio, non ha mai una fine perché si

espande. Essere un buon ricercatore non vuol dire essere un buono studioso. Non è

più una vergogna non essere studiosi, colti. Lo studio non da il risultato finale della

conoscenza. La memoria non è solo orientata alla finalità della ricerca. La memoria

ricerca e nel momento che conosco, la verità è sempre deludente. Non è mai una

scoperta verso la quale posso tranquillizzarmi, risolutiva, ma porta sempre delusione

discontinua. Ciò che riesco a comprendere è sempre deludente e devo mettere in atto

meccanismi per cui rilanciare sul tentativo di nuove conoscenze rispetto a ciò che ho

appreso.

Come il geloso mette le sue risorse della memo. al servizio dell’interpretazione dei

segni dell’amore. La memo. è già in atto quando la gelosia si sprigiona, che è il

sentimento profondo dell’amore, il quale cerca di registrare tutto ciò che l’amato

esprime coi suoi segni, per poterlo interpretare. La memo. non può risolvere ma

ingaggia l’intelligenza per l’interpretazione; poi la memoria apprendere, conosce, e in

tal modo la conoscenza è deludente. E’ una costruzione di verità che mi da una

conoscenza. La memoria registra tutto, ma non significa che poi non ci sia una memo.

selettiva, che registra ciò che è stata in grado di interpretare. Il geloso non può

selezionare quali sono i segno giusti da interpretare. Il risultato lo dà l’intelligenza la

quale interpreta tutto ciò che è stato registrato, trattenendo solo ciò che pare abbia

senso, fa una sezione rispetto la memoria. Il geloso registra tutto perché anche il

minimo segno può essere interpretato come possibile menzogna. Sà che l’altro lo

inganna perché sa di amarlo. L’altro non corrisponde mai il mio sentimento amoroso,

lui mi inganna proprio perché lo amo, la tensione che ho tra gelosia che mi fa amare

più di quanto sia amato mi porta al dover conoscere in che punto mi sta ingannando

l’altro. Finché non l’ho raggiunto, sono innamorato, finche sfugge a questa capacità

io l’amerò. Non è una memoria onnicomprensiva ma è rivolta all’avvenire per cui

non è necessariamente vero che la memo. è solo a posteriori e che agisce in funzione

del passato, di misurarsi col passato, ma la memo. è anche aperta all’avvenire. E’

l’intelligenza che da alla memo. conservatrice che è rivolto al passato. L’intelligenza

ci dice che la memo. arriva troppo tardi perché non è in grado di avere la certezza di

aver registrato tutto, per essere certa di aver registrato quel punto che fa emergere

l’inganno. Sono vivo solo quando soffro, anche se cerco di emanciparmi dalla

sofferenza. Quando sono in grado di sublimare e quindi l’opera si compie, io sono

morto rispetto a ciò che mi faceva sentire vivo. Posso provare a rilanciare su una

possibilità superiore. L’unica salvezza è non amare, riuscire a rimanere preso 1.08…

L’amore è un’illusione, e solo per questo noi amiamo. Il fatto di illudersi, di sapere,

non è qualcosa che posso sublimare, e non è allora che sia inutile amare. Il sapere

l’inganno non permette di amare. Il dar senso all’illusione dell’amore porta alla morte

dell’amore. C’è una dotta ignoranza, qualcosa del non sapere che è dotto, non è solo

un sapere che manca. Quella ignoranza non manca di nulla, è dotta. Il problema è

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come rendere in pratica questo essere dotti, che non è la conoscenza, ma è lo studio.

Lo studio sa che non arriverà mai alla scoperta, ed è ciò che caratterizza il suo criterio

di essere dotto, che non ha nulla a che fare con l’erudizione, ma nell’ordine

immanente dell’esperienza, della vita.

C’è un piacere nel fantasma, che non è solo ciò che si scarta. C’è un novum ma non

in senso assoluto, perché è dentro a qualcosa già fatto. Scrivere un romanzo a fronte

del fatto che ho già scritto. E’ una proiezione, il fantasma di protezione per cui non

conta se c’è o meno perché c’è un fantasma fondamentale, come si da quel punto di

insorgenza che mi dice che voglio cambiare. C’è uno scarto tra fantasma

fondamentale del cambiamento che non mo da più la possibilità di sostare nel rituale,

e il momento in cui esso si proietta (fantasma proiettivo). Questa tensione provoca

piacere. Il difficile da far emergere è il piacere del fantasma, per cui si è portati a

identificarlo con l’aperto proiettivo e immaginativo. Il piacere è nell’immaginare di

diventare scrittore e per poterlo fare mi è dato dal fantasma fondamentale, ma per

poterlo immaginare uso il fantasma di proiezione. Il piacere è in questa casella vuota

ma che non manca di nulla. E’ un piacere fantasmatico di ciò che ancora non sono, di

ciò che sono senza una coincidenza col mio essere. Come attraverso il fantasma

proiettivo, voglio diventare scrittore, posso ancora provare il piacere di essere

professore. Non è immaginare qualcosa di diverso ma c’è un fantasma fondamentale

del punto inaugurale dello scrivere, a prescindere dalla forma della scrittura che

decido. In questo scarto provo piacere nell’essere ciò che sono senza coincidere col

fatto che sono professore. B.: come rimanere nella vita all’opera. Non si tratta di

passare all’atto. E’ un modo per rimanere all’interno del piacere di ciò che sei, una

rappresentazione, sublimazione di sé nell’arte, ciò che P. ha fatto della sua opera.

Un’operazione alla P., mentre B. dice come la proiezione del fantasma di

cambiamento mi da modo di permanere in ciò che sono …non è nell’ordine dell’aver

fatto il suo tempo, ma c’è ancora un tempo in cui poter stare. C’è un piacere del

fantasma e si deve cercare di metterlo in evidenza, ciò che articola il fondamentale

con quello di protezione in cui non coincidono ma ognuno no può senza l’altro. Vedo

me e ciascuno

Dettagli
Publisher
A.A. 2017-2018
25 pagine
3 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/03 Filosofia morale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher brunasoul di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Fenomenologia della cura ed etica del sé e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Verona o del prof Panattoni Riccardo.